Cannes Film Festival: Claudia Cardinale risponde alle polemiche sulla locandina ritoccata

Il Cannes Film Festival si prepara ad aprire i battenti: manca un mese e mezzo a una delle manifestazioni più prestigiose e più attese del mondo del cinema. In questo momento però, a farla da padrona non sono i film in gara né i nomi illustri in giuria (Pedro Almodovar sarà il presidente), ma la chiacchieratissima foto di Claudia Cardinale scelta per la locandina del Festival di Cannes 2017. Pochi giorni fa, infatti, è stato diffuso il poster della settantesima edizione della kermesse, che raffigura una raggiante Claudia Cardinale mentre balla sui tetti di Roma. «Sono onorata e orgogliosa di “svolazzare sulla bandiera” della settantesima edizione del Festival di Cannes e letteralmente deliziata dalla foto scelta – aveva dichiarato l’attrice italiana, quando le prime immagini sono state diffuse – Quel ballo sui tetti di Roma risale al 1959. Nessuno si ricorda il nome del fotografo che l’ha scattata. Io stessa l’ho dimenticato. Ma questo scatto mi ricorda le mie origini, quei periodo in cui non riuscivo neanche a sognare che un giorno avrei salito i gradini della sala cinematografica più famosa del mondo».


Poco dopo, però, la foto di Claudia Cardinale scelta per il poster del Cannes Film Festival è stata sommersa di critiche. Il motivo? L’immagine della splendida attrice, oggi quasi ottantenne, sarebbe stata ritoccata dall’agenzia Bronx di Parigi sul punto vita e sulle gambe, per farla apparire più snella. Dal Festival di Cannes obiettano che si tratti di un effetto ottico dovuto al passaggio dal bianco e nero della foto originale al rosso e oro del poster, ma i media e l’opinione pubblica hanno dimostrato e sottolineato che il ritocchino, in effetti, c’è. Oggi Claudia Cardinale ha deciso di mettere fine alle polemiche dicendo la sua. «Non ho alcuna critica da fare circa il lavoro artistico effettuato sull’artwork – ha dichiarato in una comunicazione ufficiale – L’immagine è stata ritoccata per accentuare l’effetto di grazia atta a trasformarmi in una sorta di sogno. È una sublimazione. Le preoccupazioni riguardanti il realismo non hanno proprio ragion d’essere qui e, da femminista convinta, non vedo alcuna mancanza di rispetto verso il corpo delle donne». L’attrice ha concluso scrivendo «Si tratta solo di cinema, non dimentichiamolo».


Claudia-Cardinale-Cannes-2017

Festival internazionale di Volterra, un altro omaggio al D’Annunzio trasgressivo

Un Festival Internazionale in uno scenario antichissimo e suggestivo, quello del Teatro Romano di Volterra giunto alla XIII edizione, dalla tragedia di Euripide alla commedia di Aristofone, fino alla rivisitazione dei classici più contemporanei come Gabriele D’Annunzio in ‘Mùsami o Vate alle Colonne del Vizio’: lo spettacolo più provocatorio e poetico della stagione romana appena trascorsa è stato selezionato tra le novità teatrali dal Direttore Simone Migliorini, destinato alla scena il 15 luglio presso l’elegante teatro Persio Flacco.


Un’opera in versi, nata dalla penna dissoluta della regista bresciana Mariaelena Masetti Zannini, che ha dato vita ad un suo personale notturno sul mondo esoterico dannunziano in una struttura circolare in continuo divenire. Un universo di immedesimazioni femminee, di astrali figure roteanti nell’orbita del Vate, di vetri rotti di uno specchio ancora da ricomporre in un’atmosfera onirica capace di proiettare in un vero e proprio ‘terzo luogo’.


Festival internazione di Volterra, un altro omaggio al D’Annunzio trasgressivo


Un omaggio puro al mondo femminile e femmineo di Gabriele D’Annunzio che come in un dipinto simbolista rimarrà sospeso e sublimato. Ritratti delle sue donne, da Eleonora Duse rappresentata da una misteriosa statua velata fino alla sofisticata interpretazione della stessa Zannini nel ruolo della Marchesa Luisa Casati Stampa, collezionista, musa di numerosi artisti e anticipatrice della performance e della Body-Art. Memorabili le sue incursioni, avvolta tra serpenti e leoni, le spettacolari feste mondane e le sue eccentriche frequentazioni con Jean Cocteau e i Futuristi.


Nelle vesti del Vate, Giuseppe Talarico, da annoverarsi al fianco di altri interpreti come Lucia Rossi, commovente nell’inedita veste di una popolana zoppa ed ancora, Gianluca Vicari, una giovane promessa del cinema italiano, qui perfetto alterego dannunziano, alias Conte Sperelli Fieschi, fino alla meravigliosa star del burlesque internazionale Giuditta Sin Infelise, attrice e danzatrice proprio come Ida Rubinstein, nel Martirio di San Sebastiano che andrà a riproporre in scena, ed ancora l’attrice e doppiatrice Glenda Canino nel delirante ruolo della Marchesa Alessandra di Rudini Carlotti che per amore divenne suora carmelitana. Originale la scelta di mischiare le diverse lingue originarie delle varie Muse, come nel caso della bravissima Emanuela Bolco, anche aiuto regia, nel difficile ruolo della frustrata governante Amelie Mazoyer, un tempo giovane amante del Vate e servitrice arguta di sostanze stupefacenti e nuove prede.


Festival internazione di Volterra, un altro omaggio al D’Annunzio trasgressivo


L’arte contemporanea è l’elemento di coesione dello spettacolo e vede come protagonista Marco Fioramanti, co-fondatore del movimento trattista in Italia e ideatore di Night Italia, rivista d’arte fondata da Andy Wahrol e Anton Perich in America, qui nel ruolo di un Cocteau impegnato a calcare a tempera una Musa su tela e in altri interventi scenici di pittura dal vivo.


Dal Teatro di Documenti di Roma fino a Volterra, ecco il seguito itinerante di un’opera che ha già potuto godere di una critica interessante da esponenti del teatro nazionale e docenti di Letteratura Contemporanea.

Youth, La giovinezza di Paolo Sorrentino – una giovinezza perduta.

Il teatro dove si svolge l’opera di Sorrentino è un lussuoso albergo tra le montagne svizzere, Schatzalp Hotel di Davos, lo stesso che fu caro a Thomas Mann in “La montagna incantata”.

Un direttore d’orchestra in pensione, le macchie scure sotto gli occhi, lo sguardo malinconico, l’abito demodè dal tessuto troppo pesante, un uomo che fa i conti con il passato: il protagonista intorno a cui ruotano altre storie di altri esseri umani.

Le chiacchiere con l’amico anziano, regista di successo ormai scevro d’ispirazione, girano intorno a domande amletiche “Quante volte hai pisciato oggi?” e risposte kafkiane “Quattro gocce, per due volte” – battute che in sala destano allegria tra le coetanee 70enni (forse arrendevoli al loro imminente destino) e tristezza nei più “young”.

Sorrentino vuole stupire con effetti speciali, vuole sbalordire, far sognare e sceglie, vincendo, la direzione alla fotografia di Bigazzi, ma questo non basta, nonostante le cantanti che allietano gli ospiti dell’albergo con deliziose melodie nella notte, volteggiando come dei carillon, nonostante le sfumature delle bolle di sapone, la cui vita dura un soffio, nonostante i primi piani soffocanti, a sottolineare le rughe, il tempo che passa…
Sorrentino fa della poeticità una popolare smorfia, pare che stia prendendo la strada giusta, ma poi manca di concretezza, mancano i dialoghi che sfociano in banalità da “bacio Perugina”, manca il senso della realtà – a partire da un prosaico Maradona appesantito nel fisico, fino all’interpretazione hitleriana di un attore alla ricerca di sé.

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La rappresentazione dei cliché che vengono scardinati – come una “Miss Universo” interpretata da Madalina Ghenea, la bella che dovrebbe essere per forza stupida e invece si rivela intelligente e pensante – è debole. Un’apparizione che forse ricorderemo solo nel suo lato B come mamma l’ha fatto.

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Interessanti ma senza forza le scene oniriche di una Venezia inondata che lascia spazio alla sola passerella dove Miss Universo sfila con tanto di corona in testa; di uno scenario da video-clip in cui la “pop-star” – il lavoro più osceno del mondo ansima una canzoncina trasformandosi in un prodotto astratto e sulfureo. La presenza di questa pop-star (la donna brava a letto) per lo meno viene giustificata da accenti di ironia padre-figlia:

“perché mi ha lasciato mio marito? cos’ha lei che io non ho?”
“Non posso dirlo, non ricordo, forse lo ha detto, ma accennato”
“Se non me lo dici mi metto a urlare, sei mio padre, devi dirmelo”
“Ok, è brava a letto”
“Beh, potevi anche non dirmelo!”


Stiamo parlando ancora di tanti ingredienti che insieme non riescono a comporre un piatto equilibrato, anche se forzatamente creativo. Sorrentino tenta il surrealismo di Fellini (negli accenni onirici) e un’estremismo jodorowskiano (nella scelta forte dei colori e dei personaggi/comparse) ma manca qualcosa, è un non-sense senza “sense”.

Purtroppo la retorica prende il sopravvento, o forse la vita è essa stessa retorica, tutte le vite si somigliano, per tutti la “leggerezza è perversione ed irresistibile tentazione“, tutti sono “vulnerabili come le monarchie – basta eliminare una persona e tutto cambia, come nei matrimoni“. Dialoghi con frasi a effetto ma vacui, vuoti, come la sensazione del regista perso quando si suicida buttandosi dal teatro dell’albergo. Banale, non sei la Woolf.

Caine e Keitel due vecchietti da cui fuoriesce più tenerezza che stima, uno apatico al punto da rifiutare di suonare per la Regina Elisabetta, l’altro narciso al punto che al primo rifiuto della sua attrice-musa di partecipare al suo film/testamento decide di togliersi la vita.

Sorrentino ci lascia con un’altra frase “La vita va avanti anche senza questa stronzata del cinema!” – e a me spiace dirlo ma credo che anch’io andrò avanti anche senza questa finta-giovinezza! Peccato.

I tre film italiani a Cannes e tutti i premi della 68/a edizione

Torna a casa con la bocca asciutta l’Italia, che al Festival di Cannes,giunto alla sua 68/a edizione, nonostante le grandi aspettative, non ha vinto alcun premio.


I nostri connazionali Paolo Sorrentino con “Youth – La giovinezza“, Matteo Garrone con “Il racconto dei racconti” e Nanni Moretti con “Mia Madre“, tornano a mani vuote dopo i già numerosi rumors che circolavano a Cannes, arrivati fino alla Moretti-mobile che ha attraversato il confine con la musa Margherita Buy perché quest’ultima ha paura di volare.

Timidamente autobiografico, il film di Moretti si divide tra vita e malattia, tra un set cinematografico e il senso di colpa della protagonista per non essere stata al capezzale della madre. Dopo il grande successo con “La grande bellezza“, vincitore dell’Oscar come miglior film straniero nel 2014, Paolo Sorrentino torna con un film dove le diverse età si scontrano e il senso del tempo che passa è il ritmo di sottofondo.
Altra scelta di stile, invece, per Matteo Garrone che sceglie la favola per inscenare le pulsioni umane, antiche, immutabili del genere.

Ma la Palma d’Oro va a Jacques Audiard, regista francese, che presenta “Dheepan“, la storia di un ex soldato Tamil, una donna e una bambina in fuga dalla guerra in Sri Lanka fino in Europa.

Molto fumo per l’Italia, ma questa volta niente arrosto!

TUTTI I PREMI

MIGLIOR REGIA – Il regista cinese Hou Hsiao-Xsien per The assassin.

MIGLIOR ATTRICE – Mara per Carol e Emmanuel Bercot per Mon Roi, ex aequo.

MIGLIOR SCENEGGIATURA – Michel Franco per Chronic.

PREMIO DELLA GIURIA – The Lobster del regista greco Yorgos Lanthimos.

MIGLIOR ATTORE – Vincent Lindon per La loi du marchè.

CAMERA D’OR – La tierra y la sombre del colombiano Cesar Augusto Acevedo.

GRAND PRIX SPECIALE DELLA GIURIA – Laszlo Nemes per Il figlio di SaulPALMA D’ORO – Jacques Audiard, con il film Dheepan

MIGLIOR REGIA – Il regista cinese Hou Hsiao-Xsien per The assassin.

MIGLIOR ATTRICE – Mara per Carol e Emmanuel Bercot per Mon Roi, ex aequo.

MIGLIOR SCENEGGIATURA – Michel Franco per Chronic.

PREMIO DELLA GIURIA – The Lobster del regista greco Yorgos Lanthimos.

MIGLIOR ATTORE – Vincent Lindon per La loi du marchè.

CAMERA D’OR – La tierra y la sombre del colombiano Cesar Augusto Acevedo.

GRAND PRIX SPECIALE DELLA GIURIA – Laszlo Nemes per Il figlio di Saul