A talk with Verena Redin, Scenografa scaligera
Scenografa realizzatrice della Scala, Verena Redin studia all’Accademia di Belle Arti scenografia. Sceglie questo ramo di studi per la passione del teatro. C’è stata una folgorazione durante la sua vita, dopo aver visto i lavori del pantomimo Lindsay Kemp (che insegnò questa arte nientemeno che al Duca Bianco David Bowie). Nelle su e rappresentazioni coglieva il coinvolgimento dei sensi, l’empatia con il suo percussionista e l’uso delle luci. Ha conosciuto molto da vicino i più grandi scenografi del mondo.
In cosa consiste il suo lavoro? E quale è la differenza tra scenografo bozzettista e realizzatore? Lo scenografo bozzettista lavora in team con il regista cui viene commissionato un’opera o un balletto. Si occupa della creazione di moodboard e di disegni della scenografia: è un progettista. Quello realizzatore, come suggerisce il termine, invece traduce queste immagini nella scenografia tangibile.
Come prende vita un’opera scaligera?
Dalle prime riunioni con gli altri capo-reparto della Scala prende vita l’opera. Nello specifico del mio lavoro, quello di scenografa realizzatrice, io e il mio team analizziamo le piante, le scenografie, e così elaboriamo i campioni dagli storyboard. Il regista racconta la sua idea e ogni scenografo, con la sua unicità e sensibilità – dichiara Verena a D-Art – trasmettendo così un messaggio unico. Si creano le ambientazioni, che possono essere astratte o fedeli all’epoca storica. Da queste suggestioni che si creano attraverso soprattutto la ricerca di materiali credo di saper esprimere al meglio la creatività dello scenografo bozzettista.
Come prosegue poi la fase creativa dello scenografo bozzettista?
Dopo questo primo meeting porto i campioni al secondo incontro con il team. Ogni volta si creano dei prototipi ex novo, utilizzando materiali sempre nuovi. Gli elementi strutturali come il ferro, il legno e la parte meccanica sono adattati alle esigenze della scena. La parte più difficile del lavoro è saper interpretare il gusto pittorico e riproporlo in dimensione del palco. Ossia tradurre graficamente le sensazioni, interpretare le tavole tecniche, il gusto pittorico.
Cosa le entusiasma di più del suo lavoro?
La fase di ricerca in cui si toccano con mano i materiali è quella che mi entusiasma di più. Prima però si traduce in tavole tecniche con dimensioni reali il gusto del bozzettista.
Ciò che amo del lavorare in Scala è il lavoro dinamico. Lavorare sui prototipi è la parte che mi stimola di più. Il lavoro sui colori, sulla tela è dinamico: il lavoro in gruppo e il dialogo che ne scaturisce. Gli incontri che si fanno con professionisti da tutto il mondo è un altro aspetto che mi affascina assai.
Consegnare lo spettacolo “sezionato” arrivando alle prime prove vedendo l’integrazione della scena con le luci, gli attori diretti dal regista compongono questa “scatola magica” che è la rappresentazione dello spettacolo dal vivo.
Verena è ancora quell’adolescente che rimase folgorata da Lindsay Kemp. La scintilla che la appassiona da anni è sempre vivissima.