Donald Trump aveva due obiettivi per il secondo dibattito presidenziale della notte scorsa: 1) distogliere l’attenzione dalle dichiarazioni registrate del 2005 in cui si vantava della sua capacità di “assaltare” le donne e 2) doveva mantenere la sua base elettorale, e recuperare quanti, nel partito repubblicano, lo avevano abbandonato la settimana scorsa.
Per raggiungere questi obiettivi è tornato alla strategia con cui ha vinto le primarie e ottenuto al nomination, definita dai commentatori politici “carne al sangue” (per qualcuno “carne cruda”).
Prima dell’inizio del dibattito il suo team ha trasmesso un incontro tra Trump e quattro donne che hanno accusato Bill e Hillary Clinton i vari misfatti, tra cui Paula Jones , Kathleen Willey , Juanita Broaddricke Kathy Shelton. Inoltre – dopo un video in cui era apparso imbarazzato e chiedeva scusa per le sue dichiarazioni del 2005 – le ha ridimensionate durante il dibattito a “chiacchiere da spogliatoio da palestra” e “solo parole”.
A parte i primi venti minuti, in cui Trump è apparso sulla difensiva e faticava a trovare un ritmo, il dibattito si è trasformato in un match di wrestling, teatrale e retorico, favorito anche dall’impianto con i candidati in piedi, a microfono mobile e liberi di muoversi.
Trump ha attaccato a mani basse praticamente su tutto, cambiando spesso argomento, senza praticamente mai rispondere nel merito, cercando sempre e solo di svicolare, arrivare ai suoi slogan vincenti, e dimostrare di non essere stato messo all’angolo.
Ha detto che se fosse stato eletto, che avrebbe chiamato per un procuratore speciale per indagare sull’uso da parte della Clinton di mail private quando era Segretario di Stato. Una politicizzazione del Dipartimento di Giustizia che ha ricordato agli analisti più attenti l’ultima spiaggia di Richard Nixon e che ha ricordato al pubblico l’immagine di Kennet Starr che indaga sul caso Clinton-Lewinsky.
La Clinton non è stata così forte come era nel primo dibattito, né forse così determinata.
Immaginava un Trump dimesso e in svantaggio per il calo dei consensi nel suo stesso elettorato, e non ha voluto affondare il colpo in attesa della replica di Trump sugli scandali sessuali del marito Bill. Particolarmente evidente è stato il passaggio in cui ha citato Michelle Obama, “quando lui abbassa il livello, tu innalzalo”, ma che ha evidenziato sostanzialmente una non risposta dell’ex first-lady.
Quanto alla sostanza delle cose dette, anche non essendo direttamente parte della politica e della società americana, il dibattito è stato farcito davvero da tantissime balle. Opinione riscontrata anche dal titolo del resoconto di factcheck.org – sito indipendente che “verifica le affermazioni nei dibattiti pubblici americani” che ha affermato letteralmente: Abbiamo trovato una montagna di dichiarazioni false e fuorvianti.
Il Wall Street Journal ha affermato che Trump “ha trovato il suo passo”. Il New York Times ha detto affermato che Trump era migliore di quanto non fosse nel primo dibattito e che la Clinton peggiore, ma non ha dichiarato un vincitore.
Un sondaggio della CNN ha rivelato che il 57 per cento degli intervistati ha consegnato il dibattito a Clinton e solo il 34 per cento ha dichiarato Trump vincitore. I bookmakers – vero autorevole player dei sondaggi elettorali – non sono mai stati così certi che la Clinton vincerà le elezioni, aumentando la loro previsione ad una probabilità dell’87 per cento dall’80 di pochi giorni fa.
Come tutti gli show, a quanto pare, anche la campagna per le elezioni presidenziali Usa2016 si deciderà all’ultimo dibattito, a due settimane dal voto, salvo assoluti colpi di scena.
Vanno però segnalate due curiosità.
La prima è la base elettorale: la Clinton con il suo richiamo all’essere uniti cerca – ovviamente – di espandere il suo elettorato a quei repubblicani moderati che non disdegnano una collaborazione tra i due partiti nelle scelte centrali del governo del paese.
Trump, che ha in parte perso l’appoggio repubblicano, e che ha visto lo spettro di una richiesta di ritiro – che dopo il dibattito è poco probabile che ci sarà – ha richiamato più volte l’attenzione su uno zoccolo duro personale, quei 25milioni di follower che lo seguono sui social: un patrimonio suo, personale, che sbaraglia ogni repubblicano candidabile.
La seconda è un articolo fatto davvero molto bene pubblicato dal Washington Post, una sorta di “guida al linguaggio del corpo” durante i dibattiti elettorali, che integra le molte cose scritte e valutate dagli analisti ed offre qualche elemento in più – utile anche per noi e per la politica di casa nostra, nell’osservare i politici mentre cercano di guadagnarsi il consenso attraverso lo strumento televisivo.