Si chiama Sartor Resartus la prima mostra del fotografo sud coreano Chan-Hyo Bae allestita al Visionarea Art Space di Roma e curata da Antonio Calbi, direttore del Teatro di Roma, critico e studioso delle arti sceniche. Un’esposizione, aperta al pubblico fino al 20 novembre, che si inserisce nel progetto voluto dall’artista Matteo Basilé che è teso a valorizzare il luogo dell’Auditorium della Conciliazione nel rispetto della sua vocazione ma ampliandone le potenzialità espressive andando alla ricerca di quella umanità meno visibile.
Con questo spirito nasce la mostra fotografica di Chan-Hyo Bae, incentrata sull’identità, un luogo i cui confini il più delle volte dobbiamo ancora addomesticare, senza prendersi troppo sul serio. L’artista e autore, immigrato a Londra, si traveste da donna con costumi d’epoca di un’aristocrazia del XIII/XIX secolo inglese scuotendo ad uno ad uno tutti i sacri templi: del potere, della razza, della nascita e della distinzione sociale. Il suo è un percorso a metà tra il sogno e la fiaba con un effetto dirompente e straniante: quando l’artista (uomo, orientale e contemporaneo) si traveste da icone (donne, occidentali e del secolo scorso) della monarchia inglese, di fatto scardina – tra il serio ed il faceto – i ruoli codificati delle convenzioni sociali, dell’identità di genere e della detenzione del potere cui siamo avvezzi.
La bellezza non domata diventa un patchwork di citazioni “rattoppate”, appunto come il fantastico sarto di Carlyle, che assegna il nome a questa mostra. Un lavoro estetico ed ironico che nasconde profondità e tematiche forti, sussurrate e nascoste dietro il trucco dei perfetti set che l’artista ricrea per i suoi scatti.