…nella bellezza “unica” di un tema, nell’identità musicale, nella ricerca di “Emozioni”!
TEXT: MARINO MORA
Pianista, compositore, musicologo
«Seguir con gli occhi un airone sopra il fiume e poi ritrovarsi a volare e sdraiarsi felice sopra l’erba ad ascoltare un sottile dispiacere… E di notte passare con lo sguardo la collina per scoprire dove il sole va a dormire. Domandarsi perché quando cade la tristezza in fondo al cuore, come la neve non fa rumore (…) Tu chiamale, se vuoi, emozioni!». Che parole meravigliose ha scritto in questa splendida poesia l’immenso Mogol! E che incredibile, ulteriore cambiamento le ha impresso la musica di Lucio Battisti, trasformandola in “canzone” d’arte: l’effetto di magica miscela tra suoni e parole ci restituisce un’idea di levitazione sospesa, iconica, vellutata, il respiro dei suoni muove come un soffio di vento sopra il nostro animo, creando un effetto-alone notturnale magico e incantato! È il miracolo delle emozioni che, ogni volta, ci restituisce un così detto “capolavoro”! È un caso? No di certo!
Ricordate quel passo fortemente coinvolgente del film Amadeus di Milos Forman? Quando il sacerdote che confessa un Antonio Salieri ormai anziano e ammalato, ascolta alcuni temi musicali suonati dal musicista? Salieri glieli esegue, chiedendogli se li riconosce, ma il prete, del tutto dispiaciuto, proprio non li ricorda! Poi Salieri ne suona di altri ed il sacerdote subito gli risponde con entusiasmo: «Certo che sì! Sono suoi? Che meraviglia!» Come un tonfo arriva la risposta del vecchio Kapellmeister di Vienna: «Padre, No, sono di Mozart!», lasciando i protagonisti di questa scena in un sorprendente sconcerto e imbarazzo. Certo, Antonio Salieri, al tempo in cui visse, era considerato un ottimo musicista. È stato così veramente nella sua epoca e ciò è tuttora effettivamente riconosciuto e restituito dalla “Storia della Musica”, che ne ha compreso il notevole valore. Ma tra Salieri e Mozart? Il pubblico, la critica, in generale il giudizio dell’Arte, ci dice oggettivamente la straordinarietà del compositore di Salisburgo! Che ha lasciato nella Storia della Composizione un patrimonio irripetibile di Bellezza! C’è dunque differenza nella portanza, nell’efficacia, nella capacità di restituire e convincere dentro un’opera, in un tema, in un’idea o in un’armonia musicale? Distinguendo tra musica bella ma ordinaria e musica straordinaria, nel senso, proprio di “extra ordinarius”, fuori della norma, dall’ordinario? E quello che i Romantici chiamano “genio” è solo un’invenzione, una suggestione culturale o c’è di più? Lasciamoci con qualche interrogativo e proviamo ad approfondire …Quanti di noi sono legati ad uno o più brani musicali assolutamente imprescindibili nel nostro immaginario?
Talvolta “quel pezzo” o “quei pezzi” divengono catartici, fondamentali, perché legati, ciascuno, ad un fatto preciso, ad un episodio, più olisticamente in grado di rappresentare una nostra storia personale! Come una fotografia o un ricordo cui teniamo molto e ci piace, talvolta, andare a rivedere, funzionano come “terapia psicologica” e rappresentano, per la nostra interiorità, un preziosissimo talismano ricco di sollecitazioni! Vogliamo citare qui, precisamente, la specialissima capacità della musica di farci fare un viaggio nel tempo! Ci è già capitato?
È il flashback musicale!! Basta ascoltare un pezzo cui siamo legati, che ci riporta ad un momento importante della nostra vita e in un battito d’ali siamo come “teletrasportati” su quello spicchio di vita vissuta! Proprio in quel preciso attimo, magari distante ormai anni! È come un’illuminazione, un’intuizione di rara efficacia, che ci fa commuovere e ricordare ambienti e persone: noi stessi immersi in quegli attimi salienti!
Una meraviglia, vero? Questa sorta di riuscita ed emozionante delocalizzazione temporale ci commuove e “corrisponde veramente ad un regalo più unico che raro”, che proprio la musica ci dona ogni volta che lo desideriamo! Si viaggia nel tempo e ci culliamo incantati dalle endorfine che la musica ci induce! Ma la musica ha un altro dono in serbo per noi. Parliamo di “iso musicale” o identità musicale … Ciascuno di noi riconosce e sceglie il proprio gruppo o cantante, il proprio stile, non solo per cultura, ma anche per “gusto” e piacere personale. Ciascuno di noi ama in particolare un genere o uno stile e deliberatamente propende per l’uno e per l’altro! È stato l’eterno dilemma e alterità per tante generazioni: Beatles o Rolling Stones? … Joan Baez, Bob Dylan, Genesis o Queen, Pink Floyd, Elton John, Madonna, Lady Gaga, Oasis, o, più recentemente … Coldplay e quanti altri? Senza togliere merito a nessuno. Per stare ad autori italiani come non citare le affinità di molti di noi con grandi artefici, oltre a Battisti, come Guccini, Lucio Dalla, Venditti, Vasco Rossi, De Gregori, Baglioni … et alia?
Italiano o non italiano, compositore o esecutore, la propensione per uno stile o genere, per il pop, il rock, il jazz … il rap o il classico: siamo tutti d’accordo che ogni volta la scelta sappia veramente esprimere ciò che i francesi chiamano le goût, il “gusto”: che è, per definizione, una presa di campo del tutto convinta e deliberata! Ne ha trattato specificamente anche la musicoterapia con la teoria dell’identità musicale di Rolando Benenzon.
Ma questo e altri fondamenti scientifici delle teorie che sottostanno al fatto musicale potranno essere argomenti trattati in futuro per il lettore che avrà piacere di approfondirne le credenziali … I fonosimbolismi musicali, cioè quello straordinario reticolo dendritico che mette insieme ritmo, melodia, armonia, durata, timbro – colore e quant’altro e che fanno ciò che noi oggi chiamiamo “la musica”, lavorano meravigliosamente su di noi, inducendoci ad apprezzare un tema musicale, a preferire uno spunto, ad emozionarci di fronte ad un “capolavoro”!
Tornando specificamente al “gusto”, cioè a questa specialissima “preferenza” che va oltre la semplice cultura, vediamo, ora, che è effettivamente ciò che piace davvero, ciò che sentiamo affine, ciò per cui “vale la pena di…”! Insomma, si tratta di una vera e propria, netta, “scelta” interiore, consapevole e in parte anche … inconscia!
I latini, giustamente, dicevano: “de gustibus non disputandum est” (sui gusti non c’è storia, ognuno sceglie il proprio). E avevano perfettamente ragione! Questa massima sembra veramente aderire perfettamente anche alla musica! Vogliamo concludere queste nostre riflessioni sulle qualità, sulle caratteristiche, sulle precipuità della musica, citando un celebre episodio storico, che affonda le proprie radici nella leggenda, ma che ora ci parrà perfettamente plausibile.
Incrociando l’iso musicale con la capacità della musica di indurre emozioni, di farci preferire la straordinarietà di uno stile, di un lavoro, di un tema … Johann Sebastian Bach, l’illustre genio di Eisenach, il campione della Fuga e del Contrappunto, a 20 anni fece un vero “colpo di testa”.
Lavorava già come organista ad Arnstadt, ma, venuto a sapere che a Lubecca vi era uno straordinario organista, Dietrich Buxtehude, che per ore improvvisava ai concerti, stupefacendo con le sue mirabilie il pubblico, gli fece decidere l’impensabile.
Chiese un permesso di 4 settimane (che divennero poi 4 mesi!) e fece un leggendario percorso a piedi di 400 chilometri sino a Lubech. Una volta giunto in loco, ogni sera, in gran segreto, nascosto nella Cantoria della Chiesa di Santa Maria, ascoltava le esecuzioni delle Extraordinarien Abendmusiken di Buxtehude, estasiato da quei suoni! In questo modo imparò l’arte pura di inventare, improvvisare, rendere la musica una cascata infinita di suoni, mettendo al centro l’invenzione, l’originalità, la Bellezza che, insieme alla tecnica, possono creare autentici capolavori!
Quando il giovane genio tornò ad Arnstadt nel febbraio 1706, con quindici settimane di ritardo, i responsabili della Chiesa di San Bonifacio notarono che «Dopo questo viaggio eseguiva stupefacenti variazioni sui corali e vi mescolava armonie estranee a tal punto da confondere i fedeli …». Nulla per lui sarebbe stato, da quel momento in poi, come prima, perché l’impronta di quella musica l’aveva catturato, ritrasformandone le caratteristiche di autore!
Forse la famosa Toccata e Fuga in re minore, ancora oggi per tutti noi imprevedibile, avvincente e catturante, non sarebbe mai nata se non ci fosse stata l’infatuazione per lo “Stile Fantastico” del faro assoluto J. S. B.! Che, non per niente, amava firmarsi, pensando al Trascendente: «Soli Deo Gloria …». Potere della Musica! Un plaisir dal sapore unico e irrinunciabile! E forse anche un po’ “divino”!