Joseph Campbell, storico delle religioni e saggista, indica questo pensiero:
“Credo sia stato Cicerone a dire che, quando entriamo in un grande bosco avvertiamo la presenza di una divinità. Ci sono boschi sacri ovunque. […] Credo che questa sensazione della presenza della creazione sia un sentimento fondamentale dell’uomo.“
E come lui ricordiamo quanto altri grandi pensatori hanno tentato, nei secoli, di spiegare questo legame così forte, impalpabile, radicato, tra uomo e natura, Jung, Tolstoj che ne “La felicità domestica” scrive:
“Ho vissuto molto, e ora credo di aver trovato cosa occorra per essere felici: una vita tranquilla, appartata, in campagna. Con la possibilità di essere utile con le persone che si lasciano aiutare, e che non sono abituate a ricevere. E un lavoro che si spera possa essere di una qualche utilità; e poi riposo, natura, libri, musica, amore per il prossimo. Questa è la mia idea di felicità. E poi, al di sopra di tutto, tu per compagna, e dei figli forse. Cosa può desiderare di più il cuore di un uomo?”
La montagna con i suo paesaggi silenziosi e le vette che si ergono al divino, sembra il luogo dove lo spirito si placa e l’uomo cessa di competere con i suoi simili. E’ qui che vedo solo gentilezza e quella calma che una vita lontana dalla velocità porta alla serenità cui tutti, forse, aspiriamo.
E allora dedichiamo questi piccoli consigli a chi dalla città vuole scappare per ritagliarsi qualche giorno di felicità, un week end lungo dove occhio, cuore e mente si allineano, all’insegna del buon cibo, del buon vino e di lunghe passeggiate in cui ritrovare voi stessi.
GIORNO 1
Santuario di Santa Croce, Alta Badia
Raggiungibile in seggiovia, cabinovia e attraverso un sentiero da percorrere a piedi, il Santuario si trova sotto l’imponente parete rocciosa del Sasso di Santa Croce. Il paesaggio innevato che la circonda sottolinea la sacralità del luogo chiamato La Crusc in lingua ladina.
Al suo interno troverete pareti addobbate dai doni lasciati durante i pellegrinaggi, Ex Voto Cuore Sacro e numerose preghiere scritte a punto croce, oltre a diverse reliquie all’interno dell’altare, come quelle dei Santi Leonardo, Ippolito, Virgilio di Salisburgo, Maria Maddalena, Agnese e Barbara.
Eretta nel 1484, la cappella è raggiungibile per i più fedeli anche attraverso un percorso battuto, che rende la via crucis una fatica ben ripagata.
Per il ristoro oggi esiste un rifugio con una vista spettacolare, un tempo ospizio per il sacrestano e per i pellegrini, dove padre e figlio si possono riposare dopo una sciata, bevendo un tè del cacciatore (una bevanda calda a base di tè nero e grappa), e dove gli amici non hanno bisogno di riempire lo spazio con le parole, ma possono prendere il sole ed esserci con la loro sola presenza.
Hotel La Perla Ristorante – Corvara, Dolomiti
A conduzione familiare, un hotel con 56 stanze arredate in stile ladino con mobili in legno e rosoni intagliati da mastri artigiani; molti oggetti d’arredo sono stati recuperati negli anni ’60 con la rivoluzione dello stile dècor e inseriti con grande maestria nel contesto elegante della struttura.
Il tocco muliebre della signora Annie, moglie del proprietario, lo vediamo nelle grandi composizioni di fiori freschi nella hall e di lavanda e ortensie nei quattro ristoranti dell’Hotel La Perla.
La cura del dettaglio fa dell’Hotel La Perla un punto di riferimento dell’accoglienza dell’Alto Adige, di cui Michil, seconda generazione, ne è maestro. I clienti sono così legati a questo ambiente che ha l’atmosfera di casa che, al rintocco del Natale, spediscono piatti da collezione Royal Copenaghen, come da tradizione scandinava, pronti ad arredare il muro della stube con i colori bianco e blu dei preziosi oggetti.
Nel Bistrot La Perla ogni sera un gruppo musicale si esibisce sulle note jazz, il servizio è eccellente, al cocktail bar il personale in camicia bianca e cravatta nera serve uno champagne cocktail con Bruno Paillard. Dal Menu consigliamo les escargot, non troppo agliate per fortuna, e un filetto di cervo con suo foie gras, uvetta, tartufo e salsa Rossini, una delizia per il palato.
Dalla cantina si contano 3000 etichette e 30000 bottiglie, alcune aperte nella zona che un tempo era dedicata agli amici di Ernesto, il proprietario, poi passata ad angolo degustazione e circondata da bottiglie, vuote ça va sans dire, con tanto di dedica sull’etichetta, simbolo di momenti goliardici.
Ernesto, appassionato collezionista, firma le pareti dell’albergo con le sue collezioni di orologi e sveglie, che ama anche aprire, vivisezionare ed aggiustare, oggetti misteriosi che raccontano il passare del tempo, ce lo ricorda bene l’ultima scena de “La migliore offerta” in cui Jeffrey Rush attende invano una visita abbandonando la speranza; e serrature di diverse epoche e grandezze, che rende fortissimo il legame con passato e tradizione.
Simone Cantafio, milanese di nascita, sangue calabrese e 5 anni trascorsi ad Hokkaido in Giappone, è il nuovo executive chef del ristorante La Perla. Ha lavorato nella famiglia più blasonata del Giappone in ambito culinario, 2 stelle Michelin, portando a casa rigore, disciplina, una moglie e una figlia.
Oggi, ritornato in patria, “less is more” diventa la sua nuova filosofia, dove l’unica cosa ad abbondare è il gusto. Grande rispetto per le materie prime e per quel che la natura offre senza forzature.
Simone Cantafio ci confida che ad ispirarlo è spesso la musica, colonna sonora delle notti in cui nel silenzio prepara i nuovi piatti. Una composizione di Einaudi, tra i suoi preferiti, ispira il nuovo menu del ristorante La Stüa de Michil – Trasformazione e Perfezione. Ma noi non lo abbiamo ancora provato, vi faremo sapere.
L’hotel ospita inoltre, durante la maratona delle Dolomites di cui Michil è Presidente, una grande esposizione di bike in un’ala che affaccia verso l’esterno.
Dall’esigenza di ridare alla vita ciò che loro hanno avuto la fortuna di ricevere, nasce la Fondazione della famiglia. Ogni progetto ideato sostenuto e realizzato internamente, aiuta nei paesi sottosviluppati la crescita e l’educazione di donne e bambini attraverso l’istruzione e le strutture necessarie.
Nella zona accanto alla spa, un corridoio raccoglie delle gocce di legno che rappresentano i nomi dei sostenitori della Fondazione, simbolo di quanto una goccia possa trasformare le cose diventando fiume, poi mare e infine oceano.
GIORNO 2
Rifugio Lee – Badia
Raggiungibile solo con la seggiovia quadriposto S.Croce, il rifugio Lee è una tappa obbligata se venite in Alta Badia.
Recentemente ristrutturato, ha il legno più profumato della valle, il Cirmolo, un odore di bosco che anche internamente vi farà sentire in mezzo alla natura.
Godersi un pranzo sulla vallata è un’esperienza che difficilmente trova le parole giuste, soprattutto quando la qualità e l’amore per il cibo combacia con la perfezione della natura. E dalla natura il ristorante prende gli ingredienti per creare delle ricette deliziose, come il pino mugo mescolato alla ricotta e spinaci, il ripieno dei ravioli, piatto icona che con la loro amarezza e originalità non si farà dimenticare.
Dal menu consigliamo anche il tortellone al formaggio grigio, prodotto acquistato dal contadino locale, e i malfattini risottati con funghi di bosco, formaggio di baita, speck croccante e ristretto di Lagrein dello chef Agostini.
Ma sarà lo strudel di mele con crema calda alla vaniglia a farvi venire già nostalgia di questo luogo, un profumo e un sapore di casa cui far seguire un pisolino sulle sdraio di fronte che danno sulla vallata, dove i larici toccano quasi il cielo.
Maso Alfarëi – Badia
Siete pronti per viaggiare indietro nel tempo? Qui non serve la Delorean di Marty McFly, il gioco lo fanno le foto in bianco e nero di un intero albero genealogico, il pendolo che col suo ticchettìo scandisce i secondi, la Underwood accanto ad un vecchio como’ di legno. Questo è il Maso più caratteristico che potrete mai vedere in vita vostra, patrimonio culturale perchè si tratta della più antica casa della vallata, di foggia tardo romanica con stile architettonico medievale, arroccata e isolata, su scalini di pietra attraversati da marmotte imbalsamate e al cui ingresso troviamo simboli di buon auspicio, segno del passaggio dei Re magi.
Da 200 anni l’abitazione passa da una generazione all’altra ed oggi si possono prenotare cene tipiche ladine, in un ambiente accogliente, intimo, a conduzione familiare.
Per iniziare una zuppa d’orzo accompagnata da un piatto di Tutres, frittelle ripiene di spinaci e ricotta o crauti, che da tradizione si mangiano con le mani; mezza luna con patate e formaggio, canederli con polenta e gulash, crapfen con marmellata di mirtilli rossi e per concludere una grappa al pino mugo molto amara.
Cosa rimane? La gentilezza discreta dei padroni di casa, che ti faranno sentire non un ospite, ma uno di famiglia; c’è in questa dimora, una carica positiva di energia misteriosa, dove la memoria sembra non avere età, epoche, dove il pensiero più negativo si affievolisce e lascia spazio solo al piacere della condivisione. Tutto è delizioso, come in nessun altro ristorante fatto di stelle e livree, perchè quando si cucina con il cuore, il piatto si fa ricco e gustoso.
GIORNO 3
Hotel Posta Zirm, Corvara Alta Badia
Dove alloggiare in questi 3 giorni in Alta Badia? L’hotel Posta Zirm è un’ottima soluzione per comodità e qualità.
Un tempo rifugio di cocchieri, generali e avventurieri, il Posta Zirm offre una selezione di camere da standard a suites e una spa di 950 mq dove potervi coccolare.
La matrimoniale superior deluxe totalmente in legno richiama l’atmosfera tipica ladina e dispone di doppio bagno con vasca e doccia, un angolo arredato con chaise longue e divanetti, ed un balcone ampio con vista verso il paese.
Totalmente rinnovate nel 2017, le stanze matrimoniali ospitano quadri che rappresentano le carte da gioco, un dettaglio divertente e colorato che rende l’ambiente più moderno ed originale.
Il breakfast offre un’ampia scelta di piatti dolci e salati, dalle omelettes alle torte tipiche, accompagnati da una brochure che viene stampata tutte le mattine, dove trovare consigli d’acquisto, destinazioni vicine, notizie meteo e l’aforisma del giorno; noi ne abbiamo trovato uno perfettamente calzante:
“Quanto monotona sarebbe la faccia della terra senza le montagne” – Immanuel Kant
Rifugio Pralongià – Corvara in Badia
Non si può dire di aver vissuto la montagna, senza averla attraversata a piedi.
Per provare la sensazione di libertà e pace che le alte vette offrono, l’escursione per raggiungere la baita è quel che ci vuole, due ore di camminata verso la zona più alta dell’omonimo altopiano, 2109 metri sopra il livello del mare.
E’ un deserto bianco la strada battuta da poche impronte, il resto degli sciatori lo raggiunge lungo le piste, tutt’intorno le cime innevate che ti guardano e ti fanno sentire piccolo eppure grande, parte di questo incredibile progetto chiamato Terra. Qui arriva quasi la voglia di perdersi, di lasciare l’inutilità delle cose materiali e di riscoprire quella vita umile e onesta che descrive con profondità Tolstoj.
La fatica del cammino, quasi liberatoria, viene premiata all’arrivo da una ricca degustazione di vini che ospita il Pralongià, la Wine Skisafari, i vini dell’Alto Adige in alta quota dove troviamo il Sauvignon Blanc di St. Quirinus, il Pinot Grigio Riserva Giatl della cantina Peter Zemmer e un avvolgente e intenso Gewurztraminer ” Elyond ” di Laimburg, dal profumo di frutta esotica, una buona freschezza e un sorso persistente che cattura e fa venir voglia di ordinarne una cassa intera.
Piatto stellato dell’evento “Sciare con gusto”, il filetto di cervo marinato nel whisky, topinambur e salsa ai mirtilli rossi e cioccolato fondente dello chef Davide Caranchini del ristorante Materia (1 stella Michelin). Ma la coccola del Pralongià arriva con il dolce tipico ladino, la Kaiserschmarrn, una frittata a base di uova e latte, nata in antichità da un errore dello chef dell’imperatore Francesco Giuseppe d’Austria che aveva dimenticato sul fuoco una crêpe e che per coprire la bruciatura la spolverò con zucchero a velo servendola scomposta accanto a della marmellata. All’imperatore piacque così tanto, che da allora diventò il suo piatto preferito; la ricetta cambia di casa in casa, qui al Rifugio è certamente la migliore assaggiata fino ad ora, ricca di uova, saporita e morbida, ottimo carburante per ritornare a valle e salutare con un “Arrivederci” il rifugio dove un gruppo musicale canta i successi italiani anni ’80 facendo ballare tutte le generazioni.