Non fatevi ingannare dal nome. Se all’apparenza può sembrare italiano lui è 100% tedesco e non un tedesco normale pensi un’icona dello stile Made In Berlin. A Milano è approdato la scorsa fashion week e ha fatto sfacelo. Questa edizione ritorna, sempre più fashion, sempre più chic e con la sua milionata di followers. Seguitelo!
Riccardo Simonetti: un nome italiano ma tu sei tedesco. Quali sono le tue origini?
“In realtà sono al 100% italiano. Mio padre è un gelataio di Forno di Zoldo (nelle vicinanze di Cortina) mentre mia mamma è di Salerno. Anche se sono cresciuto in Germania siamo stati molte volte dai parenti in Italia perché loro vivono ancora tutti li”.
Cosa pensi di queste origini?
“Sono un grande fan dell’ “italian life style” e cerco di venire in Italia ogni volta che sono libero da impegni e, naturalmente, sono orgoglioso delle mie origini. Quando ero ragazzino tante persone mi consideravano quasi diverso per questo motivo, ma per me era un plus, in quanto amo la capacità intrinseca del vostro popolo di sviluppare un interesse profondo nella moda, nell’arte e in tutte le cose belle della vita. Questo forse perché gli italiani crescono circondati da tutto ciò… è fantastico”.
In Germania oggi sei un blogger seguitissimo. Una grande soddisfazione…
“Ho sempre sognato di fare parte di quella che io definirei “cultura pop”. Ecco perché fin dall’età di quattro anni iniziai a recitare e da adolescente divenni modello e ospite presso un programma radiofonico. Sono sempre stato consapevole che per raggiungere i miei obiettivi e sogni avrei dovuto lavorare molto duramente. Ma non mi sono mai fermato. Aprii il mio blog nel mio ultimo anno di scuola: voleva essere come una sorta di diario in cui poter raccontare il mio pensiero e la mia visione di stile. Ora funziona molto bene e sono contento delle opportunità di lavoro derivate, dei miei fans e di essere fonte di ispirazione per altre persone”
Cosa rappresenta per te la moda?
“La moda ha un enorme impatto su come mi sento. E’ importante per me perché comunica ciò che sono prima ancora di ogni altra cosa. Mi piace davvero esprimere i miei sentimenti attraverso un abito e non c’è niente di meglio che una sessione di shopping per ritrovare la giusta carica”.
Quali sono i tuoi stilisti preferiti?
“Non ho un designer preferito ma mescolo tutto quello che mi piace (anche se ho un occhio di riguardo per le linee couture di Versace, Saint Laurent e Dolce e Gabbana). Non servono un sacco di soldi per un vestirsi bene, tutto ciò che serve è un po ‘di creatività. A volte mi piace indossare un pezzo unico couture mentre altre volte trovo i miei migliori look in un negozio di carnevale. L’importante è sentirsi a proprio agio non curandosi del pensiero degli altri”.
Quando crei un outfit a cosa ti ispiri?
“Alla musica che ascolto in quel momento o ad film. Insomma passo da Lana del Rey, triste ma romantica, a una Lady Gaga teatrale dal 2008. Essere “fun” è però sempre importante nella scelta di un look”.
Come definiresti il tuo stile?
“Non convenzionale, unisex con un tocco rock. Le mie icone di stile personali sono Michael Jackson, Lady Gaga, Lindsay Lohan e Axl Rose e credo si possa vedere la loro influenza nei miei outfit quotidiani su instagram.”.
Quest’anno parteciperai per la seconda volta come icona di stile alla MFW. Cosa ne pensi di “questa” Milano?
“Partecipare alla MFW la prima volta è stato estremamente stimolante perché qui regna lo stile. Vedete paillettes, tacchi alti e il puro glamour per le strade, incontrare persone come Carine Roitfield o Anna dello Russo, li accanto a te…tutto stupendo. Milano mi ha molto ispirato nello scegliere i miei look e sono sicuro che anche questa mia seconda “visita” lascerà il segno!”.
Hai un sogno?
“Essere un “intrattenitore”. E fare emozionare… con la moda ovviamente”.
Ci sono donne che nobilitano la moda, conferendole quel tocco di magia che è da sempre prerogativa assoluta del glamour più autentico. Nan Kempner ha fatto della propria vita una parabola vissuta all’insegna dell’eleganza: socialite, protagonista indiscussa del jet set, avida collezionista di capi haute couture ed insuperata icona di stile, Nan Kempner nacque a San Francisco il 24 luglio del 1930.
All’anagrafe Nan Field Schlesinger, la futura icona di eleganza nasce in una famiglia benestante: il padre Albert “Speed” Schlesinger possiede la più grande concessionaria di automobili della California. Esile fin da giovanissima, Nan non possiede una bellezza da copertina, nonostante sia atletica e tonica. È lo stesso padre a consigliarle di puntare su altro, dicendole testualmente: “Con quel viso non ce la farai mai, faresti bene ad essere interessante”. Ed infatti è proprio sul carisma che la giovane punta lungo tutto il corso della propria vita.
Figlia unica, fu sua madre ad iniziarla alle meraviglie della moda. A suo dire la madre vestiva divinamente: fu da quest’ultima che la ragazzina apprese le regole fondamentali che diedero vita a quel suo stile che sarebbe in seguito divenuto iconico. Sua madre le insegnò che vi erano solo tre colori —il rosso, il nero e il grigio— e che i tacchi alti sarebbero dovuti divenire i suoi migliori amici. Contemporaneamente all’amore per la moda nacque nella giovane l’ossessione per la linea: Nan iniziò a stare in dieta all’età di 12 anni senza smettere mai nel corso della sua vita, ed iniziò a fumare all’età di 14. Dopo aver frequentato la Hamlin School di San Francisco, Nan Kempner si iscrisse al Connecticut College for Women dove studiò per un anno storia dell’arte, ma senza conseguire il diploma. Poi si trasferì per un anno a Parigi, dove frequentò la Sorbona e un corso di pittura tenuto dal maestro Fernand Léger. Ma quest’ultimo, resosi conto di quanto la giovane fosse negata, le restituì indietro il denaro.
Dopo aver lavorato come volontaria presso il Museo delle arti di San Francisco, nel 1952 convolò a nozze con Thomas Lenox Kempner. Dall’unione nacquero tre figli. Galeotto fu il primo incontro tra i due, con il marito che notò come prima cosa la minigonna Dior indossata dalla giovane. Un primo appuntamento al Monkey Bar di New York City in cui i due non smisero di scambiarsi insulti per una notte intera, come la stessa socialite raccontò più volte, diede vita ad una grande passione. Dopo aver vissuto a Londra per un breve periodo, i Kempner si trasferiscono nella Grande Mela: qui Nan sfodera doti imprenditoriali notevoli: in trent’anni la sua attività riesce ad incrementare i fondi del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center fino ai 75.000.000 di dollari.
Nel privato la Kempner colleziona capi di alta moda: la sua è una passione iniziata quando era ancora una ragazzina. Il suo archivio privato si arricchisce nel tempo di capi preziosi ed esclusivi, fino a divenire per proporzioni una delle più ricche collezioni private del Paese, con pezzi tra i più iconici e rappresentativi del 20esimo secolo. Spiccano capi di designer del calibro di Valentino, Karl Lagerfeld per Chanel, Mainbocher, Christian Dior, oltre agli stilisti prediletti dall’icona di stile, Bill Blass e Yves Saint Laurent, di cui si contano oltre 300 pezzi. Considerata una vera e propria autorità tra le più preparate nel settore moda, Nan Kempner era una habitué delle sfilate: si dice che in 55 anni abbia perso solo una settimana della moda, a seguito della scomparsa di suo padre. In un’intervista rilasciata al The Independent of London nel 1994 dichiarò di essersi persa solo una delle ultime 63 sfilate di Yves Saint Laurent, di cui fu musa storica ed amica.
Durante il corso della sua vita, letteralmente dedicata alla moda e allo stile declinato in ogni sua forma, Nan Kempner lavorò come contributing editor per Vogue Paris, fashion editor per Harper’s Bazaar, designer consultant per Tiffany & Co. nonché come rappresentante internazionale della celebre casa d’aste Christie’s. Inoltre l’icona di stile impartì occasionalmente lezioni di moda presso il Metropolitan Museum of Art e la New York University. Ritratta da Andy Warhol nel 1973, immortalata sulle riviste patinate con i suoi outfit sempre eccentrici e sofisticati, Nan Kempner è stata anche autrice del volume “R.S.V.P.: Menus for Entertaining From People Who Really Know How”, edito da Clarkson Potter, i cui proventi furono interamente devoluti in beneficenza. Si, perché Nan Kempner è stata anche una grande filantropa, generosa come poche e sempre in prima linea nelle opere di charity. Incarnazione dello chic newyorkese, regina dei party e degli eventi più esclusivi, illuminò la scena della Grande Mela per oltre quarant’anni con il suo stile inimitabile. Celebri le parole con cui si espresse un monolite della moda del calibro di Diana Vreeland, secondo la quale “In America non ci sono donne chic. L’unica eccezione è Nan Kempner”. Valentino Garavani ne ammirava l’eleganza con cui riusciva ad indossare i suoi capi, con quel fisico tonico e scolpito. L’icona di stile ispirò la coniazione del termine “social X-ray” utilizzato all’interno del romanzo Il falò delle vanità di Tom Wolfe.
Fashionista ante litteram, Nan Kempner comprò il suo primo abito Dior quando la madre la portò nella sede della storica maison a Parigi, nel 1958. Si tramanda l’aneddoto secondo cui la ragazzina, sprovvista del denaro sufficiente per acquistare quel capo —un abito bianco con cappotto coordinato— scoppiò in un pianto disperato e continuò a singhiozzare finché non attirò l’attenzione d un giovane dai grandi occhiali. Trattavasi di Yves Saint Laurent, giovane assistente di monsieur Christian Dior. La ragazzina continuò a piangere finché l’addetto alle vendite non abbassò il prezzo del capo per renderlo più vicino al suo budget. Avida collezionista di moda, Nan Kempner sviluppò in seguito una vera e propria ossessione per i capi di Yves Saint Laurent, Valentino ed Oscar de la Renta. Cominciata nel corso degli anni Sessanta, la sua passione per lo shopping non trovò mai fine nei successivi cinquant’anni. Frizzante, deliziosamente frivola, Nan Kempner conquistava chiunque con la propria personalità, emblema di quella fetta della popolazione femminile che attraverso la moda riesce a sognare e ad emozionarsi. “Dico sempre a tutti che voglio essere seppellita nuda perché deve senza dubbio esserci un negozio nel luogo in cui andrò”, dichiarava nel 1972 al magazine Women’s Wear Daily. Socialite tra le più apprezzate, protagonista indiscussa dei party più esclusivi, dichiarò che “non si sarebbe persa per niente al mondo neanche l’opening di una porta”. Autoironica come poche, raccontò che non sapendo che occupazione dichiarare nei documenti, non sentendosi abbastanza ricca da considerarsi una vera filantropa e non amando definirsi una socialite, scrisse semplicemente “casalinga”.
Definita da Yves Saint Laurent ‘la plus chic du monde’, lo stile di Nan Kempner era improntato ad una grande ricercatezza e ad una certosina cura del dettaglio. Amante del mix & match, l’icona di stile si dilettava nel creare outfit bizzarri ed eccentrici, mixando tra loro pezzi variegati. Lo stile secondo Nan Kempner consisteva nel riuscire ad esprimere la propria individualità e nell’abilità di mixare i capi. Celebre la sua propensione allo styling e alle sovrapposizioni, anche le più audaci, come quando riusciva ad indossare mirabilmente il più classico dei tailleur Yves Saint Laurent con un paio di jeans boyfriend.
Nan Kempner fu tra le prime donne ad abbracciare il trend del menswear. Non particolarmente amante dei vezzi femminili, cercava sempre di aggiungere un tocco maschile anche alla mise più sexy. Emblema vivente della massima “less is more”, non era raro vederla indossare la domenica la sua uniforme tipica, composta da un paio di Levi’s 501, una camicia bianca e una maglia indossata sulle spalle. Presenza fissa della Hall of Fame dell’International Best-Dressed List ideata nel 1940 da Eleanor Lambert, in un’intervista a Town & Country del 1999, alla domanda postale da Annette Tapert su come avrebbe descritto il proprio stile, Nan Kempner rispose senza esitazioni “artificiosamente rilassato”. Lo shopping rimase sempre la sua passione più grande: fino alla veneranda età di 72 anni la socialite era solita acquistare delle minigonne, che indossava in spiaggia con bikini Etro e poncho. Casual e minimal-chic, l’icona fu tra le prime a sdoganare la chirurgia plastica. Vanitosa e primadonna nell’animo, adorava fare le sue entrate ad effetto, attirare l’attenzione ed essere fotografata. Perennemente in viaggio tra Londra, Parigi, Gstaad, Venezia, San Francisco e Los Angeles, non si perdeva una sfilata né un party, e adorava sciare e prendere il sole.
Spendeva in abiti “più di quanto avrebbe dovuto e meno di quanto avrebbe voluto”, perfettamente a suo agio nel suo fisico atletico, frutto di duri allenamenti che avevano luogo quotidianamente nella palestra che fece costruire all’interno del suo appartamento e che le permettevano di entrare perfettamente nei capi di sfilata, indossati dalle mannequin. Amante della bellezza in ogni sua forma, nel suo appartamento il lusso era la parola d’ordine: la vediamo indugiare dinanzi alla sua incredibile cabina armadio, che farebbe impallidire la fashion victim più sfegatata, oppure nei fasti dei saloni, impreziositi da una deliziosa carta da parati francese dipinta a mano, tra preziosissimi quadri di René Magritte, antichi bric-à-brac provenienti dalla Cina, collezioni di libri d’arte e bassorilievi in bronzo realizzati da Robert Graham.
Nan Kempner si è spenta il 3 luglio del 2005 all’età di 74 anni, per enfisema polmonare. Fumatrice incallita, trascorse gli ultimi anni della propria vita in condizioni critiche, respirando con l’aiuto di una bombola di ossigeno. Due mesi dopo la sua scomparsa la sua famiglia ha organizzato una commemorazione in suo onore presso la sede di Christie’s, a cui presero parte oltre 500 suoi amici. Nel dicembre 2006 il Costume Institute del Metropolitan Museum of Art ha inaugurato una mostra dedicata alla smisurata collezione di capi haute couture dell’icona di stile. Nan Kempner: American Chic era composta da oltre 75 outfit, tra cui capi Galliano per Dior, Lagerfeld per Fendi, Ungaro, Jean Paul Gaultier e Lanvin. La mostra si è poi spostata al Fine Arts Museums di San Francisco.
Tantissimi sono gli aneddoti che ci svelano una donna ironica e dalla personalità scoppiettante; a partire da quella volta in cui, nel corso degli anni Sessanta, Nan Kempner decise di indossare una tuta pantaloni per una cena al ristorante La Côte Basque, in barba al dresscode della serata, che vietava espressamente alle donne l’uso dei pantaloni. Quando le fu negato l’ingresso, lei tolse i pantaloni e disse sprezzante a Madame Henriette, “Spero che questo le piaccia di più”. Indossò quindi il top come un vestito e sfoderò una adorabile nonchalance. Audace e sofisticata, sfoggiava savoir faire e self-confidence, convinta com’era che “Non è cosa indossi, ma come lo indossi”. Una grande lezione di stile. Meditate.
Perfetta incarnazione dello stile parisienne, modella internazionale e musa di Lancôme, nonché produttrice musicale, dj e autrice del bestseller che insegna a tutte come copiare il look da perfetta parigina.
Lei è Caroline de Maigret: quarant’anni, sangue blu nelle vene, la modella discende da un ramo dell’aristocrazia della Borgogna da parte di padre e dai principi polacchi Poniatowski dal ramo materno. Ribelle ed anticonformista, da giovanissima Caroline molla tutto per andare a New York a fare la modella.
Bellezza anticonvenzionale, naso importante su un volto dai lineamenti marcati, la modella è una delle icone di stile della Parigi più chic. Mamma di Anton, 8 anni, impegnata sul fronte umanitario ed ambasciatrice dell’eleganza francese, il suo look parisienne l’ha portata a scrivere con le amiche Anne Berest, Audrey Diwan e Sophie Mas una guida alla “femminilità parigina”: “Come essere una parigina. Ovunque tu sia” è uscito in Italia lo scorso 31 marzo per Mondadori. Il libro è stato subito bestseller, tradotto in 32 lingue e paragonato ad un Sex & the City versione francese.
Effortlessly chic è la parola d’ordine per acquisire il look da parigina doc: quell’aria apparentemente acqua e sapone, capelli finto spettinati e poi, d’improvviso, il coup de foudre di un rossetto rosso lacca, a conferire un tocco di charme. La bellezza da Ville Lumière è alla portata di tutti, afferma Caroline, citando all’inizio del libro icone come Jane Birkin e Romy Schneider, divenute icone dello stile francese pur essendo nate altrove. Non temere di invecchiare è la regola numero uno per donne che credono nel loro potenziale seduttivo indipendentemente dall’età e dai canoni estetici vigenti. Forse nuove femministe, come la stessa autrice si dichiara, perché l’andare controcorrente è chic.
Altra regola di stile esige il reggiseno nero sotto la camicia bianca. Alleggerire, adottare un look bohémien, facendo propria la massima di stile per eccellenza del “less is more”. Bando ai loghi, assolutamente vietati in un guardaroba sofisticato, come pure i mezzi tacchi e in generale le mezze misure. Tagliarsi i capelli da sole è un’altra abitudine da acquisire, infine, essere sempre “trombabili” (parole testuali), anche per andare a fare la spesa. Le parigine dominano la moda, sostiene Caroline de Maigret. E noi ne siamo assolutamente convinte.
Se prediligete i look androgini e non amate perdervi in fronzoli e vezzi, astenetevi da quest’articolo. Era stata scelta lo scorso anno da Re Giorgio Armani per sfilare nel suo Armani Teatro; ora si riconferma come una delle designer più originali del panorama italiano. Lei è Vivetta Ponti, in arte Vivetta: non una neofita della moda, dal momento che le sue creazioni -dallo stile sofisticato e delicato- sono da anni in vendita nelle più prestigiose boutique del mondo, come la parigina Colette.
La designer umbra, classe 1977 e una lunga esperienza alle spalle in brand del calibro di Roberto Cavalli e Daniele Alessandrini, propone una full immersion nella femminilità più autentica con un tocco di chic parisien e tanta ironia per una collezione raffinata e fresca. Suggestioni anni Cinquanta nei volumi, in particolare nelle gonne a ruota, negli occhiali da diva e nei colori, dal rosa baby al light blue; omaggiano invece i Sixties gli abitini a trapezio declinati in delicate stampe vichy.
Fil rouge della collezione il gatto: gatti piacioni stesi sul divano fanno capolino dagli angoli di uno shift dress per inedite suggestioni surrealiste di sofisticata eleganza, o diventano inconsapevoli protagonisti di cammei dal sapore antico. Un tocco di romanticismo nei cigni innamorati, che ricordano i celebri disegni di Peynet, come anche nei fiorellini che tempestano abitini e gonne.
Una collezione che trae spunto dagli scatti del fotografo dei divi, Slim Aarons, esimio rappresentante del jet set internazionale a cavallo tra gli anni Cinquanta e i Settanta. Indimenticabili le sue foto con i divi all’epoca più famosi intenti a sorseggiare cocktail a bordo piscina nelle loro ville hollywoodiane, che sprizzavano glamour da tuti i pori. Omaggi allo stile neoclassico di residenze come quella di C.Z.Guest vengono sapientemente riposti nei capi profilati con stampe che ricordano i fregi dei monumenti ellenistici.
Sofisticata la scelta dei materiali usati: prevalgono il popeline, il crêpe de Chine e l’organza di seta. Dettagli iperfemminili negli abiti con gonna a ruota, nei fiocchi e nell’immancabile colletto, segno distintivo della maison. Per uno stile delizioso.