Nel 1968, dopo il fallimento della Primavera di Praga sotto l’avanzata dei carri armati sovietici, un giornalista occidentale chiese a un cittadino ceco: «Per voi i russi cosa sono?». Il giornalista si aspettava una serie di parolacce, quali «despoti, tiranni, dittatori» e via imprecando. Invece il ceco candidamente rispose: «Sono dei fratelli» e per lo stupito interlocutore aggiunse la spiegazione: «Infatti i fratelli non si possono scegliere!».
Questa barzelletta, come ogni storiella, nasconde una grande verità: al di là della contingenza storica che un giovane di oggi forse neppure conosce, si impone il grande valore che «i fratelli non si possono scegliere». Essi, infatti, ci vengono dati dai genitori e consegnati alla nostra cura, come noi veniamo affidati alla loro.
Anche quando il concetto di fratellanza si amplia e assume significati metaforici e simbolici, questo aspetto non viene meno. Se, ad esempio, nell’ottica cristiana si parla di «fratelli», ciò significa che il credente dovrà accogliere tutti perché tutte le persone gli sono state affidate da Dio; oppure la fratellanza umanistica e illuministica esprime tale concetto evidenziando come tutti apparteniamo ad un’unica «famiglia» umana, cioè a qualcosa che precede i singoli e le scelte che essi possano compiere nella loro vita; oggi di grande attualità appare l’esperienza della «fraternità musulmana», che sottintende una condivisione religioso-politica a prescindere da eventuali sfumature, come quelle che si stanno verificando in questi anni nella politica interna ed estera di tanti paesi del Medio Oriente.
Il sentimento che unisce i fratelli è l’affetto. Esso è un tipo di amore.
Gli altri tipi principali sono l’eros e l’amicizia.
Ora, tutte e tre queste esperienze convergono nel fatto che, appunto, sono amore. E amore significa benevolenza, cioè voler bene. E voler bene significa volere «il» bene di qualcosa o di qualcuno. Se, ad esempio, io amo la mia patria, desidero il suo bene; così pure, se amo la mia squadra del cuore, desidero che vinca il campionato o che, almeno, non sia declassata nelle serie inferiori.
Naturalmente, nella concretezza della vita, l’amore, nelle sue varie forme, è una mescolanza di energie centripete ed energie centrifughe, di bisogno e di dono, di egoismo e altruismo. La realtà, cioè lo stimolo esterno, arriva alla nostra coscienza e stimola in noi non solo una conoscenza, ma anche una reazione emotiva, cioè una risonanza immediata alle sollecitazioni. L’individuo si adatta alla realtà, elaborando una risposta sempre più strutturata.
La costruzione della personalità si articola, dunque, non solo in base ad un quadro teorico di valori conosciuti, ma anche (e forse soprattutto) grazie ad un intreccio di sentimenti che si sviluppano dalla sfera istintiva a quella emotiva. Si genera, così, un dinamismo formato da simpatia, accoglienza, tenerezza, attenzione, protezione, impegno, intimità, completamento e arricchimento personale, esigenza di donazione, che supera l’indifferenza, modera l’aggressività e contribuisce fortemente alla maturazione psicologica.
Il sentimento di amore che s’instaura tra fratelli, dicevamo, è l’affetto. Esso consiste, anzitutto, nell’esperienza della familiarità, cioè nel ritmo di scambi poco esigenti, quasi «dati per scontati», che si colorano di semplicità, di umiltà, di quotidianità. È un sentimento eterogeneo, cioè tiene poco conto delle differenziazioni sessuali, e tendenzialmente universale, cioè si orienta non solo verso i parenti, ma anche verso persone con cui si entra in rapporto più o meno occasionale, senza che si stabiliscano particolari attese o richieste.