Il nome di Bonnie Cashin probabilmente ai più dirà poco. Ma non agli amanti del vintage, che ne venerano l’incommensurabile talento. Secondo gli storici della moda è stata la designer più innovativa d’America. Un talento senza precedenti, innumerevoli riconoscimenti, Bonnie Cashin vestì icone del calibro di Marlene Dietrich e il suo stile lasciò un’impronta indelebile nella storia del costume. Finalmente un libro edito da Rizzoli ne celebra la grandezza.
Bonnie Cashin: Chic Is Where You Find It è il titolo del volume, scritto dalla storica Stephanie Lake, una delle voci più autorevoli nella storia della moda, nonché intima amica della stilista statunitense, scomparsa nel 2000. Dalla sua morte, Stephanie Lake ha trascorso i successivi 15 anni a studiarne lo smisurato archivio cartaceo e fotografico, cercando di ricostruirne la vita. Un libro concepito nel corso delle conversazioni quotidiane che lei e la designer, ormai anziana, erano solite intrattenere. Innovatrice, futurista, proiettata nel futuro, Bonnie Cashin viene dipinta con tutta la sua carica vitale e le sue idee sulla vita e la moda, alquanto progressiste.
Una voce fuori dal coro, in tempi in cui la ribellione non era concepibile, Bonnie Cashin spiccava per il suo individualismo. Pragmatica e realista, aveva il piglio della capitalista e da sola riuscì a mettere in piedi un impero. Le sue idee erano antitetiche a certa frivolezza tipica degli anni Cinquanta, decennio che consacrò la sua fama a livello mondiale. Pochi sanno che Bonnie Cashin è forse la designer più copiata in assoluto: il suo stile ha influenzato nomi del calibro di Phoebe Philo per Céline, Tom Ford, Chloé, Nicolas Ghesquière per Balenciaga, solo per citarne alcuni.
Nata il 28 settembre 1908 a Oakland, California, figlia di Eunice, sarta, e Carl, fotografo. La giovane Bonnie studiò alla Hollywood High School, alla Chouinard School of Art di Pasadena e alla Art Students’ League di Manhattan, ma non riuscì a conseguire alcun attestato. Considerata pioniera del ready-to-wear e madre dello sportswear, il suo approccio alla moda era di tipo intellettuale: per lei la moda era un’arte cinetica. Il comfort era quindi la parola chiave per i suoi capi: dal poncho alle tuniche fino ai cappotti e ai kimono di chiara ispirazione cinese. Innovativa anche la scelta dei materiali usati, tra cui pelle, mohair, tweed, cashmere, lana e jersey. La sua carriera iniziò a Manhattan, dove si trasferì nel 1933. Qui iniziò a lavorare come costumista al Roxy Theatre. La mole di lavoro era enorme e Bonnie da sola creava migliaia di costumi. Ad appena 19 anni fece già parlare di sé, e venne proclamata la più giovane designer ad avere lasciato un segno a Broadway.
Nella primavera del 1937 i suoi abiti apparvero su Harper’s Bazaar. Nel 1940 Bonnie Cashin fu protagonista indiscussa del primo numero della rivista che non prevedeva capi provenienti da Parigi, a causa della guerra. Carmel Snow, all’epoca direttrice della prestigiosa rivista, famosa per essere una talent scout ante litteram, restò fortemente colpita da quei capi che anticipavano lo sportswear. Fu lei a credere per prima nelle capacità di Bonnie, che non aveva credenziali né titoli di studio. Carmel Snow la mise in contatto con Louis Adler, che aveva una linea di capi e capispalla prestigiosi. Da lì nacque la collaborazione tra i due: dal 1937 al 1942 Bonnie disegnò cappotti e abiti per Adler & Adler.
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Nel 1943, tornata in California, disegnò i costumi di oltre 60 film della Twentieth Century-Fox, tra cui Laura, con la splendida Gene Tierney (1944). Nel 1949 tornò a New York. L’anno seguente, nel 1950, fu insignita del Neiman Marcus Fashion Award e del Coty Fashion Critic’s Award. I prezzi dei suoi capi andavano dai 14.95 dollari per un impermeabile in plastica fino ai 2,000 dollari per un kimono di pelliccia. Nel 1953 creò una società con Philip Sills, che importava pellami. Bonnie Cashin fu pioniera nell’uso della pelle per l’alta moda. Il suo stile di vita globetrotter la indirizzò nella creazione di un guardaroba flessibile, all’insegna della praticità, per moderne nomadi. Spirito gipsy, al centro delle sue ispirazioni vi era l’Oriente. Nel 1962 la designer lanciò Coach, un brand di borse e accessori femminili, insieme a Miles e Lillian Cahn, che creavano portafogli maschili. Disegnò inoltre per American Airlines, Samsonite, Bergdorf Goodman, White Stag e Hermès. Fu la prima designer americana ad avere una boutique da Liberty, a Londra.
Nel corso della sua lunga carriera si cimentò con successo nella maglieria, nella creazione di guanti, biancheria per la casa, ombrelli, impermeabili, cappelli e pellicce. Fu premiata con il Coty Award (precursore del CFDA Award) per ben cinque volte, entrando nella loro Hall of Fame nel 1972. Adorata tra gli altri da Diana Vreeland, che ne ammirava l’audacia, Bonnie Cashin creò un’azienda da sola, la cui unica dipendente fu la madre. Animata da grande integrità morale e da un carattere granitico; femminista anche litteram, era felicemente single, in un’epoca in cui chi non era sposata veniva guardata con sospetto.
Dopo una lunga attività, iniziata negli anni Trenta, nel 1985 arrivò il ritiro, per dedicarsi alla pittura e alla filantropia. La stilista morì a New York il 3 febbraio 2000 per complicanze durante un intervento chirurgico al cuore. Una Fondazione ne conserva lo smisurato archivio: ed è proprio Stephanie Lake la persona designata per preservarne l’eredità. I capi di Bonnie Cashin sono conservati anche in alcuni musei, come il FIT, il Metropolitan Museum of Art e lo Smithsonian.
Bonnie Cashin: Chic Is Where You Find It è la prima monografia dedicata alla designer. Stephanie Lake ci accompagna in un viaggio attraverso la mente della stilista. Diretta, onesta, outsider nel fashion biz, iconoclasta. Attraverso materiale inedito ne riscopriamo l’immenso talento. 300 pagine ricche di aneddoti di vita vissuta tracciano un adorabile ritratto di una donna dalla personalità scoppiettante. “La moda è adesso. La moda è accettazione. La moda è popolarità. Buona parte del mio lavoro è anti-fashion. È il futuro. Non è stato ancora accettato”: così la stessa Cashin definiva il suo lavoro. Aspettiamo con ansia che il volume esca anche in Italia.
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