Vogue USA si scaglia contro le fashion blogger: “trovatevi un lavoro vero”.
Queste le accuse al termine della Milan Fashion Week da parte dei giornalisti, stanchi di recedere sulle decisioni dettate della moda.
Ne parlano chiaramente i front row agli ultimi catwalks: alle prime file i bloggers, alle ultime i giornalisti.
“Un circo”, così come è stato definito dalla giornalista Alessandra Codinha.
Fuori dalle passerelle, i paparazzi ritraevano gli stili dello streetstyle, fenomeno ormai riconosciuto.
“È una situazione schizofrenica, e non può essere positivo. Nota per i blogger che cambiano da testa a piedi i loro outfit sponsorizzati ogni ora: Finitela. Trovatevi un altro lavoro. State dichiarando la morte dello stile”, ha espresso Sally Singer, direttore creativo digitale del sito Vogue.
A incrementare la posizione e il ruolo dei fashion blogger, intenti a cambiare diversi looks, sono le aziende e i brand di moda che regalando intenzionalmente capi da indossare, aumentano il traffico di visualizzazioni e vendite. Un vero e proprio mercato che nasce da una sponsorizzazione oculare per trasformarsi in una vera e propria veicolazione del messaggio di “moda passepartout”.
Così da blogger, presto si diventa influencer e opinion leader pur non avendone le competenze, postando un’idea di quello che vuol essere l’outfit del giorno, rinunciando anche alla valorizzazione del proprio corpo, così come detta tal brand.
Una faida, quella tra Vogue e le fashion bloggers, che sembra non voler finire neppure durante la Paris Fashion Week ormai lontana dai riflettori di Milano.
Così oggi, chi vuole far moda, ha da affrontare chi fa del vestire “non scelto” ma “bloggato” uno stile di vita, eclissando la creatività, la capacità di pensare alla moda come materia di studio e riflessione, facendone sinonimo di apparenza e non di appartenenza.