L’appuntamento è per il 7 luglio 2016 in occasione del 90° anniversario dalla nascita della maison romana Fendi.
La sfilata Haute Fourrure che si terrà nella città capitolina, sarà un omaggio ai successi della maison che aprì il suo primo atelier di pellicceria e un laboratorio di pelletteria, in via del Plebiscito a Roma, nel 1926.
Grandi successi coronati da un design italiano riconoscibile in tutto il mondo. Il lusso che si manifesta attraverso la sartorialità dei capi e l’uso della pelliccia: l’icona assoluta della maison.
Fendi rappresenta un colosso del fashion system e questo lo si deve anche al grande apporto creativo di kaiser Karl Lagerfeld che, da più di mezzo secolo, mette a disposizione tutto il suo eclettismo per il marchio romano. Virtuosismo portato ai massimi livelli da Lagerfeld che, servendosi delle mani laboriose degli artigiani, crea capi in pelliccia difficili da imitare.
“Questo evento rappresenta l’occasione unica per esprimere le nostre radici, l’audace creatività e la più elevata artigianalità che da sempre ci contraddistinguono nella pellicceria”, ha dichiarato Pietro Beccari, Presidente e amministratore delegato di Fendi. “Roma è un luogo magico e rappresenta perfettamente i valori di Fendi, la sua tradizione e la sua storia, con uno sguardo rivolto sempre al futuro”.
Era il 13 marzo del 2013 quando, affacciandosi dalla Loggia delle Benedizioni di piazza San Pietro, Jorge Mario Bergoglio si presentava al mondo come Papa Francesco, con quel saluto confidenziale e ormai rituale: Buonasera. Sono passati esattamente tre anni da quando il vescovo di Roma venuto quasi dalla fine del mondo, come lui stesso si definì quella sera, ha scardinato e ricostruito le certezze della Chiesa. Prendendo il nome di Francesco, il Santo della povertà e della misericordia, passo dopo passo ha promosso la politica dell’incontro e del perdono e oggi risulta difficile, credenti o no, pensare che la sua opera passerà inosservata. «L’unità si fa camminando – ha detto ai giornalisti lo scorso 12 febbraio, dopo aver incontrato Kirill, il patriarca della Chiesa ortodossa russa -. Una volta io ho detto che se l’unità si fa nello studio, studiando la teologia e il resto, forse verrà il Signore e ancora noi staremo facendo l’unità. L’unità si fa camminando, camminando: che almeno il Signore, quando verrà, ci trovi camminando». Seguendo questa filosofia, Papa Francesco ha trascorso gli ultimi tre anni camminando, metaforicamente e letteralmente. Dalla Bosnia alla Bolivia, da Cuba al Messico, giusto per citare alcuni dei viaggi compiuti dal Pontefice solo negli ultimi mesi. Perché nessuno si sentisse solo, perché quegli angoli quasi alla fine del mondo fossero coinvolti come e più dei Paesi che detengono il potere. Tanto da scegliere un luogo ferito, sanguinante e sofferente come Bangui nel cuore dell’Africa per l’apertura dmel Giubileo straordinario della Misericordia. Misericordia che arriverà per scelta di Papa Francesco in tutti i luoghi del mondo e a tutti gli individui compresi, per la prima volta, i detenuti.
Il cammino di Papa Francesco è stato spesso cammino verso l’altro, terminato in abbracci e strette di mano. Così Bergoglio è stato il primo Papa a entrare in un tempio valdese e in una comunità pentacostale, chiedendo perdono per le passate persecuzioni, e il primo Capo della Chiesa di Roma ad incontrare il Patriarca della Chiesa ortodossa. Affrontando a muso duro lo scandalo Vatileaks, è riuscito a non perdere credibilità neanche a livello internazionale, raggiungendo importanti risultati come l’avvicinamento storico tra Stati Uniti e Cuba e la pacificazione in Colombia, tenendo discorsi a Washington e all’ONU. In campo sociale, Papa Francesco si è distinto per l’attuazione più pratica dei precetti evangelici: esemplare in questo senso il gesto di accogliere i profughi in Vaticano, di fare installare delle docce per i senzatetto, di promuovere l’accoglienza di ammalati, indigenti e tossicodipendenti nelle parrocchie. Piccoli passi, certo, verso una maggiore coerenza della Chiesa e una più concreta apertura ai bisogni dell’altro, senza giudizi e condanne. Il cammino di Papa Francesco è ancora all’inizio, ma sicuramente la direzione è quella giusta.
Se ne andava tragicamente il 31 agosto 1997, a causa di un incidente automobilistico avvenuto sul tunnel dell’Alma, a Parigi, Lady Diana Spencer.
La principessa triste, così come viene ricordata, è stata il simbolo di un’epoca. Bella ed infelice, è stata a lungo al centro delle cronache per il suo matrimonio con il principe del Galles. È una favola al contrario, quella di Diana. Lei, fine aristocratica, sposando giovanissima Carlo diviene futura regina di un regno che sembra non appartenerle. Dalla bellezza assai più delicata rispetto alla rivale Camilla Parker Bowles, Diana è stata un’icona di stile tra le più ammirate degli anni Novanta. Una sensualità castigata che forse quel matrimonio infelice tendeva a reprimere; ma bastava un tubino ed il suo sex appeal veniva fuori.
Amata da Versace e Valentino, Diana si è distinta anche nel sociale: numerose le sue opere di beneficenza. Struggenti le note di Elton John che hanno accompagnato la cerimonia funebre. Resteranno sempre impressi nella nostra memoria quei versi originariamente dedicati a Marilyn Monroe, altra diva tormentata e fragile, poi cambiati in onore della Rosa d’Inghilterra, prematuramente scomparsa.
Lo stile di Lady D. era figlio dei tempi: una principessa moderna, dalla grande personalità, e forse per questo in triste contrasto con l’etichetta imposta alla corte della rigida Elisabetta. Da film il suo ballo alla Casa Bianca con John Travolta, durante una cena ufficiale. Immortalata per Vogue da Mario Testino, la principessa è stata oggetto del gossip più sfrenato, durante gli ultimi mesi di vita, a causa della sua relazione con Dodi Al-Fayed, scomparso con lei nel medesimo incidente avvenuto a Parigi.
Bellissima in jeans e camicia, indimenticabile il buffo abito da sposa, in perfetto stile Eighties, sontuoso, quasi una meringa, stemperato dalla dolcezza dei lineamenti della principessa triste. Tante le mise con spalline, must-have degli anni Ottanta. Una linea perfetta che rendeva la principessa impeccabile in tailleur, nonostante la bulimia che l’attanagliava. Perfetta in LBD, come nel celebre modello Valentino. Famosa la sua predilezione per Tod’s, di cui era solita indossare il modello passato alla storia come D-Bag, e per la Lady Dior, spesso paparazzata tra le sue mani.
Numerosi sono gli outfit di Diana citati dalla nuova principessa, Kate Middleton, dal 2011 sposa di William. Un’eredità pesante che forse trova il più naturale sbocco nell’affetto sincero che il popolo britannico sembra provare nei suoi confronti.