L’arte della preistoria, proprio per il suo carattere di densità simbolica, ha una chiara connotazione religiosa. Essa potrebbe essere nata non dalla volontà di trasmettere un sapere, ma dalla celebrazione di eventi rituali da parte di sciamani. Questi sono riconosciuti dal gruppo sociale come mediatori tra la realtà materiale e le forze presenti in natura o al di sopra di essa. Certo non si deve immaginare un’esperienza religiosa già istituzionalizzata in modelli di comportamento condivisi da più persone allo scopo di soddisfare il bisogno di un gruppo: più che di religione, forse sarebbe meglio parlare di «religiosità» nelle sue prime fasi di organizzazione sociale.
La magia, a sua volta, si esprime in riti di sortilegio affinché la caccia sia abbondante e gli animali siano fecondi: l’immagine produce l’atto, cioè la rappresentazione della ferita è in grado di provocare la cattura della selvaggina. Anche nella circostanza della morte, la magia esprime una sua presenza evocatrice ed esorcizzante. L’arte è una vittoria sulla morte, la scoperta di una gioia primordiale. Un «gioco» tra realtà e irrealtà che s’intrecciano, si richiamano, lottano tra loro e tra loro si sostengono a vicenda.
Man mano che le società si organizzeranno e si evolveranno, non verrà mai meno il culto dei defunti, con i relativi cerimoniali sempre più complessi e i rispettivi luoghi di sepoltura sempre più solenni. Infiniti sono gli esempi che si potrebbero addurre, dalla società sumerica a quella cinese, dai gruppi indoeuropei a quelli africani.
Un caso classico è il culto dei morti nell’antico Egitto: praticamente sono le tombe a svelare le principali informazioni su quella straordinaria civiltà. Fin dai primissimi insediamenti umani lungo la valle del Nilo (5 mila a. C.), le tombe sono in grado di testimoniare non solo la mentalità di quegli abitatori, ma anche molti aspetti della loro vita quotidiana. Illuminanti sono queste considerazioni di Enrico Ascalone:
«Il cadavere è deposto per lo più rannicchiato e avvolto in teli, stuoie o pelli, accompagnato da oggetti di corredo, che rivelano l’esistenza di concezioni religiose e funerarie. I corredi sono composti da recipienti ceramici, statuine in pietra, terracotta, osso e avorio, oggetti in fibre vegetali intrecciate, armi, monili ed effetti personali; dall’analisi di tali contesti emergono accenni di differenziazione gerarchica, pur mancando una società politicamente strutturata e una coesione territoriale».
Tutto ciò, poi, con la successiva organizzazione sociale, l’importanza della classe sacerdotale e l’avvento al potere dei faraoni, raggiungerà livelli di bellezza e di profondità difficilmente eguagliabili. È soprattutto dal 2.700 a. C., con la costruzione della piramide di Zoser, che le tombe egizie diventeranno monumenti di eccezionale grandiosità tecnica, estetica e simbolica. Seguiranno, tra il 2.550 e il 2.450, le grandi piramidi di Giza, innalzate dai faraoni Cheope, Chefren e Micerino, per giungere infine a veri e propri templi funerari intorno al 2.100.
Al di là della ricchissima documentazione archeologica, è facile immagine il solenne e complesso cerimoniale che si svolgeva in occasione della morte del faraone, dei suoi familiari e dei notabili del regno. Ma anche sepolture più umili offrono uno spaccato sulla civiltà egizia e sulla sua ritualità funebre. Celeberrime, poi, sono le mummie che quel popolo ha consegnato alla storia.
Lo stesso processo di mummificazione non è riducibile a un trattamento chimico-fisico. La cultura egizia, infatti, riteneva che il corpo fosse la sede dell’anima, Ka, e la conservazione del corpo stesso dopo la morte fosse essenziale per la vita nell’oltretomba. La mummificazione tendeva perciò a questa conservazione, mediante l’asportazione degli organi interni e la disidratazione del corpo, prima che questo fosse avvolto in un lenzuolo o in bende intrise di resine. L’aridità dell’ambiente, poi, favoriva la rapida disidratazione del corpo che lo preservava da ulteriori decomposizioni.
Fin dalla più antica mummia egizia, risalente a oltre il 3.000 a. C. e conservata al British Museum di Londra, il corpo, dopo aver ricevuto tutti i trattamenti previsti, fu sepolto insieme con del vasellame contenente cibo e bevande per il viaggio nell’oltretomba. Lo scopo della mummificazione, pur avendo un’indubbia ricaduta sul piano estetico, era di tipo ritualistico-religioso, ulteriormente sottolineato dalle decorazioni espresse sulle pareti delle tombe o sui sarcofagi.
Anche nelle antiche culture cinesi si trova la pratica dell’imbalsamazione attraverso l’uso di legno di cipresso e particolari erbe medicinali. Altre culture in cui si riscontra la pratica della mummificazione sono quelle del Centro America.