La rete e le fonti di finanziamento dell’ISIS

Le fonti di finanziamento note e monitorate dell’ISIS derivano essenzialmente dai proventi del contrabbando di petrolio, dei sequestri, della vendita di energia elettrica ed acqua, del contrabbando di manufatti antichi, della “protezione” di installazioni industriali in determinate aree.
Queste risorse – che vengono complessivamente stimate a seconda dei mesi e della estensione territoriale in una forbice tra i 60 e i 90 milioni di dollari mensili – vengono usate “in loco”, per il pagamento di “stipendi”, armi, munizioni, approvviggionamenti.


Un’attività complessa per il califfato deriva dalla necessità di convertire in forma elettronica il denaro e di farlo pervenire alla rete estera.
Ciò avviene sostanzialmente attraverso tre sistemi.


Una parte del denaro viene depositata dai trafficanti/acquirenti esteri in conti intestati a prestanome, spesso uomini di affari arabi operanti legittimamente in paesi occidentali, e altrettanto spesso coinvolti per paura, con minacce a familiari, quando non direttamente simpatizzanti.
Si tratta di somme “a dispozione” di poche operazioni, spesso di import export di armi, perchè eventuali pagamenti da quei conti sono comunque rintracciabili.
Un rapporto della «Brookings Institution» di Washington indica nei carenti controlli delle istituzioni finanziarie del Kuwait il vulnus che consente a tali fondi «privati» di arrivare a destinazione «nonostante i provvedimenti dei governi kuwaitiano, saudita e qatarino per bloccarli».
Secondo Mahmud Othman, ex deputato curdo a Baghdad «Una delle ragioni per cui i Paesi del Golfo consentono tali donazioni private è per tenere questi terroristi lontani il più possibile da loro». David Phillips, ex alto funzionario del Dipartimento di Stato Usa ora alla Columbia University di New York, assicura: «Sono molti i ricchi arabi che giocano sporco, i loro governi affermano di combattere Isis mentre loro lo finanziano». L’ammiraglio James Stavridis, ex comandante supremo della Nato, li chiama «angeli investitori» i cui fondi «sono semi da cui germogliano i gruppi jihadisti» ed arrivano da «Arabia Saudita, Qatar ed Emirati».
Tra i finanziatori privati diretti sono stati individuati in particolare in Qatar Abd al-Rahman al- Nuaymi, Salim Hasan Khalifa Rashid al-Kuwari, Abdallah Ghanim Mafuz Muslim al-Khawar, Khalifa Muhammad Turki al-Subaiy, Yusuf Qaradawi. Abd al-Rahman al-Nuaymi avrebbe donato oltre 600 mila dollari nel 2013 ad Al Quaeda in Siria e due milioni al mese ad Al Quaeda in Iraq. Salim Hasan Khalifa Rashid al-Kuwari – come afferma dipartimento del tesoro americano – avrebbe donato avrebbe donato centinaia di migliaia di dollari ad Al Quaeda in Iran nel corso degli anni e così anche Abdallah Ghanim Mafuz Muslim al-Khawar.


Una parte del denaro del pagamento delle attività precedentemente descritte viene invece consegnato in “carte prepagate anonime” che offrono enormi vantaggi. Non possono essere rubate, possono contenere cifre considerevoli in uno spazio molto ridotto e sono facilmente trasportabili e trasmissibili. Non hanno un titolare ben preciso, il che significa che non si ha nemmeno un punto di partenza o di arrivo per rintracciarne le transazioni. Rendono il denaro elettronico, consentendo trasferimenti – anche numerosissimi per importi molto modesti – praticamente in tempo reale a chiunque e ovunque.


Una terza parte di risorse vengono drenate attraverso tool di fundraising specifici che sfruttano i social network per essere diffusi e venire condivisi.


La rete e le fonti di finanziamento dell'ISIS


La rete e le fonti di finanziamento dell'ISIS


A queste attività vengono affiancate le frodi su carte di credito, attività di phishing, trasformando la rete sociale in una vera e propria rete di riciclaggio con prestanome che si impegnano a ricevere denaro e ritrasferire denaro (qualche volta trattenendo una cifra in contanti) rendendo la tracciabilità delle transazioni quasi impossibile, anche per la mancanza assoluta di coerenza tra mittente e destinario e suo utilizzo.
Cifre che non hanno niente a che vedere direttamente con il califfato, che non hanno alcuna origine in paesi o aree o regioni sotto osservazione: transazioni “estero su estero” che nella maggior parte dei casi vengono archiviate come “frodi informatiche” senza alcun legame percepibile con la rete terroristica.

Francesco Iandola; Miriam De Nicolo; Max Papeschi