È una missiva che unifica tutte le bandiere del mondo. È Un messaggio che si differenzia da luogo e popolo e ancora da pensiero in pensiero. E tanto vale che l’unione venga esemplificata attraverso un progetto creativo che nasce da linee parallele e livelli vari.
Francesca Liberatore per il prossimo autunno/inverno 16-17 riflette e lascia manifestare un concetto basilare nella vita odierna di ognuno di noi: la riflessione che ci spinge a decidere tra il bene e il male.
Esponente di maggiore spicco in questa missione, è il nero, che prevale su tonalità più tenui come il nude.
I capi sono morbidi, fascianti. Si adeguano gradevolmente alla silhouette della donna. I look sono garbati, ma superano in alcune occasioni, l’eccesso di sensualità, con tessuti che lasciano trasparire le grazie della donna.
Gonne asimmetriche e tagli obliqui. Fuseaux in pelle trapuntata e parka multi tasche per un look contemporaneo e in linea con il mood metropolitano proposto dalla designer.
Francesca Liberatore, la giovane stilista romana che incanta New York, si appresta a conquistare l’olimpo della moda ponendo l’attenzione su valori intrisi e pochi esplorati che quest’ultima dimentica molto spesso di esplorare.
Leggerezza e comfort sono le parole chiave della collezione primavera/estate 2016 di INVICTA, noto brand italiano apprezzato da chi ama vestire con stile senza rinunciare alla qualità.
Fulcro della collezione è il capospalla che in questa stagione abbandona il contrasto, prediligendo il ton sur ton. La linea, pensata per soddisfare le esigenze di tutta la famiglia, si sviluppa con capi sfoderati, imbottiti e in tinto capo. Inoltre, l’ovatta compressa, conferisce ai capi leggerezza e morbidezza.
In più, sia nell’uomo che nella donna, è stato inserito un nylon stretch che permette una vestibilità over ai capispalla e che consente alla collezione di esser al passo con le tendenze del momento.
Invicta, peraltro, strizza l’occhio alla moda donna con una serie di capi pensati per modulare la scelta dei trapuntati che vengono mixati con parti lisce.
Ed è proprio nel 2016 che INVICTA compie 110 anni e per l’occasione ha deciso di rinnovare la propria immagine grafica con una veste del tutto nuova che spazia dalla Pop Art alle Stripes.
“Per me è naturale presentare insieme, le collezioni maschili e femminili “, ha dichiarato lo stilista Alessandro Michele in una nota diramata dalla maison nelle ultime ore.
Già alla sua prima apparizione come direttore creativo del brand fiorentino, il giovane designer aveva tracciato le linee guida del suo stile, facendo intuire una svolta epocale in casa Gucci creando una collezione uomo femminea che destò, all’epoca, alcune perplessità, ma che oggi si rivela una “trovata” vincente.
A partire dal 2017, il marchio italiano presenterà una sola collezione per stagione, proponendo in un’unica sfilata sia womenswear che menswear all’interno del nuovo quartier generale di Gucci, in via Mecenate a Milano.
Marco Bizzarri, Presidente e CEO di Gucci ha tenuto a precisare che le collezioni presentate, non saranno vendute in seduta stante come accade per Burberry (il marchio londinese che ha dato il via a questa evoluzione e che permette ai suoi clienti di poter acquistare i capi proposti in défilé durante le ore successive dalla sua presentazione n.d.r.) ma saranno acquistabili soltanto la stagione successiva.
L’innovazione in casa Gucci ad opera di Alessandro Michele, si concretizza mescolando una moda sofisticata e per certi versi unisex. Capi gender dal gusto retrò, spesso contaminati da tocchi vittoriani, ricami e fiocchi a volontà.
Si ipotizza che la scelta radicale di Gucci, possa essere adottata da altre aziende italiane, già a partire dalle prossime collezioni stabilendo, una forte coesione all’interno del sistema moda nostrano.
Come già vi avevamo anticipato nei giorni scorsi (potete leggere l’articolo qui) , Anthony Vaccarello, è stato chiamato a ricoprire il ruolo di direttore creativo della maison francese Saint Laurent, rimasto vagante dopo la separazione consensuale tra lo stilista francese Hedi Slimane e la maison di moda.
Vaccarello, già alle prese con una florida collaborazione con il marchio VersusVersace, ora si dedicherà totalmente al progetto di Saint Laurent che ha come obiettivo la crescita del marchio sia in fatto di visibilità che di fatturato.
Il 33enne stilista belga, nato a Bruxelles da genitori italiani, presenterà la prima collezione ad ottobre 2016, durante la settimana della moda parigina primavera/estate 2017.
Come dichiarato da Francesca Bellettini Presidente e CEO del brand, “La scelta è stata naturale”. Lo stile di Vaccarello, appare un continuum del progetto creativo di Hedi Slimane e, più in linea, con l’immagine forte e di spiccata sensualità che contraddistingue Saint Laurent dalle altre case di moda.
Anthony, ha tutte le carte in regola per poter ricoprire il ruolo che gli è stato assegnato, in modo eccellente.
Giovane, dinamico e creativo, le sue collezioni hanno sempre una nota sensuale espressa con scollature e spacchi vertiginosi. Esplosione di toni cupi, spenti deliberatamente da un nero tenebroso e ravvivati da macchie metallizzate e colori in contrasto: questa è la firma peculiare che lo stilista imprime nelle sue collezioni.
Come si può immaginare, Vaccarello è entusiasta di questa nomina e con enfasi ha rilasciato le prime dichiarazioni: “Monsieur Saint Laurent è una figura leggendaria per la propria creatività, stile e audacia. Sono veramente grato di avere l’opportunità di poter contribuire alla storia di questa Maison straordinaria.”
Un alone di mistero e il moltiplicarsi di polemiche, annebbiano una manifestazione davvero importante per quanto riguarda la lotta contro l’AIDS: il Convivio.
In rete, da ormai qualche ora, circola il presunto Manifesto di presentazione della mostra/mercato a favore dell’Anlaid che permetterà di utilizzare i proventi, in favore della ricerca contro l’AIDS.
Il progetto, che vedrà il suo debutto l’8 giugno a Milano e che si protenderà fino al giorno 12 del medesimo mese, in questi giorni è oscurato da una serie di controversie mosse dagli internauti, che coinvolgerebbe lo slogan utilizzato per sponsorizzare il progetto che cita testualmente: “L’AIDS è di moda”.
Il manifesto, vede protagoniste due icone della moda italiana, il direttore di Vogue Italia, Franca Sozzani (promotrice dell’evento ormai da anni n.d.r.) e la stilista Donatella Versace che, da quanto emerge dalla locandina, inciterebbero l’acquisto dei prodotti messi in vendita proprio per incrementare le potenzialità di riuscita della causa: “In Italia, ci sono 120.000 persone sieropositive e ogni anno si registrano 4000 nuovi casi di contagio. ‘Io ci metto la faccia, a te chiedo di fare shopping, meglio Fasion VIctim che Aids Victim.”
Quello che non è piaciuto agli utenti dei maggiori social network è l’associazione della pericolosa malattia alla parola moda e, seppur Donatella Versace si dica all’oscuro di tale manifesto, a tanti questa “trovata” poco felice, pare una sgradevole caduta di “stile”.
Gli scatti che la vedono sempre protagonista, la immortalano solare e soddisfatta della sua vita. In realtà, però, durante la sua insistenza un insidioso buco nero l’ha portata vicina al baratro. Forse in molti non conosceranno la sua sofferenza seppure l’interessata non ha mai avuto remore a rivelare al mondo, il suo passato non sempre roseo.
Cara Delevingne, la bellissima modella contesa dalle maggiori casa di moda, all’età di diciassette anni dovette combattere contro la depressione, una malattia che non perdona nessuno e che divora non solo la mente, ma anche il corpo.
“Tutto ciò che volevo era che il mondo mi ingoiasse e non mi sembrava ci fosse soluzione migliore della morte […] Avevo veramente bisogno che qualcuno mi fermasse, che mi dicesse ‘Hai bisogno di una pausa, hai bisogno di pensare a te stessa”, ha raccontato la modella al Women In The World Summit di Londra qualche mese fa, quasi a spronare sia donne che uomini a riferire il malessere che nutrono e che molto spesso non rivelano a chi gli sta accanto, per il terrore di non essere compresi.
La bella Cara, onnipresente sui set più prestigiosi del fashion system, deve la sua rinascita grazie alla preziosa collega Kate Moss, possente spalla su cui riversare lacrime amare in un periodo nella quale è il colore nero a prevalere su una palette di tonalità variopinta.
Cara e Kate, erano talmente unite, che qualcuno aveva insinuato una relazione omosessuale tra le due. La realtà, come hanno dimostrati i fatti era un’altra: solo una donna forte ed abituata a stare al centro del gossip, avrebbe saputo dispensare consigli ad una giovane e inesperta collega per non lasciarsi divorare dalla depressione; e se oggi assistiamo alla “resurrezione” di Cara (che ha smentito fortemente di voler abbandonare la moda n.d.r.) è alla divina Kate, che dobbiamo dire grazie.
Il ritorno di Cara Delevingne nel mondo della moda, risuona su Twitter con un post chiarificatore: “Non ho mai smesso”, ha cinguettato sul noto social network e intanto la campagna di Saint Laurent sta facendo il giro del mondo.
Helmut Newton approda a Venezia con una serie di scatti che ci illumineranno sul percorso artistico del fotografo tedesco.
Dal 7 aprile al 7 agosto 2016, sarà possibile esplorare i cunicoli mai pretenziosi delle fantasie erotiche (ma non solo) dell’artista, nella sede espositiva Tre Oci.
La mostra “Helmut Newton. Fotografie” è stata organizzata ponendo l’attenzione sul focus dell’interesse artistico di Newton, la donna, e si suddivide in tre macro sezioni: White Women, Sleepless Nights e Big Nudes, entrambe nate dopo la supervisione dei volumi pubblicati alla fine degli anni settanta, inizi anni ottanta.
Il volume White Women, composto da 42 immagini a colori e 39 in bianco e nero, è definito da tutti la prima rappresentazione di nudo artistico legata alla moda. Corpi sinuosi e nudi, fotografati con maestria senza avvolgere la donna di un benché minimo alone di volgarità.
In Sleepless Nights ( volume pubblicato nel 1978) una serie di contaminazioni stilistiche ergono la vena artistica del fotografo a livelli di eccezionale visione estetica. Ritratti superbi, che catalizzano l’attenzione non solo sulle modelle ma anche sugli abiti, tanto che, l’editoria di moda si contende i suoi scatti.
Con Sleepless Nights, Helmut Newton si aggiudica un’onorificenza del tutto meritata divenendo il primo fashion photography che la storia della moda abbia mai elargito ed onorato.
Infine, con Big Nudes (volume pubblicato nel 1981) l’acclamato e osannato fotografo, “sbarca” nei musei e nelle gallerie più importanti del mondo con gigantografie di nudo integrale, ispirati dai manifesti diffusi dalla Polizia tedesca per rintracciare alcuni esponenti di un gruppo terroristico del RAF.
Per tutte le informazioni inerenti alla mostra, visitate il sito www.treoci.org
Con l’uscita di Hedi Slimane dalla direzione creativa di Saint Laurent, oggi potremmo confermare che nel mondo della moda ci sia in atto una vera e propria rivoluzione o, per essere più coincisi, una ribellione nei confronti del sistema.
È una news che forse in tanti attendevano ma che non lasciava conferma fino a ieri, quando l’imprenditore francese François-Henri Pinault, fondatore della holding multinazionale francese Kering, in una nota ha dichiarato che il contratto dello stilista francese che lo ha visto legato alla maison francese durante gli ultimi quattro anni, non verrà rinnovato.
Francesca Bellettini Presidente e Direttrice generale del marchio, attraverso un breve comunicato, ha così congedato Slimane: “Voglio ringraziare Hedi Slimane di aver dato la sua visione per rilanciare emblematicamente la maison Yves Saint Laurent”.
Alla luce dei fatti, pare che sia prossimo alla nomina di direttore creativo di Saint Laurent, Anthony Vaccarello che dovrà seguire le orme del suo predecessore, proponendo un progetto creativo rock-chic, al pari di Slimane, che qualcuno vorrebbe alla direzione di Dior.
Se vi siete persi l’ultima collezione Saint Laurent firmata Hedi Slimane, clicca qui.
Strutture come onde sinuose sulla sabbia, disegnate dal vento.
Una concezione architettonica virale e primordiale, modellata su una visione contemporanea dello spazio sulla quale la sua architettura ha preso forma.
Non rimane che il commiato ad una grande artista che generosamente ha donato l’arte in tutto il mondo, valorizzando gli agglomerati delle città.
Zaha Hadid, venuta alla luce a Baghdad il 31 ottobre 1950, nacque in una delle famiglie più ricche del Paese (il padre era un facoltoso politico ed industriale) che le permise di poter consolidare la sua passione per la matematica conseguendo una laurea presso l’Università di Beirut per poi intraprendere gli studi di architettura a Londra presso l’Architectural Association.
Il percorso di Zaha, l’architetto donna più autorevole al mondo (così venne definita dal TIME nel 2010 inserendola tra le 100 donne più influenti al mondo n.d.r.) in quegli anni, era in forte ascesa.
Grande giovamento ricavò dall’incontro avvenuto con l’ingegnere strutturista irlandese Peter Rice, che la spronò a proseguire la sua carriera da architetto.
Nel 1994 occupa la cattedra presso l’Harvard Graduate School of Design che un tempo era dell’architetto e urbanista giapponese Kenzō Tange.
Zaha Hadid amava il suo lavoro e, la passione innata per l’architettura, la porta a vincere il Premio Pritzker nel 2004 (prima donna a ottenerlo n.d.r.) e il Premio Stirling nel 2010 e nel 2011.
Il genio dell’architettura fu molto attiva sul campo, progettando edifici magnifici che si possono ammirare in tutto il mondo.
Da Londra a Roma, fino a Belgrado: il suo contributo iper contemporaneo su progetti architettonici inusuali, poco schematici e liberi da qualsiasi contesto urbanistico, fanno di Hadid, scomparsa ieri a Miami, 31 marzo 2016 a causa di un infarto fulminante, l’architetto donna più incontrovertibile che il mondo dell’arte possa conoscere.
Ad oggi, orfani della sua immane cultura e del suo gusto estetico complesso, non ci rimane che contemplare le sue opere architettoniche, ringraziandola per averci donato, attraverso la sua arte, un pezzo della sua anima.
«Quando la gente vede cose fantastiche, la prima cosa che pensa è che non siano possibili. «Invece non è vero; siamo capaci di costruire cose formidabili». Zaha Hadid
Sette tonalità per accontentare proprio tutte le donne che si sentono leggiadre e romantiche come le migliori étoile che calcano un palcoscenico che in questo caso si chiama strada.
Christian Louboutin, lo shoe designer delle meraviglie, abbandona la celeberrima suola rossa e crea una collezione del tutto nuova, lontana dal disegnare una femme fatale ma, al contrario, una dolce e sentimentale donna in tutù.
The nude collection, lanciata nel 2013 dallo stilista calzaturiero francese, oggi può vantarsi dell’introduzione di Solasofia: la ballerina in nappa opaca che si preannuncia come il nuovo vezzo per le amanti del marchio e, più in generale, delle ossessionate del modello di calzatura, bon ton- chic per eccellenza.
Per le amanti delle ballerine, il marchio francese concede una shop experience sul sito ufficiale www.christianlouboutin.com
Esaltare la personalità di ogni donna, oggi si può attraverso l’accessorio giusto. Questo pare il mantra di Daniela Vanni, che ha creato il suo omonimo brand puntando su accessori unici e lussuosi, concepiti attraverso un design unico e riconoscibile.
Il decoro, firma prediletta da Daniela, evidenzia i raffinati pellami utilizzati nella produzione delle borse confezionate pezzo per pezzo da maestri artigiani, conferendo prestigio alla collezione di Daniela Vanni interamente prodotta in Italia.
La peculiarità delle borse Daniela Vanni è l’interscambiabilità delle flap che si agganciano al corpo borsa grazie a un sistema brevettato di gemelli posti sul retro, che offrono la possibilità di adattare la borsa in base all’outfit.
Il 10 marzo scorso, la designer Daniela Vanni ha presentato la nuova collezione all’interno della famosa boutique “La Tenda” in via Solferino 10 a Milano.
Per l’occasione, è stato creato il modello Clan: una Limited Edition “Daniela Vanni per La Tenda”, caratterizzato da una raffinata lavorazione ad “effetto ricami” geometrici su fondo nero.