Qui il profilo di 3 tra i più noti serial killer della storia, un percorso di paura e infinite domande
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Quasi tutte le religioni affermano che dentro ogni essere umano alberga un lato maligno ed uno benevolo, pensiamo alla caduta degli angeli nel Cristianesimo, i buoni rimango in Cielo e gli assetati di potere cadono sulla Terra, coloro i quali avrebbero voluto usurpare il trono del Signore.
La psicanalisi è d’accordo ed esplica il concetto attraverso l’esempio di un romanzo popolare che è diventato un modo di dire: “Lo strano caso del dottor Jekyll e di mister Hyde”; la letteratura esprime il suo parere con un romanzo piuttosto significativo: “Uno, nessuno e centomila” di Pirandello, il teatro che è la vita e gli infiniti ruoli che interpretiamo. Un altro che tocca il tema dell’omosessualità prima e dopo la consapevolezza acquisita è “Confessioni di una maschera” di Yukio Mishima, lo scrittore che lotta per la scoperta della sua vera natura, tra menzogne, risvegli, torture interiori. Mishima morirà suicida.
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Il tema della maschera, della finzione, nasce con la nascita dell’uomo; quanti di noi portano dentro di sé delle ombre che nascondono socialmente, quanti vestono panni che non sono i loro per farsi accettare, quanti fingono felicità per paura della solitudine, quanti reprimo i propri impulsi? Ma l’istinto molto spesso prevale sulla ragione, perchè in fondo siamo bestie, chi più, chi meno intelligente di altri, ma guidati anche da impulsi, che gareggiano tra ragione e follia, apatia e socievolezza, violenza e gentilezza, ombra e luce. Quando la lancetta della bilancia si rompe, ecco nascere un killer, o un santo. Oggi parliamo dei killer, i santi non vogliamo disturbarli.
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TED BUNDY
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Tra i più noti ricordiamo sicuramente Ted Bundy, il serial killer statunitense dotato del fascino del playboy e di una intelligenza superiore alla media, che gli permise di rimandare per tre volte la pena capitale difendendosi da sé durante il processo, ma che gli fece sfuggire un dettaglio importante che lo avrebbe incastrato per sempre: i morsi lasciati sul corpo di una delle 30 vittime assassinate. .
Non siamo qui a stilare il profilo psicologico di Ted Bundy né di altri assassini, esperti del settore ci hanno già pensato ovviamente, ma è interessante capire cosa spinge un uomo apparentemente innocuo all’omicidio, quali sono le cause di “trasformazione” di un individuo, quali i traumi ad esempio, come poterli individuare e come concepiscono il bene ed il male.
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Ted Bundy sorride alle donne prescelte, come un gentiluomo al bancone di un bar mentre le offre da bere, recita la parte del poliziotto o dell’uomo ingessato che ha bisogno di aiuto per caricare pesi sulla sua auto; il fascino lo aiuta, è magnetico, nessuna gli resiste; una volta portate in luoghi appartati, picchia le vittime, le uccide quasi sempre strangolandole, e talvolta stupra il cadavere anche dopo diversi giorni fino alla decomposizione del corpo.
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Ma cosa spinge un uomo di bell’aspetto, diventato promessa del Partito Repubblicano e studente di psicologia e legge a pieni voti, a nascondersi nel buio della notte per uccidere delle giovani studentesse bionde?
Per non dilungarci troppo nei fatti, Ted Bundy scopre tardi di essere figlio di padre anonimo e che la ragazza lui credeva fosse sua sorella, in realtà è sua madre. Questa menzogna tenutogli nascosta lo segnerà per sempre; i nonni che lo crescono come genitori sono, lui un tiranno violento razzista antisemita e anticattolico e lei una depressa sottoposta al vecchio metodo dell’elettroshock. Non un ambiente tranquillo se si aggiunge che la fidanzata di allora, nel periodo in cui Ted scopre la verità, lo abbandona. Saranno i suoi capelli scuri con la riga centrale, la corporatura esile e sottile e la sua giovane età, che Ted Bundy cercherà fino a quando potrà uccidere, una specie di “vendetta simbolica”.
Non una giustificazione alla crudeltà la situazione familiare, ma quasi certamente se quel nonno fosse stato amorevole, se entrambi i nonni avessero parlato con maturità e intelligenza a quel bambino così sensibile, forse, e diciamo forse, tutta quella rabbia repressa non si sarebbe trasformata in violenza priva di scrupoli ed empatia. Ma queste sono solo ipotesi, la mente umana è un universo ancora inesplorato.
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Su Youtube esistono numerosi filmati che documentano le mirabolanti arrampicate di Bundy in nome della sua difesa durante i processi, scene in cui vittime scampate alla sua furia sono ancora prigioniere del suo sguardo come delle giovani donzelle innamorate. Teatrale com’era, Bundy chiese la mano alla sua fidanzata chiamata a testimoniare, durante un processo; dalla stessa donna ebbe un figlio, ma tutte queste messe in scena non ebbero alcun appiglio alla decisione del giudice, che lo condanno’ alla sedia elettrica, nello stato della Florida. Un passo falso fu quello di reiterare le domande che lui stesso fece ai poliziotti presenti sul luogo del delitto, in cui chiedeva dettagli espliciti sulla posizione del cadavere e sulle ferite presenti, risposte che gli prolungavano lo stato di eccitamento provato al momento dell’omicidio.
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“E’ tragico per questa corte assistere a un tale spreco, penso alla capacità che lei ha mostrato in quest’aula, lei è un giovane brillante, avrebbe potuto essere un avvocato e sarei stato felice di vederla esercitare di fronte a me, ma ha sbagliato strada amico.” – le parole del giudice al momento della sentenza.
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LEONARDA CIANCIULLI, LA SAPONIFICATRICE DI CORREGGIO
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Un metodo bizzarro di una serial killer di sesso femminile è quello di Leonarda Cianciulli, meglio nota come “saponificatrice di Correggio”.
Nata da un abuso subìto dalla madre a fine ‘800, vive in condizioni di miseria e perde in tutto 13 figli, di cui 3 con aborto spontaneo e 10 appena nati, perdite che ricorderà per tutta la vita nei suoi incubi peggiori. Leonarda soffre di epilessia, tenta più volte il suicido ed è convinta che la madre le abbia cacciato una maledizione; il suo sostentamento arriva dai servizi di chiromanzia e astrologia. Se fosse vissuta ai tempi dell’Inquisizione sarebbe già stata bruciata viva come tutte le streghe, mentre allora, siamo nel 1939, la donna ha un solo desiderio: mantenere in vita il figlio maschio sopravvissuto, ad ogni costo, anche attraverso la magia, unico mezzo di una donna semianalfabeta, anche a costo del sacrificio umano.
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Alla cattura dirà “Non ho ucciso per odio o avidità, ma solo per amore di madre”.
Insomma una donna totalmente segnata dalla morte dei suoi piccoli, che sceglierà tre prede facili, delle vedove solite farsi leggere i tarocchi dalla Cianciulli, le ucciderà a colpi di ascia, fatte a pezzetti e sciolte nella soda caustica. Il sangue veniva raccolto e lasciato coagulare, fatto seccare al forno e poi mischiato a farina, cioccolato, latte, uova, margarina, e impastato per fare dei biscotti che venivano offerti al figlio per salvarlo dalla maledizione. Una delle vittime, dichiarò l’assassina, aveva la carne grassa e bianca, cosicchè il liquido raccolto, aggiunto a della colonia, venne bollito per essere trasformato in saponette cremose regalate a vicine e conoscenti.
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Gli esperti hanno dimostrato dai documenti originali che la donna soffriva di “disturbo istrionico e narcisistico di personalità con tratti sadici, schizoidi e paranoidi”, malattie mai curate che hanno lasciato la follia in libertà.
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Nel Museo criminologico di Roma, sono custoditi gli strumenti usati dalla Cianciulli e le foto delle vittime.
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JOHN WAYNE GACY
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John Wayne Gacy è il prototipo del vicino di casa americano, una grassezza alla McDonald’s, una generosità da grigliatore professionista, e una socievolezza ben esibita; inoltre, per aizzare lo stendardo della generosità, John Wayne Gacy faceva il pagliaccio negli ospedali per bambini malati, spettacoli comici in nome della bontà e molti di beneficienza. Se non bastasse, era un grande lavoratore, 16 ore al giorno sempre indaffarato, un piccolo imprenditore volenteroso nel settore della ristorazione e un buon padre di famiglia. Come può destar sospetti un soggetto del genere, con tutte le carte in regola? Eppure, questo simpatico grassoccio, nascondeva un terribile segreto. Gacy uccise 33 vittime, ragazzini tra i 15 e i 17, studenti universitari, giovani che prestavano servizio presso le sue attività. Coperto da un’ottima reputazione, Gacy attirava le vittime presso la sua abitazione, le ubriacava, abusava di loro sessualmente, le seviziava, per poi ucciderle e sotterrarle nella cantina e nel giardino accanto al barbecue.
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Dal primo omicidio Gacy capì che “non esisteva emozione più forte della morte”, che gli procurò un orgasmo completo e intenso. I primi segni di omosessualità li ebbe dopo il matrimonio, quando iniziarono le avance nei confronti dei colleghi, che ritrattava se questi reagivano con sdegno, e le prime aggressioni nei confronti del figlio di un suo amico, un quindicenne che obbligo’ ad una fellatio.
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Gacy da bambino, esattamente all’età di nove anni, fu molestato sessualmente da un amico di famiglia; il padre era un alcolizzato che passava il tempo a deriderlo per la sua obesità e i suoi modi effeminati, un uomo violento che lo puniva con la cintura di cuoio.
Come può sviluppare l’idea di amore un bambino che si sente dare dello stupido, che viene picchiato, che subisce un danno psicologico la cui grandezza è inspiegabile e indicibile e che lui stesso per la tenera età non può capire? E’ possibile riconoscere un potenziale serial killer? E in quel caso, a chi si può chiedere aiuto, se egli stesso non riconosce il problema? Come fermare la nascita del male? E’ utopia o aprendo gli occhi ci possiamo proteggere?
Se quell’ombra compare dentro di noi, esiste una categoria di medici disposti ad aiutarci, sono gli psichiatri; perchè una specie di pensieri che si insinuano nel sottostrato della nostra coscienza, quelli che Freud chiama “voci del desiderio”, quelli che si depositano in luogo fatti di ricordi rimossi e traumi, sono solo dormienti, non morti. E sono quelli più veri ma anche più pericolosi in certi casi.
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Nel 2003 il regista Clive Saunders ha girato il film “Gacy”, basato sulla storia vera del serial killer.