Siamo in periodo di elezioni amministrative, più o meno in tutta Italia.
Spesso, troppo spesso, questo tipo elezioni finiscono con l’essere eccessivamente politicizzate: sia dai candidati, che nella nuova fase politica vedono in queste occasioni elettorali un trampolino di lancio per la politica nazionale, sia dai partiti, che dalla conta dei seggi e delle città conquistate fanno discendere analisi sul consenso nazionale.
Uscendo da queste logiche – sia come cittadini, sia dal punto di vista di commentatori, giornalisti, comunicatori e politici – dovremmo invece ricordare alcune caratteristiche fondamentali, quantomeno per il bene comune.
Intanto siamo chiamati a scegliere gli amministratori delle nostre comunità locali, più o meno grandi, e in questa scelta – che compete tutti noi come cittadini elettori – dovremmo tenere esclusivamente conto di alcune cose: la storia personale e la capacità amministrativa del candidato sindaco, la sua squadra di governo, il fatto che non dovrà decidere di grandi temi generali, ma sarà chiamato ad amministrare strade, trasporti, scuole, rifiuti, parcheggi, traffico, turismo, commercio etc. Una capacità amministrativa concreta che determinerà la qualità della nostra vita quotidiana, e che non si inventa da un giorno all’altro e che non è fatta di slogan più o meno accattivanti.
Scegliere un sindaco per antipolitica, per sola ideologia, per simpatia, è certamente possibile, ma concretamente viene da chiedersi quanto sia utile.
Una cosa buona sarebbe per esempio chiedere ai candidati quali sarebbero in caso di vittoria il loro assessori, perché è chiaro che nessuno governa ed amministra da solo, e bene sarebbe che a questa richiesta i candidati rispondessero, e che anche su questo parametro venissero valutati.
Alcune volte gli assessori vengono scelti tra i consiglieri eletti, altre tra tecnici o personalità vicine al sindaco. Ma in molti casi ce li ritroviamo dopo, scelti da nessuno, e responsabili di molto. Forse saperlo prima darebbe al voto dei cittadini una maggiore consapevolezza, e quindi anche una maggiore responsabilità personale a ciascuno di noi.
Altra cosa veramente buona sarebbe che chiedessimo – e che loro rispondessero – della copertura economica di ogni iniziativa proposta. Perché poi ci lamentiamo sempre di programmi fumosi e mai realizzati, senza porci noi per primi il problema di “credere a progetti irrealizzabili”.
Nulla è impossibile, e le nostre città hanno immense risorse umane su cui puntare e investire e tanti sprechi da tagliare e da cui ricavare risorse, ma sarebbe bel sapere quali prima, e non ricevere sempre le solite risposte dopo, quali ad esempio “abbiamo ereditato un disastro dall’amministrazione precedente” o “abbiamo trovato altre priorità inderogabili”, ad esempio.
Del resto, quando nelle nostre case decidiamo per un acquisto, ci poniamo il problema del “dove reperiamo i soldi” e come pagheremo il bene che desideriamo, perché non porre lo stesso metodo nelle amministrazioni pubbliche?
Alcuni sindaci si propongono per un secondo mandato.
Non è un bene né un male e di certo grandi progetti non si realizzano in poco tempo. Sarebbe anche in questo caso un bene prendere i vecchi programmi elettorali e chiedere conto, punto per punto, delle cose fatte e non fatte, del come e del perché.
Soprattutto paragonare vecchi e nuovi programmi e chiedere il come oggi ci si propone di realizzare qualcosa che non è stato realizzato prima.
Possono sembrare considerazioni banali, ma lo sono meno se pensiamo che dobbiamo entrare – tutti – in una logica politica nuova, che passa dalla consapevolezza.
Partire da questi punti e da queste domande e da queste risposte farebbe si che domani non possino dire “non sapevo, non immaginavo, non sono responsabile”. Sia noi sia i nuovi o riconfermati amministratori, cui va comunque e a prescindere il mio personale augurio “di far bene”.
Perché al di là del colore politico, se faranno bene, sarà un vantaggio utile per tutti.