Matteo Bertolio, la follia che salva

Matteo Bertolio all’anagrafe, fotografo sulla carta d’identità, le cover di Elle, Marieclaire e i migliori magazines di moda sul curriculum, Milano, Formentera, Messico le sue dimore.

Avete presente D’Artagnan e i tre moschettieri? Il pizzo, il baffo all’insu’, quella capigliatura un po’ arruffata? Ecco Matteo Bertolio è uno di loro, potrebbe essere Porthos, il più farfallone, amante della bella vita, delle donne, del buon vino e della musica.
Ha gli occhi di un azzurro ghiaccio, trasparenti, uno spirito vivace, un’intelligenza nervosa e vulcanica, alimentata da una rara sensibilità al bello. Matteo Bertolio non si può definire un “fotografo”. Matteo Bertolio è un visionario!

Matteo Bertolio


Mi accoglie nella sua casa milanese, le pareti coperte dai suoi lavori, le credenze colme di cristalli, la cucina colorata di spezie, “oggetti di memoria senza limite, ogni tanto li guardo e mi ricordano che sono un essere migratorio, loro sono stanziali, io no. Forse un giorno li riporterò dove li ho ritrovati”.

Impossibile parlare di intervista con quest’uomo bizzarro, perché tira fuori una serie di aneddoti, uno più romanzesco dell’altro, fatti e misfatti della sua vita, del suo lavoro, personaggi incontrati per caso, viaggi vissuti e immaginari, Jodorowsky nelle sue frasi, la psicomagia, perché la fotografia è diventata quello che è diventata…
Discutiamo dei modelli dell’era digitale, di come le idee concettuali vadano sopendosi, di come la complessità, la natura e la verità della fotografia siano quasi dimenticate. In alcune “opere” di Matteo Bertolio, le chiamo così perché non cito solo le fotografie, ma anche i lavori in qualità di art director, possiamo leggere dei racconti. Sono delle storie che testimoniano il suo pensiero e il suo background artistico (Bertolio nasce e cresce in una famiglia dove respira arte – il padre è un artista), sono delle produzioni didattiche, a volte moraleggianti, altre di puro intrattenimento o di ricerca estetica, quale “Art Flower”, una donna nuda su un tappeto di fiori rossi che rappresenta il suo pistillo.

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Art Flower


O il caso di una advertising in cui rappresenta “la madonna dell’economia”: “la celebrazione di una economia dedicata al petrolio, la metafora di un bambino che accetta un olio-latte nero materno, nutrendosi di esso. Lei è una donna araba tradizionale, il bambino è nudo come un angelo in un quadro sacrale, e dunque senza una sua materia difensiva.”
(La realizzazione dell’immagine è stata fatta in collaborazione con Enrico Chiadò Rana, storico direttore creativo della pubblicità italiana).

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La madonna dell’economia


O la foto che realizzò nel 2004 per le olimpiadi, sognando la premiazione di una gara di nuoto 100m stile libero terminata con la vittoria di una nuotatrice iraniana, in costume, ed uno chador Nike ad accennare un altro sorriso.

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Iran


Ho conosciuto diversi fotografi, e in tutti loro ho trovato l’ ossessione del lavoro, mangiati dall’idea di dover essere i migliori creando dei teatrini social: chi si veste da dittatore dietro un pc, chi s’inventa lavori che nessuno ha mai offerto loro, chi si loda in panegirici imbarazzanti. In Bertolio tutto questo non c’è, semplicemente perché non ne ha bisogno. Quasi estraneo al mondo social, un account con gli amici di sempre, lontano dalle urla e dal folklore 2.0
Un pomeriggio Bertolio gironzolando tra le camere con i mantelli messicani che vorrebbe importare in Italia, riflette a voce alta su come modernizzarli, se ci sarebbe mercato in questo paese, poi passa alla sua postazione studio – una skype call con l’agente di sempre – e, ancora scalzo, mi mostra il progetto che ha in mente, sfogliando tra i suoi archivi fotografici. Una continua folgorazione, zampilla di lampadine accese, la sua comunicazione è netta, chiara, ma come un fiume in piena – non riesco a trattenerlo. Bertolio è così, conserva l’entusiasmo dell’artista che “deve dire” e deve dirlo al mondo intero. Ora, adesso, subito. Ma poi un’altra idea lo sfiora e quindi come un’ape si posa su un altro fiore.

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Safe Sex


Foglio alla mano discutiamo un progetto insieme – una mostra che tratta il tema della dipendenza digitale. E io prendo appunti perché non voglio perdere una parola, un titolo, una citazione, un nome. E ne parla come se volesse salvare il mondo. E’ questo che rende speciale il suo lavoro – il fatto che ogni singola immagine, ogni singola storia fotografica, sia per lui qualcosa di speciale. E in fondo è lo stesso sentimento del bambino che ama il suo primo pallone – eppure è solo un pallone!

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Shapes


E come i fuochi d’artificio in cielo in piena festa di paese arrivano al silenzio, Bertolio lascia l’Italia e va a riposare in Messico, dove pure ha casa. Lo fa in continuazione, passando pure per Formentera. E’ un viaggiatore, uno scopritore, un navigatore, un curioso, Matteo Bertolio è quella voce della coscienza che ogni tanto torna e ti dice “Ehi, svegliati!”.