Strato Limite:
 Deframmentazione della paura e del suo ricordo

Strato Limite: Deframmentazione della paura e del suo ricordo

Il CityLab – centro d’arte visiva e audiosonora underground sulla Via Salaria – riapre con lo studio di Biancofiore che ha già pianificato la sua programma espositiva annuale. 

La prima mostra sarà la personale di Valerio Volpato, romano classe 1995. Il titolo scelto dall’artista è STRATO LIMITE – Deframmentazione della paura e del suo ricordo.

La ricerca dell’artista si sofferma, infatti, sull’emozione della paura – esperita come compulsione ripetitiva e pensiero ossessivo.

Volpato utilizza più media per esprimere il senso acuto dell’angoscia, derivata dall’aspettativa di un evento disturbante e inquietante, sempre in agguato dietro l’angolo: la pittura, la scultura spaziale-installativa, la musica. I materiali che coniuga nelle sue installazioni o che usa come supporti per la sua pittura provengono dall’industria aerospaziale, automobilistica e navale. Per quanto riguarda la pittura, l’artista ha una vena espressionista che si manifesta in segni vividi di catrame sulla superficie, neri e densi, stesi a colpi di spatola o in gocce “turgide” di “materia viscosa”. La texture, la pelle del dipinto, risulta quindi fondamentale e si riallaccia alle esperienze degli anni Cinquanta, soprattutto alle tele di bitume di Alberto Burri.

Come afferma l’autrice del testo critico Teresa Di Gregorio, Valerio Volpato indaga la materia dell’angoscia «tra le variabili percettive prodotte dallalterazione farmacologica, dalluso di suoni distorti in dialogo con la musica classica e con il jazzcore e la musica sperimentale, dallimpiego di resine e materiali plastici».

Il soggetto privilegiato è, come si anticipava, la sensazione della paura che viene rievocata a livello mnemonico in un «racconto che ci parla di nodi profondi, radicati nellinfanzia». Il tempo perduto dell’innocenza viene, inoltre, rievocato chiamando all’appello memorie sfocate. Eppure, le forme familiari del passato – legate all’infanzia e al primo periodo della giovinezza – perdono i loro connotati rassicuranti attraverso la manipolazione prima mentale poi organica, in risultati conturbanti. Valerio Volpato entra nella stanza dei ricordi, trova delle immagini e ne riconosce la familiarità – un piccolo scivolo, una casetta luogo di rifugio di ogni bambino – ma le forme risultano contagiate, di primo acchito: lo scivolo ha una trama dai toni isterici e ripetitivi; la casetta è murata e le sue finestre oscurate; l’erba, bagnata dalla pioggia, è cresciuta a dismisura; gli oggetti sono cotti dal sole e graffiati; le fronde degli alberi sono sostituiti da veli di plastica. L’incipit di una storia comune si colora di macchie d’olio e sfumature orrifiche che trovano risonanza in motivi musicali ripetuti in un loop nevrotico e in una cacofonia che stride nelle orecchie.

BIO

Valerio Volpato è nato a Roma nel 1995, trascorrendo la sua infanzia tra la città di Roma e il lago di Martignano. Ha vissuto un periodo della sua vita tra Londra e a Zurigo, arricchendo così il suo bagaglio di esperienze culturali e artistiche. Attualmente vive a Roma e studia Psicologia e Processi Sociali presso La Sapienza Università di Roma. È il Co-fondatore dell’artists’ run space BIANCOFIORE. 

Durante il suo percorso artistico, ha avuto l’opportunità di lavorare come assistente sia per l’artista Paolo Buggiani che per l’artista Andrea Sampaolo, con cui ha collaborato per la realizzazione della mostra “Urlo. Vibrazioni urbane” presso il Mattatoio di Roma. 

La sua formazione musicale, iniziata con l’autodidattismo al pianoforte, lo ha portato a suonare in quartetti jazz e a comporre musica sperimentale creando un’esperienza che si riflette nel suo approccio artistico. Ha partecipato a diverse mostre, tra cui la VII edizione della Biennale di Viterbo di Arte Contemporanea curata da Laura Lucibello e Environ Mental per RAW – Rome Art Week, in collaborazione con APAI Arte, presso il CityLab 971. La ricerca artistica di Volpato si concentra sulla complessità delle emozioni umane, in particolare sulla paura, il terrore, la compulsione ripetitiva e l’intrusione ossessiva, nonché sul ricordo e sull’analisi di queste esperienze. Il suo approccio pittorico passa da una fase complessa e caotica a una più minimale, con l’alterazione e la moderazione farmacologica che hanno giocato un ruolo attivo nel suo processo creativo.

Il gesto pittorico di Volpato è una pulsione dinamica e istintiva, che si manifesta attraverso diagrammi, textures, flussi e frammenti dinamici che riflettono le emozioni dell’ora e del momento. La sua esecuzione rapida e istintiva implica un’assenza di filtri razionali, permettendo all’inconscio di emergere e rendendo l’errore una parte essenziale del processo creativo.

La musica sperimentale, il jazz, il jazzcore, la musica classica e il noise hanno una forte influenza sul suo lavoro, così come l’uso di vernici industriali, acriliche e ad olio, principalmente nere, su una varietà di superfici di alta qualità, tra cui materiali compositi derivati dall’aerospaziale, dall’industria automobilistica, navale e edilizia.