“Essenziale nardo e nasi” – L’odore della Pasqua

L’ODORE DELLA PASQUA

Quanti giorni santi ci sono nella settimana prima di Pasqua?

Escludendo la domenica, direi sei.

E di cosa profumano?

Probabilmente nessun giorno avrebbe odore di cioccolato, e nemmeno di balsami e unguenti e lenzuola di lino e sangue rappreso e resurrezione. 

Neanche un uomo, ai giorni nostri, passa dalla morte alla vita: per quante uova possiamo schiudere, non troveremo mai un nostro defunto resuscitato.

Forse la morte odora di un’altra vita? Non lo so, non ho ancora provato. 

Di sicuro c’è una Pasqua di questi tempi…C’è un popolo che “passa oltre”: senza il sangue di un agnello per segnare le porte delle loro case e sottrarre alla morte ogni figlio primogenito, senza pane azzimo o acqua di mare che si apra creando un varco, verso la fine della schiavitù.

Dunque, che odore hanno i giorni santi prima di Pasqua? 

Lunedì.

Bohdan ha un orsacchiotto. Lo ha portato da casa, prima delle bombe. Ci ha camminato insieme, tenendolo per una zampa morbida di peluche. Dopo due giorni di viaggio, Bohdan è stanco, i piedi si impantanano nei campi e l’orsetto Tommy gli cade in un acquitrino, ma la mamma lo pulisce e Bohdan smette di piangere. Poi la mamma è morta, ma Bohdan ha continuato a camminare, seguendo un gruppo di estranei anch’essi sporchi di fango e terrore. Era lunedì, l’aria odorava d’erba e letame e la mano sinistra di Bohdan profumava ancora… di mamma.

Martedì.

Alisa viveva al buio da dieci giorni: rinchiusa nello scantinato di una scuola, con altre dieci famiglie: trentasette persone in diciotto metri quadri. Era uscita per fare pipì; alcuni di quelli coatti, ormai, per la paura di montare le scale sino al primo piano, se la facevano addosso. Al primo piano c’era un unico secchio che chi riempiva aveva l’onere anche di svuotare dalla finestra. Alisa non mangiava da quattro giorni, e non defecava da almeno due. Si abbassò con un unico gesto i leggings e le mutande, si chinò, piegò le gambe evitando di toccare il secchio con la pelle, infine alzò lo sguardo e vide il soldato. Era martedì, l’aria odorava di sudore e sperma e il banco scolastico sul quale la stesero profumava ancora di gomma da cancellare.

Mercoledì.

Denys era riuscito a mettere in moto l’auto. Fumo, parole russe, uomini legati in ginocchio, donne in lacrime, la strada, agitazione, la strada, la strada… Sul ciglio vide un bambino barcollante, correva lungo l’asfalto. Gli gridò di salire a bordo, ma il suo urlo fu investito da un proiettile perforante sparato da un carro armato. Era mercoledì, l’aria odorava di pioggia e carne bruciata e i sedili smisero di profumare di pelle nuova.

Giovedì.

Sacchi neri. Plastica… Autolisi, gonfiore, decadimento, putrescina. L’odore di quella fossa comune è di naftalina, scatolo, zolfo e indolo. Si asciuga la fronte Alexey, spostando il berretto, e s’accorge che l’esalazione della polvere argillosa alzata dalla pala non gli è mai sembrata così poco umana, così ostile e ammalata. Se quella sensazione olfattiva avesse una voce sussurrerebbe: “Aiuto!”, come se la terra stessa avesse divorato l’essenza della vita e volesse vomitarla fuori.

Venerdì.

La minestra saltata per aria. Era di verdure (poche) e patate a pezzi. Iryna stava cucinando all’aperto, una zuppa dopo tanti giorni. C’era lei e c’erano altre donne: dentro un pentolone, giravano con un mestolo la loro voglia di sopravvivere, accanto alla chiesa piena di torture e cadaveri. Poi l’odore della cipolla divenne acre, sapeva di pesce marcio quel Venerdì Santo, e faceva caldo, più del fuoco sotto la pignatta. E piovve fosforo infiammato giù dal cielo e poi tutto fu diverso: a pezzi anche quello, come le patate.

Sabato.

Non serve l’abito per la festa. Tutto finisce presto, con la comunione e la remissione di tutti i peccati.

Un colpo in testa. E il piombo attraversa il tuo cranio, il tuo cervello e ogni perché sei stato vivo sino a quell’istante. Odore di mandorla amara. Mi chiamavo Roman. Amen.

Domenica.

“Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi.”

E il giorno dopo, qualcuno, prima morto, rimase morto. 

Ma tutti i vivi si alzarono ancora, perché il coraggio di stare (e restare) liberi ha sempre avuto poteri di resurrezione non eguagliati da nessuna fede: chi viene dalle fosse conosce la morte e conosce la vita, e ha smesso di temerle entrambe, chi viene dalle fosse non ha più catene né mai le avrà.

Chi viene dalle fosse è in pace. Chi viene delle fosse siede alla destra del Padre.

Dipinto olio su tela CARA_PACE di Angelo Orazio Pregoni

(in copertina Le tavole della Divina Commedia)

Francesco Iandola; Miriam De Nicolo; Max Papeschi