Cecenia, omosessuali nei campi di concentramento: sottoposti a torture e ricatti

In Cecenia alcune ex caserme militari sarebbero state riconvertite in veri e propri campi di concentramento in cui almeno un centinaio di omosessuali sarebbero stati rinchiusi, torturati e ricattati. A raccontarlo è stato il giornale  Novaya Gazeta, che lo scorso 1 aprile ha pubblicato un’inchiesta sulla vicenda. Nella repubblica russa della Cecenia, controllata dal 2007 dalla dittatura di Ramzan Kadyrov, l’omofobia è diffusa a livelli allarmanti, tanto che diverse ONG documentano da anni sequestri, arresti e abusi contro cittadini omosessuali. La nuova ondata di agghiaccianti torture sembra essere iniziata quando un gruppo di attivisti che fa riferimento al sito GayRussia.ru ha chiesto alcuni permessi per organizzare delle parate dell’orgoglio LGBT in quattro città. L’obiettivo dell’associazione, sicura di non ottenere i permessi, era proprio quello di denunciare il rifiuto alla Corte Europea per i Diritti Umani di Strasburgo. Il solo fatto di aver inviato le richieste, però, ha scatenato una controffensiva durissima: Vladimir Putin avrebbe chiesto ai leader locali di inasprire la discriminazione nei confronti degli omosessuali.


La situazione più drammatica è proprio quella della Cecenia, in cui sono stati creati veri e propri campi di concentramento. Un centinaio uomini tra i 16 e i 50 anni sarebbero stati arrestati per «il loro – presunto o accertato – orientamento sessuale non tradizionale», racconta l’inchiesta di Novaya Gazeta, sequestrati e sottoposti a torture e umiliazioni. Il portavoce del presidente Ramzan Kadyrov ha liquidato l’inchiesta come un pesce d’aprile, dichiarando «Non puoi arrestare o reprimere persone che semplicemente non esistono nella repubblica. Se queste persone esistessero in Cecenia, le forze dell’ordine non dovrebbero preoccuparsi perché le loro stesse famiglie li manderebbero in luoghi da cui non potrebbero più tornare». Human Rights Watch ha però raccolto diverse testimonianze di uomini sequestrati e torturati, pubblicate nei giorni scorsi in un nuovo articolo su Novaya Gazeta e poi su tutti i maggiori quotidiani del mondo, dal New York Times al Guardian. «Diverse volte al giorno ci portavano fuori e ci picchiavano – ha raccontato un uomo che è riuscito a scappare – Ci colpivano sempre sotto la vita, sulle cosce, le natiche e i genitali. Ci dicevano che eravamo peggio degli animali e che non avevamo più diritti». Altre testimonianze raccontano di torture e percosse nei campi di concentramento, di uomini umiliati davanti alle proprie famiglie e poi rilasciati perché i parenti li uccidessero. «Suo zio lo ha ucciso – racconta un uomo che è scappato all’estero a proposito di un amico – Lo so per certo. Aveva 20 o 21 anni»

Francesco Iandola; Miriam De Nicolo; Max Papeschi