L’opera, che probabilmente era lo scomparto centrale di un polittico perduto, proviene da una chiesa di Pontassieve, presso Firenze. È attribuita al Beato Angelico o, secondo alcuni studiosi, è frutto di un’ampia collaborazione di aiuti.
La Madonna con il Bambino è seduta su un trono, alla cui base sotto il gradino si legge un’iscrizione frammentaria che faceva riferimento ai committenti: Antonio di Luca, Piero di Nicola e Ser Piero.
Il sacro gruppo è rappresentato frontalmente, sullo sfondo del trono coperto da un drappo rosso. Una luce dorata di grande fascino si irradia tutt’intorno e, grazie ad una particolare lavorazione della foglia d’oro, si rifrange in tanti raggi. È la luce divina che inonda la scena e circonda la Vergine Maria e il Frutto del suo grembo. Oltre a questa funzione simbolica, la luce contribuisce alla resa plastica dei volumi dei corpi e anima le pieghe delle vesti, sottolineando realisticamente la storicità dei personaggi.
Il trono è un elemento che caratterizza la regalità: dunque Maria è la regina-madre del Cristo re; caratterizza anche la sapienza di Dio: dunque lei è il vertice di un disegno eternamente concepito dalla Trinità; ma il sedile piuttosto basso e privo di schienale allude al modello della Madonna dell’umiltà: dunque colei che è la Sovrana dell’universo si considera per sempre «la serva del Signore».
Tipiche dell’Angelico sono le proporzioni allungate, con le dita della mano della Vergine affusolate. Tra la Madre e il Figlio sgorga un contatto pieno di fiducia e di tenerezza, che sfocia in un mistico abbraccio.