Still Nature. Due artisti, Giulio Catelli e Alessandro Finocchiaro, in un’unica mostra dall’intonazione introversa e intimistica. Protagonista sarà il paesaggio, capace di rintracciare frammenti di bellezza anche in quegli aspetti della natura percepiti come consueti o insidiati dall’abitudine e dalla ripetizione. Guardare fa rima con salvare. I due artisti utilizzano strumenti sensibilmente diversi per tradurre la propria indagine formale: Catelli una tavolozza materica e cromaticamente vigorosa, Finocchiaro impasti lievi e toni smorzati. Ed ancora Catelli un periodare largo e aggettivato, Finocchiaro una sintassi sobria e minimale. Come spiega la professoressa Daniela Vasta, nella presentazione del catalogo a sua cura:
“Atmosfere che inconsciamente rievocano il Realismo Magico. Rara la presenza umana, mentre protagonisti sono radure, angoli di bosco, campi, i parchi romani, o ancora particolari apparentemente marginali come un tronco spezzato, un ramo di fico, una casa rurale, un uccello, un vaso, un cavalletto da pittore. Istantanee del quotidiano e della campagna laziale e marchigiana sono sottratte al tempo e all’usura per diventare icona di un equilibrio interiore, di una disciplina del pensiero rigorosa, quasi ascetica. Le opere sono timidi richiami a percorsi meditativi e pensosi.
L’accostamento di queste due personalità artistiche così differenti produce un effetto suggestivo di un armonioso risultato corale. Come due strumenti dal timbro diverso rafforzano la propria voce nel concorrere insieme alla melodia, al di là delle diversità estetiche e poetiche, Catelli e Finocchiaro sono uniti da uno sguardo che sembra alternare incanto e disincanto, per guardare alle cose sub specie aeternitatis, quasi cercandone l’aspetto permanente e universale.
Ecco perché queste opere sembrano collocarsi in un tempo sospeso, senza che ci si attenda un dopo o che si immagini un prima. Cristallizzandosi in un eterno presente, queste opere possono divenire fragili metafore esistenziali o inni appassionati alla bellezza”. La mostra a cura di Chiara Palozza sarà visitabile fino a venerdì 8 luglio.
Autore: Silvia Buffo
“Non è con gli occhi che amore guarda”, l’omaggio teatrale a Shakespeare
Una storia d’amore tra un Lui e una Lei attraverso sonetti e stralci di opere di Shakespeare. I due innamorati parleranno con le parole di Romeo e Giulietta, di Benedetto e Beatrice, di Bassanio e Porzia e di altri personaggi ancora, vivendo così tutte le fasi della loro conoscenza, dall’incontro iniziale fino all’epilogo, di cui non voglio svelare l’esito.
In occasione del quarto centenario dalla morte di Shakespeare, che ricorre in questo 2016, così l’autore e interprete Maurizio Canforini ha voluto tornare in scena con lo spettacolo “Non è con gli occhi che amore guarda”, omaggio alla grandezza del bardo di Stratford.
Reduce dai recenti successi di pubblico e di critica ottenuti grazie a “Tutti felici, tranne me…” e “Roma, amor mio…”, Maurizio Canforini inaugura il 2016 con un nuovo spettacolo, “Non è con gli occhi che amore guarda”.
Non è la prima volta che l’autore e interprete Maurizio Canforini omaggia Shakespeare, lo ha già fatto nel suo libro “Molto rumore per facebook”, che è l’adattamento in forma di romanzo dello shakespeariano “Molto rumore per nulla”.
Tutto ciò è reso possibile dalla straordinaria capacità che ha avuto Shakespeare di sondare l’animo umano in tutte le sue sfumature. Ognuno di noi, ascoltando i suoi versi, finisce sempre per ritrovare parte di sé e della sua vicenda esistenziale. Una magia che si ripete da oltre quattrocento anni e non si esaurirà mai.
Maurizio Canforini, scrittore, autore, attore e regista teatrale, ha otto libri all’attivo, dall’esordio letterario del 2005 con “Avrei voluto essere” fino all’ultima fatica, il romanzo “Molto rumore per Facebook” edito nel 2015. Per il teatro ha scritto, diretto e interpretato “Affácciati alla finestra”(2010, 2014), “Non so nemmeno dir Ti voglio bene” (2010), “Roma, amor mio…”(2012, 2015), “Il Dolce inganno dell’amore (2014, 2015) e “Tutti felici, tranne me…”(2015). Alessia Tona, cantante, attrice e regista siracusana, già nota in precedentemente ensamble in “Sweeney Todd, il diabolico barbiere di Fleet Street” per la regia di Marco Simeoli e coreografie di Fabrizio Angelini. Già protagonista di “Roma amor mio” e “Tutti felici tranne me” di Maurizio Canforini. Marco Belocchi, attore e regista teatrale. Attivo sulle scene dal 1980, ha lavorato con registi quali L. Ronconi, A. Trionfo e L. Salveti. È stato direttore artistico del Teatro Stabile del Giallo di Roma e tra le sue ultime regie va annoverato Il Principio di Archimede (2015).
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“La Truffa”, la comicità a portata di teatro
All’insegna della comicità e della suspense dell’imprevisto, lo spettacolo si anima attraverso la storia di due amici molto intimi, Davide e Pietro, alla ricerca della ‘svolta’ della loro vita. Ma ingegnandosi affinché ciò avvenga non faranno altro che rientrare alla loro ‘normalità’, che si nutre della forza e determinazione delle loro mogli, generando un fatale comico epilogo.
Dopo il successo di “Alberto, Veronica e me”, lo spettacolo di Giuseppe Talarico debuttato in dicembre, sempre al Teatro Agorà, è in scena la “Truffa”, commedia all’insegna della comicità proprio per le fattezze e le ambizioni dei protagonisti, una coppia di amici, sempre alla ricerca di facili guadagni e dei personaggi che orbitano intorno a loro. Davide sui quarant’anni, senza un impiego fisso, di tanto in tanto fa dei lavoretti un po’ arrangiati, ma non ha ancora trovato il lavoro che lo aggrada, in realtà non ha la volontà. Pietro, amico intimo di famiglia, lavora come barman, ma con Davide, è sempre alla continua ricerca dell’affare della vita per diventare ricchi e finalmente smettere di avere questo genere di preoccupazioni.
I due sono i classici intimi amici con un’ambizione comune, la ricerca incondizionata della ‘svolta’. Dopo tanti tentativi infruttuosi ma anche rischiosi, incontrano quello che sembra essere l’uomo giusto per poter raggiungere il loro scopo, quello di arricchirsi e di cambiare vita, un avvocato con cui mettono su il piano di una ‘truffa’. Pietro, il motore trainante fra i due, trascina Davide, un po’ titubante per i rischi da correre, ma l’idea di diventare ricco lo ossessiona e si lascia convincere.
La mente del piano diabolico, l’Avvocato Ascolti senza troppe resistenze convince i due amici ad associarsi al ‘business’ che frutterà centinaia di migliaia di euro. La provvidenza ancora una volta li aiuta, ma i due nonostante tutto andranno fino in fondo per raggiungere l’agognata ricchezza. L’affare sembra facile, ma loro non solo rischiano di essere arrestati, ma anche di essere lasciati dalle rispettive mogli, che invece hanno ambizioni opposte ai mariti, infatti sono loro che lavorando pensano a mandare avanti la famiglia. Paola e Fabiana fanno da forza di gravità nelle vite dei due facendoli collassare dai loro sogni aleatori nella normalità di sempre con obiettivi di altra natura: lavoro e figli.
La commedia si regge su diversi ritratti scenici, quello di una coppia di amici affiatati e del loro sogno di evadere dall’ordinario, quello femminile di due mogli alla ricerca entrambe di un figlio, che si sentono trascurate dai loro mariti non capendo cosa frulli nelle loro teste, incentivate dal ruolo ficcanaso e ingombrante della suocera Lilli.
Tanti gli equivoci e i colpi di scena, tante le incursioni come quelle della polizia francese e tedesca, che daranno luogo a tutta una serie di parodie e contrattempi da cui non sarà facile svincolarsi. Proprio dall’intrecciarci di una vita normale con la straordinarietà dell’episodio della truffa che si innescano l’ironia e l’umorismo tipici dell’autore Giuseppe Talarico.
Tra gli interpreti la bellissima Lucia Rossi nel ruolo di Fabiana al fianco di Giuseppe Talarico nel ruolo di Davide, Claudio Boschi è Pietro. Paola è Serena Farnesi, l’Avvocato è Flavio Ciancio- Elena Verde è la suocera Lilli, Andreas Plithakis è Mr Perry, i ruoli di entrambi gli ispettori spettano a Vittorio Ciardo.
“La Truffa”, spettacolo da non perdere prodotto dalla “Compagnia InControscena” in scena al Teatro Agorà di Trastevere in via della Penitenza 33, dall’11 al 28 Febbraio
“Alberto, Veronica e me”, l’ironia del quotidiano presto in scena
Titolo essenziale quello della brillante commedia “Alberto, Veronica e me”, che martedì debutterà al Teatro Agorà di Roma. E’ l’ultimo lavoro del regista Giuseppe Talarico, all’insegna del paradosso e dell’umorismo, si presenta come una metafora del quotidiano.
Storie comuni e persone comuni ma intrecciate da un ritmo irrefrenabilmente ironico e pieno di allegorie: Leonardo è un quarantenne single molto raffinato che vive da solo in un appartamento a Roma. La sua è una vita tranquilla se non fosse per le continue intrusioni della sorella Rita che molto apprensiva, spesso si reca da lui per rimettergli apposto casa. Rita, essendo di stampo tradizionalista, vuole a tutti costi farlo sposare. Ma lui, pur non avendo nulla contro il matrimonio, non ha ancora trovato la donna del suo destino. Rita, si è però ormai convinta che suo fratello, scappi dal matrimonio e dalle donne perché gay, supportata anche dai modi chic di lui, che a tratti danno questa impressione, fino a convincerla totalmente.
Quando arriverà Alberto, il migliore amico di Leonardo, anche lui dai modi raffinati ma sposato, tutto sembrerà avvalorare la tesi di Rita sull’omosessualità del fratello. In realtà, Alberto va da Leonardo per chiedere conforto, dato che si è perdutamente innamorato di una prostituta di nome Veronica, per la quale è disposto a tutto.
Gli equivoci rendono questa commedia avvincente e divertentissima fino alla fine con momenti di grande comicità: ognuno dei personaggi vive in un universo proprio che quando va a collidere con quello degli altri riserva sempre sorprese e imprevisti travolgenti. Ogni personaggio incarna un sentimento, una paura, un sogno fino all’estremizzazione di tutto ciò, grazie all’ottima recitazione degli interpreti.
Leonardo, interpretato da Giuseppe Talarico, in balia della sua classe ed eleganza si ritroverà a spazientirsi fino a rivelare la sua vera natura, pragmatica e verace. Ed ancora Letizia Barone Ricciardelli, in Bianca, moglie di Alberto, incarna la donna insicura e tradita, afflitta da mille paranoie e paure, è una donna disperata.
Ad interpretare Rita è Serena Farnesi, personaggio cardine, rappresenta l’ingenuità e il retaggio di una realtà di borgata con tutti i suoi piccoli grandi sogni, così come il marito Natalino il cui ruolo è affidato a Claudio Boschi, scanzonato e dall’aria trasognata, vive facendo il poeta e compone in ogni momento, scrivendo tutto ciò che gli viene in mente sul suo inseparabile taccuino.
Alberto, interpretato da Flavio Ciancio, il migliore amico di Leonardo invece è la personificazione del vizio, è vittima della sua stessa passione, il folle amore per Veronica, una escort professionista, il cui ruolo spetta all’attrice Lucia Rossi, l’apoteosi della seduzione e del potere femminile, per la quale sta sperperando tutti i soldi e trascurando la famiglia.
Gli universi dei personaggi si intrecciano fino a sviscerare risvolti inattesi, tutto sul filo della suspense e di una curiosità incontrollata sul gran finale. La romanità fa da cornice nel linguaggio e nell’atmosfera, nei modi di dire e di fare dei personaggi, eccetto per Veronica che incarna il sogno astratto, l’ideale irraggiungibile ma di fatto è l’emblema della più cinica realtà.
L’appuntamento per lo spettacolo, patrocinato da “Roma Capitale” e prodotto dalla “Compagnia InControscena”, sarà dal 17 novembre al 6 dicembre, al Teatro Agorà di Trastevere.
L’ingannevole mondo dei Social Network debutta a teatro
I Social Network sono ormai entrati così a fondo nelle vite di tutti che quasi non si fa più caso: non ci si sofferma più ad ammirare un tramonto perché si è troppo impegnati a fotografarlo, ed ancora si può conoscere a fondo un illustre sconosciuto, dai connotati fisici e carattere ai gusti di ogni specie, fino ai dettagli più intimi della vita privata e lavorativa, solo seguendone gli aggiornamenti di status.
Il carattere iperbolico e narcisistico dei social crea spesso un senso di inadeguatezza: ciò che è esposto è una realtà enfatizzata, camuffata, avvolta dall’ingannevole patina dei filtri di Instagram e il risultato è sentirsi esclusi da tutto ciò, non provando reale immedesimazione e condivisione.
Eppure è sempre più frequente non distinguere quella linea sottile, quasi impercettibile, che però separa nettamente il mondo social dalla realtà tangibile.
A moltissimi è capitato, almeno una volta, di provare un sentimento di esclusione, accedendo a Facebook al termine di una giornata storta e, di fronte al tripudio di allegri selfie, ritrovarsi a pensare: ‘qui sono tutti felici tranne me’! E ci si vorrebbe omologare a quello stato di felicità apparente, a quella perfezione che dal di fuori sembra non appartenerci fino in fondo. Di questo sentito senso di esclusione ne discutono già le più influenti università del mondo.
Ma è un sentimento che accomuna un po’ tutti, dando vita a molte reazioni, a volte anche di tipo artistico: sensazione condivisa quella da cui è scaturita anche una riflessione teatrale nella nuova commedia scritta, diretta e interpretata da Maurizio Canforini, che in seguito all’entusiasmo del pubblico, già dopo il primo ciclo di repliche, e anche per la nuova stagione, torna in scena al teatro L’Aura, dal 29 ottobre all’8 novembre.
“Tutti felici, tranne me…”, è infatti la prima commedia teatrale dedicata all’ingannevole mondo dei Social Network, si presenta come indagine dai toni leggeri ma anche riflessivi, fra le relazioni sentimentali 2.0 in cui ‘realtà’ e ‘mondo virtuale’ si sovrappongono senza però mai coincidere.
Oltre la Video Art: “(A)mare Conchiglie”, tra Performance e Documentario. Il suggestivo trailer è già in rete…
La sperimentazione delle artiste e attiviste Kyrahm e Julius Kaiser sembra non arrestarsi, un passo oltre la videoperformance. “(A)mare Conchiglie”, approda al ‘cinema del reale’, si evolve da performance art e diventa un film che tocca la realtà intimamente restituendole verità e memoria. Soprattutto in questo caso dove le storie sono quelle di emigranti ed ex italiani emigrati all’estero, messi insieme per evidenziare i parallelismi tra la nostra e la loro storia.
K + J: ” Picasso affermava che l’arte fosse una bugia. Il cinema può essere fiction. Ecco, noi ci sentiamo molto più vicini ad un’arte e un tipo di cinema protesi verso la verità. Se decidi di utilizzare il mezzo della performance art come canale espressivo, significa che hai deciso di portare te stesso e il proprio vissuto recondito in scena. Puoi decidere di non lasciare traccia di ciò che hai fatto e circoscrivere la tua opera alla performance stessa o scegliere di filmare il tuo lavoro trasformandolo in una videoperformance.”
Interessante la sperimentazione delle due artiste, se si pensa che fra gli anni ’60 e’70 per videoperformance si intendeva una ripresa quasi furtiva e estemporanea delle azioni degli artisti. Tutto ciò si andava ad intersecare con la messa sul mercato di telecamere portatili e con il parallelo nascere di un movimento molto dinamico, quello del ‘situazionismo’: per la prima volta in quegli anni non c’erano più oggetti da contemplare ma solo situazioni da condividere. La videoarte si presentava in quel decennio come un captare fulmineo.
Oggi invece, nell’era della rivoluzione informatica post-televisiva, Kyrahm e Julius Kaiser propongono sul Web il trailer di un contenuto artistico che dialoga con il cinema, senza mai dimenticare l’espediente della verità che costituisce la performance stessa.
Lo possiamo osservare qui nel trailer, già in rete, per chi si fosse persa una performance così toccante dal forte messaggio sociale:
Le due artiste hanno voluto cogliere di sorpresa le persone, attraverso l’approdo di un gommone di migranti sulla spiaggia di Nettuno. Storie violente, commoventi, il pubblico estremamente toccato. Momento emozionante della performance quando i presenti e i migranti, sono saliti insieme sugli scogli accompagnati dal canto sacro di una delle performer e hanno gettato manciate di sale in mare. Per ricordare i fratelli che non ce l’hanno fatta, per restituire il mare al mare.
Roma amor mio, la lode teatrale di Maurizio Canforini alla città eterna.
Come sosteneva Byron, «Roma è città dell’anima, un sentimento più che un luogo», nutre di ispirazione chi la osserva, in ogni suo anfratto storico e in ogni suo spazio fisico si lascia commemorare e lodare. Lo sa bene l’autore Maurizio Canforini che ancora una volta ha desiderato omaggiare la sua città in occasione del suo ultimo esperimento teatrale: una sinestesia di icone e simboli, una passeggiata attraverso le vie della storia, un ritratto complessivo della Roma dell’arte e della letteratura ma anche dello spettacolo e del costume, nei prossimi giorni in scena al Teatro L’Aura di Roma.
L’amore per la città eterna è il tratto distintivo della personalità di Canforini e l’idea di renderle omaggio non è per lui inedita, già nel 2009 aveva pubblicato “Ti porto per Roma”, una sorta di guida letteraria nelle vie della ‘città eterna’, in cui il lettore è preso figurativamente per mano attraverso delle suggestive passeggiate, ed ancora il libro di “Roma amor mio” del 2012, da cui attinge l’idea dello spettacolo. Un ulteriore spunto per lo spettacolo attuale è dato anche da “Un giorno a Roma con Audrey Hepburn” il libro dedicato al film di “Vacanze romane” che ha lasciato un segno indelebile nella storia del cinema.
Ed anche qui, in “Roma amor mio” in scena dal 25 al 27 settembre, ogni curiosità sembra trovare soddisfazione attraverso una sceneggiatura, che predilige raccontare la Roma del ‘800 e quella del ‘900, smuovendo nell’animo quella misteriosa nostalgia di tempi non vissuti e, se non il teatro, quale miglior mezzo per cogliere e vivere lo spirito di un tempo non nostro..
Dai retroscena della statua di Paolina Borghese del Canova ai motteggi di Pasquino, Er Fattaccio der Vicolo der Moro, lo sguardo eternato del poeta Keats, la magia di Audrey Hepburn in vespa nel film “Vacanze Romane” e altri luoghi di memoria, il tutto intervallato da canzoni storiche romane eseguite dal vivo da Davide Tamburino e al fianco di Alessia Tona, attrice e regista siracusana, che nello spettacolo incarna lo ‘Spirito di Roma’, quello presente un po’in ognuno di noi, quel sentimento di romanità collettiva che alberga nell’aria, per i vicoli, negli stornelli e tra le canzoni.
Di cornice, una suggestiva scenografia virtuale, a cura di di Endri Zisi e Leslie Esposito, ottenuta con l’effetto di video-proiezioni che ritraggono fra i più emblematici e sfaccettati luoghi della bellezza di Roma, da Piazza Navona all’ora del tramonto ai vicoletti, dal lungo Tevere al Laghetto di Villa Borghese, ed ancora immagini di Gigi Magni, Anna Magnani ed Ettore Petrolini, fino alla statua di Pasquino e quella di Paolina Borghese, e per finire ritratti filmografici, da “Poveri ma belli” ad Audrey Hepburn in vespa per le vie romane.
Una degustazione completa della ‘città eterna’ in tutta la sua grandezza, adesso più che mai bisognosa di valore e di ammirazione.
Festival internazionale di Volterra, un altro omaggio al D’Annunzio trasgressivo
Un Festival Internazionale in uno scenario antichissimo e suggestivo, quello del Teatro Romano di Volterra giunto alla XIII edizione, dalla tragedia di Euripide alla commedia di Aristofone, fino alla rivisitazione dei classici più contemporanei come Gabriele D’Annunzio in ‘Mùsami o Vate alle Colonne del Vizio’: lo spettacolo più provocatorio e poetico della stagione romana appena trascorsa è stato selezionato tra le novità teatrali dal Direttore Simone Migliorini, destinato alla scena il 15 luglio presso l’elegante teatro Persio Flacco.
Un’opera in versi, nata dalla penna dissoluta della regista bresciana Mariaelena Masetti Zannini, che ha dato vita ad un suo personale notturno sul mondo esoterico dannunziano in una struttura circolare in continuo divenire. Un universo di immedesimazioni femminee, di astrali figure roteanti nell’orbita del Vate, di vetri rotti di uno specchio ancora da ricomporre in un’atmosfera onirica capace di proiettare in un vero e proprio ‘terzo luogo’.
Un omaggio puro al mondo femminile e femmineo di Gabriele D’Annunzio che come in un dipinto simbolista rimarrà sospeso e sublimato. Ritratti delle sue donne, da Eleonora Duse rappresentata da una misteriosa statua velata fino alla sofisticata interpretazione della stessa Zannini nel ruolo della Marchesa Luisa Casati Stampa, collezionista, musa di numerosi artisti e anticipatrice della performance e della Body-Art. Memorabili le sue incursioni, avvolta tra serpenti e leoni, le spettacolari feste mondane e le sue eccentriche frequentazioni con Jean Cocteau e i Futuristi.
Nelle vesti del Vate, Giuseppe Talarico, da annoverarsi al fianco di altri interpreti come Lucia Rossi, commovente nell’inedita veste di una popolana zoppa ed ancora, Gianluca Vicari, una giovane promessa del cinema italiano, qui perfetto alterego dannunziano, alias Conte Sperelli Fieschi, fino alla meravigliosa star del burlesque internazionale Giuditta Sin Infelise, attrice e danzatrice proprio come Ida Rubinstein, nel Martirio di San Sebastiano che andrà a riproporre in scena, ed ancora l’attrice e doppiatrice Glenda Canino nel delirante ruolo della Marchesa Alessandra di Rudini Carlotti che per amore divenne suora carmelitana. Originale la scelta di mischiare le diverse lingue originarie delle varie Muse, come nel caso della bravissima Emanuela Bolco, anche aiuto regia, nel difficile ruolo della frustrata governante Amelie Mazoyer, un tempo giovane amante del Vate e servitrice arguta di sostanze stupefacenti e nuove prede.
L’arte contemporanea è l’elemento di coesione dello spettacolo e vede come protagonista Marco Fioramanti, co-fondatore del movimento trattista in Italia e ideatore di Night Italia, rivista d’arte fondata da Andy Wahrol e Anton Perich in America, qui nel ruolo di un Cocteau impegnato a calcare a tempera una Musa su tela e in altri interventi scenici di pittura dal vivo.
Dal Teatro di Documenti di Roma fino a Volterra, ecco il seguito itinerante di un’opera che ha già potuto godere di una critica interessante da esponenti del teatro nazionale e docenti di Letteratura Contemporanea.
I migranti del mare e la poesia performativa di Kyrahm e Julius Kaiser
Il 3 luglio, in occasione della Biennale di Anzio e Nettuno, per la ‘Sezione Poesia’, poco prima del tramonto sulla spiaggia di Forte Sangallo, si terrà “(A)mare Conchiglie”: migranti, anziani, lucciole, erranti protagonisti di una suggestiva Performance Art, scritta e diretta Kyrahm e Julius Kaiser.
Un simposio estemporaneo avrà voce attraverso la poesia performativa, una ‘comunione laica’, oltre il credo religioso, oltre le differenze di sesso e di razza: racconti di storie biografiche dei partecipanti, intervallati da poesie sull’amore e sulla migrazione. Kyrahm e Julius Kaiser, artiste internazionali, da sempre attiviste in ambito sociale, per oltre due settimane, hanno cercato le persone nei centri di accoglienza e per le strade, il pubblico presente in spiaggia, avrà modo di conoscere l’amarezza di queste storie, giunte dal mare.
Storie di chi vive ai margini, testimonianze di migranti e quelle di alcuni italiani anziani, per riflettere e ricordare che una volta erano proprio gli italiani nella condizione di migranti. Le artiste, in seguito alla loro ricerca, sono molto coinvolte emotivamente, consapevoli che l’arte sia un mezzo per sensibilizzare ma non basti «Il nostro aiuto non può esaurirsi con questa performance. Cercheremo di attivarci anche in altro modo. Dobbiamo capire bene come. Ma i migranti non possono tornare nell’inferno da dove son arrivati. L’obiettivo è quello di approdare con umanità a mondi sconosciuti, per riuscire ad abbattere la paura e il pregiudizio ma soprattutto per conoscere e comprendere la realtà di questi mondi».
Kyrahm e Jiulius Kaiser hanno già realizzato con successo altre campagne sociali attraverso le performances “Azione col sangue” per promuovere la donazione di sangue e “Il gioielliere” opera contro la violenza verso il sesso femminile ed ancora “Dentro/Fuori”, una performance dalla durata di 24 ore in cui Kyrahm si trovava in una cella di isolamento, una riflessione sulle condizioni dei detenuti in carcere.
Oltre ad avvicinarci all’inesplorato mondo della Performance Art, che in Italia anche grazie a loro vede un’interessante ripresa, la loro è un’arte impegnata, intesa come una vera e propria missione rivolta al sociale, a tal proposito diversi critici, come Canova e Novelli, hanno paragonato il lavoro di Kyrahm e Jiulius Kaiser a quello del poeta, scrittore e regista Pierpaolo Pasolini, simbolo del realismo sperimentale, che negli anni 70 si avvicinò egli stesso alla Performance Art partecipando a “L’intellettuale”, opera di Fabio Mauri.