Leggenda, storia fantastica o espressione di fede: la reliquia del Sacro Cingolo, la Cintola della Vergine Maria custodita nel Duomo di Prato, è indubbiamente un simbolo religioso e civile dell’identità pratese e fulcro delle vicende artistiche e storiche di Prato.
Prende spunto da quel prezioso mito identitario la mostra di Palazzo Pretorio di Prato Legati da una cintola – L’Assunta di Bernardo Daddi e l’identità di una città e accende un fascio di luce intenso sull’arte del Trecento, periodo di grande prosperità con le committenze ad artisti come Giovanni Pisano e Bernardo Daddi che diedero risonanza alla devozione mariana a Prato come vero e proprio culto civico.
Oltre 60 opere, con al centro la ricostruzione della pala di Bernardo Daddi che tornerà a farsi ammirare nella sua interezza, una ricca serie di dipinti, sculture e miniature per raccontare la città e il suo patrimonio di cultura e bellezza e restituire il fascino di una storia che si legge come una favola.
La mostra, organizzata dal Comune di Prato in collaborazione con la Diocesi di Prato, a cura di Andrea De Marchi e Cristina Gnoni Mavarelli, inaugura i nuovi spazi espositivi del Museo recuperati nell’attiguo edificio dell’ex Monte dei Pegni.
Leggenda, arte e tradizione – L’origine del culto della sacra cintola affonda le sue radici nel XII secolo. La leggenda si basa su un testo apocrifo del V-VI secolo e vuole che la cintura, consegnata a San Tommaso dalla Madonna al momento dell’Assunzione, sia stata portata a Prato verso il 1141 dal mercante pratese Michele e da questi donata in punto di morte, nel 1172, al proposto della pieve. La Cintola è una sottile striscia di lana finissima, lunga 87 centimetri, di color verdolino, broccata in filo d’oro con ai capi due cordicelle per legarla. Fra Due e Trecento la reliquia assurse al ruolo di vero e proprio segno dell’elezione della città, santificata da una così preziosa vestigia miracolosamente giunta dalla Terra Santa, e divenne motore delle vicende artistiche pratesi.
Percorso espositivo – Precursore della diffusione al di fuori dei confini locali del mito legato alla Cintola mariana fu probabilmente lo scultore romanico conosciuto come Maestro di Cabestany. Attivo nel Roussillon e in Toscana, a Prato realizzò i capitelli del chiostro dell’antica prepositura di Santo Stefano, il Maestro di Cabestany apre il percorso espositivo con la lunetta realizzata per la chiesa di Cabestany che raffigura la la prima attestazione in Occidente della Madonna assunta che dona la Cintola. (Sezione 1 – Da Cabestany a Prato: genesi di un tema).
Punto focale della mostra è la ricomposizione della pala di Bernardo Daddi, una delle immagini più prestigiose di tutto il Trecento dedicate all’Assunta e al dono miracoloso della Cintola all’incredulo San Tommaso. L’opera, commissionata nel 1337-1338, nel tempo è stata smembrata e la sua complicata diaspora ha fatto sì che si perdesse la coscienza stessa della sua capitale importanza. L’allestimento consentirà di tornare ad ammirare nel suo complesso la monumentale macchina dipinta dal Daddi, riunendo i componenti che originariamente comprendevano una doppia predella con la storia del dono della Cintola a San Tommaso e del successivo arrivo della reliquia a Prato, grazie al pratese Michele (questa custodita nel Museo) e la parallela migrazione del corpo di Santo Stefano da Gerusalemme a Roma, perché si riunisse a quello di San Lorenzo (opera in arrivo dai Musei Vaticani) e una terminazione con la Madonna assunta che cede la Cintola a San Tommaso dal Metropolitan Museum di New York. (Sezione 2 – La pala pratese di Bernardo Daddi restituita)
Per meglio contestualizzare la pala del Daddi saranno esposte altre opere del pittore giottesco appartenenti a questa stessa fase stilistica contraddistinta da una felice e vivace vena narrativa (Sezione 3 – Bernardo Daddi narratore). Un nucleo scelto di cintole profane del secolo XIV documenteranno la bellezza di questo genere di manufatti, riprodotto nell’elegantissima Santa Caterina dipinta da Giovanni da Milano nel polittico per lo Spedale della Misericordia, uno dei capolavori del museo di Palazzo Pretorio (Sezione 4 – La Sacra Cintola, le cinte profane). Seguirà una rassegna esemplificativa delle diverse elaborazioni dell’iconografia che univa la morte della Vergine e la Assunzione nell’arte toscana del Trecento: una carrellata di dipinti, miniature, sculture permetterà di apprezzare la diversa interpretazione del tema in area fiorentina, dove San Tommaso afferra la Cintola, e in area senese, dove la cintola è lasciata cadere dalla Madonna in volo (Sezione 5 – L’Assunta e la Cintola: varianti nel Trecento toscano).
Il percorso espositivo proseguirà presentando la tradizione iconografica dell’Assunta in terra toscana, dove prevale il tema della Madonna della Cintola col solo San Tommaso, con la selezione di esempi particolarmente significativi e concludendo con gli echi più tardi in area pratese, fino alle pale di Stradano e di Santi di Tito (Sezione 6 – L’Assunta e la Cintola: la tradizione seguente). Saranno infine esposte tutte le testimonianze documentarie e visive che accompagnarono il culto della Cintola stessa e l’ostensione: le preziose custodie, le suppellettili e gli arredi della Cappella della Cintola nella Cattedrale. Alcuni apparati didattici aiuteranno a comprendere la natura anche tecnica del manufatto e a raccordare fra loro le testimonianze librarie e archivistiche. Si presenteranno anche testimonianze del culto della Cintola nel Duomo di Pisa. (Sezione 7 – Il culto e l’ostensione della Sacra Cintola a Prato e in Toscana).
Anche il Duomo di Prato sarà parte integrante di un percorso che permetterà ai visitatori di entrare nella Cappella della Cintola, abitualmente preclusa alla visita e di ammirare da vicino il ciclo di affreschi realizzati da Agnolo Gaddi.
Annullo filatelico – In occasione dell’inaugurazione della mostra giovedì 7 settembre alle 18 sarà presente un annullo filatelico. Il timbro figurato che riporta i riferimenti del Museo di Palazzo Pretorio e della mostra “Legati da una Cintola” potrà essere richiesto direttamente agli addetti di Poste Italiane.
progetto di mostra a cura di
Andrea De Marchi e Cristina Gnoni Mavarelli
La reliquia della Cintola della Vergine, rilasciata a San Tommaso e dopo avventurose peripezie pervenuta a Prato nel 1141, rappresentò un vero e proprio mito identitario, in cui l’intera città si riconobbe nel periodo della sua più tumultuosa crescita, fra Due e Trecento.
La venerata cintura, custodita nella cattedrale di Santo Stefano e nell’occasione resa visibile da vicino in una teca apposita, nella cappella a lei consacrata, è stata per secoli il tesoro più prezioso della città, contribuendo a rafforzarne il prestigio e l’identità in un avvincente intreccio di devozione, arte e tradizione.
La mostra intende raccontare questa storia, che affonda le sue radici nel sec. XII, quando uno scultore attivo in Spagna e in Toscana, autore dei capitelli del chiostro della cattedrale, il Maestro di Cabestany, per la prima volta scolpì la Vergine che consegna la Cintola a Tommaso, in un rilievo che in via del tutto eccezionale sarà esposto a Prato.
Attorno a questa reliquia, disputata fra chiesa e comune, crebbe per gradi la fabbrica gotica dell’allora prepositura di Santo Stefano, fino alla realizzazione di una cappella apposita presso l’ingresso, affrescata da Agnolo Gaddi tra 1392 e 1395, e del pulpito di Donatello e Michelozzo per l’ostensione periodica, sull’angolo della nuova facciata. Nel 1312 il pistoiese Musciattino aveva tentato di rubarla: venne punito a morte e in seguito si curò un nuovo allestimento in una cappella a lato della maggiore, per cui Bernardo Daddi tra 1337 e 1338 dipinse un’importante pala. Cuore spettacolare della mostra è la ricostruzione di questa tavola dell’Assunta, divisa fra Prato, la Pinacoteca Vaticana e il Metropolitan Museum di New York, arricchita da due predelle che raccontavano la migrazione della reliquia da Gerusalemme a Prato e, in parallelo, quella del corpo di Santo Stefano da Gerusalemme a Roma.
Prato in questo modo si proiettava in una dimensione di assoluto prestigio cultuale e simbolico, rifacendosi all’Urbe e alla Terra Santa, svincolandosi dalle rivalità con le vicine Firenze e Pistoia.
La Cintola si associava all’idea stessa di un grembo fecondo e faceva convergere nel culto mariano le attese propiziatorie e taumaturgiche. Una serie di cintole profane di età gotica, preziosamente decorate, fanno capire la carica simbolica di un simile oggetto, esibito anche dalla Santa Caterina dipinta da Giovanni da Milano nel suo polittico pratese. Altri dipinti e miniature aiuteranno a contestualizzare la fioritura artistica e culturale della città in questo momento storico, quando attirò l’opera di grandi artisti della statura di Giovanni Pisano e di Bernardo Daddi.
L’immagine dell’Assunta e della consegna della Cintola trovò dunque a Prato un luogo di elaborazione privilegiata. Grazie ad una carrellata di opere soprattutto del Tre e Quattrocento si possono seguire le varianti successive nell’elaborazione di questa scena. Attraverso altre testimonianze si comprendere la continuità del culto, la valenza civica e politica della Cintola e della sua ostensione attraverso i secoli seguenti.
Inaugurazione giovedì 7 settembre ore 18
Apertura al pubblico da venerdì 8 settembre 2017 fino al 14 gennaio 2018