Una collezione che parla di sogni e introspezione, la donna come la vita rappresenta un fiore da non cogliere per paura di sciupare la sua effimera bellezza eterea.
“Mi sono sempre chiesto quanto valga un momento. Ammesso che sia possibile per noi quantificare in qualche modo davvero questo valore. Quanto sia importante la sua bellezza effimera, a volte limitata e tramutata dal ricordo. Mi sono domandato quanti attimi abbiamo inesorabilmente perso in questi lunghi mesi, ma anche quanti altri ne abbiamo costruiti, timidamente, inconsapevolmente, con nuove parole e gesti che non conoscevamo e cercando di cogliere quel tremore etereo e insondabile dello sbocciare di un sentimento o di un fiore”.
Iniziano così le parole del designer Luigi Borbone parlando della collezione portata sulla passerella di Altaroma per la stagione A/I 2021/22, parole che sembrano uscire da un racconto magico in cui volteggiano donne su magiche ali di farfalla.
Un intreccio tra passato, presente e futuro legato ai sentimenti, l’importanza di lasciare e lasciarsi andare, ma se il primo è un concetto legato alla libertà, il secondo vuole scrollarsi di dosso la paura di sbagliare, di perdersi, di non essere abbastanza.
La collezione di Maison Luigi Borbone ha un titolo che parla da sé “Il fiore che non ho mai colto”, perché il designer mette la stessa cura e delicatezza che ha usato per raccontare la sua anima, in ogni creazione.
Le donne di Luigi Borbone, sono come boccioli delicati e forti al tempo stesso, da non cogliere per non sciupare la loro bellezza eterea, pronte a difendersi dalla vita a suon di pieghe, plissé, orli arrotondati e gonne costruite come calici per accogliere il fiore più bello.
“Quel bocciolo non lo ho mai colto – continua il designer – Per timore, per emozione, per impossibilità. Forse, l’ho perso, ma allo stesso tempo non l’ho sacrificato estirpandolo, portandolo lontano da dove era nato. Ho voluto preservarlo, custodirlo. Ho sacrificato il mio piacere per il suo essere. E lui mi ha ripagato mostrandomi la sua bellezza intatta, quella di un desiderio che noi tutti ci siamo costruiti e che accudiamo nella speranza di vederlo crescere tra le nostre mani”.
Un gioco di transizione tra la sensualità e l’innocenza, la donna regina o umile giardiniera, che si diverte a riversare sul suo corpo i colori più audaci dei prati o fasciare il corpo di giacche bustier, lembi di stoffe fluttuanti e trasparenti che celano una morbida nudità illuminata da bagliori di luce preziosa come cristalli.
“Come una preghiera laica, le mie (ma)donne sono fatte di terra, profumano di essa, sanno rimescolarsi per cambiare, stupire, essere sempre diverse – racconta un sognante Luigi Borbone -. Trovano in sé stesse i raggi dei cristalli di cu si inebriano. Soffiano sulla sabbia con abiti di vento, ne traggono bagliori dorati di polvere che ricoprono le loro vesti di polline. Sono cieli stellati, costellazioni ignote ancora tutte da esplorare. Scrutano i naviganti tra gli abissi più scuri, li tengono per mano, li guidano e li portano alla perdizione nello stesso istante, regalandogli il prezioso, unico fiore del proprio giardino.»
Bentornato Luigi!
Photo credits: Altaroma