Suggestioni artsy dominano sulla passerella di Rahul Mishra: per la collezione autunno/inverno 2017-18 lo stilista esplora il suo amore per il movimento pittorico del Puntinismo, attraverso un design che strizza l’occhio allo sportswear senza disdegnare decorazioni fatte a mano. Mishra si conferma geniale nell’utilizzare i capi come delle tele, riproducendo con maestria le opere di Vincent van Gogh e Paul Signac, ed esplorando la sua innata passione per il Puntinismo, movimento pittorico nato in Francia verso il 1870, caratterizzato dalla scomposizione dell’immagine in piccoli punti: il designer unisce ispirazioni tratte dal mondo dell’arte a capi dal piglio sporty. Il risultato è un tripudio di capi basic che vengono ridefiniti in chiave multicolor, tra paesaggi e girasoli che impreziosiscono giacche in check e principe di Galles e maxi gonne in velluto. Non mancano note mannish nelle silhouette oversize, come nei pigiami palazzo, in una moda che sceglie l’inedito accostamento tra l’arte e lo streetwear. Sagace deus ex machina della situazione, Mishra riesce nel suo ambizioso progetto, creando una collezione altamente indossabile, ricca di effetti optical piacevoli alla vista: non mancano note high-tech come nell’uso di applicazioni e passamanerie realizzate in 3D, ad impreziosire capi semplici dal gusto timeless e dal grande comfort. Ecco che blazer in check vengono invasi da girasoli e fiori, accanto a maxi gonne a balze, tripudio di femminilità rétro; il gessato si alterna a stampe patchwork, in un gioco di sapienti sovrapposizioni, un mix & match dal forte impatto scenografico.
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Paul & Joe in bilico tra note mannish e femminilità
Si respira un’aria nuova sulla passerella di Paul & Joe: per la collezione autunno/inverno 2017-18 Sophie Mechaly sceglie di essere meno dolce rispetto al solito. L’attitudine che prevale tende questa volta al rock, con un tocco androgino che non guasta. Suggestioni streetwear dominano, al posto del preppy d’ordinanza, più volte sperimentato dall’eclettica designer. Grintosa e senza fronzoli la donna che attraversa la passerella della Paris Fashion Week, sfoggiando capi dalle suggestioni mannish. Largo a colori accesi, come il giallo lime e il verde, per pattern suggestivi e ricchi di sfumature caleidoscopiche. Il velluto domina l’intera collezione, sia declinato a costine che su hoodie dal piglio sporty declinate in blocchi cromatici e grafismi arditi in colori al neon, come ambra e blu elettrico. Femminilità nella seta floreale, tra stampe playful, quintessenza dell’estetica di Mechaly. Tante le sfumature di rosa, come nei pattern a forma di rossetto, protagonisti assoluti della collezione. Istrionica e femminile, la stampa a forma di rossetto domina su blazer dal taglio sartoriale e su gonne, sposando lo Zeitgeist contemporaneo, che vede un fiorire di stampe cartoon in quasi tutte le collezioni presentate nelle principali fashion week. Femminile ma mai leziosa, la donna Paul & Joe unisce un’anima cosmopolita e contemporanea alle note timeless di una sartorialità destinata a non passare mai di moda.
“Volevo qualcosa di estremamente urbano ma che fosse anche lussuosa”, ha commentato la stilista. Trionfo di effortlessy-chic nei tuxedo in velluto rosso, per una moda androgina, sapientemente smorzata dalle bluse in pizzo decorate con perle, che conferiscono un tocco ultrafemminile all’intera collezione.
Il gioco delle silhouette sfila sulla passerella di Comme des Garçons
Teatrale e futurista la collezione di Comme des Garçons, che ha sfilato nell’ambito della Paris Fashion Week: Rei Kawakubo esplora il futuro della silhouette, in una collezione altamente sperimentale ed avanguardistica, che gioca con le proporzioni osando fino all’eccesso. Sulla passerella parigina si alterna una parata di capi scultorei, tra busti iconici e corazze. Dimenticate ogni diktat precostituito: qui la parola d’ordine è osare, in un continuo gioco di rimandi. Le nuove silhouette di certo colpiscono l’occhio e la mente: le braccia, tagliate fuori dal guscio, sono le grandi assenti. Largo a palle di cotone che ricordano sculture ancora in fase di elaborazione, e suggestioni oniriche, per eteree creature misteriose che sfoggiano le Nike ai piedi. Come due gemelle, una coppia di mannequin percorre il catwalk come si trattasse di una dimensione sconosciuta, un pianeta misterioso che le ospita temporaneamente: suggestioni post-apocalittiche pervadono l’intera collezione, caratterizzata da blocchi di lana e materiali grezzi, sapientemente accostati a texture luxury. Clessidre si alternano a blocchi a forma di sfera, in un gioco infinito di varianti, per un effetto altamente scenografico. Come un bulbo o una corazza iridescente, la donna di Kawakubo è nascosta dentro blocchi monolitici che ne occultano la vera silhouette, come in un gioco di specchi deformanti. Una collezione intrisa di simbolismi ed allegorie misteriose, in bilico tra note siderali che auspicano l’avvento di una nuova era ed accenni ad una femminilità celata. Creature eteree e quasi aliene, le donne di Comme des Garçons inaugurano un’epoca nuova per la moda, in cui la sperimentazione più avanguardistica si unisce all’estro senza confini.
Andreas Kronthaler for Vivienne Westwood sfila in bilico tra punk ed arte
Una collezione pervasa dallo stile iconico del brand e da suggestioni direttamente tratte dal mondo dell’arte, quella disegnata da Andreas Kronthaler for Vivienne Westwood, che ha sfilato a Parigi. Il movimento austriaco della Wiener Wiener Werkstätten ispira a Kronthaler una collezione ricca di spunti, in bilico tra astrattismo e punk. E se a calcare per ben due volte la passerella è Vivienne Westwood in persona, ne vedremo certe delle belle: la regina del punk si cimenta nella veste inedita di mannequin, in una collezione che celebra il suo stile più iconico. Largo a stampe geometriche che omaggiano Gustav Klimt, personaggio chiave nell’estetica di Kronthaler, che si ispira al controverso pittore austriaco. Ma non fatevi ingannare dai rimandi all’arte: il punk più trasgressivo ed irriverente fa la sua comparsa su stampe raffiguranti seni e membri maschili. L’uomo sfila in felpe oversize impreziosite da motivi africani: spirali, triangoli e rombi, che ritroviamo nell’opera di Klimt. Motivi Art Déco si alternano al piglio tirolese di certe gonne, come quella che apre il défilé, un omaggio al folclore austriaco: l’Austria, che ha dato i natali a Kronthaler, è onnipresente nell’intera collezione, sapientemente affiancata ad epifanie punk che rendono invece tributo all’heritage di Vivienne Westwood. Non mancano inoltre suggestioni army nei capispalla impreziositi da frange e fiocchi, quasi teatrali. Le silhouette sono esasperate, le decostruzioni ardite: dress in satin drappeggiato ispirati ad Emilie Flöge, celebre compagna di Klimt, si alternano a tartan d’ordinanza e capispalla scultorei in gessato classico. Note Eighties e romanticismo si alternano a colore e decostruzioni, in una riuscita prova per Kronthaler.
L’epifania daywear di Céline incanta Parigi
Suggestive epifanie, incontri furtivi, porte che si aprono e che quotidianamente richiudiamo alle nostre spalle, inconsapevoli della fatuità dei momenti: si ispira a Sliding Doors la collezione autunno/inverno 2017-18 di Céline. Phoebe Philo riflette sul senso ultimo dell’esistenza, a partire dai momenti furtivi che caratterizzano la nostra quotidianità: attimi apparentemente insignificanti nel disegno dell’esistenza, ma portatori di verità inattese. In tempi in cui imperversano red carpet e divismo patinato, è ancora una volta dalla vita quotidiana che la stilista trae i suoi input per le collezioni Céline: era già successo la scorsa stagione ed ora nuovamente la designer riflette sulle tante donne che catturano il suo occhio in un giorno qualunque. Donne sconosciute, le stesse che si siedono accanto a noi sulla metropolitana o che vediamo passare per strada nella fretta concitata delle giornate lavorative. In una passerella in cui le mannequin si affrettano, quasi disorientate, sfila un tripudio di eleganza daywear: la donna a cui si ispira Phoebe Philo è sicura di sé e forte, ma non disdegna un tocco di eleganza timeless. Suggestioni luxury si alternano nei tagli, nelle costruzioni, nei colori e nelle stampe, in uno stile cosmopolita e versatile. Largo a trench in pelle e stivali, accanto a cappotti in pelliccia da indossare sopra un maglione a v e tacchi alti. Non mancano smoking dalle linee tailoring impreziositi da stampe esotiche, accanto a maxi dress dal piglio quasi monacale, inno ad un minimalismo chic sempre attuale. Sartorialità evergreen nei capispalla, suggestioni mannish nei tailleur dal retrogusto mannish e dalle proporzioni oversize, fascino tribale nei maxi dress a stampa esotica e nei kimono. Una collezione che esplora a trecentosessanta gradi le innumerevoli sfaccettature della femminilità contemporanea.
La femminilità decostruita di Acne Studios
Decostruzioni ardite e tagli grezzi sfilano sulla passerella di Acne Studios, che ha sfilato nell’ambito della Paris Fashion Week: sarà un autunno/inverno 2017-18 all’insegna di uno stile timeless tutto da riscoprire. Lungi dall’abbracciare qualsiasi tendenza avente a che fare con lo streetwear o con suggestioni sporty o urban, Jonny Johansson è andato alla riscoperta di una femminilità oggi in disuso, per una collezione romantica e naif. Una svolta in casa di Acne Studios: Johansson si ispira ai burattini che Paul Klee era solito creare per i suoi figli. Largo a decostruzioni, tagli grezzi e stampe patchwork che sfilano su abiti tagliati a vivo. Le silhouette sono fluide, i maxi dress vengono attraversati da pannelli diagonali a stampa check che si alternano ai pattern floreali, in una palette cromatica che abbraccia i toni del bianco e nero e del blu. Suggestioni Twenties/Thirties nelle silhouette, tra maxi dress e cappotti sartoriali dal piglio mannish. Sperimentazione e costruttivismo sfilano in una collezione ricca di personalità e stile effortlessy-chic: romantici e suggestivi i maxi dress a strati con tagli imbastiti e cuciture patchwork a contrasto. Raffinatezza rétro si unisce ad audace sperimentazione avanguardistica, in una collezione che non lesina in sovrapposizioni iconiche. Trench e capispalla in pelle si alternano a pashmine avvolgenti, che conferiscono alla figura una protezione dal rigore invernale. Il crochet, trend tipicamente estivo, rivive sulla passerella in un’inedita chiave invernale, declinato su salopette e jumpsuit come anche su maxidress. Non mancano decorazioni come piume e frange, accanto a mini cardigan in versione cropped e note che strizzano l’occhio ad una femminilità tutta da scoprire.
Sfila a Parigi la galassia urban di Mugler
Angeli e motivi celestiali sono solo un ricordo in casa Mugler: a prevalere nella collezione autunno/inverno 2017-18, che ha sfilato nell’ambito della Paris Fashion Week, è uno spirito fortemente urban, principale cifra stilistica della nuova estetica del brand sdoganata da David Koma. Sulla passerella parigina sfila una donna combattuta tra rigore e classicismo: e se il peplo viene declinato in chiave metropolitana, attraverso un patchwork in pelle nera che lo rende più simile ad un turbino dalle note workwear, il blu cobalto, colore iconico del brand, si impone come protagonista assoluto della palette cromatica, direttamente preso in prestito dagli archivi storici e declinato su dress percorsi da pannelli asimmetrici e top con inserti in lamé. Largo a capi scultura monospalla, suggestioni tailoring e silhouette a clessidra, con il focus proiettato sulle gambe: trionfano infatti le minigonne, tra lamé plissettato in chiave stretch a creare giochi di volume a contrasto con le maniche. Non mancano note knitwear nell’uso di pregiato cashmere, accanto a pelle e tessuti laminati. Il tema della stella, tipico della fragranza Angel, che ha da poco festeggiato il 25esimo anniversario, decora i capi black all over, accanto a corpi celesti declinati in chiave strong, che Koma ha definito “costellazioni decostruite”. Nessuna nota di dolcezza è prevista: domina il piglio fortemente strong di capispalla in pelle, come il trench con spalline scultoree, o le linee sartoriali di jumpsuit e tailleur. Le silhouette sono slim e il punto vita è evidenziato da fusciacche e cinture rigide: pelle froissé nei minidress aggressivi, che si alternano a miniabiti con stella e bordo asimmetrico. Forza e modernità sono le parole chiave di una collezione che restituisce una nuova immagine al brand francese. Chiudono il défilé sprazzi di giallo su capi pensati per il daywear e note siderali di tute intere da space oddity.
L’estetica punk di Junya Watanabe
Junya Watanabe porta sulle passerelle del prêt-à-porter parigino una collezione sconsigliata ai deboli di cuore: in un inedito flashback veniamo infatti proiettati all’interno dell’estetica punk, protagonista underground della Londra anni Ottanta, come anche dello streetwear berlinese. Anarchica, dirompente e distopica, la collezione autunno/inverno 2017-18 di Watanabe si pone quasi come un excursus sull’interno movimento punk e su quelli che sono i suoi motivi iconici: largo a tartan all over, declinato non solo nel tradizionale rosso ma anche in giallo lime, per inediti patchwork cromatici che sdoganano il plaid accanto alla pelle nera, alle paillettes, ma anche a suggestioni sartoriali dal piglio tradizionale. Non mancano jacquard floreali ed animalier, tra cappe amorfe e giacche biker da indossare su kilt. Pizzo e paillettes conferiscono un’aura femminile ad una collezione dal piglio fortemente strong; qui sfilano anche giacche dalle suggestioni army-chic accanto a dress e giacche sartoriali con maniche patchwork. Lo stilista ci ha da sempre abituati ad un’estetica altamente sperimentale: fin dalla prima collezione infatti i materiali utilizzati provenivano dai mercatini delle pulci di Londra. Ecco che tessuti presi in prestito da tende e sofà si univano al tweed di stampo classico, in un melting pot ispirazionale. Ora il designer rispolvera il punk grazie anche a due collaborazioni, con Tricker’s, per le scarpe, e con l’interior designer londinese Jimmie Martin, da cui Watanabe prende in prestito una stampa di Union Jack. In passerella si alternano cappe in pelle nera intervallata da patchwork tartan, animalier declinato in diverse nuance da indossare con calze rotte, guanti aperti, capelli rosa shocking e un vasto corollario di quelle immagini che costituiscono per antonomasia l’emblema dell’estetica punk. Tripudio di alta sartorialità nei capispalla scultorei, capolavoro artigiano decorato con patchwork multicolor dal grande impatto scenografico. Grintosa ed androgina, la musa di Watanabe percorre fieramente il catwalk, forte di una personalità esplosiva e di uno stile iconico. Una collezione pensata per nostalgici doc.
Suggestioni Eighties in passerella da Véronique Leroy
Un’ode ai favolosi anni Ottanta sfila sulla passerella di Véronique Leroy: è un trionfo di proporzioni over, spalline maxi e sovrapposizioni sperimentali, in un nostalgico déja vù che ci riporta indietro al decennio più controverso ed irriverente. Sulla passerella parigina tornano prepotentemente alla ribalta i trend che hanno reso gli anni Ottanta iconici, tra flashback ed echi di epoche ormai lontane, perdute nei meandri della memoria o nei ricordi immortalati su fotografie sbiadite. Ma, come talvolta accade, il rischio che si corre riportando in auge il passato è di apparire stucchevoli o scontati: Véronoque Leroy cade nel tranello del ricordo falsato, in una parata di capi che non convincono. Sfilano sovrapposizioni iconiche e note grunge che si uniscono a materiali pesanti, come velluto e ciniglia. Apre il défilé una salopette in velluto indossata su una maglietta bianca, con tanto di stivali in velluto ai piedi. La palette cromatica predilige i toni del marrone e del grigio, accanto a sprazzi rosa shocking. Largo a pantaloni con elastico in vita, da indossare con crop top zebrati, stivali grigi e bomber. Pesante ed eccessivo l’accostamento di giacche bomber animalier con minigonne drappeggiate e collant bianchi: la stilista più di una volta oscilla tra suggestioni tendenti all’overdressing e tentativi di emulare certa moda streetwear in cui però l’eleganza resta la più grande incognita. Dimenticate la subcultura yuppie e i paninari: qui sfila un concentrato di tendenze unite solo dal comune denominatore della nostalgia. Tra improbabili pettinature e accostamenti cromatici eccessivi, sfila una collezione che non convince, lasciando l’amaro in bocca rispetto allo stile a cui Véronique Leroy ci ha abituati. Ci si chiede se gli stessi outfit avessero avuto una sorte diversa posti sotto la lente dell’ironia, altro tratto saliente del decennio in questione, dimenticato però dalla stilista.
La sartorialità minimale di Haider Ackermann
Essenziale e pulita la collezione presentata da Haider Ackermann nell’ambito della fashion week parigina: stanco dell’overstatement e di coup de théâtre di dubbio risultato, Ackermann sceglie un’estetica che predilige la sostanza alla forma, senza perdere di vista l’allure originario del suo stile iconico. “Volevo davvero qualcosa di tranquillo e silenzioso”, così lo stilista ha commentato l’ispirazione alla base della collezione autunno/inverno 2017-18. Lontana dai colori accesi e dalle stampe tropicali dell’ultima collezione, la sfilata ha visto un tripudio di suggestioni workwear, che si snodano in una palette bicromatica, che predilige rigorosamente i toni del black & white. Ackermann torna alle origini, avvertendo forse un’urgenza di semplicità in un mondo patinato che punta invece sempre più alla mera apparenza: una scelta coraggiosa, quella del designer, specie in un epoca come quella attuale, in cui i nuovi arbiter elegantiae passano attraverso i social network. Monastica e scarna, l’estetica dello stilista porta sulle passerelle parigine un trionfo della più minimale sartorialità, tra rare digressioni gold e sprazzi di blu elettrico. Sfilano dress fluidi il cui focus è incentrato sulle spalle: largo a proporzioni cocoon e colli alti, tra capispalla dal piglio tailoring impreziositi da dettagli furry. Chic e voluttuosi i pantaloni in agnello della Mongolia, da indossare con maglioni sobri. Contrasti forti che conferiscono all’intera collezione un’anima eclettica: la personalità è potenzialmente esplosiva, ma si sceglie la via della sobrietà, come un vulcano pronto ad esplodere fuoriescono qua e là dettagli vibranti, come il filo d’oro che illumina maxi dress neri accollati o ancora gonne in pelliccia e piume che accompagnano la più minimal delle uniformi. La musa di Ackermann ricorda quasi una Giovanna d’Arco in chiave contemporanea, con i capelli a caschetto e il volto pulito: largo a lunghi guanti in pelle e stivali da valchiria, a conferire un tocco punk all’insieme. Potente e suggestiva, sofisticata e chic la collezione è perfetta per chi ama certa eleganza timeless, senza perdere di vista la grinta.
Il romanticismo avanguardistico di Yohji Yamamoto
Aria di novità sulla passerella di Yohji Yamamoto: lo stilista ammette il suo impellente bisogno di trasformazione, che dà vita ad una collezione originale e ricca di pathos. Non deve certo essere facile la vita quando si è una leggenda vivente e non solo per il carico di aspettative che inevitabilmente si genera ad ogni stagione. “Dopo più di quarant’anni, sono diventato troppo famoso. La gente normalmente mi rispetta anche senza alcun motivo”, così lo stilista ha commentato, senza peli sulla lingua, la sensazione provata all’apice di una carriera straordinaria, che l’ha reso uno dei protagonisti indiscussi del fashion biz. “Io voglio sorprendere ed ispirare la gente”, così ha continuato Yamamoto, che ha espresso un’urgenza creativa dirompente. Il risultato è un romanticismo avanguardistico, che attraversa la collezione autunno/inverno 2017-18, che ha sfilato nell’ambito della settimana della moda di Parigi. Lirismo ed austerità si alternano senza sosta, in una collezione altamente sperimentale, che sfila sulle note della chitarra suonata dallo stesso designer. Intimista e poetica, la collezione è pervasa da atmosfere oniriche: come un sogno, l’estetica di Yamamoto affonda le sue radici in uno stile vittoriano che si unisce in modo mirabile alle suggestioni sportswear, da sempre cifra iconica del brand. La collezione si pone come una esplorazione iconica delle costruzioni, dei tagli, dei drappeggi che da sempre rendono unico lo stile Yamamoto, dando vita alle sue silhouette entrate nel mito. Tra capispalla scultorei sfila una carrellata di suggestioni teatrali, come tuniche alla Pierrot, party dress con gonne a palloncino, giacche dal sapore army-chic e cappotti altamente scenografici, seppur nel loro minimalismo d’ordinanza. Mirabile deus ex machina della sfilata, Yamamoto continua ad incantare generazioni di fashionisti, grazie ad uno stile capace di trasformarsi, carpendo i nuovi diktat della moda pur senza perdere di vista l’heritage originario.