Testo di Giorgia Basili
Mentre The Art Gorgeous – gruppo mediatico che offre una prospettiva fresca e divertente sul mondo dell’arte globale – crea una lista di possibili addobbi natalizi e scade nel mainstream segnalando la versione di Cody Foster and Co delle Campbell’s Soup Cans di Andy Warhol o il pendente che ritrae il volto di Jean-Michel Basquiat “da At Rockett St George al prezzo di 18 sterline” o una figurina di Yayoi Kusama “in vendita da Etsy per £20.41”, la redazione di SNOB cerca di scaldare e scaldarsi, ravvivando il fuoco del caminetto con lo spirito del Natale.
Questa ricorrenza diventa sempre più una mera opportunità capitalistica… o forse siamo noi che, maturando, ci sentiamo sempre più disillusi, abbacchiati dal cibo, poco entusiasti delle re-union familiari, meno sorpresi dallo scarto dei presenti sotto l’albero? È anche vero, tuttavia, che piccoli gesti, a prima vista banali, possono suscitare sensazioni positive, risvegliare ricordi o crearne dei nuovi. Le tradizioni sono avvolte o no da un tocco magico e segreto? Lo stesso effetto possono averlo gli odori e le immagini… ci accomodiamo così sul sofà e ve ne regaliamo alcune.
Intanto, prima che Instagram venga nuovamente invaso da una singolare fotografia, la anticipiamo. Christmas Swim è uno scatto di Slim Aarons, ritrae una bella donna in bikini che si rilassa su un materassino nella piscina di una villa, accanto a ornamenti natalizi metallici. La donna è nientedimeno che la moglie del fotografo, Rita Aarons. Dietro di lei, tre bambini mettono a mollo le mani per afferrare e giovare con le sfere sfavillanti, galleggianti sulla superficie. Spicca su tutto un elemento di sontuosa frivolezza: un albero di Natale si erge dall’acqua, addobbato con ghirlande color alluminio, fiocchi rossi e bianchi. L’albero è ancorato al fondo della piscina e in cima una stella bianca si accende di riflessi argentati, restituendo il calore del sole californiano. Palme e, In lontananza, la scritta “Hollywood”, non a caso ci troviamo proprio a Los Angeles, nel 1954.
Ma qual è l’origine dell’occorrenza che ci accingiamo a festeggiare? La Natività di Cristo – concepito dallo Spirito Santo e originato dal grembo della Vergine Maria – è proprio tra le scene più rappresentate in pittura. Vogliamo recuperarne alcune tra le più celebri e suggestive.
Se volete approfondire la tematica, il libro Il Natale nell’arte di François Boespflug e Emanuela Fogliadini (Ediz. a color, Jaca Book, 2020) presenta una selezione di cinquanta opere d’arte. La più antica Natività risale al IV secolo e la più recente è del 2018.
Partiamo da Giotto. La Natività di Gesù fa parte del ciclo di affreschi “Storie di Gesù”, conservati nella Cappella degli Scrovegni a Padova. Notiamo Giuseppe in disparte e addormentato, scelta che vuole sottolineare il suo ruolo non attivo nella procreazione.
Giotto fu inoltre il primo a inserire una stella cometa nella rappresentazione, nonostante nel Vangelo di Matteo si parli di una stella. Perché lo fece? Nel 1301 assistette a un evento che colpì molto la sua immaginazione, era passata una cometa la cui scia rimase in cielo per giorni, di notte e con il sole. Da qui l’usanza – tutta italiana – di introdurre nei presepi una stella cometa.
L’Adorazione dei Magi (del 1423) di Gentile da Fabriano, era in origine nella Chiesa di Santa Trinita a Firenze nella cappella degli Strozzi. Venne commissionata per 150 fiorini d’oro. Gentile da Fabriano èinterprete di quello che viene definito Gotico Internazionale. Il polittico è un profluvio di oro cesellato, motivi ornamentali. L’adorazione dei Magi è desunta dal Vangelo di Matteo, oro, incenso e mirra vengono portati in dono a Betlemme fino alla grotta-capanna dove si trova Gesù bambino. Il più anziano dei re è prostrato a terra, senza corona, in atto di baciare i piedi dell’infante. Il secondo, uomo di mezza età, è rappresentato in procinto di inginocchiarsi; il più giovane, appena sceso da cavallo si avvicina con reverenza, mentre un servo lo aiuta a togliersi gli speroni, spicca la calzamaglia rosso vivo, in contrasto con l’oro che trapunta la sua veste. I tre rappresentano sia le età dell’uomo sia i continenti allora conosciuti Asia, Africa (al centro con la pelle più scura) ed Europa. Alle loro spalle, falcone sul braccio e testa cinta da un turbante striato blu e oro, il committente Palla Strozzi.
Realizzati per decorare le stanze del convento di San Marco a Firenze, su incarico di Cosimo de’ Medici, il complesso ciclo di affreschi di Beato Angelico furono eseguiti prima della sua partenza per Roma tra il 1438 e il 1445 includendo anche l’episodio dell’Adorazione del Bambino. Il neonato è rappresentato al centro, quasi lievitante su una polvere di pagliericcio, buco e con l’aureola mentre 4 figure sono disposte a semicerchio attorno a lui: la Vergine, Giuseppe, San Pietro Martire e Santa Caterina d’Alessandria. La particolarità del dipinto è costituita dallo sfondo da cui si affacciano il bue e l’asinello, l’artista ha creato una sorta di quinta scenica attraverso due parallelepipedi grigio antracite attraversati da un pattern curvilineo.
La Natività di Piero della Francesca (1470-1475, olio su tavola, 124,4×122,6 cm) è al centro delle discussioni proprio in seguito al suo restauro. Dopo tre anni, la National Gallery di Londra ha esposto i frutti del lavoro capitanato da Jill Dunkerton, restauratrice senior del museo. I critici hanno affermato che le parti più gravemente danneggiate (il dipinto presentava spaccature nel pannello) sono state recuperate in maniera pasticciata. Jonathan Jones, critico del Guardian, ha affermato che la National Gallery ha “rovinato il Natale” con il suo restauro “maldestro e lento, se non addirittura comico”. Speriamo non sia così! I pastori sullo sfondo ad esempio, che risultavano quasi cancellati da rovinose puliture precedenti, hanno dovuto essere quasi completamente ridipinti. Viene da chiedersi perché non si affidino a restauratori di Scuola Italiana. La particolarità del dipinto, insieme all’ambientazione, sono i cinque angeli cantori, quelli in posizione preminente intenti a pizzicare le corde dei liuti. Sono disposti a tre diverse lontananze ma le loro teste sono tutte sulla stessa linea, terminando alla stessa altezza (isocefalia). Sullo sfondo a sinistra il paesaggio si delinea lungo il corso serpentina di un fiume mentre a destra compaiono i tetti, torri e campanili di un paesino toscano, forse Borgo San Sepolcro, città natale di Piero della Francesca. Sul tetto della capanna spicca una gazza, rappresenta la follia umana e presagisce la crocifissione. L’ipotesi di Paolo Tofanelli è che la superficie esterna della tettoia funzioni come uno spartito musicale con indicate delle note (le macchie di muschio alternate ai vuoti).
Uno degli ultimi dipinti di Sandro Botticelli è la Natività Mistica del 1501 (tempera su tela, 108,5×75 cm, National Gallery, Londra). Alcuni critici affermano sia stato l’ultimo prima di abbandonare per sempre l’arte per abbracciare la povertà. Il dipinto è attraversato in pieno dalle nuove temperie spirituali che attraversavano l’animo del grande pittore fiorentino dopo l’avvento di Savonarola (1494) e l’incontro con il suo pensiero sovversivo. La sua pittura cambia radicalmente e si afferma Botticelli si trasformi in un “pittore mistico” (o anche fanatico) rispetto alla sua prima carriera artistica, promotrice degli ideali rinascimentali e contraddistinta dalla relazione con i Medici.
Nell’opera sono contenuti molti riferimenti alle Sacre Scritture che vogliono collegare la nascita di Cristo al Giudizio Universale – che prevede la riconciliazione degli esseri umani con Dio. In basso, degli angeli accolgono tra le loro braccia gli uomini virtuosi, dal capo coronato di alloro, auspicio della pace universale, che si diffonderа sulla terra dopo la venuta del Salvatore. Sopra la tettoia di paia della capanna-grotta, tre angeli intonano un canto – le vesti sono tinte dei colori delle tre Virtù teologali: bianco per la Fede, rosso per la Carità e verde per la Speranza. All’estremità superiore, dodici angeli volteggiando dandosi la mano e passandosi rami di ulivo in un girotondo ritmato. Ingaggiano la danza della vita, simbolo della rigenerazione spirituale. Una profezia vergata in greco, sopra le loro teste, enfatizza la speranza nell’avvento di tempi migliori. La composizione del dipinto non segue uno schema prospettico ma gerarchico, per questo motivo la Vergine presenta una grandezza maggiore, proprio per sottolineare la sua prominenza simbolica.
Se i misteri (l’iconologia simbolica), la gamma cromatica e i lirici paesaggi del pittore de La tempesta, Giorgione, solleticano il vostro appetito non perdete l’occasione di ammirare la sua Adorazione dei pastori o Natività Allendale, (1500-1505 circa, olio su tavola, 90,8×110,5 cm; National Gallery, Washington).
Passiamo ora ad ammirare la fotografia dell’opera de La Natività del Caravaggio per l’Oratorio di San Lorenzo di Palermo purtroppo trafugata nel 1969 o addirittura bruciata dalla mafia. Per ricordale tale drammatica perdita, a mezzanotte del 24 dicembre verrà presentata un’opera d’arte contemporanea, firmata Vanessa Beecroft, la troverete allestita nell’anti-oratorio fino al 17 Ottobre 2023, anniversario del furto del Caravaggio. Colpiscono la verità delle figure del pittore, uomini in carne e ossa rappresentati senza orpelli, nella loro nobile umiltà. La madonna è addormentata come nella celebre Maddalena penitente conservata a Roma, nella splendida Galleria Doria Pamphilj.
Non dimentichiamo di aggiungere al novero una natività fiamminga, quella di Gerrit Van Honthorst, noto come Gherardo delle Notti, conservata agli Uffizi. Probabilmente dipinta nel 1620, quest’Adorazione del bambino è immersa in un’atmosfera ovattata. Centro nevralgico il neonato, adagiato in una mangiatoia, è circondato dai volti di Maria, Giuseppe e di due angeli in estatica contemplazione.
Se non vogliamo focalizzarci solo sulle numerosissime natività realizzate nei secoli possiamo lasciarci coccolare dalla storia natalizia per eccellenza, Lo Schiaccianoci. La favola venne interpretata da Pëtr Il’ič Čajkovskij che ideò la partitura musicale traendo ispirazione dal racconto “Schiaccianoci e il re dei topi” di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, poi peraltro reinterpretato da Alexandre Dumas. Interessante anche osservare il quadro A Christmas Carol (1867) del preraffaellita Dante Gabriel Rossetti.
Ma qual è la prima cosa che ci viene in mente pensando a questo giorno di festa?
Nelle sue varie rappresentazioni, Babbo Natale! Circondato da elfi che lo aiutano a fabbricare doni o in compagnia delle nove renne, che guidano la slitta la notte del 24 dicembre. Il gruppo di cervi volanti fu introdotto nell’immaginario natalizio dal poeta C. Moore che nel 1822 le descrisse in una delle sue poesie, Twas the Night Before Christmas.
Alle pubblicità della Coca-Cola – colosso che ha strettamente influenzato la cultura americana – viene spesso attribuito il merito di aver plasmato l’immaginario moderno che ruota intorno al Natale e all’iconica figura del suo Babbo: uomo anziano dalla folta barba neve, vestito di velluto rosso e bianco. Il motivo era in verità comune da tempo, sebbene l’azienda abbia iniziato a utilizzare prestissimo il personaggio del Babbo Natale in veste rosso-bianca (strategicamente gli stessi colori del marchio). Compare infatti già negli anni ’30, nelle campagne pubblicitarie invernali illustrate da Haddon Sundblom. Prima di Babbo Natale, il brand promuoveva la sua fama grazie alle immagini di giovani modelle elegantemente vestite. La Coca-Cola non è stata neppure la prima azienda produttrice di bevande analcoliche a utilizzare l’immagine moderna di Babbo Natale nelle sue pubblicità: White Rock Beverages la utilizzò infatti nel 1923 per lanciare il suo ginger ale, dopo averla usata addirittura nel 1915 per vendere acqua minerale.
In ogni caso, forse il maggior responsabile dietro al trionfo della versione emblematica del Signor Natale alla quale siamo ormai assuefatti, è stato l’illustratore newyorkese Norman Rockwell, ispirato dall’intuizione pubblicitaria della Coca-Cola Company. In ben 321 dei suoi quadri realisti, Santa Claus indossa pantaloni rossi abbinati ad una calda camiciola dello stesso brillante colore, punteggiata da bottoni dorati. Inoltre, completano l’outfit un paio di stivali, neri come la cintura con fibbia dorata, e un morbido berretto rosso bordato di candida pelliccia. Gli occhiali, dalla montatura sottilissima e dalle lenti rotonde, sono inforcati sul naso per decifrare miliardi di calligrafie (o disgrafie) e messaggi contenuti nelle letterine spedite dai bambini di tutto il globo. Se volete recuperare altre raffigurazioni di Babbo Natale potete cercare il San Nicola di Robert Walter Weir (1837, Smithsonian American Art Museum), Santa Claus di Thomas Nast (1881), osservare il Primo manifesto natalizio della Coca-Cola (1931) firmato da Haddon Hubbard Sundblom ricalcato l’anno successivo nelle fattezze del caro vecchietto nella versione Disneyana (Il laboratorio di Babbo Natale, 1932). È del 1939 la copertina del Saturday Evening Post ad opera di Norman Rockwell Babbo Natale segna l’itinerario dei bambini buoni, mentre Salvador Dalì nel 1948 crea una particolare cartolina natalizia in cui Papà Natale – il corpo immerso nella neve – tiene in braccio una cassettiera. Al suo interno, si riconoscono gli orologi squagliati tipici dell’artista e un coniglio bianco (magari un riferimento ad Alice in Wonderland).
Nel Manifesto natalizio dell’anno 1953, nuovamente firmato da Haddon Hubbard Sundblom, Babbo Natale sfoggia un sorriso smagliante (e senza denti). Ha martello e metro nella mano sinistra e la bottiglia di Coca-Cola stappata nella destra, pronto a brindare mentre i suoi elfi si occupano degli ultimi ritocchi artistici a bambole e cavalli a dondolo.
In And to all a good night (1954) di Norman Rockwell, Babbo Natale sembra essere agli sgoccioli, esausto per la nottata dedicata alla consegna dei regali. È abbandonato senza forze, finalmente in panciolle, su una sedia a dondolo. Ha appena staccato la pagina del 24 dicembre dal calendario: tiene ancora il pezzo di carta in mano, il braccio penzoloni, mentre dalle dita della destra quasi scivola una pipa. Gli occhi sono sbarrati per la mancanza di sonno.
Ci sono opere d’arte più contemporanee che possiamo ricordare? Innanzitutto il ciclo di dieci stampe, Myths, datate 1981 e create dal mito della Pop art, Andy Warhol.
Christmas ’95 (1995) di uno dei più importati artisti italiani dell’attualità.
Maurizio Cattelan, in quest’opera dissacrante, parte dalla stella delle Brigate rosse alla quale aggiunge una coda, come fosse la scia di una stella cometa. Con queste parole commenta l’operazione: “Nel dopoguerra, in Italia, funzionava così. O si era comunisti o cattolici. La mia famiglia era molto cristiana, ho fatto anche il chierichetto per vari anni, più che altro per racimolare qualche soldo per il cinema. Non ho mai creduto in un Dio vero e proprio ma trovo molto valida l’educazione cattolica nel quale sono cresciuto. La mia città, Padova, era molto attiva a sinistra, con il movimento Autonomia operaia che si avvicinava a quelli delle Brigate Rosse”.
Chiudiamo il cerchio con l’opera di Banksy, La cicatrice di Betlemme (2019).
L’artista dall’identità tanto discussa propone infatti una Natività atipica per la capitale del Governatorato d Betlemme nella giurisdizione dell’Autorità Nazionale Palestinese. Il gruppo della Sacra Famiglia si staglia su uno sfondo allegorico: un muro di cemento perforato da un colpo di mortaio, la breccia aperta dall’artiglieria assume la forma di una stella. Questo presepe che richiama la guerra è collocato a Betlemme, dinanzi l’entrata dell’Hotel Walled off. La struttura è stata progettata da Banksy stesso, proprio a ridosso del muro che separa Betlemme da Gerusalemme est (a soli 10 km di distanza). Se andiamo sul sito e clicchiamo sull’area “Questions” le prime righe che leggiamo sono le seguenti: “È uno scherzo? No, è un vero e proprio art hotel con servizi igienici perfettamente funzionanti. È sicuro? Sì. L’hotel si trova in una zona vivace e aperta ai turisti di tutto il mondo. Ci sono tutti i ristoranti, i bar e i taxi che ci si aspetta. Siamo a 500 metri dal checkpoint per Gerusalemme e a un chilometro dal centro di Betlemme”…