“L’AMORE MERITA”: UN SINGOLO DA DISCO D’ORO CONTRO L’OMOFOBIA

Personalità e grinta da vendere: due tratti vincenti che hanno condotto, passo dopo passo, Simonetta Spiri, Greta Manuzi, Roberta Pompa e Verdiana Zangaro, verso il tanto ambito disco d’oro per il brano L’amore merita grazie ad un totale di 25 mila copie vendute. Dal loro passato come concorrenti a San Remo Giovani, X Factor ed Amici, le quattro cantanti “in erba” hanno inciso la primavera scorsa il brano divenuto protagonista dell’attenzione di critica, fans e stampa per l’importante tema trattato: l’omofobia. Fino ad arrivare al disco d’oro della scorsa settimana, festeggiato con una serata eccezionale al Cafè Trussardi di Milano, dove le abbiamo incontrate per quattro chiacchiere…

Ragazze cosa rappresenta per voi questo successo?
Roberta:”Un grande traguardo e la consapevolezza di essere arrivate, con la musica, al cuore della gente”.

Vi aspettavate un tale risultato?
Greta: “Ci ha lasciato senza parole: abbiamo creduto fin dall’inizio in questo progetto ma non avremmo mai immaginato un tale eco. Una cosa stupenda perché è risultato di persone che hanno lavorato in un’unica direzione. Tanta dedizione, tanta passione, tanto lavoro ma anche tante persone che hanno creduto in noi: dai fans a tutti i nostri collaboratori, a noi stesse. Un’insieme di positività che nel complesso non può che portare cose belle”.



Dove è nata l’idea di trattare un tema così delicato come l’omofobia?

Simonetta: “Dopo una confessione di una mia amica circa la sua difficoltà nel dichiarare la sua vera identità sessuale. Fu li che maturò in me il desiderio di tradurre in musica un messaggio che potesse abbattere certi tabù”.

E da li che accadde?
Verdiana: “Dopo alcune esibizioni insieme capimmo che l’empatia era molto alta nonostante le nostre strade e background diversi e così decidemmo di continuare incidendo questo disco che nasce come produzione indipendente. Una sfida nella sfida… a quanto pare vinta!”.

Quindi una grande dimostrazione anche questa?
Roberta: “Considerata la difficoltà nell’emergere oggi a livello musicale in Italia sì. Ovviamente va ricordato che le cose sono accadute con tanta volontà, impegno e sacrificio e un progetto ben definito che però ha trionfato… come la musica del resto”.

Siete consapevoli di essere un esempio per tanti?
Simonetta: “Ne siamo felici ed onorate. L’unione artistica tra noi quattro donne è la dimostrazione che, volendo, tutto è possibile. Quindi mai abbattersi”.

Tutto questo nel nome della musica…
Roberta: “Esatto! Lo strumento universale per eccellenza che può arrivare al cuore di tutti. Ecco perché tanti ragazzi hanno trovato dentro una canzone la voglia di dire la loro, di gridare ai quattro venti la loro vera natura. Una cosa bellissima”.

Per voi l’amore quindi quanto merita?
Greta: “Penso sai la chiave di volta per tutta la nostra vita. Fa girare il mondo ed è che alla base di tutto. Prima di amare gli altri però devi imparare ad amare te stesso: solo allora potrai affrontare con tranquillità e totalità un amore”.



Avete già altri progetti in cantiere?

Roberta: “Per ora ci godiamo questo successo e poi lasciamo tutto al caso. Sicuramente questa collaborazione artistica non si interromperà in quanto la sinergia tra noi quattro è molto alta e siamo sicure porterà ancora tante e tante sorprese. Per cui… seguiteci!”.


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Il grande amore supera la morte: lo conferma la scienza

L’amore supera tutto, anche la morte: una di quelle frasi che si possono trovare in  un romanzo rosa, in una fiaba per bambini o nel bigliettino di un amante un po’ banale. Invece è il risultato di una ricerca scientifica appena pubblicata sulla rivista Psychological Science, condotta tra gli altri da Kyle Bourassa, ricercatrice in psicologia alla University of Arizona. Lo studio dimostra che l’influenza di un coniuge continua ad avere effetti positivi sulla vita dell’altro, anche dopo la propria morte. “Le persone che ci sono state vicino nel corso della nostra vita –  spiega Kyle Bourassa – continuano a influenzare la nostra qualità della vita anche dopo la loro morte. Abbiamo scoperto che la qualità della vita di un vedovo o di una vedova risente dell’influenza del coniuge deceduto proprio come se questi fosse ancora in vita“.


Lo studio è partito dall’osservazione dei dati forniti dallo Study of Health, Ageing, and Retirement in Europe (Share) analizzando 80 anziani di 18 Paesi europei. Ricerche precedenti avevano sottolineato come la qualità della vita di uno dei due partner influisca positivamente su quella dell’altro e sull’affinità di coppia. Il benessere fisico e psicologico di due persone che si amano sembra essere quindi interdipendente. In particolare uno studio della Routgers University pubblicato nel 2014 aveva dimostrato come il benessere della donna sia fondamentale nella vita del partner e nella stabilità della coppia, mentre non è stato dimostrato il contrario. Questa nuova analisi si è spinta più in là, scoprendo che anche dopo la morte di uno dei due il vedovo o la vedova ottiene un’influenza positiva dal grande amore del partner deceduto. I dati riguardano 546 coppie in cui uno dei partner era morto durante il periodo dello studio e 2566 coppie in cui entrambi i partner erano viventi. Il risultato è che l’affinità di coppia dopo la dipartita di uno dei due coniugi è scientificamente indistinguibile da quella tra due innamorati entrambi viventi, indipendentemente da età, stato di salute o anni di matrimonio.


Ciò che conta, a quanto pare, è solo un legame intimo, forte e indissolubile tra due persone: quello che, al di fuori delle ricerche scientifiche, chiamiamo semplicemente “amore“.

Cos’è l’amore? L’amicizia

Oltre all’affetto e all’eros, l’esperienza umana conosce una terza tipologia dell’amore: l’amicizia. Anche questo sentimento appare nell’età adolescenziale e si presenta con alcune caratteristiche dell’eros e altre simili all’affetto.


Con l’affetto condivide l’espansività: l’amicizia è un sentimento pluridirezionale, non si concentra su una sola persona, ma è capace di dilatarsi verso molti soggetti. Con l’eros condivide il senso di responsabilità: cioè è esigente.


Ma, a differenza degli altri due, l’amicizia prescinde quasi completamente dal dato biologico e sessuale, perché essa consiste in un orientamento personale intessuto di confidenza e di solidarietà, nel quale la componente razionale gioca un ruolo di primo piano. È una forma di amore più «spirituale» delle altre.


C’è, poi, un altro aspetto assolutamente indispensabile all’amicizia: la reciprocità. Si può vivere l’eros «a senso unico» e, almeno in parte, anche l’affetto: cioè è possibile innamorarsi di una persona senza che quest’ultima lo sappia e lo voglia; anche nell’affetto si vivono simili situazioni, cioè una forma di amore non (o non sempre) corrisposto, quale a volte quello dei genitori verso i figli. Invece non è possibile essere amici senza che i due (o più) lo sappiano e lo vogliano. La reciprocità rientra nella responsabilità imbevuta di razionalità.


Ovviamente, nella concretezza dei percorsi esistenziali queste forme di amore molte volte convivono, s’intrecciano, si condizionano e si completano reciprocamente. L’affetto, in tal modo, può sfociare nell’amicizia; questa può costituire l’anticamera dell’eros; l’eros, a sua volta, può assumere le modulazioni dell’affetto. Più difficile è passare dall’eros all’amicizia («Ma amici mai», cantava qualche anno fa Antonello Venditti), ma non è impossibile. Si può passare da una forma di amore all’altra: ma, appunto, è «altra». La riflessione teorica può aiutarci a comprendere meglio il vissuto, ad affrontarlo con maggiore chiarezza e ad intervenirvi con una consapevolezza più adeguata.


Se è vera, almeno a grandi linee, la descrizione dell’affettività finora proposta, appare chiaro che una delle principali caratteristiche dell’amicizia risiede nella facoltà di scegliere.


Laddove questa facoltà non si esprime, o si esprime poco, si parla preferibilmente di «compagni», non di amici. È il caso, ad esempio di una scolaresca: i compagni di scuola sono un gruppo nato non da una opzione reciproca, ma da una organizzazione. Lo stesso linguaggio viene usato in un’aggregazione nella quale il dato prevalente non è l’affettività, ma un’azione da compiere o un risultato da raggiungere: perciò si parla di «compagni di squadra», non di amici, perché lo scopo dell’aggregazione non è il rapporto tra le persone ma lo svolgimento di un’azione sportiva o di altro genere. In questo senso, molto illuminante è il linguaggio marxista: ciò che sarebbe dovuto prevalere è la trasformazione del mondo mediante il cambiamento radicale delle strutture economiche, anche attraverso un’azione violenta, perciò i militanti si chiamano compagni. Oggi questa parola ha subito un notevole slittamento semantico e, da espressione comunitaria, tende a rinchiudersi nel privato della coppia: «il mio compagno», «la mia compagna».


Gli amici, dunque, hanno la possibilità di scegliersi. Proprio questo particolare fa sì che l’amicizia sorga soprattutto nell’adolescenza. Tra bambini, infatti, prevale la compagnia, i «compagni di gioco».


L’amicizia consiste nella comunanza d’idee e nella condivisione dei valori, nella reciproca confidenza, nelle esperienze da compiere insieme, nell’accompagnamento psicologico che volentieri si esprime e si espande in un’ottica di gratuità, nel fattore evolutivo che segue il divenire delle persone.

Cos’è l’amore? L’eros

Durante la pubertà inizia a manifestarsi una particolare sfumatura dell’amore, cioè l’eros. Questa è un’esperienza che è stata preparata dallo sviluppo fisiologico e, in un primo momento, si presenta sotto la forma dell’attrazione sessuale, cioè un interesse verso le persone dell’altro sesso proprio in quanto dell’altro sesso.


È interessante notare come esista certamente un rapporto tra bambini e bambine; ma esso, nell’età della fanciullezza, si esprime prevalentemente come un coinvolgimento dei maschietti tra loro e delle femminucce tra loro. È proprio nel passaggio alla scuola media, cioè nella preadolescenza, che l’attenzione si sposta verso l’«altra metà del cielo».


L’attrazione sessuale è un dinamismo generico e diffuso: non si concentra su una sola persona, ma riguarda rispettivamente il mondo maschile e il mondo femminile in genere. Diverso, invece, sarà l’innamoramento: in questo caso l’attenzione si concentra su una persona precisa, così che non ci si innamora dell’uomo o della donna, ma di «questo» uomo o di «questa» donna singola.


Tali passaggi sono aspetti di un movimento psico-fisico nel quale la componente sessuale appare di fondamentale importanza. Ciò fa risaltare, in questo tipo di amore, un notevole coefficiente biologico.


Tutto ciò, oltre che dall’evidenza e dall’esperienza, è confermato anche da recenti studi di neurochimica, che trovano posto non solo sulle riviste specializzate ma anche sui più diffusi organi d’informazione. Ne dava notizia, ad esempio, il Corriere della Sera nel luglio 2010, commentando che «i facili amori estivi rischiano di esporre i neo-innamorati a un’esperienza che, dal punto di vista neurochimico, non è tanto diversa da quella del tossicodipendente che resta senza la sua dose».


Sotto questo profilo, l’eros è affine all’affetto: infatti anche l’esperienza dell’amore tra fratelli (nel senso primario della parola) si fonda su una base biologica. L’affetto, però, si espande verso altri soggetti sia nell’ambito della famiglia sia al di fuori di essa, a differenza dell’eros che, nel vertice dell’innamoramento, tende a escludere altri. È, cioè, un amore selettivo, anzi esclusivo. Segno di questa esclusività è la gelosia: un’appartenenza, che esprime l’esigenza di fedeltà, non tollera interferenze e non ammette di condividere il sentimento con terzi, anzi non consente nemmeno che si compiano i gesti simbolici che esprimono e potenziano tale sentimento. È un tipo d’amore nel quale tende a prevalere la logica della totalità.


Un’altra differenza rispetto all’affetto consiste nel fatto che l’eros è estremamente esigente: richiede un impegno personale molto intenso, una donazione totale o tendente alla totalità, una responsabilità nei confronti dell’altro che mobilita in maniera unica la concentrazione fisica e mentale dei soggetti coinvolti.


L’eros irrompe nella vita dell’adolescente e lo conquista, attuando e valorizzando le componenti della sua personalità, suscitando in lui/lei un’energia psichica inattesa, un coraggio insospettabile, una vitalità mai provata in precedenza. Non a caso le antiche mitologie consideravano questa specie di amore come un dio, cioè qualcuno/qualcosa a cui non si è in grado di resistere. In alcune raffigurazioni artistiche, poi, il dio appariva armato di arco e frecce e con gli occhi bendati: chiara allusione all’imprevedibilità e alla spontaneità di un simile sentimento amoroso, la cui sensazione è come quella di una ferita, una sensazione che ti cattura dall’interno, ti svuota da qualsiasi altro interesse e, se non trova una corrispondenza, ti prostra profondamente.


Spontaneità si diceva. Infatti non si può scegliere a mente fredda di innamorarsi di una persona. È un fenomeno che accade all’improvviso, senza una motivazione razionale che sia in grado di fornire una spiegazione sufficiente. Non si sceglie eros: si è scelti da eros.

Cos’è l’amore? L’affetto

Nel 1968, dopo il fallimento della Primavera di Praga sotto l’avanzata dei carri armati sovietici, un giornalista occidentale chiese a un cittadino ceco: «Per voi i russi cosa sono?». Il giornalista si aspettava una serie di parolacce, quali «despoti, tiranni, dittatori» e via imprecando. Invece il ceco candidamente rispose: «Sono dei fratelli» e per lo stupito interlocutore aggiunse la spiegazione: «Infatti i fratelli non si possono scegliere!».


Questa barzelletta, come ogni storiella, nasconde una grande verità: al di là della contingenza storica che un giovane di oggi forse neppure conosce, si impone il grande valore che «i fratelli non si possono scegliere». Essi, infatti, ci vengono dati dai genitori e consegnati alla nostra cura, come noi veniamo affidati alla loro.


Anche quando il concetto di fratellanza si amplia e assume significati metaforici e simbolici, questo aspetto non viene meno. Se, ad esempio, nell’ottica cristiana si parla di «fratelli», ciò significa che il credente dovrà accogliere tutti perché tutte le persone gli sono state affidate da Dio; oppure la fratellanza umanistica e illuministica esprime tale concetto evidenziando come tutti apparteniamo ad un’unica «famiglia» umana, cioè a qualcosa che precede i singoli e le scelte che essi possano compiere nella loro vita; oggi di grande attualità appare l’esperienza della «fraternità musulmana», che sottintende una condivisione religioso-politica a prescindere da eventuali sfumature, come quelle che si stanno verificando in questi anni nella politica interna ed estera di tanti paesi del Medio Oriente.


Il sentimento che unisce i fratelli è l’affetto. Esso è un tipo di amore.

Gli altri tipi principali sono l’eros e l’amicizia.


Ora, tutte e tre queste esperienze convergono nel fatto che, appunto, sono amore. E amore significa benevolenza, cioè voler bene. E voler bene significa volere «il» bene di qualcosa o di qualcuno. Se, ad esempio, io amo la mia patria, desidero il suo bene; così pure, se amo la mia squadra del cuore, desidero che vinca il campionato o che, almeno, non sia declassata nelle serie inferiori.


Naturalmente, nella concretezza della vita, l’amore, nelle sue varie forme, è una mescolanza di energie centripete ed energie centrifughe, di bisogno e di dono, di egoismo e altruismo. La realtà, cioè lo stimolo esterno, arriva alla nostra coscienza e stimola in noi non solo una conoscenza, ma anche una reazione emotiva, cioè una risonanza immediata alle sollecitazioni. L’individuo si adatta alla realtà, elaborando una risposta sempre più strutturata.


La costruzione della personalità si articola, dunque, non solo in base ad un quadro teorico di valori conosciuti, ma anche (e forse soprattutto) grazie ad un intreccio di sentimenti che si sviluppano dalla sfera istintiva a quella emotiva. Si genera, così, un dinamismo formato da simpatia, accoglienza, tenerezza, attenzione, protezione, impegno, intimità, completamento e arricchimento personale, esigenza di donazione, che supera l’indifferenza, modera l’aggressività e contribuisce fortemente alla maturazione psicologica.


Il sentimento di amore che s’instaura tra fratelli, dicevamo, è l’affetto. Esso consiste, anzitutto, nell’esperienza della familiarità, cioè nel ritmo di scambi poco esigenti, quasi «dati per scontati», che si colorano di semplicità, di umiltà, di quotidianità. È un sentimento eterogeneo, cioè tiene poco conto delle differenziazioni sessuali, e tendenzialmente universale, cioè si orienta non solo verso i parenti, ma anche verso persone con cui si entra in rapporto più o meno occasionale, senza che si stabiliscano particolari attese o richieste.