Erasmus once, Erasmus forever è il motto dei ragazzi che ogni anno, carichi di sogni e aspettative, attraversano l’Europa per studiare in un Paese diverso dal proprio. Le studentesse le cui vite sono state spezzate nell’incidente in Spagna di ieri non erano diverse dalle altre: 13 ragazze che studiavano materie diverse, che provenivano da posti diversi e avevano diversi obiettivi per il proprio futuro. Tutte, però, erano accomunate dal desiderio di esplorare posti lontani, conoscere nuovi amici e nuovi amori, allargare i propri orizzonti lavorativi e umani. Così, oltre allo studio e agli stage, si dedicavano con gioia alla scoperta di tradizioni e feste spagnole. All’alba di ieri stavano tornando a Barcellona dopo una gita a Valencia per la Notte dei Fuochi della Fiesta de las Fallas. Erano circa 300 su 5 autobus, e molti di loro avevano cambiato mezzo rispetto all’andata per viaggiare accanto agli amici. Stavano dormendo, stremate dalla nottata di festa, quando il pullman si è schiantato contro un’auto sull’autostrada Valencia-Barcellona.
Nonostante sul web la condanna sia stata già emanata (“Alle volte l’autista si sente un pilota invincibile e fa manovre un po’ azzardate…Poi l’euforia di un pullman pieno di ragazze fa uscire il galletto pronto a mettersi in mostra” si legge in uno dei tanti commenti su facebook) le cause dell’incidente non sono ancora chiare. Quel che è certo è che i cuori di 13 ragazze, tra cui 7 studentesse italiane, hanno smesso di battere in quell’orribile incidente in Spagna ma molti altri sogni sono stati spezzati ieri mattina. Tutti i ragazzi che viaggiavano su quel bus Erasmus hanno vissuto attimi di terrore, 34 di loro sono feriti, di cui 12 in maniera grave o molto grave. Si sono infrante le speranze delle loro famiglie, che non vedranno quelle 13 ragazze correre gioiose verso il futuro, studiare, crescere, diventare grandi, affrontare paure e sbagli, successi e traguardi. Si è infranto, in effetti, il cuore di tutti coloro che ne possiedono uno. Valentina, studentessa di Economia di 22 anni, è stata la prima vittima riconosciuta e quando si è diffusa la notizia, ogni studentessa italiana ha pensato che avrebbe potuto esserci lei al suo posto. E quando il padre di Serena ha annunciato tra i singhiozzi “E’ morta… mia figlia è morta…“, ogni padre ha sentito il cuore farsi un po’ più piccolo e riempirsi di un dolore sordo e inspiegabile. E allora oggi, invece di giocare a chi ha la colpa, è il caso solo di sperare che la terra sia lieve a queste ragazze curiose del mondo ed entusiaste della vita, ed essere vicini alle loro famiglie distrutte dal dolore.