“La natura dell’amore”, il volto di tante coppie nel film di Monia Chokri

La natura dell’amore, “Simple comme Sylvain“, il film di Monia Chokri



Sophia è una quarantenne che insegna filosofia all’Università della Terza Età, in attesa di un posto fisso.
Ha una relazione con Xavier da molti anni, apparentemente felice quando stanno con gli amici, apparentemente soddisfacente quando stanno insieme, ma realmente priva di passione e totalmente piatta, fatta di routine, frasi non dette, sorrisi secchi. Dormono in stanze separate e sembrano ironizzare su loro possibili flirt clandestini, fino a quando accade sul serio. A Sophia.

Nella loro casa dei sogni, uno chalet in ristrutturazione sulle sponde del lago, l’annoiata Sophie incontra l’aitante tuttofare dell’impresa edile. Lui, Sylvain, un cumulo di cliché su cui la regista Monia Chokri gioca al parossismo: camicia da boscaiolo, barba incolta ma di bell’aspetto, collana a catena di metallo, occhiali da sole sopra il berretto da baseball, braccia possenti, insomma il tipo di maschio che ispira una notte erotica seguita da un grande addio, ma che ci rimette in vita. E la borghese Sophia, nella sua camicetta di seta e orecchini di perla, ci casca con tutte le mutande.

È il desiderio che prende il sopravvento, insieme alla noia, alla monotonia della vita di coppia, alla voglia di sentirsi di nuovo viva e desiderata, pur nella banalità dei complimenti di un sempliciotto come Sylvain (da cui prende il titolo originale “Simple comme Sylvain“).
Perchè Sylvain è quel tipo di maschio che racconta d’essersi ubriacato con un amico e aver fatto sesso a tre con la cameriera, è quello che ti prende in braccio e ti accompagna alla porta di casa per poi consumarti fino al mattino, quello che ti assicura sempre “Ti proteggo io“, quello per cui “la frutta è per le femmine“; ma anche romantico impegnato a dedicarti poesie, fare dichiarazioni in ginocchio, prolisso di banalità ed errori grammaticali, una vera frana a scuola capace solo di usare i muscoli, insomma la trivialità che tanto piace quando ci imborghesiamo troppo.

Nel mezzo, le lezioni su Schopenhauer che sull’amore afferma “Tutto è fisico e quello che pensiamo siano sentimenti nobili, sono in realtà espressioni dell’istinto sessuale. Semplicemente è il corpo che parla”. E su Platone che asserisce “In amore si desidera ciò che non si può avere, e l’amore finisce quando si è persa la paura di perdere l’altro“. È attraverso queste massime che parla la coscienza di Sophia, s’interroga sul desiderio, sulla felicità, sulla trama delle relazioni durature e quando ricade nel letto dell’ex, ciascuno a spogliarsi da sé, tristemente, mollemente, senza la foga della novità, della carne, della passione erotica, torna all’ignoto, a Sylvain, guinzaglio al collo, schiava del suo stesso corpo che chiama come fosse stato imprigionato per troppo tempo, e felice e languida si concede al piacere.

“La natura dell’amore” è la fotografia di tante coppie, i personaggi sono caricature di volti che abbiamo altre volte ascoltato o visto o vissuto, estremizzate con ironia; a tratti grottesco ma mai banale nell’intento, tocca il conflitto sociale intellettuale (un razzismo diffuso tra gli snob), esplora non senza profondità le emotività femminili, celebra i grandi pensatori come Spinoza, che porta egregiamente i suoi 392 anni, più moderno dei moderni, quando distingue l’Amore dal Desiderio:

Possiamo amare senza desiderare” E ricordando che “Il desiderio è energia ed è all’origine della nostra capacità di agire“.