Articolo di Ambra Lo Faro
“Inauguriamo la prima rubrica dedicata alla musica “LATO SNOB”.
Ambra Lo Faro, cantante e musicista, ci racconta usi e tendenze del grande e appassionante mondo della musica”
La musica rappresenta da sempre una fotografia della società, non importa se si tratta di una foto d’autore scattata in studio o di un semplice selfie magari nemmeno troppo a fuoco fatto da chiunque. Ed è per questo che le tendenze stilistiche vanno a raccontare, delineare, a volte enfatizzare le caratteristiche di generazioni. Non devono essere mai sottovalutate, snobbate quanto comprese, interpretate, criticate con raziocinio.
E’ stato così per l’auto-tune che negli ultimi anni ha voluto farsi portavoce di una generazione ovattata, compressa, che fa sì delle differenze la propria forza, ma allo stesso tempo sente la necessità di reprimere dinamiche, colori, nella voce di chi canta, e questo ossimoro stilistico e di contenuti lo rende attraente quanto incomprensibile.
Musicalmente però, trovo pericoloso quando una tendenza che cancella la profondità di ascolto nei brani diventa in realtà una cifra stilistica, un motivo per riconoscere esattamente il momento in cui quel brano è stato registrato in studio. Perché tra cifra stilistica e gusto, rimane comunque un’enorme differenza, e forse rischiamo di perderci qualcosa di bello.
Ma alle cifre stilistiche, si sa, nemmeno i grandi riescono a dire di no.
Perché la cifra stilistica porta numeri, nuovo pubblico, anche a Mina a cui i numeri forse non servono nemmeno più, tanto sono immensi il suo nome e la sua reputazione annessa. Così la cifra stilistica l’ha interpretata a modo suo, con un colore nuovo a cui non eravamo abituati, innamorati (ancora oggi) delle sue dinamiche riconoscibili e attoriali.
Nel brano “Un briciolo di allegria”, la voce più profonda e intensa dell’interpretazione nella musica italiana sceglie un colore compatto e privo di dinamiche per cercare di adattarsi quanto più possibile a quello artificiale del giovane Blanco, a cui impreziosisce il pezzo limitandosi ad una seconda voce. Che lusso, eh?
Non si tratta di un puro auto-tune, ma di una compressione forte, un pochino invasiva a mio gusto.
Il “corsivo” che volutamente sbiascica le parole, rese ancora più incomprensibili da questo effetto, non crea in realtà in questo pezzo l’ossimoro che forse gli avrebbe davvero dato una spinta in più, con la grande interprete dalle grandi dinamiche, perché le dinamiche in lei sono effettivamente soffocate da una scelta di mix precisa.
L’incontro tra due stili opposti dovrebbe tendere a valorizzarne le differenze a mio parere, enfatizzandone le caratteristiche, creando quello che più comunemente in musica si definisce contaminazione.
La voglia è un punto di incontro con il nuovo invece, un po’ a tutti i costi. Che anche il classico non vada più di moda?