Giorgia

Interview: Miriam De Nicolò
Photography: Alessandra Rosati
Art Direction: Roberto Da Pozzo
Styling: Valentina Davoli
Hair Stylist: Luigi Alesi
Makeup Artist: Luciano Squeo
Photography Assistant: Mauro Poliziani
Location: Nero Studio

Quando si incontrano persone così carine, così gentili e per cui l’educazione e l’affabilità paiono essere delle vere e proprie missioni, quel senso di dolcezza e tepore che avvolgono realmente come un abbraccio, lo si porta con sé i giorni a seguire.
Sapevo poco della vita privata di Giorgia prima di incontrarla, pur essendo un personaggio pubblico non si lascia invischiare nel gossip e nel pettegolezzo, anche se delle tragedie che hanno toccato la sua vita, se n’è parlato in ogni dove, come della morte del suo ex compagno, il cantante Alex Baroni. Ma anche se Giorgia si confida ai media con grande sincerità e apertura, pare non regalarsi mai, mantenendo sempre quel pudore e quella riservatezza che invitano al rispetto.
L’incontro per la prima volta sul set, in uno studio fotografico di Roma, e subito penso che la televisione non le renda giustizia perché diamine, è bellissima. Ironica ed autoironica, come chi non vuole dare l’impressione di prendersi troppo sul serio e che vuol risultare simpatica a prima vista, Giorgia ammalia tutto il team, posa come una modella e sorride alla macchina fotografica con una sensualità che mi pareva molto lontana dalla figura casta e disciplinata che la sua immagine in tv riflette. Appartiene a quella categoria di persone che avvinghiano a sé in presenza, le devi vedere, sentire parlare, trasporta con la sua energia positiva, quella che rivelo ai colleghi augurandomi di incontrare personaggi più simili a lei da poter raccontare.
Parlare, concedere una intervista per un artista significa sponsorizzarsi, e invece Giorgia non spinge a monetizzare il suo tour “Giorgia Blu Live”, così lo dico io che ha scelto dei luoghi meravigliosi come i teatri lirici italiani tra cui Il San Carlo di Napoli e il Teatro dell’Opera di Roma per cantare; posti che parlano di arte e cultura, nobili luoghi per un nobile cuore. Qui porterà “Parole dette male” dall’album “Blu” dopo il grande successo al Festival di Sanremo, una canzone che non può non farti sfuggire una lacrimuccia tanto è intensa, tanto è immensa. Non può non portarti dentro le nostalgie che ciascuno di noi vive in questa vita a volte ingiusta, non può non far pensare alla perdita di qualcuno che hai amato, sia un amore filiale, sia esso sentimentale.
Ogni tanto ti vedo in giro
Ma poi non sei tu
E quante macchine come la tua
Dello stesso blu

Certo ce ne sono di cantanti che hanno il dono di trasportarti nel loro mondo attraverso l’immedesimazione, ma sono tutti di origine meno poetica della sua.
Probabilmente anche questo mio incontro sarà un altro di quelli furtivi e passeggeri del mio lavoro di giornalista, a cui dico “che peccato“, e mi viene in mente un passaggio di quel libro immenso che è diventato la mia Bibbia, La Recherche, dove il Signor Charlus, ne “La parte di Guermantes”, si rivolge al narratore dicendo:
Chiediamo dal fondo della nostra botte, come Diogene, un uomo. Coltiviamo begonie o tagliamo siepi in mancanza di meglio, perché siepi e begonie si lasciano fare, ma preferiremmo dedicare il nostro tempo a un arbusto umano, se avessimo la certezza che ne valga la pena“.
Giorgia, che pare coltivare la gentilezza, questa strana e potente pianta che fa crescere esponenzialmente chi la cura, potrebbe essere quell’arbusto umano che tutti vorremmo, nel nostro giardino di persone.

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Noi musiciste donne dobbiamo sudarci la parità delle condizioni“, la tua frase durante una conversazione a tavola
Dagli anni ’90 la realtà è migliorata, perchè le donne si sono fatte spazio in più settori.
Patty Pravo suona il pianoforte, lo sapevi? Probabilmente no perché alle donne non era concesso di esprimere ogni talento, banalmente cantare e suonare allo stesso tempo, anche se Patty Pravo è anche un ottimo produttore.
Per ottenere credibilità dobbiamo fare più fatica, dobbiamo guadagnarci la fiducia dei collaboratori; ricordo che in studio per parlare con il fonico dovevo farlo in punta di piedi, è un comportamento inconscio che spinge l’uomo a dire “vediamo cosa sai fare”, ma se gli chiedo di abbassare un rullante, lo faccio con cognizione di causa.


Credi sia una questione di cultura, la storia del Papato in casa?
Non credo, temo invece sia sedimentata in millenni e che non possa essere circoscritta. La caccia alla streghe lo racconta molto bene, donne-dottori la cui intelligenza divenne un problema. La storia rivela che nei secoli il sesso forte ha sempre cercato di prevalere sull’altro, è capitato anche a me di lavorare con uomini che mi facessero sentire sciocca, una forma di protezione, secondo loro.


Hai anche dichiarato “il mio posto è il passato”, sei una nostalgica?
Il mio posto è dentro di me. Sono piuttosto una malinconica, amo i ricordi, quel viaggio sensoriale che ti permette di tornare in un posto amato; la musica regala la stessa percezione e attraverso di essa mi piace crogiolarmi nella malinconia. Ma non si vive di malinconie né di ricordi, la vita è un soffio, e bisogna sforzarsi di non sprecarla.


A proposito di melanconia ho letto in una intervista che quando lasci tuo figlio per lavoro, il pensiero della perdita, della mancanza, ti accompagna. Sei una madre ansiosa?

Ma chi le ha scritte ste stronzate? A mio figlio non manco per nulla. Chiunque viva un poco a lungo, impara che la perdita è un passaggio della vita con cui dobbiamo fare i conti. Con l’arrivo dei figli, arrivano tutte le paure mai provate. I primi anni, quando partivo per un tour, non vivevo bene il momento della separazione, poi ho scoperto, come ogni mamma, che dopo i primi cinque minuti già giocava spensierato. Mi manca certo, ma mi hanno insegnato che è anche un buon esempio mostrare ai proprio figli che la vita va vissuta a pieno, dare loro l’esempio dell’indipendenza, della costruzione di un lavoro.
Oggi mio figlio ha raggiunto quell’età in cui se gli dico che mi manca mi risponde “che schifo”, è nell’età in cui fa il duro.
La mancanza poi nella vita è una condizione che non si risolve mai, passiamo un’esistenza a creare legami che lasceremo; se ci pensi ti prende un attacco di panico.


La tua prima poesia, scritta a cinque anni, aveva come tema la perdita
Trattava esattamente il tema della morte. Sarà un retaggio di mie vite precedenti, perché sono nata angosciata.
Mia madre mi ha raccontato che ha avuto una minaccia di aborto, forse avrò provato qualcosa mentre ero nell’utero, una sensazione di paura, una memoria cellulare. La poesia in questione parlava di amore per la vita, una vita che poi se ne va, insomma a 18 anni ho scritto “E poi sarà come morire”, ho fatto un percorso al contrario e mi sono dovuta rallegrare…partivo un po’ male.

Amore e Odio. Sentimentale e materno.
Sono convinta che l’amore e l’odio siano due facce della stessa medaglia; l’odio è l’amore andato a male.
Nella coppia l’amore è un lavoro a tempo pieno, va coltivato ogni giorno e con passione, che deve essere nutrita in qualche modo.
L’amore materno accompagna tutte le donne, anche chi non è madre, perché la nostra natura ci porta spesso all’accudire, al prenderci cura dell’altro. E’ un amore incondizionato, si ama un figlio a prescindere da quello che farà.
Ma è anche vero che l’amore si impara, per qualcuno è coprire dei vuoti, la vita insegna.

Apro una pagina a caso del questionario Proustiano, “qual è la tua occupazione preferita”?
Divano, film e mangiare la cioccolata. E ascoltare musica, cercare quella che non conosco, un momento di studio estremamente piacevole.

Quante ore passi a fare questo tipo di ricerca?
Troppo poco, ho poco tempo come tutte le donne che hanno una famiglia. Me lo devo ritagliare, ci vuole disciplina, a volte l’ascolto mentre faccio sport, e quando scrivo, circa un’ora al giorno.

A proposito di musica, Big Fish, il tuo produttore, ti ha proposto un reggae durante la creazione dell’album, che hai accettato felicemente, senza cercare più perfezione ma verità. Quanto è importante riconoscere chi siamo? E’ un lavoro che dura tutta la vita, ed è fondamentale. Conoscere se stessi, i propri limiti, i punti deboli, è trovare la giusta via per stare meglio con gli altri. Noi viviamo un momento storico in cui non c’è tempo per questo, siamo sempre di corsa e all’ultimo posto della tabella di marcia quotidiana c’è il momento da dedicare alla cura di noi stessi.

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Quale messaggio vuoi lasciare attraverso la musica?
Non ho l’ambizione di lasciare messaggi, ho scelto questo mestiere per condividere la mia passione, sperando che arrivi al pubblico, rispettando sempre le mie emozioni. Cerco di elevare questo cammino a qualcosa di più ampio, più nobile, non a caso ho chiamato l’album “Blu”, la cui cover ha una donna vitruviana al centro, per elevare lo sguardo al cielo, perché siamo spirito e quello è il luogo che va coltivato per cogliere segnali importanti.

Perchè hai scelto i teatri lirici per il tuo tour “Giorgia Blu Live”?
Era un desiderio che avevo da tanto, ma che vedevo irraggiungibile perchè questi teatri difficilmente si concedono al pop. Io ho tentato e l’idea di cantare in un posto raccolto dove posso vedere i volti delle persone, dove il suono è vissuto in maniera intima, dove c’è evidentemente un desiderio di vicinanza con l’altro, mi faceva felice. Inoltre sono teatri di grande bellezza, di cui è necessario nutrirsi.

Ti leggo un’altra domanda dal questionario di Proust – “Le colpe che ti ispirano maggiore indulgenza”?
Le colpe commesse per amore, perché mosse dall’istinto del cuore.

Se fossi una canzone quale saresti?
Calling you di Jevetta Steele, la colonna sonora del film Bagdad Café, una canzone struggente che ha una speranza di fondo, ma anche un lamento continuo, che sono io.

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Francesco Iandola; Miriam De Nicolo; Max Papeschi