Dharma Mangia Woods, attrice, 27 anni
La prima volta che la vidi era seduta su un muretto con le gambe incrociate e un sacchetto biodegradabile della spesa, aveva acquistato un po’ di pane, verdura e della frutta per cena.
Io scendevo le scale dell’albergo di Roma insieme ad un collega, me la ricordo, il cappellino a coprirle il volto, un paio di pantaloni della tuta, top e scarpe da tennis; stava in silenzio e ci ascoltava, a due passi da lei, conversare al telefono col suo ufficio stampa.
Dharma Mangia Woods stava osservando, o meglio studiando, quelli che il giorno dopo avrebbero dovuto intervistarla e fotografarla.
Quando si è presentata ho pensato “che bellissimo viso” sotto l’ombra di quel cappellino, gli occhi timidi color ghiaccio e quella apparente semplicità delle nature complicate.
Il giorno dopo nello stesso taxi, l’una accanto all’altra a parlare di cinema francese mentre fuori dal finestrino Roma gelosa urlava tutta la sua bellezza italiana, noi a citare Truffaut, Chabrol, e Roma che gridava Fellini e Antonioni.
Ho tirato fuori dalla tasca la Nouvelle Vague perché Dharma somiglia a quella comparsa timida sempre presente nei film di Truffaut, la bibliotecaria con gli occhialini rotondi che gira silenziosa tra gli scaffali aprendo a caso le pagine di un libro, mentre scruta tutt’intorno la stanza e ha già scannerizzato ogni singolo lettore e i titoli che porta sotto braccio; quell’attrice che passa da prima inosservata perché il capello arruffato, l’abito stropicciato e l’andatura incerta, ma quando un corteggiatore si avvicina accende lo sguardo e tutti i sensi e si ritrova presto tra le sue braccia in tutta la sua bellezza, gli occhialini sul comò, gli abiti sul pavimento e diviene la nuova protagonista.
Le telecamere si accendono, dovrebbe esserci abituata penso, eppure torna la Dharma timida, la voce trema, le spalle si curvano e penso alla donna che non si concede, che ha bisogno di tempo, tanto tempo, e avrei voglia di abbracciarla.
Dharma raccontaci quali sono stati i tuoi primi passi nel mondo del cinema.
La passione per la recitazione mi accompagna fin da bambina, mi raccontano i miei familiari che all’età di tre anni dicevo già di voler diventare un’attrice, anche se il primo vero provino risale ai miei sedici, data che coincide con l’inizio della mia gavetta nel mondo del cinema.
C’è un ruolo che non hai ancora interpretato, ma che vorresti assolutamente fare?
Essendo agli inizi della mia carriera direi “tutti”, mi auguro di poter rivestire quanti più ruoli possibili e di arrivare al termine del mio percorso lavorativo soddisfatta di quelle che sono state le mie interpretazioni.
Che tipo di ruoli ti viene più semplice interpretare?
In realtà non ho preferenze di genere o di emotività, mi sono trovata sempre a mio agio nel dramma, ma non amo definirmi e focalizzarmi solo su un settore, trovo che il concetto di definizione sia un limite alla mia professione, amo il mio lavoro e tutto ciò che ne fa parte.
Il nome di un personaggio femminile che hai amato?
Tutti i ruoli femminili che fanno parte del grandissimo mare che è la Nouvelle Vague, ai quali aspiro idealmente come reference attoriale.
I tuoi riferimenti cinematografici.
Indubbiamente il cinema francese e i suoi metodi attoriali, amo particolarmente la loro cultura cinematografica e gli interpreti sono estremamente bravi a non far percepire quello che è il confine tra finzione e realtà.
Guardo e studio con molto interesse anche il mondo del cinema inglese e americano, credo ci sia sempre da imparare da tutti.
Hai un rito scaramantico o un oggetto che ti porti prima di andare in scena?
Non ho un vero e proprio rituale, ho dei metodi per prepararmi all’entrata in scena, mi hanno fatto notare che tocco sempre i palmi delle mani, punto centrale dell’emotività, e questo probabilmente mi dà una sorta di sicurezza e mi aiuta ad allentare la tensione.
Questa tua timidezza può essere il motivo per il quale hai deciso di fare l’attrice, per riuscire a combatterla in un certo qual modo?
Non è stato il motivo principale della mia scelta, ma può aver contribuito, anche se le persone che mi conoscono a fondo non direbbero mai che sono una persona timida; nel privato e nelle situazioni in cui mi sento a mio agio sono una vera giocherellona.
Crescere mi ha portato poi ad essere molto selettiva nelle frequentazioni e per questo posso sembrare un po’ chiusa, in realtà amo circondarmi di quei pochi che arricchiscono le mie giornate e non mi fanno annoiare.
Che cosa significa essere attore per te?
Essere attore vuol dire essere molto empatici, vulnerabili, ma al contempo incredibilmente determinati. Non è un lavoro banale, non è una strada semplice da percorrere, devi essere sempre pronto a cogliere le occasioni che ti capitano, è uno stato mentale che va dall’ansia di non avere ruoli all’adrenalina dell’andare in scena.
Se fossi un film che film saresti?
“Ritratto della giovane in fiamme” di Cèline Sciamma, perchè mi ha trasmesso il concetto del riuscire a bastarsi.
Due giovani fuori dal mondo che non hanno bisogno del mondo perchè si bastano a vicenda, una sensazione di solitudine che però non risulta essere un peso.
Ho scoperto che stare da sola mi piace, mi calma, non mi porta a dover mettere delle maschere che magari ci sono imposte da determinate circostanze, un aspetto che sto cercando di portare anche fuori da casa mia, ma che richiede tempo e, forse, un po’ più di sicurezza in sé stessi.
Che cosa stai leggendo in questo momento?
Ho appena terminato uno stage che mi ha avvicinato moltissimo ai testi di Shakespeare, in particolare ai suoi monologhi.
Concludiamo con una domanda che facciamo a tutti i nostri ospiti
Quanto sei SNOB?
Il giusto SNOB, che è sempre bello, SNOB è bello.
La video-intervista:
Intervista: Miriam De Nicolo’
Attrice: Dharma Mangia Woods
Ufficio Stampa: Lorella Di Carlo
Regia: Peppe Tortora
Location: Hotel Valadier Roma