L’ODORE DELL’AMORE
Conseguire il successo o rincorrere i soldi non erano mai state le sue priorità anche se, agli occhi del mondo, Laura Elena Formica appariva come una delle donne manager più capaci e di successo. A maggior ragione, la sua posizione di leader aziendale nel settore petrolifero assumeva ancor più valore per via della diffusa misoginia dell’ambiente. Avendo comunque preferito la carriera di analista e poi dirigente, sino al ruolo di CEO, tra le fila di un’impresa operante negli idrocarburi, Laura Elena Formica non trovò mai il tempo (e nemmeno l’utilità) per l’amore.
La sua vita privata?
Poche cose: alcuni hobby (collezionare puffi, bere buon vino, seguire corsi di pilates), zero relazioni con parenti o amici, accumulare dati statistici, suddividere ogni cosa apparentemente astratta in percentuali concrete e soprattutto praticare molto sesso.
Era assuefatta al sesso come alla puzza di naftalene.
Consumava sesso occasionale con la semplicità con cui si ordina sushi d’asporto, e tra quegli uramaki, di pochi convenevoli e riso scotto, neanche una volta la foglia interna di alga nori le sembrò qualcosa di diverso da una alga: in quel cibo consueto mancava il sapore del mare, il profumo delle onde. Non trovava nessun godimento tra i semi di sesamo nero o bianco o le uova di pesce volante, nulla che potesse appagarla meglio o di più di un pc, un sex toy e la roca voce di velluto di Dean Martin.
Ogni giorno, persino dopo il sushi, le canzoni di Dino Crocetti e i video di giovani ragazze senza soldi alla ricerca di un modo per pagare il taxi erano il suo rito per rilassarsi: un segreto tra lei e il suo provider.
E poi, le tragiche esperienze con “quelli del lavoro”, un paio di faccendieri suoi sottoposti: il primo, nonostante la spavalderia, un succube che soffriva di una forma congenita di “pene sepolto” e si faceva frustare con stringhe di liquirizia lunghe un metro prodotte in edizione limitata da un parco giochi; il secondo, un inetto che le fece tenerezza solo per quella sfumatura di biondo che le ricordava Arturo, il suo defunto golden retriever.
Quando ormai tutto le sembrava prevedibile, per non dire banale, incontrò Birger, Birger Olsen: un operatore norvegese (di una compagnia petrolifera affiliata) “Responsabile della sicurezza e Valutatore degli impianti offshore e della felicità di Laura”.
I capelli di Birger erano densi e viscosi di colore cangiante da giallo a bruno scuro, gli occhi neri avevano una leggera fluorescenza da verde ad azzurra e infine l’odore che emanava era liquido, tangibile, dissetante e conteneva disciolte infinite sfumature gassose e piccole punte acute ossigenate, solforate, azotate.
Fecero l’amore.
Laura si sentì per la prima volta un giacimento pronto a esplodere sino alla superfice. Il corpo di Birger si muoveva fluidamente: un fisico grassoccio ma rigido allo stesso tempo, come un minerale di gomma sagomato e sagomabile “su misura”.
Birger penetrò ogni falda del corpo di Laura, a variabili profondità: perfino di chilometri, se la misurazione avesse potuto comprendere gli spazi tra la sua anima e il piacere, oltre… e infinitamente distante dalla carne.
Laura Elena Formica in cuor suo, da sempre, sperava di incontrare quell’uomo, quell’amore: lo sentiva, lo immaginava, lo sognava… Ma si rese conto immediatamente, con sgomento e razionalità, che due solitari come loro avrebbero potuto vivere insieme esclusivamente nella prospettiva di continuare a essere soli.
Si salutarono, si promisero di rimanere in contatto, di rivedersi, e tuttavia di scriversi. Ma non accadde.
E quando pensa all’amore, ormai trascorsi tre anni da quell’amplesso, ancora oggi Laura si ricorda ogni istante trascorso con Birger. Rammenta tutto, addirittura i dettagli più piccoli e scabrosi: l’onicomicosi sull’unghia dell’alluce destro, i peli sottili sopra l’ombelico, il sapore dello sperma dal gusto di vaniglia per lo 0,01%, di ananas per lo 0,2% e di kebab per lo 0,12%, per il resto… sapeva di fiordo.
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In qualche tempo, un giorno come tanti della vita di Laura, un uramaki, conosciuto in uno speed date, cinicamente le chiese se fosse mai stata innamorata.
Sorseggiando un merlot con un taglio del 10% di cabernet sauvignon, lei rispose:
“Una volta! Una volta soltanto. Ma erano onde e profumavano di istanti, al cento per cento.”
(immagine di copertina Cary Grant e Ingrid Bergman)