Bianca Atzei, timbro che graffia

EIC/ART DIRECTION Miriam De Nicolò
TALENT Bianca Atzei
PHOTOGRAPHY Marco Onofri
STYLING Diletta Pecchia
MAKE UP Paolo Sfarra
HAIR Flavia Gjozi
THANKS TO Bella Milano
INTERVIEW by Ambra Lo Faro

Il graffio è sempre stata la sua cifra, il suo timbro riconoscibile la rende una degli artisti più amati in Italia, ed è impossibile appunto non rimanere “graffiati” da questo suo “1987”, l’ultimo album che la racconta con la sfacciataggine del rock italiano che la contraddistingue da sempre, ma con quella consapevolezza in più che ha come donna oggi, dopo le esperienze che l’hanno portata ad essere così e a raccontarsi completamente al pubblico. Il filone anni ’80 nei suoni, e sicuramente nel brano driver “Discoteca”, è perfettamente collocato nel trend attuale, ma mantiene il suo personale gusto nei brani firmati da artisti di calibro rilevante come Gigi D’Alessio e Kekko dei Modà: qua e là è possibile trovarvi una ballad anni 60 contemporanea, fino a raccontare la parte più profonda ed intima di se stessa. 

Ultimamente il trend in musica è appunto quello di riportarsi agli anni 80: pensiamo a Harry Styles o Taylor Swift. Questa tua scelta di approdare a quell’epoca è data da una personale inclinazione, o hai voluto provare a seguire questo trend e farlo tuo? 

No, non ho mai seguito le mode nella mia vita. La mia è un’esigenza: quando sono diventata mamma la mia vita è cambiata, ho avuto bisogno di ritrovare quella spensieratezza, quella leggerezza, ed è per questo che ho iniziato ad interessarmi agli anni ’80. L’ho vissuto come un bisogno di tornare a divertirsi, e a fare qualcosa di nuovo. 

Siamo abituati a conoscere Bianca Atzei personaggio, ma meno l’imprenditrice musicale che c’è dietro. Quanto metti il naso all’interno delle scelte in studio, di suoni, di mix? 

Stare in studio e dire la mia mi piace molto, ma ho un approccio molto di pancia, molto istintivo. Mi occupo personalmente anche di tutti i cori, che amo molto fare da sola: nasco corista e riesco ad armonizzare all’istante ogni cosa che ascolto, ho questa fortuna innata. Sulla scrittura posso dirti che sì, a volte sono altri autori a scrivere per me, ma le melodie partono da me praticamente sempre.

All’interno del tuo nuovo disco la voce è mixata in maniera diversa rispetto alle tue precedenti uscite, si sente che qualcosa di nuovo c’è assolutamente, ma il pubblico riesce ancora a riconoscerti. Quanto conta per te il tuo timbro?

Mi fa piacere sentire che dici questo perché ho lavorato tanto sul mio timbro, da quando sono bambina. E’ stato uno studio molto lungo, fin dall’età di 7 anni e mezzo, facendo lirica per 3 anni, e poi ho capito quale fosse la mia direzione, sono andata avanti fino a trovare il mio timbro, la mia firma. 

Quanto è complicato questo trade off, quando la propria cifra è appunto il timbro: è possibile dare in pasto al pubblico qualcosa di nuovo, ma permettere loro di ritrovarti comunque?

In questo nuovo disco “1987” mi è venuto tutto naturale, gli anni e l’esperienza hanno giocato a mio favore. Anche se non sono usciti altri album negli ultimi anni sono comunque stati pubblicati diversi singoli, tutti con sonorità e sound diverse, mi piace sperimentare. Per come mi sento in questo momento della mia vita, credo questo disco mi rappresenti a pieno. Ci sono anche brani come “Non ti lascio andare” scritta da Kekko, che è un brano in stile anni 60, ma perfetta per me: quel brano si sposa perfettamente con la mia vocalità. E’ stato un ritorno alle mie radici, e ci voleva. 

Di te sappiamo tanto, hai un rapporto molto vivo con il tuo pubblico, a cui racconti molto della tua vita e di quello che ti succede, nelle interviste ma anche sui social. Esiste un momento in cui secondo te bisogna dire “ok, questo non ve lo dico, mi fermo”? 

Io sinceramente non mi sono mai posta dei limiti, dipende dal tuo carattere, dalla persona. Quando nella mia vita è capitata l’esperienza drammatica dell’aborto, ed ero in terapia, inizialmente non avrei voluto raccontarlo, ma poi mi è scattato qualcosa ed ho detto: magari raccontandolo posso sentirmi meglio, posso sentirmi meno sola. Ho seguito il mio istinto, ed il mio cuore mi ha dato ragione: ho scoperto un mondo che non conoscevo. Milioni di donne con situazioni simili alla mia, o addirittura peggiori della mia. Parlarne mi ha sempre aiutato tanto. 

A questo proposito impossibile non citare il tuo brano “Una cometa blu”: una canzone scritta da Gigi D’Alessio e Calvetti, tuo produttore e manager. Il brano racconta appunto di questa tua terribile esperienza, ma anche del modo in cui ne sei uscita con grande forza e coraggio. E’ un brano davvero toccante, e musicalmente ha proprio quel tipo di scrittura italiana melodica tradizionale, che si nota all’interno dell’album per quanto risulta sofisticato. 

Parlare di se stessi nelle canzoni non deve essere facile…

Non lo è, infatti. Questo brano non fa parte del mio spettacolo dal vivo, e non ti nascondo che faccio tanta fatica a cantarlo in pubblico ma qualche volta sono riuscita. E’ un brano che non avrei potuto scrivere da sola : io riesco a scrivere di mie esperienze, ma devo avere qualcun altro in mezzo, non so come dirti. Se parla di me un’altra persona, riesco a farlo. Posso scrivere di una mia esperienza se sono poi altri artisti ad interpretare il brano. 

Siamo abituati a vederti in collaborazioni importanti, sia nei featuring che nella scrittura dei brani. Cosa ti ha lasciato questa lista di grandi nomi? 

Ho avuto la fortuna di lavorare con i più grandi, ed ho iniziato proprio con le collaborazioni. Mi ha dato tantissimo: il featuring ti aiuta ad esprimerti in maniera diversa, e questa cosa ti fa crescere professionalmente e personalmente. 

E’ stato un modo anche per farti conoscere ad un pubblico, a restituire importanza e prestigio a ciò che proponi..

Sì, ma in realtà ti dico che nonostante il supporto di molti cantanti famosi per me è stata tanto dura. Io ho cominciato dalla radio, e la gente non associava il mio volto alla mia voce inizialmente. Ogni volta era un “ah, ma è lei che canta”, ed io questa cosa l’ho sofferta. Al mio secondo Sanremo sono riuscita a farmi conoscere di più, ma la vera popolarità è arrivata con l’Isola dei famosi. 

E questa cosa ti dispiace ? Intendo dire: la popolarità più con un reality che con la propria musica. 

Ma sai mi dico: ho fatto tantissime cose, le persone ascoltano la mia musica in radio da diversi anni, e comunque non sanno chi sei. L’Isola mi ha aiutata tanto, anche per fare altre cose. Il fatto che le persone ti riconoscano è bello. 

Domanda scomoda Bianca, ma devo fartela: hai un piano B? 

E’ diverso tempo che me lo chiedo, perché purtroppo per motivi di salute ho dovuto interrompere i miei studi, e non ho potuto completarli. Avevo cercato di riprenderli, ma poi è arrivata la mia carriera, e non potevo esserci a scuola. Però ti confesso una cosa: avrei voluto occuparmi di pedagogia. Lavorare con i bambini malati mi appagherebbe tantissimo. Mi è capitato per i problemi di salute che ho avuto di frequentare quell’ambiente, e la non consapevolezza dei bambini è disarmante : hanno una forza incredibile. Anche se non è il mio lavoro, vado spesso negli ospedali appena posso.

Comunque a questa cosa del piano B non voglio pensarci: al pensiero di non fare la cantante mi manca il respiro e mi sento male!

(foto in copertina abito lungo tulle Bartolotta & Martorana)