EXPO 2015 Viaggio pedagogico intorno al cibo

I figli dipendono per lungo tempo dai genitori. Ciò influisce sull’educazione alimentare dei piccoli, ma i gusti e le scelte giovanili condizionano anche il mondo degli adulti.

Non tutto ciò che siamo in grado di mangiare viene mangiato. È necessaria la ricerca di un equilibrio.


Anche nell’educazione dei bambini il simbolo del pane è molto importante. Forse oggi lo è un po’ di meno nella società consumistica e sempre più abituata al fast food, ma fino a pochi anni fa si baciava il pezzo di pane che cadeva a terra: era ritenuto un oggetto sacro, fonte di vita. Il semplice fatto che questa abitudine oggi è scomparsa ci fa capire che nella nostra alimentazione i condizionamenti sociali e culturali sono molto importanti. Inoltre c’è una grande massa d’informazioni, non sempre corrette o non sempre adatte a tutti gli organismi, alle quali facciamo ricorso nella speranza di trovare un buon orientamento per la vita.


Oggi esiste una vera e propria scienza dell’alimentazione, formata da tre parti:

a. la fisiologia dell’alimentazione: lo studio dei meccanismi e dei processi mediante i quali i fattori nutritivi dei cibi vengono modificati e usati dall’organismo;

b. la fisiopatologia dell’alimentazione: lo studio delle alterazioni e dei disturbi della nutrizione, le insufficienze caloriche, gli squilibri fra i componenti dell’alimentazione;

c. la dietetica clinica: lo studio delle leggi generali dell’alimentazione dell’uomo malato, indicazioni e controindicazioni.


Prendiamo un esempio frequente nella società occidentale, quello dell’eccesso alimentare: vediamo che si produce una perturbazione metabolica, alla quale fa seguito l’obesità, l’aumento del colesterolo, le alterazioni della glicemia e l’ipertensione arteriosa. Ma sono state identificate molte altre relazioni tra la cattiva alimentazione e la patologia: mancanza di vitamine, comparsa dell’anemia, deficienze di accrescimento e di sviluppo dei bambini, diabete, gotta, epatiti croniche e così via.

L’educazione dovrà concentrarsi soprattutto nella prevenzione. Infatti oggi il cibo, se in molte zone della terra scarseggia, nel mondo occidentale è sovrabbondante rispetto al necessario. In questo ambiente sviluppato, negli ultimi anni si sono manifestate soprattutto due tipi di disturbi legati all’alimentazione: l’anoressia e la bulimia.


La prima si presenta come una perdita di peso dovuta alla volontà e come rifiuto di assumere cibi nella quantità sufficiente. In questa scelta molto importante è l’aspetto psicologico, per cui si evidenzia una distorsione dell’immagine corporea, la paura di ingrassare, la depressione dell’umore, insonnia, aggressività, isolamento sociale, scarsa capacità di concentrazione. Il sottopeso e le conseguenze negative sono immediatamente percepibili. Si può giungere perfino alla morte, qualche volta anche per suicidio: sembra, infatti, che l’anoressia sia la seconda causa di mortalità negli adolescenti dopo la tossicodipendenza.


La bulimia, invece, ha il percorso inverso: il paziente assume una grande quantità di cibo in un tempo molto breve. Ci troviamo in presenza di una totale perdita di autocontrollo, perché il soggetto interessato avverte di non essere capace di fermarsi né di scegliere tra i vari cibi. Egli inoltre prova un senso di vergogna.

Ci sono naturalmente anche altre patologie legate all’alimentazione o alla dieta. Un notevole influsso sembra che venga esercitato dai mass-media, che propongono continuamente modelli non facilmente eguagliabili oppure tipi di diete che promettono benessere immediato e permanente.


È necessario attivare una vera educazione alimentare. Infatti non basta la terapia farmacologia, ma occorre cambiare i nostri comportamenti se essi risultano dannosi per l’organismo. La ricerca di uno stile di vita sano e corretto è la migliore prevenzione e la migliore cura dei disturbi legati all’alimentazione; ma essa richiede una buona motivazione e una certa perseveranza.

La terapia dietetica va regolata sulla massa corporea, sull’entità del soprappeso e su eventuali complicanze che ogni paziente può presentare. Lo scopo fondamentale di ogni dieta è quello di ridurre l’apporto calorico rispetto al fabbisogno quotidiano. Ciò si ottiene con il consumo di latte e yogurt, carni magre, pesce e legumi (che hanno contenuto proteico), cereali e frutta (per i carboidrati), verdure, acqua e fibre; sono da sconsigliarsi le bevande alcoliche e quelle zuccherate, come pure vanno evitate quelle diete che escludono per lunghi periodi alcuni tipi di alimenti, come le diete a base di sola verdura o solo frutta, ecc.


In definitiva, un’alimentazione sana deve essere:

a. varia: orientata a soddisfare tutte le esigenze nutrizionali dell’organismo;

b. moderata: non esagerata nella quantità;

c. completa: soddisfare anche il gusto;

d. nutriente: facilitare l’assimilazione.

Occorre mettere insieme i cibi, abbinandoli tra loro e diversificando le scelte.

Va tenuto presente anche una constatazione elementare: il mangiare non è un’azione staccata dalla vita; perciò va collegata con le altre attività, fra le quali è di grande importanza l’attività motoria, ed è opportuno ripartire il fabbisogno energetico in tutto l’arco della giornata.


Una giusta educazione prende atto dei principali errori alimentari dei ragazzi (e, purtroppo, anche degli adulti, che poi li trasmettono ai ragazzi): c’è un eccesso di calorie rispetto al consumo energetico, molte volte si salta la prima colazione, non si ripartiscono bene i tempi così che ci sono troppi momenti vuoti e altri pieni di eccessi, ci si abitua a consumare disordinatamente merendine e patatine anche senza sentirne il bisogno, si diffonde l’uso di bevande troppo ricche di zuccheri e anche di bevande alcoliche, si svolge una vita troppo sedentaria e lontana da spazi all’aria aperta.

È chiaro che qualsiasi intervento pedagogico non deve essere portatore di ansie e di preoccupazioni, ma deve tendere a un risultato da conseguire in un clima sereno e collaborativo. A tal fine può essere utile coinvolgere i ragazzi nel fare la spesa, nel preparare i cibi e apparecchiare la tavola e così via. La cosa più importante è che i ragazzi non associno l’idea di assunzione del cibo con quella di tensione psicologica.

Francesco Iandola; Miriam De Nicolo; Max Papeschi