Non è mai facile assumersi la responsabilità di fare luce su inchieste o fatti apparentemente irrisolti e ricolmi di mistero. I segreti che regnano e sovrabbondano nel mondo della Chiesa, ad esempio, sono spesso oggetto di discussioni e dibattiti, ma spesso la verità è ben lontana dall’essere scovata. È oltremodo coraggioso avventurarsi nei sentieri impervi dell’universo ecclesiale per poterne svelare i numerosi insabbiamenti, con l’omertà che dilaga indisturbata a fungere da ostacolo.
Il film Spotlight diretto da Thomas McCarthy è un esempio di cinema di denuncia, un’opera storico-biografica a tinte thriller e dai contorni drammatici. Il tema inscenato riguarda proprio la Chiesa Cattolica e, nello specifico, la piaga degli abusi di minori ad opera di alcuni sacerdoti americani. Ecco i dettagli.
Nell’estate del 2001 irrompe nella redazione del “Boston Globe” un nuovo direttore, Marty Baron. Coadiuvato da Ben Bradlee Jr., egli ha un solo obiettivo in mente: il giornale deve tornare ad occuparsi in prima linea di tematiche scottanti, tralasciando i classici casi di routine. I nuovi investigatori chiamati in causa comporranno un gruppo chiamato “Spotlight”.
Il primo argomento a dir poco spinoso di cui Baron vuole che il giornale si occupi è quello relativo a un sacerdote che nell’arco di circa trent’anni è stato autore di una serie di atti di pedofilia nei confronti di numerosi giovani senza che contro di lui venissero presi provvedimenti esemplari. In maniera particolare, Baron è assolutamente convinto che il cardinale di Boston fosse perfettamente al corrente della grave situazione in atto, ma che abbia fatto di tutto per insabbiare le eventuali prove e per nascondere la realtà.
Grazie a questa inchiesta e all’iniziativa dei membri “Spotlight”, fu gettata luce su una quantità considerevole di abusi ai danni di minori in ambito ecclesiale.
Distribuito nelle sale cinematografiche italiane dalla Bim Distribution a partire da giovedì 18 febbraio, Il caso Spotlight (o più semplicemente Spotlight) trasporta sul grande schermo lo scandalo che travolse la diocesi di Boston tra il 2001 e il 2002, generando una presa di coscienza su una situazione di cui nessuno sospettava l’esistenza.
Il regista statunitense Thomas McCarthy (di cui ricordiamo alcuni suoi film quali L’ospite inatteso, Mosse vincenti e The Cobbler) realizza così un’opera che fa delle indagini giornalistiche il suo fulcro centrale, ma senza sfociare nella retorica e nella demagogia appartenenti al genere. Gli investigatori, infatti, non vengono tratteggiati come eroi senza macchia che combattono il crimine come dei veri paladini della giustizia, ma come persone assolutamente normali, semplici e con qualche scheletro nell’armadio.
Tra i membri del team “Spotlight”, infatti, ve ne sono alcuni che avrebbero potuto far scoppiare il caso anni prima in virtù del materiale posseduto tempo addietro, evitando in tal modo atroci ed indicibili sofferenze a tanti giovani indifesi ed ignari del pericolo incombente. Tuttavia, non è stato così. Un’omissione di colpa che non ha risparmiato neppure le alte sfere ecclesiali né le povere vittime, che per paura di ritorsioni hanno preferito percorrere la via del silenzio.
Il cast selezionato per l’occasione è di tutto rispetto. Marty Baron è interpretato da Liev Schreiber (Salt, Il fondamentalista riluttante e Creed – Nato per combattere), mentre la squadra “Spotlight” è composta da Mark Ruffalo (Michael Rezendes), un sorprendente e rinato Michael Keaton (Walter Robinson), Rachel McAdams (Sacha Pfeiffer) e da Brian d’Arcy James (Matt Carroll), con John Slattery nei panni dell’editore Ben Bradlee Jr. e Stanley Tucci in quelli dell’avvocato Mitchell Garabedian.
Il caso Spotlight quindi non funziona solamente grazie agli attori prestati al servizio, ma soprattutto perché è in grado di affermare un dato di fatto inconfutabile: la Chiesa Cattolica ha collocato nei ranghi più alti alcuni suoi esponenti di maggior spessore, creando una vera e propria gerarchia e credendo di salvare la fede di molte persone celando la perversione di alcuni suoi membri, ma così facendo ha ottenuto l’effetto contrario, consegnando all’opinione pubblica, sospettosa e semplificatrice, una certa parte di clero la cui linea di condotta è ben distante da quella predicata.
Chiudiamo questo articolo con un passo tratto dal Vangelo secondo Matteo:
“Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino e fosse gettato negli abissi del mare”.