In questo racconto dedicato alla terza edizione del Premio Taranto che ha come tema il mare, Pier Paolo Pasolini ci trasporta dentro l’elemento più misterioso della terra, questo enorme scuro e mistico abbraccio magnetico che ci attira a sé. Il mare, più del cielo, che siam curiosi di scoprire, il mare sotto cui si nascondono le città sommerse, il mare abitato dai pesci che Marcè e Lucià iniziano a pescare, appena scappati da una Roma brigante che è venuta a noia.
In sella a delle bici rubate, si ritrovano a fare da pescatori, a confondersi nella tradizione delle coffe fatte a mano da signore inginocchiate per le strade e tra i piccoli del paese curiosi di sapere di più sulla città santa.
Pasolini sceglie il dialetto per questo piccolo capolavoro, per meglio aprirci un paesaggio in cui immedesimarci, per gioire con quei due ragazzi di borgata, della semplicità delle cose, per un cielo stellato o un giro in barca nel profondo della notte, laddove mare e cielo si confondono.
È in questo panorama solitario, dove la linea di confine non esiste, che sulla piccola barca usata per la pesca, Lucià si spinge oltre. Dove finalmente si può raccogliere in una “distesa di pace, per restarsene più solo con sé”.
Terracina, il libro di Pier Paolo Pasolini
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