A proposito di giubileo…
Sappiamo tutti come il tema della misericordia stia particolarmente a cuore a Papa Francesco, il quale alla misericordia ha voluto dedicare l’anno del giubileo straordinario e non perde occasione per ribadire questo concetto.
Presso tutte le religioni, benché diversamente declinato, il “volto misericordioso” di Dio è ben presente. Le tre religioni che maggiormente conosciamo nel mondo occidentale, cioè l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam, non si stancano di evidenziare come la misericordia sia quasi l’essenza di Dio o, almeno, il suo stile di comportamento nei confronti delle creature. È evidente, infatti, che nessuna creatura può essere “degna” di entrare in rapporto con Dio; perciò è Dio che “si degna” di accogliere l’uomo e di ammetterlo nella sua sfera. Questo comportamento della divinità si comprende quando si tratta di una creatura innocente, come può essere un bambino; ma, benché sia più arduo, la sua misericordia si manifesta proprio di fronte al colpevole, al peccatore, all’uomo crudele e spietato.
E qui, naturalmente, si apre un abisso di oscurità, sul quale i pensatori di tutti i tempi si sono applicati con maggiori o minori risultati. In definitiva: come si fa a conciliare in Dio questo atteggiamento di misericordia con la sua somma giustizia? Come può egli trattare allo stesso modo la vittima e il carnefice? E poi: misericordia significa trattarli allo stesso modo? Misericordia e giustizia sono incompatibili? O, forse, in Dio sono la stessa cosa?
Quando si pensa a una persona cattiva, ma cattiva veramente, il nostro sguardo abbraccia i grandi sterminatori di tutti i tempi, i terribili dittatori che hanno affogato il mondo in un fiume di sangue. Però, se si volesse indicare un personaggio simbolico che li sintetizza tutti, alla mente si affaccia uno dei nostri antichi progenitori: Caino. Il racconto che ne fa la Bibbia è condiviso anche dagli islamici, oltre che, ovviamente, da ebrei e cristiani.
E, dunque, Caino, l’uomo che uccise il proprio fratello, il primo omicida della storia, emblema e portabandiera di ogni umana crudeltà… anche lui sarà salvato dalla misericordia di Dio?
Noi non siamo all’altezza di rispondere a una simile domanda e temiamo che perfino il buon Papa Francesco possa manifestare qualche incertezza di fronte a un tale quesito. Ci limitiamo, perciò, a evidenziare un dettaglio, notato in una Crocifissione di Andrea della Robbia, che potrebbe avere una qualche attinenza con il nostro argomento.
Andrea era nipote del celebre Luca della Robbia e fin da ragazzo entrò nella bottega di famiglia, la cui specializzazione era la ceramica invetriata. Nato a Firenze nel 1435, vi morì probabilmente nel 1528. Tra le sue opere principali risultano i lavori compiuti nel Santuario della Verna, presso Arezzo, il luogo dove San Francesco aveva ricevuto le stimmate.
Ebbene, è proprio la scena della Crocifissione nel santuario che attira il nostro sguardo. Nell’opera del 1481 vediamo raffigurati i personaggi storici, cioè Gesù inchiodato alla croce, la Madonna e il discepolo Giovanni. Poi, inginocchiati, ecco San Francesco (il “padrone di casa”, potremmo dire) e San Girolamo, esempio di vita penitente. Ai piedi della croce, come in una piccola grotta, appare un teschio: è il vecchio Adamo, cioè l’umanità, che viene purificato e salvato dal sangue di Gesù. In alto notiamo, immediatamente a contatto della croce, il pellicano, simbolo di Gesù che dona la propria vita, e, ancora più su, la colomba dello Spirito Santo. Accanto al Crocifisso, un gruppo di angeli piangenti, come il coro di una tragedia greca. Infine, ed ecco il particolare che ci interessa, a destra e a sinistra di Gesù, nella zona superiore, notiamo due teste maschili: quella del Sole e quella della Luna.
Proprio qui sorge la domanda: ma la luna non dovrebbe essere una figura di donna? In quasi tutte le lingue del mondo, infatti, la luna è femminile! Al ciclo della luna è legato simbolicamente il ciclo mestruale. Come si spiega questa testa maschile?
Per sciogliere l’enigma ricorriamo al vecchio (vecchio? Ma quando mai!) padre Dante, che per due volte, nell’Inferno (XX, 126) e nel Paradiso (II, 49-51), accenna a una leggenda medievale, secondo la quale Caino, dopo aver ucciso il fratello Abele, fu trasportato sulla luna da un vento impetuoso e per l’eternità è condannato a portare un fascio di spine sulle spalle: le macchie lunari sarebbero proprio queste fascine che l’antico peccatore reca con sé trasferendosi di qua e di là.
Dunque, il volto che appare nella pala di Andrea della Robbia sembra essere quello di Caino che cammina sulla luna. E, come ben si vede, grida la propria rabbia, la propria disperazione: forse perché, a differenza di tutti gli altri personaggi, si sente escluso da quella salvezza che Gesù sta donando al mondo morendo sul Calvario?
Caino si salverà?
Andrea della Robbia sembra dire di no.
Tuttavia …
A ben guardare, la Crocifissione della Verna non è così scoraggiante, come potrebbe apparire a prima vista. Infatti l’intera scena, Luna compresa, è contemplata all’interno di una splendida cornice composta da testoline di angioletti e da una fascia fiorita, come il pergolato di un giardino. Dunque tutti i personaggi, Luna compresa, sono in un giardino. E, guarda caso, la parola “paradiso” significa proprio “giardino”.
Caino sarà in paradiso?
Il suo grido angosciante ha raggiunto il cuore, misericordioso e giusto, di Dio?
Oppure la sua voce resterà come un’insanabile lacerazione del creato anche nel giardino eterno?
Andrea della Robbia è perplesso, molto perplesso…