Tommaso Ragno

Actor Tommaso Ragno
Interview by Miriam De Nicolò
Photography Martina Mammola
Styling Allegra Palloni

Più andiamo avanti nella conversazione, più si comprende che la vita, per Tommaso Ragno, sia uno studio continuo sul mestiere dell’attore, e che queste ricerche siano diventate di natura così ossessiva, da averle incarnate con la sua carne stessa. Cita Sacha Guitry senza saperlo, quando dice che l’attore è pagato per provare sentimenti che non prova: l’intensità arriva già dalla voce. chiudendo gli occhi diviene più profonda e poi attenta, cauta, sibilante, triste quando parla dell’amore, decisa quando si riflette allo specchio.

La differenza tra la realtà del teatro e la realtà del cinema. 
James Stewart, un grande attore statunitense, diceva: “Nei film si tratta di creare momenti. Nessuno sa come questo accada. Ma il compito è di prepararsi al meglio affinché questi momenti accadano, perché nei film non è la performance a contare come la si intende in teatro. Non è esattamente così. Nei film si va per momenti.
La cosa grande del cinema è il potenziale che i film hanno di comunicare le cose visivamente: il cinema ti viene più vicino di qualunque altra cosa, la gente ti guarda negli occhi.”
Nel teatro invece, proprio perché la scena, lo schermo è un continuo campo totale si fa un lavoro che comporta l’uso di tutto il corpo, l’elemento tecnico (cavi, telecamere, ciak, etc.) che nel cinema e nella tv è primario in teatro diventa secondario, in teatro è l’elemento umano a esser centrale, è un flusso ininterrotto, in cui sei connesso direttamente al pubblico, che dovresti percepire come tuoi partners, come fossero attori a loro volta che partecipano a creare lo spettacolo.

Come si entra dentro il personaggio da interpretare? 
Direi in parte alla stregua di un atleta, laddove ciò che muove tutto è il muscolo dell’immaginazione, facendo spazio in sè stessi per lasciare che si manifesti questo fantasma, chiamato per convenzione “personaggio”. Si va a cercare qualcosa che speri venga a sua volta a cercare te. Una sorta di reazione chimica. Di chimica alchemica, alla maniera degli antichi alchimisti.

Hai dichiarato in una intervista “Ciò che mi differenzia è l’immaginazione” E’ questa la miglior qualità di un attore?
La qualità più importante sta nel modo di rielaborare le cose che hai imparato. Porto un esempio:  tu mi consigli vivamente un libro che hai letto e amato, e che a me invece non piace. Non è il libro a essere buono o cattivo, un libro è buono o meno a seconda di quanto lo è il suo lettore, e questa è in qualche modo una benedizione per i pessimi scrittori e una maledizione per quelli buoni. Mettiamo tu abbia letto “La ricerca del tempo perduto”…

Stai parlando del mio libro preferito, Proust è l’amore della mia vita. 
Nella vita ci si “incontra” per somiglianze, ecco La Recherche è un libro che ha significato moltissimo per me, l’ho letto la prima volta durante una tournée teatrale in Francia molti anni fa, e mi è sembrata, attraverso l’immenso sforzo linguistico dell’autore una sorta di Divina Commedia contemporanea. 
E mi torna in mente la descrizione del protagonista che va a teatro a vedere la leggendaria attrice Berma, con aspettative altissime, e ne rimane deluso. Tornerà anni dopo a vederla recitare, e prenderà parte allo spettacolo con una consapevolezza che somiglia a un risveglio, a un satori, semplicemente guardandola senza alcuna aspettativa. Un capitolo incredibile che spiega cos’è la recitazione. È un libro sapienziale, che continua a esser fondamentale nella mia vita di ogni giorno.

La Recherche è vita.
Vero. Un dispositivo perfetto per accendere luci in una centrale elettrica.

Hai mai interpretato un ruolo così impegnativo?
In Nostalgia di Mario Martone.

Una parte che ti è valsa il premio Nastro d’argento per l’interpretazione di Malomm.
Un uomo di malaffare appunto, che incontra il protagonista, Pierfrancesco Favino, in una scena di 9 minuti ricchi di difficoltà perché dovevamo portare sul set le sfumature di due vecchi amici che si incontrano dopo 40 anni, segreti nascosti, colori legati al passare del tempo e ai sentimenti contrastanti tra i due, per di più in dialetto napoletano. 
Sono felice di averlo fatto con un grande regista come Martone e con un attore di così grande generosità oltre che di immenso talento.

Riconosci di essere un grande attore? 
Non so esattamente cosa questo voglia dire, e non lo dico per modestia, perché la modestia è sempre falsa. Credo al fare con sincerità quello che mi viene proposto, credo nel lavoro, il lavoro su se stessi soprattutto e credo che si possa fare quasi tutto a patto di impegnarsi e di volerlo. Poi io come tutti dovevo pagare le bollette e potevo farlo con il mestiere che mi ero scelto. Ma anche se si è pagati per sentire sentimenti che non provi, si è anche  il tramite fra un mondo di fantasmi e un mondo di vivi. 
Alla mia età, è davvero molto più appagante fare il mestiere che faccio, rispetto alla gioventù. 

Quindi per te lo scorrere del tempo è un regalo?
Il fiore vero di un attore è quando lui invecchia“, è una frase del libro “Il segreto del Teatro No” di Zeami.
La gioventù ci abbraccia con i suoi fiori freschi, la bellezza, le cellule che si irradiano, ma nessun fiore, per quanto bello, è eterno, la bellezza vera del fiore sta nel fatto che cade e poi rifiorisce, e quando quella luce comincia a cambiare, quando si va verso l’apogeo della vita, emergono altri fiori, i fiori autentici. Ed è in questo continuo cambiamento che sta il mistero, e ogni età, per chi fa questo mestiere, nasconde un fiore diverso.

Ma Luce non è solo bellezza e gioventù
Vero, ma questo non lo sai quando sei giovane, non lo puoi sapere perché l’abbaglio delle cose è fortissimo ed è comprensibile che sia così. Solo oggi, i 55 anni mi hanno regalato la consapevolezza che ciò che mi accade ora, assume decisamente più sapore rispetto a solo 10 anni fa.  

Come si spiega l’amore? 
Non si spiega, secondo me, in fondo accettiamo che esistano anche cose inspiegabili. 
Forse, ma non ne sono del tutto sicuro, saprei spiegare cos’è un comportamento d’amore, più che un sentimento. Il sentimento d’amore mi pare sia un’entità intermittente, il comportamento d’amore un atto volontario.

Chi o cosa ami? 
Amo me stesso. Voglio dire che
ho cominciato a cercare di amare me stesso come fossi un’altra persona, ad amare di me ciò che nessun altro è obbligato ad amare. 

Quali aspetti di te? 
Gli aspetti oscuri, quelli meno condivisibili, irriducibili.
Ciò che è condivisibile porta con sé qualcosa di superficiale, anche se non privo di valore. 
Iosif Brodskij in “Dolore e ragione” dice questa cosa: “Se l’arte insegna qualcosa in primo luogo all’artista stesso, è proprio la dimensione privata della condizione umana, essendo la forma più antica, anche la più letterale, di iniziativa privata. L’arte stimola nell’uomo, volente o nolente, il senso della sua unicità, dell’individualità, della separatezza, trasformandolo da animale sociale in un Io autonomo.”
Sono molte, moltissime le cose che si possono condividere, un letto, un pezzo di pane, ma non, per esempio, una poesia di Rainer Maria Rilke, non un’opera d’arte o letteraria, che toccano la parte più profonda di noi stessi. Ed è giusto anche che sia così. 

Hai mai disprezzato qualcuno al punto di odiarlo?
Certo. Me stesso.

Carlo Cecchi, regista teatrale italiano con cui hai lavorato dice che qualche anno fa avevi paura di sedurre e oggi invece questo timore è passato. 
Il palcoscenico regala una profonda carica seduttiva, che non ha nulla a che fare con l’esibizionismo.
Ma si tratta di una seduzione che è somma del contesto, di una certa regia, di un’opera, di un personaggio. Di qualcosa che non sei tu. Ma qualcosa d’altro.

Quale dote vorresti avere di natura?
La capacità di amare. Ci si immagina coraggiosi finché non avvengono cose che mostrano magari quanto, in realtà, la viltà, la pigrizia abbiano la meglio sull’idea che si ha di sè. E allora può succedere si diventi coraggiosi per reazione, per dimostrare che non si è codardi. E magari si continua a essere codardi pur avendo mostrato di fatto un coraggio da leoni. Lo stesso, credo, per l’amore. Da giovani si tende ad amare se stessi, uno tende ad amare l’amore di se stesso e il suo amore dell’amore, dell’idea di amore. Ma quella capacità di amare cui ti parlo è qualcosa di attivo, credo, e trova la sua realtà solo nella relazione con l’altro. Che ti mostra la tua piccolezza, o la tua grandezza, a seconda.

Da chi credi d’essere amato? 
La cinepresa, ti amerà sempre, qualunque cosa tu faccia”, Michael Caine.

Domanda di rito, quanto sei Snob?
Conosci un lettore appassionato di Proust che non sia anche snob?





Francesco Iandola; Miriam De Nicolo; Max Papeschi