Lusso e sfarzo, mirabolanti giochi di piume e pizzi, caleidoscopiche alchimie di crinoline e rouches, in una cascata di pietre preziose e lavorazioni artigianali: è di scena a Roma l’haute couture firmata Anton Giulio Grande. Un nome illustre dell’alta moda italiana, da sempre ambasciatore di un’estetica che celebra la più dirompente femminilità: protagonista storico del fashion biz, tanti sono i successi collezionati dal couturier calabrese in una lunga e prolifica carriera. Le sue creazioni, ode alla sensualità femminile, sono state indossate dai nomi più famosi dello star system italiano ed internazionale, da Belen Rodríguez a Naomi Campbell.
Un’attitudine innata per la moda, quella di Anton Giulio, genio visionario che già da bambino sognava di disegnare i capi per le bellissime soubrette che animavano il sabato sera televisivo: il suo sogno diviene poi realtà grazie ad un talento fuori dal comune, che lo porta a studiare al Polimoda di Firenze e successivamente al Fit di New York. A soli 23 anni Anton Giulio illumina Piazza di Spagna e collabora con l’atelier delle Sorelle Fontana e con la maison Gattinoni. Nel 1996 il lancio della maison che porta il suo nome.
Il resto è storia: il suo stile balza all’attenzione dei media grazie anche alla kermesse “Donna sotto le stelle”, che ne consacra il successo mondiale. Tutte sono pazze di lui e di quei suoi capi dall’allure principesca e sexy: Anton Giulio Grande veste dive del calibro di Valeria Marini, Alba Parietti, Nina Moric, Aida Yespica, Anna Kanakis, Martina Colombari, Manuela Arcuri, Anna Falchi, Eva Grimaldi, Anna Valle ed Elenoire Casalegno, solo per citarne alcune. Un successo dovuto all’eccezionale qualità dei capi, realizzati rigorosamente a mano dalle sue sartine di Calabria, depositarie dell’antica arte del ricamo: tripudio della più genuina artigianalità, per collezioni che profumano di tradizioni antichissime, unite ad uno charme dirompente.
Per la collezione haute couture Primavera/Estate 2017 lo stilista sceglie i sontuosi saloni di Palazzo Ferrajoli, al centro della Capitale: una location intrisa di storia e nobiltà. Qui, tra le opere di Andy Warhol e Mario Schifano, lo stilista ha immaginato la donna protagonista della sua nuova collezione, veicolata attraverso la rete dai social media: Grande si appropria dei nuovi linguaggi comunicativi, affidando ad internet, principale arbiter elegantiae contemporaneo, gli scatti che immortalano la sua collezione PE2017. Uno shooting all’insegna del lusso, per una diva contemporanea fiera del suo fascino, che usa come strumento di seduzione: sensuale e al contempo raffinata, la valchiria immaginata dal couturier sfoggia abiti scultura dal piglio regale. Largo a corpetti ricamati in tulle elasticizzato, che rimandano alla più pregiata lingerie, da indossare con gonne in georgette e taffetà, lavorate da sete plissé e giochi di balze. Voluminose eppure leggerissime, le gonne sono costituite da metri e metri di organza, tagliata in piccoli sbiechi plissettati cuciti poi tra loro, per un inedito effetto patchwork dal grande impatto scenografico.
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Teatrale e suggestiva la collezione non lesina in sfarzo e suggestioni principesche, che riportano l’haute couture al significato primigenio del termine: in una palette cromatica che indugia sui toni del rosso fuoco, del rosa cipria, del giallo e dell’arancio, si snoda una parata di abiti da gran soirée, impreziositi da mantelle in pizzo rosso o nero profilate di piume di marabù e tempestate da ricami e fini lavorazioni artigianali rigorosamente handmade. Una collezione che evoca la leggiadra eleganza di un cigno, unita a note felliniane che rimandano a figure dal fascino onirico, a metà tra una cortigiana in chiave luxury e una nobildonna della Belle Époque. Il plissé soleil si pone come fil rouge dell’intera collezione, in una rivisitazione sperimentale, che coniuga inediti disegni di rombi e losanghe mixati tra loro. Anton Giulio Grande si conferma come uno degli stilisti più apprezzati, deus ex machina di una couture ancora capace di farci sognare. Per dive contemporanee.
(Tutti gli scatti dell’articolo sono di Giovanni Perfetti)