The Dressmaker: la moda sbarca al cinema

È il film del momento, apprezzato dai cinefili ma anche dagli amanti dello stile. The Dressmaker sdogana l’eleganza senza tempo degli anni Cinquanta. La pellicola, uscita nelle sale italiane lo scorso 28 aprile, è una full immersion nello stile Fifties, con una splendida Kate Winslet come protagonista.

Un tocco di rossetto rosso lacca, curve da capogiro strizzate in mise sensuali, tra corpetti ad alto tasso di seduzione e gonne a ruota: Kate Winslet non è mai stata tanto bella. La storia, ambientata nel 1951, descrive il riscatto di Tilly Dunnage, stilista che torna dopo tanti anni nella sua terra natia, in un immaginario paese australiano, popolato da poche anime. Dopo tanti anni trascorsi nella Parigi dell’haute couture, la prorompente sartina destabilizza l’equilibrio dei suoi concittadini, cercando di aiutare le donne a sviluppare il loro senso estetico.

Dopo aver lasciato il Paese molti anni prima, per salvarsi da una situazione pericolosa, la ragazza studia nei più grandi atelier parigini. Tornata a casa, la donna appare oltremodo eccentrica, quasi una minaccia, per l’angusta e provinciale realtà del luogo. L’unica eccezione è Teddy, interpretato dal sexy Liam Hemsworth.

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Una sensuale Kate Winslet in “The Dressmaker”


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Il glamour dello stile Fifties rivive nel film di Jocelyn Moorhouse


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Curve da capogiro e rossetto rosso: nei costumi curati da Marion Boyce rivive lo stile anni Cinquanta


La rivalsa sociale della bella sarta è tutta in una missione: disegnare abiti su misura per mettere in risalto le forme delle donne. La moda diventa quindi un’arma e un mezzo per riscattarsi da un misterioso passato. Il film è tratto dal romanzo d’esordio di Rosalie Ham: la regia è di Jocelyn Moorhouse. Protagonisti assoluti del film sono i costumi curati da Marion Boyce, pluripremiata costumista hollywoodiana. Mirabili i vestiti da lei disegnati per la protagonista del film: il glamour imperituro degli anni Cinquanta rivive sul grande schermo, riproposto con grande dovizia di particolari. Tra guantini e cappellini bon ton c’è spazio per l’esplosione di curve da vere pin up, ad esaltare la femminilità di ogni donna.


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AltaRoma: Luca Sciascia con “Promise Me” rilancia la moda anni cinquanta

Evadere dalla realtà per insinuarci nei luoghi magici del surrealismo che con Luca Sciascia si fa pop.

Così simpatici conigli azzurri si stagliano su un fondo che si tinge di un tenue rosa baby aprendo le porte a print stilizzati  come i guanti che arricchiscono la maglia a collo alto, abbinata a leggings effetto sparkling.

La collezione autunno/inverno 16-17 presentata durante AltaRoma è un omaggio alle fogge in voga negli anni cinquanta: gonna a ruota, abiti taglio impero con maniche a sbuffo e l’immancabile giacca dalla linea ad A.

Tocchi di luci su abiti midi, sembrano volerci riportare alla vecchia Parigi del 1954 quando, “Le Whisky à Go-Go” faceva scatenare centinaia di giovani parigini all’interno della sua pista da ballo.

Giochi di volumi oversize dettati dai maxi coats e abbondanti culottes, sfidano le linee asciutte dei fuseaux e dei mini dress, audaci ma composti allo stesso modo.

Nota di merito ai maxi dress, leggeri e duttili, che accarezzano la pelle nuda delle donne; a tratti lasciano intravedere il suo corpo attraverso giochi di velature fantasiose.

 

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Roberto Capucci: lo scultore della moda

Ieratiche come marmoree sculture, atemporali come le opere d’arte che impreziosiscono un museo, misteriose ed iconiche: le creazioni di Roberto Capucci costituiscono un unicum nel panorama della moda.

Enfant prodige, ad appena 26 anni fu definito da Christian Dior «il miglior creatore della moda italiana»: Roberto Capucci, classe 1930, vanta una carriera a dir poco sfolgorante. Nato a Roma, dopo aver frequentato il liceo artistico e l’Accademia di Belle Arti, dove si forma con i maestri Mazzacurati, Avenali e de Libero, nel 1950, a soli venti anni, inaugura il suo primo atelier, in via Sistina, grazie all’aiuto della giornalista Maria Foschini, che fu per lui Pigmalione ante litteram. L’anno seguente presenta le sue creazioni a Firenze, presso la residenza di Giovanni Battista Giorgini, inventore della moda italiana.

Audace sperimentatore, le sue collezioni riflettono il suo viscerale amore per l’arte. Le geometrie e i volumi arditi e altamente scenografici traggono ispirazione dalla natura, con le sue molteplici espressioni. Il Nove Gonne, creato nel 1956, è forse l’abito più conosciuto del periodo iniziale dell’opera di Capucci: trattasi di un semplice abito in taffetà rosso che si sviluppa in ben nove gonne concentriche con tanto di strascico sulla parte posteriore. Si dice che il couturier sia stato ispirato dal gioco di cerchi concentrici che si sviluppa sulla superficie dell’acqua lanciandovi un sasso.

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Roberto Capucci è nato a Roma il 2 dicembre 1930
Gli abiti-scultura di Capucci, foto di Fiorenzo Nicolli, 1985
Gli abiti-scultura di Capucci, foto di Fiorenzo Nicolli, 1985

Roberto Capucci su Vogue Italia, 1982. Foto di Barry Lategan
Roberto Capucci su Vogue Italia, 1982. Foto di Barry Lategan


Nel 1958 crea la Linea a scatola, un’autentica rivoluzione, per cui nel settembre dello stesso anno viene insignito a Boston con la massima onorificenza, l’Oscar della Moda quale migliore creatore di moda, insieme a nomi del calibro di Pierre Cardin e James Galanos. Nel 1961 inizia la conquista della Francia, ove il couturier presenta le proprie creazioni; l’anno seguente inaugura il suo atelier al n. 4 di Rue Cambon, a Parigi. Negli anni parigini la sua ricerca e sperimentazione proseguono fino ad abbracciare materiali insoliti, quali la plastica, le fibre hi-tech, il plexiglass e il metallo.

In quel periodo abita al Ritz, come Coco Chanel, ed è acclamato come una vera celebrità. Le sue clienti vengono soprannominate «le capuccine». Pochi anni più tardi, nel 1968, viene costretto a rientrare in Italia da alcuni problemi familiari. Qui apre un nuovo atelier in via Gregoriana e presenta le sue collezioni nel calendario della moda organizzato dalla Camera Nazionale dell’Alta Moda. Nello stesso anno disegna i costumi di Silvana Mangano per il film Teorema di Pier Paolo Pasolini. Intanto continua a sperimentare e utilizza per le sue creazioni anche paglia, rafia e sassi, che mixa alla seta e all’alluminio, per la realizzazione di capi dal potente impatto scenografico. Ricordano le crisalidi certi abiti-scultura di Capucci, tra corazze di seta plissettata e ali lavorate, in un gioco di ardite sovrapposizioni e giochi barocchi, che modellano i tessuti e le sete come arabeschi, petali e ventagli, per capi che ricordano gli origami. Non semplice moda, non mera creazione di capi legati alla caducità delle tendenze stagionali, ma arte allo stato puro: il suo è un design onirico, caratterizzato da tagli astratti, continua sperimentazione e ricerca di tessuti e forme nuove. Tra i materiali usati spiccano il taffetà, il mikado, il Meryl Nexten, una particolare fibra cava.


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Nel luglio del 1970 presenta per la prima volta il suo lavoro in un museo, a Roma: la location scelta è il ninfeo del Museo di Arte Etrusca di Villa Giulia. Anarchico e scevro da ogni logica di mercato, esteta di antica tradizione, Capucci nel 1980 si dimette dalla Camera Nazionale della Moda e decide di intraprendere un percorso che sia in linea con la propria personalità, divorziando dalle istituzioni per dedicarsi completamente alla sua opera estetica. Il couturier si ritira in una creazione solitaria, avente un solo fine: l’arte. Genio ribelle, aborre le logiche di mercato, come anche le scadenze e il caos tipici delle settimane della moda. Alla base della sua attività vi è una autentica ricerca estetica, per abiti-scultura che sono vere e proprie opere d’arte da indossare. A partire dagli anni Ottanta le sue collezioni non vengono più inserite all’interno di alcun calendario ma vengono presentate come delle personali d’artista. La sua stagione espositiva inizia nel 1990 con la mostra Roberto Capucci l’Arte Nella Moda—Volume, Colore e Metodo a Palazzo Strozzi a Firenze: l’esposizione ottiene un successo senza precedenti e le sue opere vengono contese dai musei più importanti al mondo, tra cui il Kunsthistorihsches Museum (Vienna), il Nordiska Museet (Stoccolma), il Museo Puškin delle belle arti (Mosca), il Philadelphia Museum of Art, la Reggia di Venaria Reale (Torino). Nel 1995 le sue creazioni sono protagoniste della Biennale di Venezia, nell’edizione del centenario 1895-1995. Nel 2005 crea la Fondazione Roberto Capucci allo scopo di preservare il suo impotente archivio, che consta di 439 abiti storici, 500 illustrazioni firmate, 22.000 disegni originali, oltre che di una rassegna stampa completa e di una vasta fototeca e mediateca. Nel 2007 apre il Museo della Fondazione Roberto Capucci presso Villa Bardini, a Firenze. Nell’aprile 2012 la creazione di un concorso, con lo scopo di promuovere i giovani talenti.

L'abito Nove Gonne, 1956
L’abito Nove Gonne, 1956
Modella in Roberto Capucci, Roma, 1957
Modella in Roberto Capucci, Roma, 1957
Tubini Capucci, 1961, foto di Norman Parkinson
Tubini Capucci, 1961, foto di Norman Parkinson

Simone D’Aillencourt e Nina de Voogt in  Capucci, Roma 1960, foto di William Klein
Simone D’Aillencourt e Nina de Voogt in Capucci, Roma 1960, foto di William Klein


Riservato, refrattario ad ogni forma di pubblicità, schivo, Capucci incarna forse l’ultimo dei couturier, i sarti-architetti che, come Cristóbal Balenciaga, hanno elevato la moda ad una tra le più potenti espressioni artistiche. Ribelle ed anarchico, fedele ai valori estetici della vecchia scuola, per Capucci “la moda non esiste”, è un’invenzione, al pari delle tendenze, ed “essere alla moda è già essere fuori moda”. Una personalità forte, che non teme di affermare con forza che, se potesse, abolirebbe lo stesso termine moda dal vocabolario. Maestro di stile, definisce l’eleganza come fascino, mistero, qualcosa che nulla ha a che fare con l’apparenza. Testimone impotente del decadimento dei costumi, giudice inflessibile rispetto alla volgarità imperante nella sua Roma e, più in generale, nella società attuale, Capucci ha più volte ribadito che oggi a suo dire non vi sarebbe alcuna icona di stile. “L’alta moda è morta” —tuonava così pochi anni fa, commentando le sfilate dell’alta moda romana. E proprio lui, che della moda è stato uno dei nomi più importanti a livello mondiale, esordisce spesso e volentieri dicendo: “Di moda non mi intendo affatto”. Gli occhi sagaci rivelano il suo ricchissimo mondo interiore, la sua eleganza è entrata a buon diritto nelle enciclopedie della moda. “Ho un solo vizio: spendo tanto in abbigliamento. Ho 42 cappotti, in tutti i colori, dal bianco al nero e all’arancione”, ammette il couturier in una delle innumerevoli interviste.

Abito Capucci, 1957
Abito Capucci, 1957
Penelope Tree in Capucci
Penelope Tree in Capucci

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Uno degli abiti-scultura di Roberto Capucci


Universalmente riconosciuto come uno dei nomi più importanti della moda del XX secolo, Capucci ha vestito teste coronate e star del cinema: da Silvana Mangano al soprano Raina Kabaivanska a Rita Levi-Montalcini, che indossava proprio una creazione del Maestro in occasione del conferimento del Premio Nobel per la medicina del 1986. Nel 2007 è stato inaugurato a Villa Bardini (Firenze) un museo a lui dedicato: «A Roma non c’era posto per me; nessuno m’ha offerto un luogo per la mia Fondazione. Qui, invece, mi hanno steso un tappeto rosso». Commentava così il couturier, la cui attività è iniziata proprio a Firenze, nel 1951. Un nome che, da Roma e dall’Italia, ha conquistato il mondo. “Fai della bellezza il tuo costante ideale” è il monito lanciato da Capucci, summa di tutta la sua attività, dagli anni Cinquanta fino ad oggi.


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Fiona Campbell-Walter: bellezza blasonata

Il suo volto ha incarnato la quintessenza del glamour anni Cinquanta: dotata di una bellezza rara, Fiona Campbell-Walter è stata per oltre tre decenni protagonista delle copertine patinate, del jet set internazionale e delle cronache rosa.

Sensuale come poche, il portamento altero e lo charme sofisticato si uniscono in lei ad una bellezza moderna per i canoni vigenti all’epoca, che la rese musa prediletta di fotografi del calibro di Cecil Beaton.

Fiona Frances Elaine Campbell-Walter, più nota come baronessa Fiona von Thyssen-Bornemisza de Kászon, è nata ad Auckland, in Nuova Zelanda, il 25 giugno 1932.

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Un ritratto di Fiona Campbell-Walter realizzato da Milton Greene, Inghilterra, 1953


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Fiona Campbell-Walter è nata ad Auckland il 25 giugno 1932


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La baronessa Fiona Thyssen-Bornemisza in uno scatto di Henry Clarke, 1962


Suo padre, Keith McNeill Campbell-Walter, è il contrammiraglio della Reale Marina Britannica e la madre è la figlia del baronetto Sir Edward Taswell-Campbell.

Bellissima e altera, la piccola Fiona viene incoraggiata dalla madre a iniziare la carriera di modella. D’altronde, chi meglio di quel volto avrebbe potuto apparire sulla cover di Vogue, chi avrebbe potuto incarnare in modo tanto sublime l’eleganza dei Fifties.

Durante l’adolescenza Fiona incontra a Londra Henry Clarke, che la immortalerà in alcuni dei suoi scatti più belli. Inizia così per la giovane una sfolgorante carriera come modella, che la porterà ad essere definita da Vogue, la Bibbia della moda, “la più bella modella degli anni Cinquanta”. Presto introdotta nell’agenzia ante litteram di Lucie Clayton, fucina di bellezze indimenticabili, insieme a Barbara Goalen e Anne Gunning è stata una delle tre modelle britanniche più famose degli anni Cinquanta.

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Fiona Campbell-Walter posa per Cecil Beaton in una stola Calman Links, Vogue, agosto 1954


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Fiona Campbell-Walter indossa pantaloni e giacca Jacques Fath e foulard Hermès in una celebre sequenza di scatti realizzata da Georges Dambier, Nouveau Femina, giugno 1954


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Fiona Campbell-Walter in Corsica, gonna e blusa Christian Dior, foto di Georges Dambier per Nouveau Femina, giugno 1954


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Come una dea greca, nei drappeggi del telo da spiaggia firmato Givenchy, foto di Georges Dambier per Nouveau Femina, Corsica, giugno 1954


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Vestita Givenchy, in uno scatto di Georges Dambier per Elle, 9 agosto 1954


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Fiona Campbell-Walter in un abito stampato di Jamiqua, foto di Georges Dambier per Nouveau Femina, giugno 1954


Modella prediletta da Cecil Beaton, il ritrattista ufficiale della casa reale britannica, Fiona Campbell-Walter entrò nell’Olimpo della moda, e negli anni Cinquanta poteva contare su numerose apparizioni su Vogue, con un compenso pari a 2.000 sterline l’ora. Ebbe inoltre il raro privilegio di apparire sulla copertina di Life Magazine nel gennaio 1953.

Un fisico longilineo, assai diverso dai canoni del tempo, che prediligevano donne piccole di statura e formose, e un volto raffinato, dalla bellezza struggente. Fiona Campbell-Walter posò per Henry Clarke, John Deakin, Frances McLaughlin-Gill, John French, Norman Parkinson, Milton Greene. La sua espressività e il suo charme conferirono un’allure inimitabile ai capi Valentino, Dior, Schiaparelli, Balenciaga, Madame Grès, Lanvin, Jacques Fath e Nina Ricci.

Bellezza rubata alle tele neoclassiche ma al contempo proiettata verso il futuro, posò come una dea greca vestita solo di un telo da spiaggia in cachemire firmato Givenchy, per scatti modernissimi firmati dal genio di Dambier, nel 1954. Nei favolosi Swinging Sixties è ancora lì, a posare in abitini a trapezio e stampe optical. Gli anni che passano non ne scalfiscono in alcun modo la perfezione del volto, anzi sembrano arricchire il suo sguardo di una nuova consapevolezza. Nel 1966 posa per il numero di febbraio di British Vogue, immortalata da David Bailey.

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La baronessa in uno scatto di John French, 1951


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Fisico longilineo e volto perfetto, Fiona Campbell-Walter iniziò a posare come modella durante l’adolescenza


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A Versailles in un abito in velluto firmato Balenciaga, foto di Frances McLaughlin-Gill per Vogue, novembre 1952


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Fiona Campbell-Walter ritratta da Georges Dambier per Elle presso i bouquinistes, Parigi, 1953


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Fiona Campbell-Walter è stata una delle modelle più famose degli anni Cinquanta


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Fiona Campbell-Walter, Julia Clarke e Hardy Amies, foto di Norman Parkinson, 1953


La vita sentimentale di Fiona Campbell-Walter è stata alquanto movimentata. La splendida mannequin è stata la terza moglie del barone Hans Heinrich Thyssen-Bornemisza de Kászon, che sposò nel settembre 1956, con una cerimonia-lampo che ebbe luogo, incredibilmente, appena 12 ore dopo il loro primo incontro, avvenuto sulle nevi di St.Moritz. Dopo le nozze la baronessa Thyssen si ritirò dal lavoro e si trasferì nella nuova residenza, Villa Favorita, sulle sponde del lago di Lugano. Gli ingredienti affinché Fiona Campbell-Walter divenisse in quel periodo protagonista indiscussa del jet-set internazionale c’erano tutti: bellissima, ex modella di fama mondiale, la sua era una vita all’insegna della mondanità e del lusso, tra feste e ricevimenti esclusivi. Dal matrimonio col barone Thyssen nacquero due figli, Francesca Thyssen-Bornemisza, nel 1958, e Lorne, nel 1963. Philippe Halsman la immortala nello stesso anno in scatti che profumano di eternità, nella sublime location di Villa Favorita, immersa nell’arte dei preziosi dipinti collezionati dal marito.

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Uno scatto di Henry Clarke, 1951


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Uno scatto di John French risalente agli anni Cinquanta


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La bellezza sofisticata ed altera di Fiona Campbell-Walter


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Nel settembre 1956 Fiona Campbell-Walter sposò il barone Hans Heinrich Thyssen-Bornemisza de Kászon


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Dopo le nozze la baronessa Thyssen si ritirò a Villa Favorita


La baronessa in un celebre scatto di Henry Clarke, 1965


Ma poco tempo dopo la nascita del secondo figlio il matrimonio naufragò, nel 1965. Scontando le conseguenze di un divorzio difficile e chiacchierato, Fiona prese con sè i figli e si trasferì a Londra. Ma l’amore torna poco tempo dopo, nella sua vita. È nella primavera del 1969 che la sua nuova liaison irrompe prepotentemente alla ribalta della cronaca rosa. La baronessa si innamora di Alexander Onassis, figlio di Aristotele, di ben 16 anni più giovane di lei. La relazione, duramente osteggiata dal padre di lui, si interruppe in modo drammatico, con la prematura scomparsa del giovane, che perse la vita nel gennaio 1973 in un incidente aereo.

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Ancora bellissima, nel 1965 la baronessa divorziò e si trasferì a Londra coi figli Francesca e Lorne


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Nella splendida cornice di Villa Favorita, a Lugano, immortalata da Philippe Halsman, 1963


La baronessa von Thyssen-Bornemisza è stata regina del jet set internazionale per oltre tre decenni


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Fiona Campbell-Walter in uno scatto di Henry Clarke


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Ancora bellissima, oggi la baronessa si dedica ai nipoti e conduce vita ritirata


Da allora Fiona Campbell-Walter si dedica alla protezione degli animali e ai nipoti. Molto rare sono le uscite ufficiali dell’icona di stile, sempre al fianco della figlia Francesca, divenuta arciduchessa d’Austria a seguito del matrimonio con Lorenzo d’Asburgo-Lorena: ancora bellissima, il portamento altero e lo sguardo fiero sono rimasti inalterati. Fiona Campbell-Walter ha sdoganato con nonchalance i capelli bianchi, nuovo trend che conferisce una nuova luminosità al suo volto ancora splendido. Oggi la baronessa conduce una vita riservata, tra Vienna e le isole greche, lontana da quei riflettori che per tanto tempo l’hanno seguita passo passo, in ogni fase della sua vita.

(Foto copertina: Henry Clarke)


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Grace Kelly: ghiaccio bollente

Nasceva oggi l’indimenticabile Grace Kelly: diva di Hollywood e attrice Premio Oscar, poi divenuta Principessa consorte di Monaco, sposando Ranieri III.

Un volto dai lineamenti perfetti e una classe unica, l’attrice è stata un’icona indiscussa degli anni Cinquanta.

Definita da Alfred Hitchcock “ghiaccio bollente”, sotto una patina apparentemente glaciale ribolliva in lei una sensualità torbida, che incantò il maestro del brivido, per il quale fu una musa.

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Grace Kelly nel 1955
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Foto di Clarence Sinclair Bull, 1956
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Grace Kelly nacque a Philadelfia il 12 novembre 1929

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Grace Kelly ritratta da Howell Conant a Montego Bay, Giamaica, 1955


Grace Patricia Kelly nacque a Philadelphia il 12 novembre 1929, in una ricchissima famiglia di origine irlandese e di fede cattolica. Il padre di Grace, John Brendan Kelly, era un uomo bello e carismatico, oltre ad essere un milionario: perfetta incarnazione del self-made man, aveva costruito un impero e agli occhi della figlia era un modello quasi insuperabile. La madre di Grace, Margaret Majer, era di origine tedesca: avvenente ed atletica, fu la prima donna a insegnare educazione fisica all’Università della Pennsylvania.

Vincitrice del Premio Oscar come migliore attrice per il film La ragazza di campagna, del 1955, inserita dall’American Film Institute al tredicesimo posto tra le più grandi star della storia del cinema, la carriera di Grace Kelly fu inizialmente osteggiata dalla sua famiglia. Dopo qualche esperienza come indossatrice, la bionda Grace ottenne il suo primo ruolo all’età di 22 anni, nel film 14ª ora (1951), e l’anno seguente fu co-protagonista con Gary Cooper nel film western Mezzogiorno di fuoco.

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Grace Kelly a Philadelphia poco prima delle sue nozze col Principe Ranieri di Monaco, celebrate nel 1956
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Grace Kelly in un abito disegnato per lei da Edith Head, foto di Philippe Halsman, 1955
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Come una dea greca, Grace Kelly in Edith Head
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Il volto perfetto della diva
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Icona dello stile anni Cinquanta, Grace Kelly è stata un’attrice premio Oscar

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La Principessa Grace al Principato di Monaco


Ma è nel 1953 che la splendida attrice ottiene la fama internazionale, grazie alla sua interpretazione in Mogambo. Un film drammatico ambientato nella giungla del Kenya che vede un inedito triangolo amoroso tra la Kelly, un’altra bellissima del cinema come Ava Gardner e il bel tenebroso Clark Gable. La pellicola valse a Grace Kelly una nomination all’Oscar come miglior attrice non protagonista. La sua algida bellezza incantò il maestro del brivido Alfred Hitchcock, che la volle come protagonista di tre film storici: Il delitto perfetto, del 1954, La finestra sul cortile, in cui fecero storia anche i magnifici costumi disegnati per Grace Kelly dal genio di Edith Head, e Caccia al ladro (1955). Sul set di quest’ultimo film, girato nel Principato di Monaco, la bella attrice conobbe il Principe Ranieri, suo futuro marito.

Nel 1956 l’attrice interpretò il ruolo di una principessa nel film Il cigno, quasi un presagio di quella che sarebbe stata di lì a poco la sua vita. Con la commedia musicale Alta società, sempre del 1956, la diva diede l’addio alle scene, prima di convolare a nozze con il Principe Ranieri III di Monaco. Prima di lui rumours indicano relazioni con numerosi colleghi, tra cui Clark Gable, Gary Cooper, Bing Crosby, Ray Milland, Burt Lancaster, William Holden e Jean-Pierre Aumont, e con lo stilista Oleg Cassini.

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La diva in uno scatto di Gene Lester, 1954
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In un abito azzurro disegnato da Edith Head per il film “Caccia al ladro”, del 1955
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Grace Kelly sul set di “Alta società”, 1956
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Ancora sul set di “Alta società”, diretto da Charles Walters
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Uno scatto del 1956

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Grace Kelly nacque in una famiglia cattolica di origine irlandese


Il matrimonio con il Principe Ranieri non fu solo il felice epilogo di una storia da favola. Reduce da una relazione con l’attrice francese Gisèle Pascal, che secondo una visita medica non avrebbe potuto dargli un erede, il principe Ranieri valutò la scelta della splendida Grace come sua consorte anche per ragioni di natura politica. In assenza di un erede, infatti, il Principato di Monaco sarebbe passato alla Francia. La presenza di Grace Kelly al fianco di Ranieri si rivelò quindi strategica sia per la possibilità dell’attrice di avere figli che per lo charme che ella seppe conferire a Monte Carlo, trasformandolo in un luogo d’élite ambito dalle celebrities.

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Una foto promozionale per il film “Caccia al ladro”, 1955
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La principessa ritratta nella sua Monte Carlo
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Grace Kelly sul set de “La finestra sul cortile” (Paramount, 1954), foto di Bud Fraker
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La celebre gonna a ruota disegnata da Edith Head per il film “La finestra sul cortile”
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Grace Kelly e sua madre in uno scatto degli anni Cinquanta
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Un bellissimo primo piano della diva, definita da Alfred Hitchcock “ghiaccio bollente”

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Con i costumi creati da Edith Head sul set di “Caccia al ladro” di Hitchcock, 1955


Dal matrimonio tra Grace e Ranieri, celebrato nel 1956, nacquero tre figli: la Principessa Carolina Luisa Margherita, nata nel 1957, il principe Alberto Alessandro Luigi Pietro, Marchese di Baux, nato nel 1958, e la principessa Stefania Maria Elisabetta, nata nel 1965. Un animo nobile e modi gentili, grandi opere di beneficenza e una generosità senza precedenti resero Grace Kelly la principessa ideale. La sua prematura scomparsa, avvenuta il 14 settembre 1982, a seguito di un incidente stradale, lasciò un vuoto enorme tra gli abitanti del Principato. Un breve tragitto in macchina con la figlia Stefania, la principessa Grace che perde il controllo della vettura: in pochi istanti si consumò una tragedia. Se la figlia Stefania se la cavò con qualche escoriazione e qualche frattura, la principessa non riprese mai più conoscenza. Moriva così, ad appena 52 anni, una delle più grandi attrici della storia del cinema ed una delle donne più belle di tutti i tempi, il cui charme e la cui bellezza rimarranno sempre indimenticabili.


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Hedy Lamarr: genio e bellezza

Chi tende ancora a sostenere il vecchio e quantomai datato pregiudizio per cui le donne belle non possano brillare anche per intelligenza sarà costretto a ricredersi: la storia ci ha fornito illustri esempi di donne di grande bellezza che, grazie anche al loro carisma e alla loro intelligenza, sono riuscite ad imporsi e spesso a cambiare le sorti della storia.

Un volto splendido e una classe fuori dal comune caratterizzavano Hedy Lamarr, attrice degli anni Quaranta a cui oggi Google dedica il suo Doodle, nel 101/mo anniversario della nascita della diva.

Una bellezza e un’intelligenza fuori dal comune resero Hedy Lamarr una delle attrici più affascinanti del cinema e una delle prime donne al mondo ad imporsi nel settore scientifico. Nata a Vienna il 9 novembre 1914, all’anagrafe Eva Maria Kiesle, nelle sue vene scorreva sangue ungherese ed ucraino.

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La conturbante bellezza della giovane impressionò alla fine degli anni Venti il produttore cinematografico Max Reinhardt che la iniziò agli studi cinematografici. Il primo film è Ekstase di Gustav Machaty, girato quando la ragazza ha solo 18 anni. Un film scandalo, a causa di alcune scene a seno nudo, fortemente sensuali per l’epoca.

Nel 1933 la bella attrice sposa il mercante d’armi Friedrich Mandl, che compra quante più copie possibile di quella pellicola. La loro abitazione diviene in breve teatro di numerose feste a cui presero parte, tra gli altri, Adolf Hitler e Benito Mussolini, oltre che diversi esponenti del mondo scientifico, che iniziarono la diva alla passione per le tecnologie. Mandl tuttavia è geloso della sua bellissima moglie e, come lei stessa dichiarò in seguito, tentò di farla vivere segregata. Fu così che, nel 1937, la bella attrice scappò a Parigi. Qui conobbe il produttore cinematografico statunitense Louis B. Mayer, tra i fondatori della casa di produzione cinematografica Metro-Goldwyn-Mayer. Il nome di Hedy Lamarr fu scelto proprio da Mayer, in omaggio a Barbara La Marr, diva del cinema muto.

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Nel 1938 Hedy si trasferisce ad Hollywood e qui inizia la sua sfolgorante carriera nel cinema. Prende parte a più di 30 film, tra cui spiccano La febbre del petrolio, dove Hedy recita al fianco di Clark Gable e Spencer Tracy, nel 1940, e Corrispondente X, sempre con Clark Gable, due anni dopo.

Il ruolo forse più celebre fu quello di Dalila nella produzione di Sansone e Dalila di Cecil B. DeMille.

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Oltre alla sua straordinaria bellezza e fotogenia, pochi sanno che Hedy Lamarr fu anche una delle prime donne scienziato della storia. Durante la Seconda Guerra mondiale ideò insieme a George Antheil un sofisticato sistema per realizzare messaggi criptati via radio, affinché non potessero essere intercettati. Il prototipo, basato sul meccanismo del pianoforte, fu brevettato nel 1942 e fu utilizzato per la prima volta circa venti anni più tardi dalla marina militare degli Stati Uniti. La diva fu inserita nella Inventors Hall of Fame degli Stati Uniti nel 2014 per questa sua invenzione, che è ancora oggi alla base di molti sistemi tecnologici nonché della telefonia mobile.

Inoltre Hedy Lamarr brevettò anche altre invenzioni, tra cui una compressa per ideare bibite gasate ante litteram e un ingegnoso prototipo di semaforo per regolare il traffico cittadino. La sua lunga carriera cinematografica negli anni Settanta era ormai agli sgoccioli: dopo il ritiro dalla vita pubblica, nel 1981, la diva appariva ossessionata dalla chirurgia estetica. Hedy Lamarr morì il 19 gennaio del 2000, all’età di 85 anni, e le sue ceneri furono disperse nella Selva Viennese.


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Madame Carven: basse è bello

Se pensate che la moda sia ad esclusivo appannaggio di donne alte 1.80 m, dovrete clamorosamente ricredervi. Essere piccole di statura può essere un valore aggiunto, e a sdoganarlo per prima, nei lontani anni Cinquanta, è stata una donna il cui nome è ancora oggi tra le firme più apprezzate della moda francese ed internazionale.

Marie-Louise Carven-Grog, all’anagrafe Carmen de Tommaso, della sua altezza aveva fatto un complesso: alta 1.55 m, minuta ma proporzionata, come d’altronde prevedeva la bellezza dell’epoca, madame Carven si diceva “alta quanto un gambo di cavolo” e sembrava soffrire profondamente per quei centimetri in più che Madre Natura le aveva negato.

Ma, forte della propria personalità, si rimboccò le maniche e promise a se stessa che la statura piccola non avrebbe mai più dovuto rappresentare un problema per nessuna donna. Fu così che creò una moda a misura di donne petite, entrando di diritto nell’Olimpo dello stile. Il suo marchio, Carven, ancora oggi è uno dei più seguiti, nell’ambito della settimana della moda di Parigi.

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Marie-Louise Carven-Grog, all’anagrafe Carmen de Tommaso, nacque il 31 agosto 1909 a Châtellerault
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Abito da ballo, 1951
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Mme Carven con Martine Laroche, 1961

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Una creazione Carven, 1963


La couturière francese nacque il 31 agosto 1909 a Châtellerault dall’editore di origine italiana Tommaso Carmen. Studiò Architettura ed Interior Design presso l’École des beaux-arts de Paris ed iniziò la sua carriera di designer di moda da autodidatta, confezionando abiti su misura per se stessa e per le sue amiche. Nel 1945 fondò la sua casa di moda sotto lo pseudonimo di Mme Carven, contrazione del suo cognome e del nome di una zia da lei prediletta, che la introdusse alla passione per la moda.

Figlia di una generazione che sfornò talenti del calibro di Elsa Schiaparelli, Coco Chanel, Christian Dior e Pierre Balmain, il successo per lei arrivò appena quattro anni più tardi, nel 1949, quando venne citata nel testo della canzone “Mademoiselle de Paris”, di Jacqueline François.

Ampie gonne a ruota, punto vita segnato e decolleté in vista, in perfetto stile Fifties: questo è il modello Carven, per un abito verde che diviene emblema dello stile della maison. Uno stile all’insegna della leggerezza e del colore, per suggestioni provenzali. Semplicità, pulizia e consigli strategici per donne piccole di statura: evitare il nero, in primis, come anche le maniche a sbuffo e le stampe troppo ampie, ed evidenziare il seno, per accentuare le forme burrose tipiche degli anni Cinquanta.

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Un modello del 1953
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L’Officiel De La Mode, 1957
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Punto vita in evidenza e colori vivaci: questo era lo stile Carven
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Una moda pensata per le donne minute degli anni Cinquanta

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La couturière sdoganò la bellezza petite e mise a punto il primo prototipo di reggiseno push-up


Madame Carven non viene cambiata dal successo: ottimista, il suo buonumore è proverbiale come anche la sua simpatia, che la rende vicina alla gente comune. I suoi capi colorati ricordano le uniformi delle hostess, e lei, grande viaggiatrice, adora trarre ispirazione da terre lontane. Tra le sue clienti ci sono nomi del calibro di Martine Carol, Leslie Caron, Michèle Morgan ed Édith Piaf. Realizzò l’abito da sposa di Mme Valéry Giscard d’Estaing e si rivelò brillante manager ante litteram: Madame Carven fu infatti tra i primi designer ad esportare le proprie creazioni all’estero, in particolare in Brasile, Portogallo, Egitto ed Iran. Inoltre fu una vera e propria trendsetter, essendo tra i primi couturier ad arricchire i propri capi di suggestioni etniche, introducendo elementi e materiali tipici di altri Paesi, come le stampe batik e la rafia. Le sue collezioni ottennero un successo incredibile in Giappone, dove le donne sono per antonomasia piccole di statura

Grande rivoluzionaria, madame Carven fu la prima a realizzare collezioni di prêt-à porter e dobbiamo a lei il primo prototipo di reggiseno push-up. Tanti sono i tabù infranti da questa piccola donna dall’enorme personalità, come l’aver fatto indossare una colonia maschile alle donne e l’aver accompagnato in giro per il mondo le sue modelle globetrotter.

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Madame Carven era alta appena 1.55 m e fu questo suo complesso ad ispirarne il lavoro
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Tailleur Madame Carven, 1951
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Tanti i tabù infranti da Madame Carven: fu la prima a fare indossare alle donne la colonia maschile
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Madame Carven trasse ispirazione dai Paesi dell’Africa e del Medio Oriente

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La designer si è spenta l’8 giugno del 2015, all’età di 105 anni


Secondo l’ex ministro francese della cultura Renaud Donnedieu de Vabres madame Carven ha contribuito largamente ad imporre l’eleganza francese come punto di riferimento internazionale. Amante dell’arte, numerosissime sono state le sue donazioni al Museo del Louvre, che nel 1997 ha aperto una sala in suo onore, intitolata Grog-Carven. Madame Carven si ritira dalla scena nel 1993, all’età di 84 anni. Due anni più tardi, nell’ottobre del 1995, ottiene la Legion d’onore. La piccola grande donna si è spenta l’8 giugno del 2015, all’età di 105 anni. Le donne piccole di statura le devono molto.


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Il glamour anni Cinquanta visto dall’obiettivo di Lillian Bassman

Fotografie come schizzi, in cui il colore tratteggia scene di un’antica e forse perduta eleganza. Mistero, allure e glamour, la filigrana spessa che sa di antico, l’arte di padroneggiare con disinvoltura l’esposizione e le sfumature: gli scatti di Lillian Bassman ci portano in una dimensione onirica in cui moda e arte si incontrano, in un mirabile gioco di chiaroscuri.

Un profilo appena illuminato da un raggio di luce, la curva delicata di un cappellino, l’ombra di un fiocco, e ancora la suggestione dei viaggi in treno, gli sguardi persi fuori dal finestrino, i pensieri che vagano: le foto di Lillian Bassman raccontano delle storie. Scatti intimi e delicati, all’insegna di un buon gusto oggi tristemente in disuso e di una femminilità che sa ancora di trine e vezzi. Fotografie che sanno di magia, l’artista Bassman riesce ad emozionare ad ogni scatto.

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Mary Jane Russell fotografata da Lillian Bassman per Harper’s Bazaar, Le Pavillon, New York, 1950
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Barbara Mullen con un cappotto di Ben Khan, Harper’s Bazaar New York, Novembre 1954
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Suzy Parker, Harper’s Bazaar, New York 1955
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Lillian Bassman nasce a New York il 15 giugno 1917

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Nella sua lunghissima carriera Lillian Bassman ha lavorato a lungo per Harper’s Bazaar


Nata il 15 giugno 1917 a Brooklyn da due intellettuali ebrei immigrati dall’Ucraina, Lillian studia alla Textile High School di Manhattan con Alexey Brodovitch e consegue il diploma nel 1933. Durante i suoi studi conosce il fotografo Paul Himmel, con cui convola a nozze nel 1935. Lillian Bassman è stata una delle fotografe di moda più longeve in assoluto: la sua lunghissima carriera inizia negli anni Quaranta, dapprima come assistente dello stesso Brodovitch, all’epoca direttore artistico di Harper’s Bazaar. Lillian firma un contratto per Junior Bazaar e successivamente per la rivista principale.

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Un ritratto di Lillian Bassman
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Evelyn Tripp per Harper’s Bazaar, New York 1954
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Barbara Vaughn in abito Ficol, New York, 1956

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Dovima. New York, 1954


Le prime foto sono a colori; sotto la guida di Brodovitch inizia invece a scattare prevalentemente in bianco e nero, dando vita a degli insuperabili capolavori stilistici. Tra i suoi maestri vi furono anche Richard Avedon e George Hoyningen-Heune, che la iniziò ai segreti della camera oscura. Dalla fine degli anni Quaranta fino ai primi anni Settanta il lavoro di Lillian Bassman nella fotografia di moda è incessante: la fotografa è mirabile testimone del glamour anni Cinquanta.

Le sue modelle in lingerie incantano e seducono con classe, le donne da lei ritratte mentre viaggiano da sole a bordo di eleganti vagoni di prima classe sono donne indipendenti, molto diverse dall’angelo del focolare tipicamente anni Cinquanta. Donne forti, come forti sono i contrasti delle sue foto.

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Lillian Bassman studiò presso la Textile High School di Manhattan con Alexey Brodovitch
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Suzy Parker fotografta da Lillian Bassman per Harper’s Bazaar, luglio 1955
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Il treno è una costante nelle foto di Lillian Bassman, dove sofisticate signore viaggiano in eleganza
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Delusa dalla fotografia di moda, negli anni Settanta la celebre fotografa distrusse i negativi che aveva conservato durante la sua vita

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Barbara Mullen in giacca Pauline Trigère e cappello Lilly Dachè. 1955


Presto delusa dalla fotografia di moda contemporanea, alla quale si sente via via più estranea, negli anni Settanta la Bassman distrugge tutti i negativi che aveva messo da parte: è il lavoro di una vita, e sarebbe stata una irrimediabile perdita se quegli stessi negativi non fossero stati ritrovati, nel corso degli anni Novanta. Un patrimonio smisurato dal valore incommensurabile, che testimonia quasi mezzo secolo.

Negli ultimi anni della sua vita Lillian Bassman si dedica alla pittura e all’insegnamento alla Parson’s School of Design. L’artista fa un ritorno trionfale nella moda solo negli anni Novanta, dove coniuga la camera oscura alla fotografia digitale. Sicura di sé, l’avvento del digitale non la spaventa e l’artista padroneggia con naturalezza anche Photoshop per manipolare le immagini.

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Mary Jane Russell, Le Pavillon, New York, Harper’s Bazaar, aprile 1955
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Uno scatto risalente al 1955
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Ancora il topos del viaggio in treno in uno scatto che cattura il glamour anni Cinquanta
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Cappellino Philipp Treacy, Vogue Germania, 1998
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Celebrazione della femminilità Fifties, i corsetti e le piume

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La lingerie anni Cinquanta protagonista degli scatti di Lillian Bassman


Nonostante gli anni di assenza dalla scena, Lillian Bassman viene acclamata come un guru della fotografia di moda ed è ricercatissima: John Galliano le commissiona diversi lavori, così come le riviste Vogue e New York Times. Nel 2009, dopo una vita trascorsa insieme e ben 73 anni di matrimonio, muore il marito Paul Himmel. La fotografa si spegne a Manhattan tre anni più tardi, il 13 febbraio del 2012, all’età di 94 anni. Ma i suoi scatti sono ricordati come degli assoluti ed originalissimi capolavori.

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La fotografa si è spenta nel febbraio del 2012
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Suzy Parker in turbante, 1952
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La fotografia di Lillian Bassman vede un delicato gioco di luci e una femminilità antica e sofisticata
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Ancora protagonista la lingerie
Barbara Mullen, 1958
Barbara Mullen, 1958

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Lillian Bassman per Gossard, 1997



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L’impero di Hattie Carnegie

Ci sono nomi che sono entrati di diritto nella storia della moda, imponendosi per talento, forza di volontà o senso degli affari. Hattie Carnegie è uno di questi: e se tanti sono coloro che ne hanno sentito parlare, molti di meno sono quelli che sanno esattamente chi sia stata Hattie Carnegie e quale sia stato il suo contributo alla moda internazionale.

In anticipo di circa un secolo rispetto a Philip Treacy, i cappellini di Hattie Carnegie hanno rivoluzionato il gusto di tutto il Novecento. Self-made woman e brillante imprenditrice, i suoi negozi importavano i migliori brand di Parigi, tra cui Chanel e Dior, assai prima di Saks Fifth Avenue. Mirabile trendsetter, Hattie Carnegie è stata la prima ad aver introdotto il ready-to-wear. Ma questa è solo una delle tante rivoluzioni che si devono a lei.

Hattie Carnegie nasce a Vienna nel lontano 1880 come Henrietta Kanengeiser. Iniziata alla magia della moda dal padre, sarto di origine ebrea, quando Henrietta non ha ancora compiuto sei anni i suoi genitori partono alla volta degli Stati Uniti d’America e si stabiliscono a New York City.

Si narra che la piccola Henrietta, a bordo della nave che l’avrebbe portata oltreoceano, chiese ad uno dei passeggeri chi fosse il più ricco d’America, e sentendosi rispondere Andrew Carnegie decise di adottare quel cognome, cosa che in seguito fece tutta la sua famiglia, prassi questa assai diffusa tra gli immigrati negli USA dei primi del Novecento.

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Selene Mahri in cappello e guantini Hattie Carnegie
Suzy Parker in cappellino e abito Hattie Carnegie, Vogue, 15 settembre 1953
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Hattie Carnegie era originaria dell’Austria e si trasferì negli Stati Uniti all’età di 6 anni

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Mary Jane Russell in Hattie Carnegie, 1950, foto di Hal Phyfe


Quando Hattie è ancora poco più che un’adolescente, apre con l’amica Rose Roth un piccolo negozio dove vende cappellini alla moda, all’East Village. L’amica Rose confezionava anche dei vestiti mentre Hattie, che non sapeva cucire, si occupava della creazione dei cappelli, che selezionava con cura guardando con particolare attenzione la moda che negli stessi anni andava formandosi a Parigi. Il piccolo atelier, a cui le due amiche diedero il nome di “Carnegie-Ladies’ Hatter”, ebbe molto successo e in pochi anni gli affari andarono talmente bene che le due furono in grado di assumere dei dipendenti. Hattie non era in grado di cucire ma era addetta alle public relations e trattava con i dipendenti e coi clienti.

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Un ritratto della designer su LIFE
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Hattie Carnegie fu trendsetter e businesswoman di successo

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Celebri i cappellini Hattie Carnegie, come anche i gioielli


Qualche anno dopo, Hattie compra le quote della società dalla sua amica Rose e nasce così il nuovo negozio situato sull’Upper West Side. Hattie continua a mettersi in gioco e a studiare le tendenze della moda parigina. Compie diversi viaggi a Parigi, dove si reca spesso alle sfilate di moda. Seleziona così i modelli che poi lei stessa venderà nel suo negozio, e in un anno arriva a compiere anche sei/sette viaggi di lavoro.

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La socialite Brenda Frazier in Hattie Carnegie
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Modelle indossano tailleur Hattie Carnegie, 1951

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Cappellino con piuma Hattie Carnegie


Finalmente, nel 1923, Hattie apre la sua nuova boutique al numero 42 della celebre Quarantanovesima Strada di New York: qui, accanto alla propria linea personale, la Hattie Carnegie Couture, la brillante imprenditrice vendeva capi Chanel, Dior e Vionnet, una linea di pellicce, numerose linee di pret-à-porter, una linea di gioielli, una linea di cosmetici e persino una linea di cioccolatini.

La sua boutique si impose in breve come leader a New York, e attrasse clienti come Joan Crawford e la Duchessa di Windsor, affascinate dal gusto di Hattie, che si rivelò maestra nel capire le potenzialità dei brand in ascesa nonché ella stessa trendsetter ante litteram.

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Abito da sera Hattie Carnegie
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Campagna pubblicitaria Hattie Carnegie, 1943

 

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Un modello apparso su LIFE Magazine

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Carmen dell’Orefice in Hattie Carnegie


I negozi col marchio Hattie Carnegie arrivarono ad espandersi a macchia d’olio, e l’imprenditrice non avvertì minimamente gli effetti della Grande Depressione, arrivando ad avere un fatturato tale da contare, nel 1940, oltre mille impiegati che si occupavano dei diversi dipartimenti, dal reparto manifatturiero fino alla gioielleria, settore in cui Hattie Carnegie divenne leader. Il successo mondiale fu raggiunto nel 1950, quando le venne affidato l’incarico di progettare le uniformi del Women’s Army Corps.

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Un modello del 1939, foto di Horst P. Horst
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Foto di John Rawlings, 1946

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Barbara Mullen in Hattie Carnegie, Vogue febbraio 1952


Il nome di Hattie Carnegie divenne in breve sinonimo di eleganza e stile. Una delle sue massime più famose voleva che fosse “la donna ad indossare l’abito e non viceversa”. Senza avvertire un attimo di crisi nemmeno durante la guerra, Hattie Carnegie dagli anni Cinquanta iniziò a creare con successo anche abiti da sera.

Tra i nomi che hanno prestato servizio a vario titolo all’interno di Hattie Carnegie troviamo Norman Norell, Travis Banton, Pauline Trigère, Jean Louis e Pauline de Rothschild.

Hattie morì nel 1956 ma il suo nome è entrato di diritto tra le stelle della moda e le creazioni del suo celebre store sono state esposte, tra gli altri, al Costume Institute del Metropolitan Museum of Art di New York.


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Marilyn Monroe, spunta il calendario sexy

Il 5 agosto del 1962 si spegneva in modo tragico la diva che ha segnato in modo indelebile gli anni Cinquanta. Troppo fragile per gestire il suo sfrontato sex appeal, Marilyn Monroe è stata l’emblema della femminilità morbida e prorompente della Hollywood di quegli anni.

Segnata da un’infanzia difficile e costellata di circostanze tragiche, a partire dall’assenza della figura paterna fino all’affidamento alle case-famiglia, Marilyn, all’anagrafe Norma Jeane Baker, iniziò a lavorare come modella all’età di diciannove anni.

Posò per diversi fotografi, estasiati dalle sue curve e dal volto perfetto, fino al 1946, quando firmò il suo primo contratto cinematografico.

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Marilyn Monroe, all’anagrafe Norma Jeane Baker, nacque a Los Angeles il primo giugno del 1926

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Segnata da un’infanzia difficile, trascorse i suoi primi anni in diverse case-famiglia


La sua bellezza e la sua personalità, a tratti infantile e a tratti femme fatale, la innalzarono in breve nell’Olimpo del cinema.

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Marilyn Monroe ritratta da Richard Avedon
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Ancora uno scatto di Avedon, 1957
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Celebre scatto di Douglas Kirkland, 1961

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La Monroe in posa per Bert Stern pochi giorni prima della morte, in quella che è passata alla storia come “L’ultima sessione”


Oggi, a distanza di cinquantatré anni dalla sua morte, sono stati resi noti alcuni scatti inediti che la ritraggono. Una giovanissima Marilyn che posa senza veli per il fotografo Tom Kelley.

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Marilyn senza veli per la cover di Playboy, 1953


Non ancora ventitreenne e bisognosa di denaro, la futura diva decise di posare nuda per 50 dollari. Compenso terribilmente esiguo per una futura star, ma una di quelle foto è già entrata nel mito. Sfondo di velluto rosso e posa da pin up: conosciamo perfettamente questo scatto, divenuto celebre copertina del primo numero della rivista Playboy nel 1953. Ma quello che non sapevamo finora è che quello scatto non fu il solo ma ve ne sarebbero molti altri, assolutamente inediti, che ritraggono Marilyn in pose provocanti.

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Marilyn nel film “Come sposare un milionario” (1953)

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Uno scatto raro della diva dalla tormentata bellezza


21 di queste foto saranno presentate al pubblico nel corso di questa estate, in una mostra itinerante che girerà l’America, grazie alla concessione di Limitate Runs. I numerosissimi fan della diva, che credevano di aver già visto tutte le sue foto, dovranno ricredersi.

Costumi da bagno: vintage è bello

Con le temperature torride di questi giorni il mare diventa la meta più ambita e scegliere un look elegante diviene fondamentale. La moda delle ultime stagioni ha visto un interessante ritorno al passato per quel che riguarda l’abbigliamento da spiaggia.

E se l’intramontabile bikini a triangolo continua a dominare il guardaroba di quasi tutte le donne, il vintage corre in aiuto di chi ama distinguersi.

Tanti sono gli stilisti che hanno fatto sfilare in passerella costumi da bagno dalle linee retrò e tante sono le celebrities che hanno abbracciato con entusiasmo questa nuova tendenza.

 

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Gli anni Cinquanta tornano alla ribalta
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Il vintage torna di moda
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Righe e culotte a vita alta
Christian Dior, anni Cinquanta
Christian Dior, anni Cinquanta
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Vita sottile e corpo a clessidra, tipico look dei Fifties
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Il fascino del vintage
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Stile pin up

In tempi in cui l’omologazione cancella l’eleganza, il ritorno ad uno charme antico è avvertita come un’esigenza. E allora via libera ai costumi vintage. Che si tratti di bikini o di un costume intero, l’intramontabile stile anni Cinquanta è la scelta più trendy in fatto di abbigliamento da spiaggia.

 

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Silhouette a clessidra
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Colore e vitino di vespa
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Donne come dive nei costumi di ispirazione vintage
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Lunghezza tipica degli anni Cinquanta
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Una femminilità semplice ed autentica

Reggiseni più simili a brassière abbinati a culotte a vita alta e costumi interi dalla linea a corpetto: questi, i must have dell’estate. Fedeli alleati delle donne, esaltano qualsiasi silhouette, anche la più curvy, oltre a regalare uno charme da diva di altri tempi.

 

Stile retrò
Stile retrò
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Anne St. Marie, Harper’s Bazaar 1950, foto di Tom Palumbo
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Ava Gardner nel film “La contessa scalza” (1954)
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Esther Williams

Fantasie floreali, ennesimo retaggio degli anni Cinquanta, o decorazioni che ricordano le maioliche siciliane, come propongono Dolce & Gabbana, grandi promotori del gusto mediterraneo.

 

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Lana del Rey in Dolce & Gabbana
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La top model Gigi Hadid
Pois vintage per Taylor Swift
Pois vintage per Taylor Swift
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Dita von Teese, moderna incarnazione dei Fifties
Monica Bellucci in Dolce & Gabbana per Vanity Fair Italia, foto di Signe Vilstrup, maggio 2012
Monica Bellucci in Dolce & Gabbana per Vanity Fair Italia, foto di Signe Vilstrup, maggio 2012

Tante sono le star che sfoggiano un look da spiaggia d’ispirazione vintage, da Taylor Swift a Gigi Hadid, protagonista dell’ultimo calendario Pirelli. Un tuffo nel passato, per un’estate di classe.

 

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Un bikini retrò proposto da Topshop
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Quadretti vichy nel costume Asos
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Ancora un pezzo di Topshop
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Maioliche siciliane da Dolce & Gabbana
Stampe botaniche per il modello River Island
Stampe botaniche per il modello River Island
Sempre River Island, modello floreale
Sempre River Island, modello floreale