Il nomade wild di Boris Bidjan Saberi

Trame wild e suggestioni nomadi caratterizzano la sfilata AI2017-18 di Boris Bidjan Saberi: lo stilista tedesco porta sulle passerelle della Paris Fashion Week un intrepido esploratore, che non teme di affrontare i rigori invernali tra virtuosismi stilistici e charme atavico. Il designer presenta una collezione monocromatica ed altamente evocativa: da sempre amante sfegatato dello streetwear, Boris Bidjan Saberi immagina ora per la sua collezione suggestivi scenari aridi, in cui la natura diviene padrona unica del destino dell’uomo. L’uomo che calca la passerella non teme la montagna e si appresta ad una impervia scalata fino alla cima. Funzionalità e comfort dominano tra grafismi e contrasti ton sur ton: trionfa il tricot, tra trecce e dettagli che sembrano strizzare l’occhio al primitivismo. L’uomo di Saberi è un eroe tribale che sfida la natura: è una lotta atavica in cui regna la legge del più forte, selezione naturale di darwiniana memoria per cui il fine è solo uno, sopravvivere. Lo stilista tedesco collabora per la seconda volta con Salomon per quattro modelli di calzature: largo a sovrapposizioni di tessuti ed una palette rigorosamente monocromatica, che indugia sui toni del black & white. L’uomo che sfila indossa una sorta di armatura impreziosita da dettagli in pelliccia: tra i materiali usati anche vinile e cotone. Non mancano suggestioni luxury in un tripudio di eleganza rigorosamente hand-made. Versatile e intrisa di elementi tribali, la collezione parte da ispirazioni streetwear per poi aprirsi ad una realtà sofisticata e insieme funzionale. Nato in Germania da padre persiano e madre tedesca, Boris Bidjan Saberi già nel 1996 mostra la sua innata predisposizione per la moda: lo stilista rivisitò e modificò un paio di jeans vintage, inaugurando così la propria personale estetica. Nel 2003 il designer diede vita alla prima linea di accessori fatti a mano. Nel 2006 ultimò i suoi studi in design della moda a Barcellona. L’anno seguente arrivò il lancio della linea che porta il suo nome. Nel 2008 il debutto alla settimana della moda maschile di Parigi. Largo a suggestioni militari nei parka reversibili, da indossare con gilet e pantaloni multiuso. Un mix inedito di tessuti e silhouette, da sempre cifra stilistica dello stile di Saberi, si distingue in questa collezione per sapienti note tribal, per una sfilata altamente evocativa.

La foresta digitalizzata di Issey Miyake

I colori della foresta fungono da ispirazione prevalente per la collezione AI2017-18 di Issey Miyake: tripudio di pattern sperimentali che ricordano una fitta vegetazione impreziosisce capispalla e camicie. Un’intricata trama tessuta dal genio di Miyake per una collezione in bilico tra innovazione ed eleganza classica. Pioniere dal 1980 di uno stile universalmente conosciuto e di silhouette iconiche che nel corso degli anni sono state copiate da tanti, Miyake ha sfilato per la prima volta alla Paris Fashion Week nel lontano 1985: da allora le sue linee concettuali e il suo stile unico si sono imposti all’attenzione mondiale. La sua ultima collezione, disegnata da Yusuke Takahashi, riflette una sensibilità moderna e dinamica, che predilige funzionalità e comfort per linee destrutturate e capispalla evergreen. Largo a cappotti in nylon e taffetà, che vengono ripresi dagli archivi storici della maison: in particolare è la collezione AI1983 a fungere da ispirazione alle stampe che si alternano ora sulla passerella, protagoniste assolute per la prossima stagione invernale. Sfila un uomo atletico e moderno, che predilige la scelta di capi comodi e pratici, sposando la funzionalità come cifra stilistica. Largo a cappotti abbottonati sul collo caratterizzati da spalle oversize; i pantaloni sono techno, intrisi di note sportswear. Take a walk on the wild side, sembra essere il mood prevalente nella sfilata, tra stampe in colori pop che raffigurano foreste e piante tropicali. Non manca un tocco urban nei dettagli da trekking e nelle silhouette. La palette cromatica indugia nei toni del blu, del marrone e del nero, tra nylon e jacquard in poliestere di lana. Non manca ardita sperimentazione, tra suggestioni militari e dettagli sporty. La foresta di Miyake è digitalizzata, tra caleidoscopici grafismi ed ardite geometrie veniamo proiettati in un universo parallelo in cui la natura e la metropoli sembrano fondersi indissolubilmente.

Gli echi nostalgici di Yohji Yamamoto

In un mondo in cui le mode e i trend si susseguono senza sosta, Yohji Yamamoto decide di andare controcorrente e di prendersi una pausa: la collezione AI2017-18 che ha sfilato alla settimana della moda uomo parigina si pone come una piccola grande rivoluzione che si oppone alle dinamiche del 21esimo secolo. E’ uno show intriso di poesia e suggestioni nostalgiche, quello che si consuma sulla passerella del menswear parigino: l’uomo Yohji Yamamoto indossa capi dalle ispirazioni workwear che celebrano il potere del corpo. “I tempi stanno cambiando troppo velocemente”: questo slogan campeggia sullo sfondo della sfilata, declinato nei colori della bandiera francese, rosso, bianco e blu. In passerella uomini di mezza età si alternano a giovanissimi modelli: sofisticata e minimal l’estetica Yamamoto sembra conferire un’aura nuova al corpo, attorno al quale si erge una struttura di capi sartoriali e ricchi di charme evergreen. Dominano i lunghi cappotti che profumano di antico, tra sapienti decostruzioni ed ardite sovrapposizioni. “Il denaro genera denaro. Lo odio. Torniamo ai giorni in cui il corpo procurava denaro. Questi ragazzi sono tutti combattenti e lavoratori. Li ammiro e li rispetto”, così lo stilista ha commentato la sfilata e i suoi protagonisti. L’uomo Yamamoto è un lavoratore che si muove nella giungla metropolitana stretto in capi languidi e decostruiti. Il Giappone torna prepotentemente alla ribalta con uno stile effortlessy-chic e minimale, che strizza l’occhio al rigore orientale. Tripudio di capispalla, che ridefiniscono i codici del workwear: sfila una sorta di uniforme urbana tra giacche e parka: trionfano i cappotti, declinati in velluto e nuance come il rosso e il salmone. Tutti i capispalla sono reversibili, per una maggiore funzionalità. Ad ispirare Yamamoto i piloti combattenti giapponesi. Domina il camouflage all over, tra pattern in stampa patchwork e tocchi di pelle. Una sfilata che nasce da un intento rivoluzionario: la nostalgia che si avverte non è fine a se stessa ma diviene produttiva per sdoganare un’etica nuova, che rendi il dovuto omaggio ai lavoratori e ai nuovi guerrieri contemporanei.

Volumi scultorei e fascino post apocalittico per Rick Owens

Teatrale e suggestiva la collezione AI2017-18 di Rick Owens, protagonista della settimana della moda parigina dedicata al menswear. Tra volumi esasperati e materiali techno sfila Glitter, collezione evocativa che sdogana una nuova estetica all’insegna dell’anticonformismo. «Ho scelto questo nome come reazione al mio ultimo ciclo di collezioni che trattavano più il declino fisico ed ecologico… Era il momento di andare avanti», ha dichiarato lo stilista californiano. «Glitter si riferisce a un periodo degli anni 70 che celebrava l’immoralità, la trasgressione, la liberazione sessuale e l’anticonformità con pomposità. Quasi un artificio grottesco, che rigettava le paure in momenti oppressivamente problematici». L’uomo Rick Owens sfila con voluminosi piumini legati addosso, in un intricato gioco di sovrapposizioni: quasi delle corazze o degli scudi da utilizzare per ripararsi dal gelo invernale, i piumini creano silhouette scultoree e mirabolanti virtuosismi sartoriali. Genio visionario ed amante dell’ermetismo, Owens porta in passerella figure iconografiche e misteriose, che ricordano dei guerrieri in chiave urban. I pantaloni sfiorano il pavimento mentre il viso dei modelli è tinto di bianco e i capelli sono stretti in inedite cuffie. Sulle note di Monserrat Caballé che canta l’aria di Dalila sfila al Palais de Tokyo una collezione dal fascino post apocalittico. Quasi un nomade contemporaneo, l’homeless in chiave luxury tratteggiato da Owens sfoggia sovrapposizioni ardite e volumi scultorei. Teatrale e mistica, la collezione non lesina in giacche dalle proporzioni over e dettagli preziosi. La palette cromatica indugia sul verde, sul kaki e sul nero, tra caleidoscopici giochi cromatici e charme primigenio. Owens affascina anche questa volta con il suo stile iconico e teatrale, tra guizzi futuristi e citazioni Seventies.

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La sensualità punk di Haider Ackermann

La collezione AI2017-18 di Haider Ackermann, che ha sfilato nell’ambito della settimana della moda di Parigi, è intrisa di suggestioni punk, tra tripudio di pelle nera che impreziosisce gilet e giacche. “Sono sempre attratto dall’uomo elegante ma sono sempre un pasticcio”, ha dichiarato lo stilista. Una collezione interamente basata sull’istinto: “Indossi qualcosa. Sta bene. Sta male. Questo è il mio mondo”, ha commentato Ackermann, che ha anche debuttato alla direzione creativa di Berluti. Una marcia dark quella che si sussegue sulla passerella, tra teche che custodiscono minerali e gemme preziose: nella location della Galerie de Mineralogie di Parigi sfilano silhouette morbide e dettagli sportswear: lo stilista di origine colombiana si perde in virtuosismi iconici che rivisitano i completi maschili classici attraverso tartan e pelle. Androgino l’uomo Ackermann indossa leggings in stampe check e velluti preziosi che rimandano ad ispirazioni rock. Sensuale l’estetica di Ackermann, che tratteggia un nuovo dandismo in chiave parisien: un uomo ribelle ed anticonformista, che non teme gli eccessi bohémien e sfoggia cappotti dal piglio militare. Largo a parka e bomber in suede
da indossare con maglioni a collo alto. Versatile ed eclettico, lo stile Ackermann vede un’eleganza effortlessy-chic che punta a colpire lo spettatore. Non mancano sapienti tocchi glam rock, in un tripudio di nuance strong e giochi cromatici: domina il mix & match di stampe, che accosta il pied-de-poule al tartan rivisitato, tra inediti grafismi e tocchi gold. Le proporzioni slim enfatizzano le gambe. Nei cappucci e nelle sovrapposizioni predominano ispirazioni streetwear, per una collezione ricca di charme.

Il rituale apotropaico di Walter Van Beirendonck

Un rituale arcaico dalle suggestioni dark è quello che si è consumato durante la sfilata di Walter Van Beirendonck: l’Unheimlich di freudiana memoria fa il suo ingresso ufficiale alla Paris Fashion Week dedicata al menswear grazie alla collezione dello stilista belga. Un défilé dai risvolti onirici, a partire dalla location scelta per l’evento, un garage sito nell’elegante quartiere di Iéna: qui irrompe sulla passerella una banda di demoni pelosi dalle corna affilate. La colonna sonora della sfilata è affidata alle note dionisiache dei Seidä Pass, band tirolese che sconvolge l’auditorium con un crescendo di percussioni dal ritmo selvaggio. Van Beirendonck, capo del dipartimento moda alla Royal Academy di Antwerp, sforna un esorcismo intriso di sapori nordici, per una delle sfilate più suggestive in assoluto della settimana della moda uomo parigina. I modelli che si alternano sulla passerella hanno il volto coperto da una sciarpa di seta decorata dagli artisti Scooter LaForge, Gio Black Peter e Brian Kenny. Ricorda un po’ un samurai l’uomo stretto in smilze giacchine di velluto con maniche a campana: misteriosi ed inquietanti i giganteschi guanti da baseball, che pendono dai blouson. Rappresentazione onirica di inconsce paure o mero accessorio da sfoggiare il prossimo inverno? Camouflage all over predomina accanto a flanella e dettagli preziosi, come le spille in strass, i ponpon che fanno capolino dai berretti e le corazze da samurai. Tweed inglese nei pantaloni mentre il fascino apocalittico della sfilata dà vita a mirabili epifanie estetiche. Non mancano scene da guerriglia urbana tra stampe animalesche e suggestioni apotropaiche: “Un rituale molto positivo”, così lo stilista ha commentato la collezione, che ha come scopo quello di guarire il mondo e riportare indietro gli spiriti buoni, facendo invece piazza pulita degli spiriti maligni. La collezione stessa si intitola, non a caso, Zwart, parola olandese per indicare l’oscurità, il buio.
Misteriosa e arcaica, la collezione incanta mixando elementi militari a suggestioni sartoriali, evidenti nei cappotti e nei blazer, tra sapienti costruzioni e decostruttivismo ardito. La palette cromatica vede una prevalenza di arancione, grigio, verde e stampa mimetica. Un momento positivo per la moda belga.

Il moschettiere 2.0 di Y/Project

Suggestiva ed affascinante la sfilata Y/Project, che ha avuto luogo nell’ambito della settimana della moda maschile di Parigi. Gleen Martens esaspera i volumi delle maniche e dei pantaloni, dando vita ad un’estetica altamente evocativa. Lo stilista belga, nato a Bruges, fin da bambino ha sviluppato un’ossessione per la bellezza classica: tuttavia crescendo il suo lato ribelle è venuto alla ribalta e il suo occhio ha assorbito suggestioni fiamminghe come anche note underground derivanti dalle luci al neon e dai negozi, spesso caratterizzati da elementi kistsch. Ne deriva una visione del bello ricca di contraddizioni: una dicotomia che si arricchisce, per la collezione AI2017-18 di inedite suggestioni francesi. L’uomo che calca la passerella è un eroe ribelle che ostenta un lato noir e un fascino romantico: il moderno moschettiere ripristina codici ottocenteschi e cita Napoleone Bonaparte, protagonista anche dell’invito al défilé. Largo a sapienti decostruzioni e tripudio di denim all over per inedite ruches che arricchiscono pantaloni e maniche: Martens gioca con i volumi, creando silhouette dal piglio streetwear che si caratterizzano per virtuosismi couture come le maniche esasperate che sbucano da tute workwear e da cappotti e giacche in pelle. Un nuovo romanticismo si fa strada tra il velluto e i colori dark che sfilano, in primis il viola: altamente scenografici i pantaloni ampi fermati da pannelli, camaleontico il patchwork in denim, perturbante il satin rosso. Ricordano certi costumi sfoggiati nei teatri di periferia, improvvisando un Macbeth o un Otello shakespeariano, i capi che indossa l’uomo Y/Project. Non mancano inoltre suggestioni tailoring in una sfilata dal mood onirico, che cerca anche di creare una dimensione nuova ridefinendo i codici tradizionali dello stile. Il dramma sembra dominare il défilé, tra inaspettati colpi di scena come i capi monospalla e i cappotti lunghi fino al pavimento: inserti di pelliccia fanno capolino da giacche techno. Martens, maestro nelle tecniche di decostruzione, crea un’estetica nuova, pregna di antiche suggestioni che rivivono ora in chiave contemporanea.

L’attitudine urban di Facetasm

Suggestioni streetwear ed estetica ribelle caratterizzano la collezione autunno/inverno 2017-2018 di Facetasm. Eclettica e moderna, la sfilata, che ha avuto luogo nell’ambito della Paris Fashion Week dedicata al menswear, si distingue per un’attitudine urban e per ispirazioni tratte dalla musica rock. Largo a denim all over per giacche e dettagli, tra maglioni e pantaloni in nylon vince il comfort, per uno stile disimpegnato ed un’allure easy. Non manca un’attenzione certosina per il dettaglio, tra stampe floreali e accenni di pelliccia. Tra i materiali usati predominano il denim, il velluto, il cotone, la maglieria, il nylon, la pelle, e il jersey di cotone. Facetasm ripristina il total look per silhouette rilassate che ricordano i pigiami. Anticonformista e ribelle, l’uomo che calca la passerella rifiuta i diktat provenienti dal mondo esterno e rivendica la propria personale concezione di eleganza. Indagato nelle sue molteplici sfaccettature, l’uomo immaginato da Hiromichi Ochiai guarda al mondo dello sport, in primis dell’atletica, e affronta la nuova società multiculturale forte del suo spirito curioso e amante del diverso. Largo a pantaloni ampi che toccano il pavimento e a capispalla oversize dal mood ibrido, che mixano un’estetica dichiaratamente nipponica a suggestioni streetwear. Ochiai rivisita alcuni pezzi classici del guardaroba maschile, che ripropone in chiave urban, scegliendo la strada della più audace sperimentazione, evidente nella scelta di materiali techno. Non mancano ardite decostruzioni, come nelle tute e nelle giacche. Tripudio di ispirazioni che ricordano l’abbigliamento da sci, tra cappotti e giacche sportive. Il mood prevalente di ispirazione sporty viene interrotto qua e là da inaspettati virtuosismi stilistici, come il prezioso velluto borgogna indossato in contrasto con il bianco, per una sorta di kimono in versione maschile. Suggestioni primitive nei cappotti destrutturati. Ai piedi i modelli che si alternano sulla passerella indossano delle Converse, a celebrare il centesimo anniversario di Converse All Star.

La prima sfilata di Lucien Pellat-Finet alla Paris Fashion Week

Ha sfilato nella prima giornata della fashion week parigina Lucien Pellat-Finet: una prima volta assoluta per lo stilista, che passa con questa stagione dal format della presentazione al défilé. Il genio del cashmere porta in passerella uno stile urban intriso di suggestioni streetwear. Largo a bomber, short, capi sporty-chic e sandali in stile giapponese: sfila la sua moda maschile e femminile, tra ispirazioni jogging e dettagli ironici. I codici stilistici da sempre emblema del brand vengono riproposti in una chiave inedita: le maglie in cashmere tornano alla ribalta, ma questa volta impreziosite da slogan provocatori, come l’invito alla consumazione di cannabis o l’inequivocabile «Baise-Moi». Lo stilista non si preoccupa di falsi perbenismi ma cavalca sicuro l’onda emotiva di una collezione forse priva di spettacolarità ma fedele all’estetica della griffe: Lucien Pellat-Finet cita Jean Cocteau, affermando che “Il cattivo gusto di oggi è il buon gusto di domani”. Largo a velluti e lurex che impreziosiscono due pezzi dal mood trasgressivo. Il brand, nato 23 anni fa, ripropone in passerella i suoi pezzi cult. Tripudio di pot culture, tra stampe che inneggiano al consumo di erba e atmosfere rilassate: l’uomo Lucien Pellat-Finet sfila indossando occhiali da sole scuri e capi morbidi e fluidi. Nel cashmere fanno capolino intarsi ispirati ai graffiti dell’artista newyorkese Crash. La sfilata, pur non distinguendosi per guizzi stilistici che passeranno alla storia, ripristina l’estetica tipica del brand tra suggestioni Nineties e dettagli sportswear. Per un’eleganza disimpegnata.

Balenciaga incanta Parigi tra workwear e note Eighties

Ha sfilato nell’ambito della settimana della moda parigina dedicata al menswear la collezione Balenciaga AI2017-2018: Demna Gvasalia rivisita il workwear più classico conferendogli un imprinting affascinante. Un’estetica che strizza l’occhio a note sporty, tra proporzioni over che rimandano agli anni Ottanta e sapienti tocchi sartoriali. Il guardaroba da lavoro non è mai stato tanto chic: in una location che ricorda un ufficio sfila un impiegato in chiave techno. Largo a silhouette squadrate e volumi oversize, per capispalla sartoriali: cappotti e trench reinterpretano lo stile più iconico della maison Balenciaga, ma il mood strizza l’occhio alla contemporaneità. Un uomo aggressivo e sicuro di sé è il protagonista della collezione: un manager rampante che sfoggia una sorta di uniforme pensata per l’ufficio. Non mancano ardite contaminazioni tra tailoring e sportswear. Le linee sono allungate, la cravatta è il nuovo must have, sapientemente smitizzata dalle sneakers. L’anima sportiva balza all’occhio nelle giacche a vento, nei cappucci che si aprono sotto i lunghi cappotti, insieme ad inaspettate parigine, per un tocco di ironia e trasgressione che non guasta mai. Largo a bomber in pelle e pantaloni stretti a vita bassa, tra glam e loghi fanno capolino riflessi metallizzati, in un’estetica estremizzata.
Linee morbide e disimpegnate fanno da contraltare al rigore dei completi dal piglio sartoriale, per una nuova eleganza. Ai piedi l’uomo Balenciaga sfoggia stivali antipioggia o sneaker in stile combat. Demna Gvasalia gioca con uno stile forte e porta sulla passerella modelli professionisti che si alternano ad uomini comuni. Non mancano felpe e bomber, tra stratificazioni che rivelano l’influenza street. Una sfilata istrionica che inaugura un nuovo menswear: diversi sono i codici stilistici che ispirano Gvasalia, in un tripudio di immagini iconiche. Lo stilista si conferma una delle voci più interessanti del fashion system contemporaneo.

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L’istrionico outsider di Marni

Istrionica e colorata la collezione AI2017-2018 di Marni, che segna il debutto di Francesco Risso alla direzione creativa del brand. Suggestioni infantili si mescolano a scenari onirici, in una magistrale prova stilistica: un ponte ideale tra infanzia ed età adulta, la collezione di Marni ruba al guardaroba di papà i pantaloni oversize in velluto a coste, da indossare con maglioni e pigiami: un’aria disinvolta e stropicciata, che ci porta nel calore del focolare domestico. Qui un eterno Peter Pan si aggira quasi segregato in una dimensione onirica, in cui i giochi infantili prendono forma e divengono capi di abbigliamento. Tripudio di sartorialità nei cappotti oversize, tra tailoring e maxi fur coat; ricordano quasi una masquerade gli iconici copricapi in pelouche, in bilico tra ispirazioni vittoriane e carnevalesche. Pelliccia, velluto e poliestere dominano una collezione sopra le righe, che non lesina in surreali coup de théâtre che regalano nuova vita al brand fondato da Consuelo Castiglioni nel 1994, che viene calato in una realtà distopica. Risso, direttore creativo di Marni dall’ottobre 2016, vanta nel suo curriculum l’esperienza in casa Prada e una visione ludica della moda. Tra tocchi naïf e suggestioni edipiche colpisce il primitivismo delle nuove sneaker. L’uomo Marni sembra essere un outsider, fuori posto nel suo pigiama in tessuti techno, eppure perfettamente a proprio agio nel ruolo che si trova ad interpretare. Non mancano suggestioni streetwear: lo stesso designer ha ammesso di trovare particolarmente affascinante l’universo della strada, fonte di ispirazione prediletta per la sua estetica. Una performance ironica ed affascinante, che sdogana un’estetica un po’ folle, ma con classe.

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(Foto: WWD)