MADE IN ITALY: TRUFFE IN RETE

L’ “agropirateria” rischia di distruggere i prodotti alimentari made in Italy. Attuate nuove linee di difesa.

L’Italia rappresenta un vero e proprio modello da seguire quando si parla di prodotti alimentari di altissima qualità. Dai formaggi ai vini, dalle carni alla pasta e così via, in un lunghissimo elenco di prodotti che occupano i primi posti nella classifica dei cibi migliori a livello mondiale.

Ma, è consuetudine che il migliore sia imitato. Così avviene a scuola, nello sport, nel lavoro e, ovviamente, nel settore industriale legato agli alimenti.

Tutti cercano di creare prodotti simili a quelli propri del Bel Paese, prodotti di elevata qualità, legati ad una fortissima tradizione culinaria.

I prodotti italiani, in questo specifico caso quelli alimentari, fanno gola. Prodotti che garantisco un effettivo successo a livello commerciale.

Ecco che, quindi, tanti Paesi decidono di creare dal nulla, con prodotti di base di scarsa qualità, alimenti tipici della tradizione della nostra amata Italia.

Molti sorridono nel vedere, sugli scaffali dei negozi di ogni singolo angolo del Pianeta, prodotti “sottomarca” palesemente copiati dal made in Italy. Ma, invece, tutto ciò dovrebbe far rabbrividire.

La domanda sorge spontanea: come è possibile trovare, dall’altra parte dell’oceano, un Parmigiano (spacciato come prodotto italiano) a soli 20/25 euro al Kg?

Sono in tanti a conoscere la risposta, ma tutti sembrano far finta di niente.

Ovviamente, ci troviamo di fronte a prodotti di bassissima qualità, ottenuti, ad esempio nello specifico caso del Parmigiano, con ingredienti “eccezionalmente scadenti”. Poi, basterebbe guardare il luogo in cui tali prodotti, definiti come italiani, sono “creati”: ecco che, allora, si scoprono tante nuove cose. Ad esempio, quanti di voi sono a conoscenza del fatto che la Cina, il Brasile, la Lettonia e la Thailandia sono grandi Paesi produttori di un ottimo Parmigiano?

Non si smette mai di imparare.

Il problema, però, nella moderna società, che vive, si muove e si evolve solo attraverso la rete, ha assunto una rilevanza maggiore e molto più preoccupante.

Anche il più meno esperto internauta riuscirebbe, in pochi click a trovare ricette per creare, così come fanno i grandi ed esperti produttori italiani, un formaggio o un vino pregiato. Ovviamente, sempre italiano.

Non solo, basta fare un giro su diverse piattaforme, quali ad esempio eBay, Amazon, Alibaba, per entrare nel fatato mondo dei più prestigiosi prodotti made in Italy. Copiati, anzi, imitati nel peggior modo possibile.

Le quantità di prodotti, che quotidianamente vengono commercializzati online, ad esempio da siti come quelli prima citati, sono davvero impressionanti: prendendo in esame Alibaba.com, nel 2013 ha venduto merce per più di 200 miliardi di dollari. Cifre da capogiro.

Poi, basta schioccare le dita, o meglio, cliccare sul mouse, per far arrivare sugli scaffali dei negozi e sulle tavole di milioni di persone, tantissimi prodotti spacciati per italiani, ma che di italiano non hanno un bel niente.

Cosa significa tutto questo?

Prima di tutto vengono commercializzati prodotti di bassissima qualità, e questo non fa altro che danneggiare enormemente e spudoratamente il vero prodotto made in Italy. Il marchio italiano è preso e letteralmente messo sotto i piedi.

Tradotto in termini economici, quanto appena detto, ci costa circa 300mila posti di lavoro.

I finti prodotti, commercializzati in rete, stanno letteralmente distruggendo la nostra industria alimentare e, allo stesso tempo, hanno avviato un processo di annientamento della “sana e vera cultura del buon cibo”.

Il ministro alle Politiche agricole Maurizio Martina ha affermato, senza troppi giri di parole, che “l’agropirateria di ultima generazione” sta letteralmente ingannando i consumatori di tutto il mondo. Due prodotti italiani su tre, commercializzati online, sono il risultato dei questa terribile piaga.

Tirando le somme, internet con il suo semplice e, aggiungerei, ingannevole commercio non sta facendo altro che danneggiare i nostri migliori prodotti.

Un commercio spietato da fermare assolutamente e al più presto: basta mangiare finto Parmigiano, ottenuto con polveri di chissà quale natura, basta mettere sui nostri piatti dell’aceto balsamico “thailandese di Modena”, basta alla vendita dei “super kit” per produrre Barolo, Brunello e Chianti in casa. Stop ai prodotticybertarocchi!

L’Italia ha deciso di passare all’attacco, per proteggere l’Italian food, quello vero.

Il ministro Martina è riuscito a portare il brand geografico (Doc, Dop e Igp) ad un livello superiore.

Che cosa significa? Il brand geografico godrà dello stesso livello di tutela propria dei marchi privati delle grandi aziende internazionali. Anche il “Mipaaf” (Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali) avrà gli stessi diritti di tutela e protezione del proprio marchio, come ad esempio Nike, Armani, Apple e tanti altri.

Un traguardo importantissimo che si è tradotto in continue segnalazioni sulle diverse piattaforme di vendita e sulla rapida rimozione dei prodotti tarocco in commercio.

I quantitativi di merce tolta dal commercio si traduco in numeri esorbitanti, che fanno ben sperare.

Ma, il nostro governo ha deciso, oltre che tutelarsi attraverso le procedure appena descritte, di passare anche all’attacco: un diretto destro da 68 milioni di euro, stanziati per promuovere il buon cibo italiano all’estero.

L’Italia comincia a volare su di un magico tappeto fatto di fibre di ottimismo.

Il Buon Cibo non si può imitare, si deve solo gustare.

Francesco Iandola; Miriam De Nicolo; Max Papeschi