Si è spento all’età di 91 anni il sociologo Zygmunt Bauman.
Noto per le sue teorie sulla “società liquida“, è stato definito il teorico della postmodernità per eccellenza.
A lui si devono gli studi sull’accoglienza e sui migranti ai quali si è sempre mostrato favorevole, gli studi sulla sfera pubblica e sull’atrocità dell’Olocausto.
Le teorie di Bauman si muovono a partire dalla fine delle grandi narrazioni dello scorso secolo, fine che ha causato una fase di straniamento e disorientamento e che ha condotto alla perdita totale di alcune certezze del passato.
Si è giunti così a un presente senza nome costituito dalla crisi di Stato, dal crollo delle ideologie e dei partiti.
Lo sviluppo della società moderna, basata sul ritardo della gratificazione, ha dato vita all’etica del lavoro che premia il lavoro fine a se stesso e all’etica del consumo che, invece, utilizza la procrastinazione a proprio favore.
Date le sue origini ebraiche, il sociologo ha inoltre condotto gli studi sull’Olocausto in maniera ancor più profonda pur non avendolo vissuto personalmente.
Il volume “Modernità e Olocausto” si presenta come rimedio alle lacune dei sociologi accusati da Bauman di non aver approfondito in maniera critica il tema dello sterminio degli ebrei.
“L’Olocausto ha da dire sullo stato della sociologia più di quanto la sociologia, nella sua forma attuale, sia in grado di contribuire alla nostra comprensione dell’Olocausto“, scrive.
Secondo il sociologo l’Olocausto è stato causato dall’antisemitismo che ha individuato negli ebrei l’elemento estraneo e dalla ricerca della perfezione, dall’aspirazione di una società perfetta che poneva le proprie basi sulla razionalità e sull’organizzazione metodica di un sistema burocratico impeccabile.
Così la burocratizzazione ha condotto alla disumanizzazione degli oggetti dell’attività burocratica stessa, ovvero gli uomini divenuti ormai numeri.
Lo sterminio è stato inoltre favorito dal totale consenso psicologico alla persecuzione da parte degli ebrei, “gli ebrei fecero il gioco dei loro oppressori, facilitarono il loro compito, avvicinarono la propria fine“.
Bauman si è esposto in maniera esplicita nei confronti dell’immigrazione sostenendo soluzioni che toccano da vicino il dramma della natura umana: “I problemi globali si risolvono con soluzioni globali. Scaricare il problema sul vicino non servirà a niente. La vera cura va oltre il singolo paese, per quanto grande e potente che sia. E va oltre anche una folta assemblea di nazioni come l’Unione europea. Bisogna cambiare mentalità: l’unico modo per uscirne è rinnegare con forza le viscide sirene della separazione, smantellare le reti dei campi per i “richiedenti asilo” e far sì che tutte le differenze, le disuguaglianze e questo alienamento autoimposto tra noi e i migranti si avvicinino, si concentrino in un contatto giornaliero e sempre più profondo. Con la speranza che tutto questo provochi una fusione di orizzonti, invece di una fissione sempre più esasperata“.
L’appello alla solidarietà non fa che eleggere il professor Bauman a simbolo di una postmodernità sempre più in crisi, “l’umanità è in crisi. E l’unica via di uscita da questa crisi catastrofica sarà una nuova solidarietà tra gli umani”.
Di seguito la lettera dei sociologi dell’Università del Salento al professor Bauman:
“Carissimo professor Bauman,
noi non abbiamo paura delle parole.
È una delle cose che lei ci ha insegnato, e che noi abbiamo imparato dalle pagine dei suoi libri.
Lei non ha mai alzato la voce, non ha mai urlato: eppure non per questo è stato meno udibile e meno ascoltato.
Dalle sue opere emergono analisi impietose sullo stato della nostra società, sui suoi rapporti sociali ineguali, sulle sue sperequazioni.
E anche, cosa persino più preziosa, emerge un pensiero coraggioso sullo stato della nostra memoria collettiva, sulla sua enorme difficoltà di fare i conti con gli slanci e gli orrori del Novecento.
Ebbene, lei è stato tra quelli che hanno parlato senza temere le parole e il loro effetto.
Noi le diciamo – senza timore né piaggeria – che lei è per noi una persona importante.
Noi le dobbiamo rispetto e gratitudine.
Le dobbiamo rispetto per i temi che ha sollevato, posando sulle vicende della modernità uno sguardo inedito.
Lei è andato oltre la crisi della nostra disciplina, e ha spinto il mondo ad accorgersi che l’indagine sociale ha significati capaci di universalizzarsi.
E che uno sguardo ampio sulla società è necessario, perché spinge la società a interrogarsi su se stessa, a ridiscutersi, forse persino a rimettersi in gioco.
Dire che la società è liquida è diventato un luogo di tutti, ma per arrivare alla metafora della liquidità bisogna aver usato vari microscopi analitici, aver guardato dentro il ribollire dei fenomeni sociali vecchi e nuovi, aver visto accadere la globalizzazione, l’esplosione del lavoro precario, il controverso moltiplicarsi dei media sociali, l’emergenza ecologica.
Lei ha analizzato questa messe di fenomeni dall’interno del loro stesso manifestarsi.
Un compito difficile ma indispensabile se si concepisce la scienza sociale come un’esplorazione che prefigura la condivisione della conoscenza.
Lei ha avviato una relazione importante con altri settori delle scienze storico-sociali, e ha promosso l’idea che si possano apportare contributi sociologici, tanto solidi quanto vitali, senza mai disconoscere il valore di chi osserva il mondo a partire da altre premesse, con altre metodologie.
Anzi, le opere saggistiche sulla società che riescono a caratterizzare un’epoca – come nel caso di molti suoi lavori – dialogano spontaneamente con diversi altri approcci, producendo ancora una volta condivisione intellettuale.
La sua opera è stata cucita con pazienza e perseveranza.
I suoi lavori editoriali, come i suoi studenti, si sono moltiplicati.
Il suo modo di scrivere e di esprimersi sociologicamente sono presenti non solo agli studiosi e agli studenti di scienze sociali, ma anche a un numero considerevole di lettori, appassionati all’idea di comprendere la società e come essa “accada” negli individui.
Con il suo lavoro recente ha ottenuto almeno due risultati per noi, come sociologi, molto importanti: il primo risultato è che con lei la sociologia ha ripreso a parlare a un pubblico di non specialisti.
Le sue opere sono tradotte in tante lingue e ovunque diventano casi editoriali dimostrando che la sociologia, quando è in grado di guardare la realtà da una prospettiva autonoma e lucida, serve ai cittadini per capire i caratteri della società attuale e i suoi possibili sviluppi.
Il secondo risultato è che lei ha dimostrato come un uso intelligente delle categorie classiche e post-classiche che la sociologia ha elaborato rappresenti uno strumento potente per comprendere la realtà, per molti versi aggrovigliata e incomprensibile, che il mondo occidentale sta vivendo.
Grazie alla sua produzione noi sociologi riacquistiamo fiducia: ricominciamo a parlare un linguaggio che comunica anche ai non sociologi e ricominciamo a dialogare con i nostri concetti, applicandoli ad un mondo che cambia.
Sarebbe per noi impossibile anche solo sintetizzare la vastità dei temi che lei ha trattato nei lunghi anni della sua carriera.
Ciò che ci sembra importante segnalare è che con forza analitica lei ha messo in evidenza la dimensione spesso ambivalente del moderno, senza temere di entrare nel merito dei suoi tratti più cupi: l’Olocausto, ad esempio, e con esso la feroce assurdità di una razionalità vocata allo sterminio.
Lei ha dato anche nuovo vigore alla figura del sociologo, inteso non come consigliere del principe o come fautore dell’ordine, ma come garante della diversità, dei diritti, dell’inclusione dell’altro.
E ha dato vigore alla scrittura sociologica, non una scrittura tecnica ma una scrittura densa, carica di implicazioni, evocativa, in questo senso politica e liberatoria.
Caro professor Bauman, per tutti questi motivi i sociologi dell’Università del Salento esprimono gratitudine nei suoi confronti e sono orgogliosi di far parte di un Ateneo che ha deciso di riconoscere al massimo grado l’attualità e la forza del suo pensiero.
Grazie di cuore a nome di tutti noi“.
Lettera dei sociologi dell’Università del Salento al prof. Zygmunt Bauman in occasione della sua laurea honoris causa (2015)