SNOB – L’evento più esclusivo dell’anno. SNOB festeggia il secondo numero printed.

SNOB, il nuovo coffee table book di approfondimento culturale, festeggia in un esclusivo membership club la distribuzione internazionale, che tocca Usa, Asia, Europa, Italia.

È nato un nuovo magazine che sta facendo il giro del mondo, SNOB, alla sua seconda uscita diventa internazionale e viene distribuito in Europa, Italia, USA, Asia.
Coffee table book di approfondimento culturale, SNOB racconta il lato umano dei personaggi, abbandonando il gossip e portando a galla emozioni, debolezze, hobby, passioni; analizza il mondo dell’arte, della musica, della psicologia, dando la parola ai massimi esperti del settore.

In questo numero di SNOB i protagonisti delle cover sono 3: il grande attore e regista Sergio Rubini; la cantante Giorgia che esordisce quest’anno come attrice; e la più prolifica collezionista di abiti couture vintage Cecilia Matteucci, prossima all’apertura di un museo.

Per festeggiare il grande passo, SNOB sceglie una location privata, il membership Club Lucid nel cuore di Milano, un’ala del Museo Palazzo Bagatti Valsecchi, un elegante salotto con una splendida terrazza vista Duomo.


Tantissimi gli sponsor di questo Exclusive Party a cui hanno partecipato attori, talents, stampa, top client, a partire da Glenrothes, che nella speciale cigar room ha permesso agli ospiti una degustazione di whiskies 25 anni accompagnati dall’esperto Giacomo Bombana e sigari Premium echo en Nicaragua della società Cigar and Co, produttori specialisti.


Nella splendida terrazza che affaccia sui tetti di Milano, l’azienda Zorzettig porta una storia di più di cent’anni, uve colte nel cuore dei Colli Orientali del Friuli, un terroir e un microclima unici che regalano vini eccezionali. La speciale linea MYO nasce da vigneti concepiti come riserve di biodiversità, al servizio dell’ecosistema, un nuovo approccio alla viticoltura, per vini che guardano verso un futuro sostenibile. Welcome drink le bollicine Optimum Ribolla Gialla.



Futura opera museale, la poltrona di Andrea Bianconi, artista internazionale che ha catalizzato l’attenzione dell’ONU con la performance “Time to ring”, ha ispirato chi si è accomodato. SIT DOWN TO HAVE AN IDEA è l’iconica poltrona, un po’ lampada di Aladino, un po’ cilindro del mago, da cui poter godere una serie di illuminanti idee.

Direttamente dal polmone verde d’Italia, l’Umbria, il Miglior Chef dell’olio A.i.r.o. 2021 Lorenzo Cantoni de “Il Frantoio”, Assisi. Una cucina tecnica e creativa che ha deliziato il palato degli ospiti con 11 particolarissime preparazioni gourmet.


Foglie d’oro e ingredienti dal mondo, per i cocktails ideati da Matteo Melara, brand ambassador Brugal 1888, rum pregiato e maestri in produzione; e medaglia di platino per Elit Luxury Vodka, Spirit bianco tra i più apprezzati al mondo che propone una drink list per tutti i palati.

Partner ufficiale di SNOB, Bentley Milano che con una Bentayga EWB ha accompagnato i vip all’evento. Bentley Bentayga EWB è il lussuoso e potente SUV del marchio d’auto diventato esclusivo simbolo di trasporto della casa reale inglese e brandizzato SNOB per questa occasione speciale.

Dalle più importanti scene musicali milanesi, Cristian Croce dj set con musica di ricerca e accompagnamento.



Durante la serata il Direttore Responsabile e Fondatore di SNOB, Miriam De Nicolò, in uno speach di presentazione, ha ringraziato l’intero team che ha permesso la realizzazione di questo numero da collezione, a partire dall’Editore Massimo Giacomini, il co-fondatore Marco Onofri, il photo editor Peppe Tortora e un ringraziamento speciale a Roberto Da Pozzo.

Un numero importante che porta oltreoceano la grande cultura musicale italiana, attraverso i ritratti del noto e controverso fotografo Oliviero Toscani, spiegati dal giornalista e critico musicale Federico Vacalebre.
I macro temi HATE/LOVE del coffee table book, sviluppati e analizzati dalla criminologa e psicologa forense Roberta Bruzzone, attraverso i diversi profili dell’odio; gli oggetti-icona del design che abbiamo amato e la loro evoluzione ripresi da Gian Marco Tosti; il fenomeno dell’immagine fotografica spiegato dall’art sharer Maria Vittoria Baravelli; la ricerca scientifica in ambito aziendale, uno sviluppo dirigenziale che ci spiega Alice Carli.
Siamo entrati nelle vite di Edoardo Scarpetta, erede di una grande famiglia del teatro napoletano; in quella di Manuela Zero e dei suoi mille volti; nei cambiamenti di Tommaso Ragno, attore che viene dal teatro; ci siamo immersi nel dietro le quinte del film di Sergio Rubini, “I fratelli De Filippo” con le splendide fotografie dal set; i fashion editorials che richiamano al cinema, come il servizio di Paolo Leone “Italian Realism” ispirato a “La notte”, film di Michelangelo Antonioni del 1961 o “Madonnas” di Claudia Pasanisi che riprende il grande fanatismo religioso della figura iconica.
Nostalgiche le Polaroid di Manuele Germini, in un progetto personale scattato alla Bugnon Foundation, mentre oniriche e cromatiche le opere fotografiche di Alice Rosati nel progetto “They are coming”.

Un lavoro di ricerca e grande passione per questo numero da collezione di SNOB, un nuovo modo di comunicare, un nuovo modo di leggere, un nuovo approccio alle interviste e ai personaggi stessi.
Una visione d’insieme in cui diversi argomenti possono coabitare, un magazine da sfogliare e da leggere, SNOB è il semestrale che tutti stavamo aspettando.



Foto reportage Andrea Bardi


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Boucheron @AMFAR GALA 2023

In occasione della 76a edizione del Festival di Cannes e dell’AMFAR Gala 2023, Shay MitchellLéa DruckerAlice Taglioni, Lais Ribeiro e Camila Coelho hanno scelto di indossare le creazioni di Maison Boucheron.
 
Shay Mitchell ha scelto di indossare le clip della collezione Quatre Double White Edition, in pavé di diamanti su oro bianco, con hyceram bianco, l’anello Quatre Double White Edition in pavé di diamanti su oro bianco, con hyceram bianco, l’anello Quatre Radiant Edition, in pavé di diamanti su oro bianco.

CAP D’ANTIBES, FRANCE – MAY 25: Shay Mitchell attends the amfAR Cannes Gala 2023 at Hotel du Cap-Eden-Roc on May 25, 2023 in Cap d’Antibes, France. (Photo by Neilson Barnard/amfAR/Getty Images for amfAR)

Léa Drucker era raggiante con gli orecchini Lavallière Diamants e l’anello della collezione di alta gioielleria Histoire de Style, Art Déco, in pavé di diamanti e onice, con lacca nera, in oro bianco.

CANNES, FRANCE – MAY 25: Léa Drucker attends the “L’Ete Dernier (Last Summer)” red carpet during the 76th annual Cannes film festival at Palais des Festivals on May 25, 2023 in Cannes, France. (Photo by Mike Coppola/Getty Images)

Alice Taglioni ha scelto di indossare il girocollo Ruban Diamants, della collezione di alta gioielleria Histoire de Style, Art Décoin pavé di diamanti su oro bianco, l’anello della collezione di Alta Gioielleria Parigi, vu du 26 con uno smeraldo colombiano 8,02 ct taglio smeraldo, pavé di diamanti, con lacca nera, su platino, e la clip Quatre Radiant Edition, in pavé di diamanti, su oro bianco.

CANNES, FRANCE – MAY 25: Alice Taglioni attends the “L’Ete Dernier (Last Summer)” red carpet during the 76th annual Cannes film festival at Palais des Festivals on May 25, 2023 in Cannes, France.
(Photo by Dominique Charriau/WireImage)

Lais Ribeiro era luminoso con gli orecchini della collezione Serpent Bohème, pavé di diamanti, su oro bianco, abbinato al bracciale Python con diamanti champagne e due smeraldi su oro rosa.

CAP D’ANTIBES, FRANCE – MAY 25: Lais Ribeiro attends the amfAR Cannes Gala 2023 at Hotel du Cap-Eden-Roc on May 25, 2023 in Cap d’Antibes, France. (Photo by Neilson Barnard/amfAR/Getty Images for amfAR)

Camila Coelho ha scelto di indossare gli orecchini Plume de Paon, in pavé di diamanti su oro bianco, abbinati all’anello Hummingbird, con morganite da 34 ct, pavé di diamanti e zaffiri, su oro rosa e bianco.

Ciao Tina

Articolo di Ambra Lo Faro

Ci ha lasciato uno dei timbri più riconoscibili a livello mondiale, Tina Turner. Una vita complessa quella di questa ragazza del Tennessee, che la racconta con una firma sempre struggente e spontanea all’interno di una discografia che tocca dal soul, al pop anni 80, al rock bluesy. 

Sebbene Spotify le riconosca come brano più streammato “What’s love got to do with it”, io trovo che l’album più forte e riconoscibile di Tina Turner sia senza ombra di dubbio “Foreign Affair”. Un elegante bluesy rock style, con un groove sempre presente, ed un cantato non invasivo. Ci sono infatti tanti momenti in cui la voce di Tina lascia spazio ai musicisti. E’ il classico atteggiamento di chi sa di non dover strafare, perché consapevole di un immenso talento e del famoso “Less is more”. Una frase detta da Tina Turner la riconosci sempre, anche se corta, se non prolungata. Ma se è il momento di un lungo acuto, lo sa fare. Solo lo fa nel momento giusto, non vuole stufarti, ha quel che di femminilità anche nel modo di interpretare i suoi brani, che la rende una vera donna rock. Ha tutto, ma non ti dà tutto subito. 

Una componente della sua produzione veramente forte è il Live. Concerti trasformati in veri spettacoli, dove l’entertainment è al primo posto. La band è al primo posto, le sequenze non hanno mai modo di far parte di questo grande spettacolo, dove sono i musicisti a farlo, le loro frequenze vibranti nelle dita sono percepibili da chiunque, anche da chi di musica sa poco perché lo può sentire nei propri istinti primordiali. Lunghe intro di groove, accompagnano il rock duro di una donna che ce l’ha fatta, ebbene sì, nonostante tutto. 

Quella ragazza del Tennesse si legge nella spontaneità di un vibrato sempre presente, ma mai invasivo, che fa la firma della sua graffiante aggressività gentile che vuole dire: puoi farcela anche tu. Ci rimarrà questo di Tina Turner: il prendere la vita di petto, la sua riconoscibile voglia di prendersi il palco, mangiarselo durante il live, e fare gruppo con le altre donne in una solidarietà femminile scenica che fa capire quanto tante donne insieme possano essere forti. Si circondava di ballerine bellissime, mai incapace di prendersela quella scena, dimostrando che il carisma vocale e fisico, può essere protagonista al di là di qualunque canone di bellezza. 

Ci rimarrà l’orgogliosa Mary, quella Proud Mary che dimostra a tutti che una cover no, non può essere solo una cover se interpretata da chi di quel pezzo ne fa una biografia di vita. 

Ciao Tina. 

Carlo Pignatelli Sunset Strip

 Carlo Pignatelli con la sua Collezione propone un messaggio tra trasparenza e promesse il cui fine è la celebrazione dell’eleganza

Un viaggio sensuale con la visione della moda cinematografica americana e le sue icone attraverso il xx secolo. 

Dove gli abiti sono elementi di distinzione che rappresentano la bellezza della sartoria. Focus sullo smoking, iconico nei suoi rever ampi e sul torace maschile, ornato da camiceria preziosa. 

Lui è uomo che seduce sussurrando grazie alla sua bellezza interiore che aggiunge attitudine e consapevolezza ai capi rendendoli elegantemente sensuali. 

Passionale e decisa e la palette colori, nero/avorio/rosso scarlatto. 

Grande interesse il nuovo del McLaren Trophy con 17 vetture e 33 piloti iscritti e confermato il prologo della stagione

  • Non meno di 17 auto e 33 piloti iscritti per competere nella stagione inaugurale del McLaren Trophy
  • Prologo della stagione si terrà al circuito Paul Ricard il 22 maggio
  • Il round inaugurale si svolgerà al Paul Ricard dal 2 al 4 giugno, a supporto del Fanatec GT World Challenge Europe

McLaren Automotive Motorsport conferma che saranno ben 17 vetture e 33 i piloti iscritti per la stagione inaugurale del McLaren Trophy che debutterà sul circuito del Paul Ricard in Francia dal 2 al 4 giugno.

Introdotto a luglio dello scorso anno, il McLaren Trophy è un campionato creato dar modo ad ambiziosi piloti dilettanti (Bonze) e per coltivare partnership pro-am. Metterà in mostra la nuova Artura Trophy, un’auto da corsa da 585 CV. Capace di tempi sul giro vicini alle auto GT3, la vettura si basa sull’Artura GT4 e, effettuando semplici regolazioni dell’ECU e dell’aerodinamica, i piloti possono anche godere della versatilità di gareggiare nella competizione GT4 con la stessa auto. Una categoria 570S separata consentirà ai proprietari delle 570S Trophy di competere sulla stessa griglia per vittorie di classe e campionati.

A poche settimane dell’iniziale annuncio, diversi team si sono affrettate ad iscrivere le loro auto in questa stagione inaugurale, tutti team già affermati nelle competizioni GT ed alcuni esordienti per il marchio. La domanda è stata particolarmente elevata per la nuova vettura del Trofeo Artura, e la quota iniziale di 10 vetture per la stagione 2023 è stata completamente assegnata all’inizio di quest’anno.

Il McLaren Trophy è stato pensato. Con l’intento di mettere al primo posto il pilota dilettante, mentre i piloti professionisti faranno parte di tutte le coppie di piloti nella classe superiore del Trofeo Artura, i piloti classificati Bronze competeranno per il campionato generale. Tra i partecipanti figurano diversi nomi affermati delle competizioni GT, che si contenderanno le vittorie in gara insieme ai loro compagni di squadra.

Nel McLaren Trophy, le gare europee supporteranno gli eventi Fanatec GT World Challenge Europe powered by AWS, tra cui la Blue-Riband Crowdstrike 24 Hours of Spa. È stato inoltre confermato un prologo della stagione che si svolgerà sul circuito del Paul Ricard in Francia il 22 maggio. Questo darà a team e piloti la possibilità di testare e prendere confidenza con le vetture prima della gara inaugurale, che si svolgerà anche essa nella sede del Gran Premio di Francia.

Tom Vack: Manifesti Collection

L’overlapping è una caratteristica del lavoro artistico di Tom Vack, il quale va oltre la purezza della singola immagine lavorando sulla sovrapposizione di molteplici scatti per indagare la forza dei messaggi e la loro capacità di svelarsi, come conseguenza di un’attenta osservazione e della sensibilità percettiva dell’osservatore. Il mescolarsi di immagini, segni grafici e lettering crea una confusione visiva che si traduce in un dinamismo estetico ponderato e accuratamente bilanciato. Il punto di partenza sono immagini di cartellonistica pubblicitaria scattate da Vack, un riflesso della società contemporanea che, come un mazzo di carte che viene lanciato nel vuoto, vengono scompigliate, mescolate e sovrapposte, fino al raggiungimento di un personale equilibrio materico e cromatico.

E se il protagonista del film non fossi tu, lo guarderesti?

Articolo di Ambra Lo Faro

Hai sentito l’ultimo disco di Harry Styles, “Harry’s House”? Ok, metti in play “Late night talking”. 

Chiudi gli occhi. 

Cosa vedi? Fra tutte le arti, la musica è sicuramente quella che ci aiuta maggiormente a vedere qualcosa, e più che mai in questo disco di Harry Styles ed in generale in tutte le uscite recenti dai grandi numeri, la musica non è più tendenzialmente la protagonista. Difficilmente cercherete nelle parole di rintracciare una storia, quella che l’artista vuole raccontarvi, ma vorrete che quella musica faccia da colonna sonora alla vostra storia. 

Il ruolo della musica oggi è sempre più a supporto di un’immagine già decisa: la tua story, il tuo reel. Per questo il brano di Styles “As it was” fa quasi 3 miliardi di streamings su Spotify. Perché la sua voce, mixata lontana dall’ascoltatore, evoca senza interrompere nulla, non racconta la storia  ma una storia, una delle tante. Tanto spazio ai pad, alle chitarre in eco costante, come in un film. 

La musica di commento è secondo me la grande rivoluzione dei nostri tempi, e si contestualizza in maniera consistente con tutto quello che è il suo nuovo mercato: Social, Netflix, Prime.  

Di contro c’è che forse ci perderemo una bella storia. Forse, presi così tanto da noi stessi nel nostro reel, ci perderemo il resto del mondo. Pensa a brani come “Sally” di Vasco Rossi, “Isn’t she lovely” di Wonder: avrebbero così tanto successo oggi? Che ruolo avrà piano piano il cantautorato di quartiere, che piano piano finirà per raccontare atmosfere più che storie?

Ci servono protagonisti più che mai distanti da noi per scoprire di più di noi, per trovare i gap tra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere. Ma se continuiamo ad essere noi i protagonisti del nostro film, la noia sarà sempre dietro l’angolo. 

Così come i temi trattati, anche le voci non lasciano più spazio ai virtuosismi, ai grandi timbri. Potrebbero distrarre l’ascoltatore da… se stesso. 

E’ un quadro che ti spaventa? Riascolta il pezzo che ti ho citato. 

Cosa vedi ora? 

“SULLA SCULTURA: dal materiale all’immateriale. Arte fra XX e XXI secolo”

Dal 18 al 21 maggio 2023, la neonata Associazione delle Gallerie d’Arte di Lugano (GAL) organizza negli spazi dell’Asilo Ciani un’inedita rassegna dedicata alla scultura.

La mostra “SULLA SCULTURA: dal materiale all’immateriale. Arte fra XX e XXI secolo” è il primo evento espositivo promosso da GAL – Gallerie d’Arte di Lugano, l’associazione di categoria nata con l’intento di diffondere e rendere fruibili al pubblico i contenuti culturali derivati dalle esperienze degli associati, contribuendo a diffondere l’idea che esse non svolgano solo un’attività commerciale ma che siano veri e propri spazi culturali curati da esperti appassionati.

GAL fa il suo debutto con una rassegna di ampio respiro che ripercorre la storia della tecnica scultorea dal Novecento a oggi, presentando opere di Tonatiuh Ambrosetti, Joël Andrianomearisoa, Rangga Aputra, Francesco Balilla Pratella, John Cage, Tony Cragg, Luca Frei, Alberto Garutti, Bruno Munari, Ruben Pang, Flavio Paolucci, Matteo Pugliese, Luigi Russolo, Paolo Scirpa, Vera Trachsel e Ronald Ventura.

Grazie alla collaborazione con la Città di Lugano e al supporto di Lugano Region, le gallerie cittadine saranno in mostra dal 18 al 21 maggio 2023 negli spazi dell’Asilo Ciani, storico edificio di fine Ottocento recentemente restaurato.

Fondata nel gennaio 2023, l’Associazione GAL riunisce le gallerie d’arte luganesi che da anni operano nel settore e che sono parte integrante del tessuto culturale della città. Ciascuna con la propria storia e con il proprio bagaglio professionale, queste gallerie hanno condiviso il progetto di lavorare in sinergia, creando un network dinamico e virtuoso per il territorio.

Le gallerie partecipanti alla mostra sono Galleria Daniele Agostini, Buchmann Lugano, Studio Dabbeni, , Imago Art Gallery, KROMYA Art Gallery, Primo Marella Gallery, Galleria Allegra Ravizza, Repetto GalleryArtphilein curerà la sezione dedicata all’editoria d’arte e ai libri d’artista.

Attraverso una decina di sezioni, l’esposizione si pone come un percorso sull’evoluzione tecnica, stilistica e concettuale del linguaggio scultoreo, esplorando le processualità, i materiali e gli inediti rapporti con lo spazio attuati tra XX e XXI secolo. La storia della scultura contemporanea compie infatti una traiettoria articolata, segnata anche da rotture radicali che hanno avviato nuove direzioni di ricerca: trasformazioni che hanno caratterizzato la parabola straordinaria e vitale dell’arte plastica nelle sue più eclettiche potenzialità creative.

Se per molti secoli la scultura ha avuto un’identità precisa e circoscritta, con il progredire dell’industria e della tecnica è cambiato il modo di concepirla e di realizzarla, innescando un’epoca aperta alla massima libertà di sconfinamento e alla legittimazione di nuove pratiche, elementi fondanti dell’agire contemporaneo. Tra linguaggi inesplorati e modalità espressive che riprendono e attualizzano prassi tradizionali, la mostra all’Asilo Ciani raduna alcune delle figure più rilevanti del panorama scultoreo dell’ultimo secolo, artisti che hanno interpretato la materia in mille sfaccettature, spingendosi oltre i confini della sua stessa presenza.

Artista che appartiene in toto al Novecento e che lo ha attraversato impregnandolo di fecondità creativa è Bruno Munari, eclettico e tanto originale nel suo variegato percorso da risultare una figura sui generis nel modo di concepire l’arte. Munari ha sempre ripudiato gli stereotipi stilistici e le rigide categorizzazioni, aprendosi alla confluenza tra discipline e a un approccio alla creazione anticonformista. Anche l’arte plastica è per Munari un ambito dove sperimentare liberamente, forzando i limiti concettuali e tecnici legati alla tradizione. Ne sono una dimostrazione la sua Scultura pieghevole rossa, datata 1951, un lavoro in acciaio incentrato sul gioco di pieni e di vuoti tanto semplice quanto incisivo, e le sue emblematiche Sculture da viaggio realizzate tra il 1959 e il 1987, un concentrato di ironica avversione nei confronti della monumentalità dell’arte scultorea nonché un modo poetico di caricare l’opera, al culmine della sua leggerezza, di memorie e di significati profondi.

Pur nell’estrema diversità del risultato finale, la materia esibita in tutta la sua pregnanza fisica si pone come tratto comune delle opere di alcuni degli artisti presenti in mostra. É il caso di Matteo Pugliese, legato a una visione più tradizionale della scultura e della lavorazione dei materiali. Abile nell’assimilare i valori costitutivi dell’arte plastica e gli insegnamenti di alcuni dei più grandi maestri del passato per poi rielabolarli con rinnovata efficacia, l’artista italiano sceglie di utilizzare la tecnica scultorea come mezzo espressivo per dare forma alla sua idea di energia e al tempo stesso di solidità. Nelle sue opere è forte l’incidenza della materia sullo spazio. Possenti e imperturbabili sono infatti i suoi Custodi, sculture in bronzo e terracotta nate dal desiderio di Pugliese di plasmare figure che potessero infondere fiducia ed equilibrio, condensando quei valori universali che sono i bisogni atavici dell’intera umanità.

La solidità della materia contraddistingue anche i lavori di Tony Cragg, percorsi da un potente flusso energetico che sembra sfidare le leggi della statica ma che al contempo vincola saldamente l’opera allo spazio. Caratteristica dell’artista britannico è l’assidua sperimentazione dei materiali, lavorati con tecniche differenti e con un estro che dona loro configurazioni inedite. Cragg ricrea attraverso l’arte le strutture fondamentali delle diverse forme di vita, catturandone l’esatta geometria insieme alla loro anima irrazionale e impulsiva. Le sue sculture, siano esse in vetro di Murano, come Curl del 2022 (appena rientrata dalla mostra monografica dell’artista alla Pinakothek der Moderne Staatliche Graphische Sammlung di Monaco), o in bronzo, come Standing del 2019, sono sagome flessuose in perenne mutamento, animate da una vitalità straordinaria che intride la materia in profondità.

Tra gli artisti in mostra che saggiano le potenzialità dell’arte plastica attraverso l’impiego sia di elementi appartenenti alla tradizione sia di tecniche inusuali ci sono alcuni autori extraeuropei, capaci di far confluire nella fisicità della scultura la forza concettuale della loro ricerca. Ruben Pang, giovane artista di Singapore, riesce ad aggiornare uno dei più antichi materiali della storia dell’arte, la ceramica. In bilico tra figurazione e astrazione, le creazioni di Pang appaiono ai nostri occhi come corpi in metamorfosi, in cui il dinamismo racchiuso nella materia celebra la complessità dell’individuo. Lavori come The Phantom Throat (2018-2019) e The Hazard Star (2020) sembrano conquistare lo spazio circostante con le loro articolate forme sfuggenti e con i loro vividi colori, specchio di quella dissonanza che rappresenta le pulsioni emotive più profonde dell’uomo.

Anche l’opera di Ronald Ventura è plasmata con un materiale classico, il bronzo, abilmente rinnovato dall’alfabeto stilistico tipico dell’artista filippino. Mescolando immagini e motivi diversi provenienti ora dalla mitologia e dal folclore asiatici ora dalla cultura occidentale, Ventura dà vita a lavori che illustrano il disorientamento della società contemporanea. Il suo Zookeeper (2018) è una creatura ibrida che ci appare come un’antica divinità, con testa e arti umani e con busto e coda da rettile: austera e grottesca, arcaica e futuristica, incarna l’inalterabile caos del mondo.

Interessato all’esplorazione di nuovi materiali è l’artista indonesiano Rangga Aputra, per il quale la scultura è uno strumento di auto-scavo che fa riaffiorare i ricordi e gli impulsi più intimi per poi conferire loro una foggia concreta. Pressure (2022) è l’effigie di un volto sfigurato reso eloquente dalla sua volumetria appena abbozzata e dalla superficie ricoperta da scalfitture e solchi prodotti dalla lavorazione della materia, a simboleggiare le ferite che deturpano l’animo umano.

Anche Joël Andrianomearisoa, originario del Madagascar, ha sviluppato la sua ricerca artistica mediante diversi mezzi espressivi. Questo approccio versatile al processo creativo lo ha condotto a prediligere legni, minerali, tessuti, carta e specchi, tutti elementi usati per dare forma a narrazioni mai esplicite ma allusive. È quello che accade nelle opere Sentimental Negotiations Act VII (2013) e Vertigo (2022), due installazioni, delicate e ambigue, attraverso cui Andrianomearisoa coinvolge lo spettatore, sollecitando la coscienza di quei sentimenti che tutti proviamo ma di cui spesso non siamo consapevoli.

Affascinati dal suo potenziale narrativo, molti artisti si affidano alla materia per condurre la nostra percezione nei territori sospesi tra realtà e finzione, con l’intento di esplorare le tematiche a loro più care. Questo tipo di indagine appartiene al percorso di Flavio Paolucci. L’artista svizzero da molti anni ha instaurato un dialogo serrato con la natura, scaturito da un rapporto viscerale che affonda le radici nella cultura rurale della Val di Blenio, sua terra d’origine. Attraverso materiali quali il legno, la carta, il marmo, il vetro e soprattutto il bronzo, Paolucci imita e ricrea alcuni elementi del paesaggio naturale con perizia e precisione, al punto da dare l’illusione che siano veri e non artefatti. Nell’opera Tavolozza d’artista – Omaggio a Segantini (2023) riproduce il ramo di un albero, restituendone ora le torsioni nodose, ora le superfici levigate, per innestarvi poi, quasi fosse anch’essa una fronda appena cresciuta, una tavolozza da pittore: un tributo all’arte che sa rendere eterno l’effimero.

A lui affine nell’attenta ricerca sui materiali è l’artista ticinese Tonatiuh Ambrosetti, presente in mostra con un’installazione dal titolo Primigenio, realizzata nel 2019. Alcuni blocchi di vetro dalle forme appena sbozzate ci confondono sulla loro origine naturale o artificiale e ci appaiono come elementi senza una collocazione storica e senza una precisa provenienza. Esiste solo il loro essere “qui e ora”, un momento unico e irripetibile capace di connettere l’essere umano a una dimensione trascendentale, metafisica. La lavorazione del vetro fuso che rende i blocchi simili a massi di ghiaccio erosi diventa una componente rilevante dell’indagine dell’artista sulle origini dell’uomo e sui materiali che da sempre appartengono alla sua storia.

Sul medesimo versante si muove anche l’opera di Vera Trachsel, giovane artista svizzera interessata alla materia come supporto di narrazioni: camuffando e sovvertendo le proprietà fisiche degli elementi impiegati, l’artista innesca un disorientamento concettuale, rendendo i suoi lavori oggetti mimetici carichi di valenze simboliche. È quello che accade in Luna tra gli alberi (2023), un frammento di paesaggio capovolto realizzato con materiali poveri e di facile recupero (come il legno e la gommapiuma) che, a dispetto della semplicità con cui si presenta, si impone per la sua forza visiva e per la capacità di relazionarsi con lo spazio.

Quanto la materia scultorea possa diventare uno strumento di interazione tra artista e spettatore lo dimostra il lavoro di Luca Frei. Le sue opere esplorano le diverse modalità di relazione con il pubblico con l’intento di stimolare processi di pensiero inediti. Non a caso esse si propongono spesso come dispositivi che invitano l’osservatore a una partecipazione attiva. Temi quali lo scorrere del tempo, la nostra corporeità e il rapporto tra essere umano e natura sono esplorati dall’artista attraverso creazioni in cui l’estrema astrazione della materia consente di mantenere aperte il più possibile le potenzialità espressive dell’opera. In mostra è esposta Untitled (2008), una struttura in ferro alta quasi tre metri che rappresenta un uomo-albero fortemente stilizzato con arti-rami che spuntano dal tronco centrale e che sembrano volersi muovere nello spazio circostante, a rimarcare come l’equilibrio tra l’individuo e l’ambiente sia qualcosa di precario ma indispensabile.

Il rapporto che l’opera riesce a instaurare con lo spettatore è fondamentale anche per Alberto Garutti. I lavori dell’artista italiano, legati alle istanze del concettuale, stimolano la riflessione, attivando meccanismi di partecipazione e di dialogo su più livelli: caratterizzati da una forte componente narrativa, essi coinvolgono il fruitore diventando l’impronta palpabile della profonda relazione che Garutti riesce a creare con il singolo e con la collettività. Allusiva ma spontanea, contemplativa e pregna di contenuto poetico è la scultura Sehnsucht (2016), costituita da due vasi in ceramica che per la complementarietà delle loro forme potrebbero accostarsi alla perfezione ma che invece si trovano lontani l’uno dall’altro, impossibilitati a toccarsi. I due recipienti sono desiderosi di incontrarsi eppure irrimediabilmente separati. È la loro distanza che Garutti carica di significato: l’opera è il vuoto, è ciò che non c’è, è l’assenza di materia.

Ecco allora che l’arte di plasmare si apre all’immateriale. Il concetto di opera nella sua entità fisica, nella sua densità e nella sua consistenza viene superato per avvicinarsi all’idea di incorporeo. Incarnano bene questa idea di scultura i lavori di Paolo Scirpa, artista che ha sviluppato la sua intera ricerca attorno all’indagine dello spazio in relazione alla luce. Il suo Pozzo XI. Espansione+traslazione cilindrica (1981), esposto in mostra, attraverso un sistema di specchi e di neon propone la percezione di profondità illusorie, fittizie, in cui è abolito il confine tra reale e illusorio. Luce e spazio diventano protagonisti impalpabili e spettacolari di un’opera in cui lo sguardo dell’osservatore si perde nel vuoto, nell’evanescenza, nell’infinito.

Il tema dell’immaterialità viene presentato in un suggestivo percorso sperimentale incentrato sul rumore. Il progetto punta da una parte a evidenziare come il rumore, di per sé privo di consistenza, possa essere utilizzato come elemento fisico e strutturale della nostra quotidianità, dall’altra, in una sorta di ribaltamento concettuale, a testimoniare come l’arte stessa possa prendere forma nell’assenza della materia. Accanto ai primi manifesti di inizio Novecento della musica futurista di Francesco Balilla Pratella troviamo le invenzioni di Luigi Russolo, del quale viene esposto anche un estratto dello spartito per intonarumori dal titolo “Risveglio di una città” (1914), in cui l’artista propone una nuova tavolozza sonora composta dagli infiniti rumori della vita di ogni giorno. A rilanciare l’apertura totale verso la percezione uditiva del mondo è l’opera Mozart Mix degli anni Novanta di John Cage, figura che ha rivoluzionato il concetto di ascolto considerando il rumore, al pari dei futuristi, non come un disturbo ma come un vero e proprio suono dal valore autonomo. Il rumore diventa materia sonora, l’arte diventa intangibile.

Artphilein, libreria e casa editrice specializzata in fotografia contemporanea ed editoria indipendente, ha curato una sezione della mostra in cui viene presentata una selezione di photobook e libri d’artista sul tema dell’esplorazione di terre insolite e di confine. Il materiale è stato esposto all’interno dell’installazione Cubitus realizzata nel 2005 da Luca Frei, che riproduce la Bibliotèque des Enfants del Centre George Pompidou dell’inizio degli anni Ottanta.

Le rose di Miss Bikini per uno stile…senza spine

È l’highlight poetico della stagione estiva, perfetto per raccontare un concetto di stile in cui il romanticismo è riletto con quel fascino passionale tipicamente mediterraneo. Protagonista la rosa che sboccia sulla proposta di Miss Bikini con un bouquet di colori e fantasie dal tocco elegantemente inaspettato. E delicatissimo, perché il mix floreale di mini e macro rose esplode per rivoluzionare il guardaroba estivo all’insegna della freschezza.Un sogno impressionista declinato in un souvenir di stampe fiorite disegna gli agili caftani, morbidissimi con le loro maniche a tre quarti e le loro scollature leziose, che si incantano con una palette di tinte forti e avvolgenti. La passione per i long dress cattura anche la regina dei fiori che segue la mano identitaria di Miss Bikini nel disegnare linee sinuose capaci di accarezzare il corpo scoprendo la schiena con allacciature studiate. E ancora lunghi vestiti accompagnano la silhouette grazie alla delicatezza di texture see through o con morbidi giochi di balze; altri abiti scelgono un piglio più sbarazzino dalla linea fluttuante e decisamente accattivante.

Weili Zheng Autunno-Inverno 2023-24

Il brand ready-to-wear, Weili Zheng, presenta la sua nuova collezione FW_23/24 ispirata alla natura primitiva ed inviolata nei rigidi inverni nordeuropei.

L’omonima fashion designer promette, per questo autunno/inverno, un guardaroba dallo stile fresco, all’avanguardia nelle forme e nei tessuti ma fedele alle pregiate tecniche sartoriali, care al brand e, da sempre, eseguite con esemplarità.
Gli adattabili capi che compongono la collezione FW_23/24 di Weili Zheng, oltre ad accomodare qualsiasi generazione, le linee androgine non si conformano solo ad una raffinatezza unicamente femminile.

Le tonalità fredde e neutre che contraddistinguono quasi totalmente la collezione sono gradevolmente contrastate da quelle vivaci del tessuto a quadri fucsia del completo giacca/gonna, dal verde acceso della camicia oversized e dal lilla del gilet in pelliccia ecologica.
tessuti spaziano dalla lana dei completi, al cotone monocolore dei pezzi basici, a quello popeline delle camicie, al mohair a pelo lungo, alle numerose versioni del tartan scozzese, al denim dal lavaggio chiaro, al tweed. I montoni e pellicce ecologici, sono stati scelti al fine di rendere i capi della collezione consoni ad ogni momento della giornata e adattabili a numerose occasioni d’uso.

Per la sua collezione FW_23/24, Weili Zheng si è sbizzarrita accostando tra loro nuance, fantasie e tessuti molto differenti tra loro. Il liscissimo cotone popeline è mostrato vicino alla lana lavorata a trecce, quella lasciata grezza delle maxi sciarpe è stata abbinata al satin, il completo in velluto blu elettrico è messo in risalto dall’eco pelliccia a pelo lungo marrone, mentre le paillettes color bronzo sono sorprendentemente intonate alla pelliccia ecologica zebrata.

modelli più disparati dagli stili apparentemente differenti tra loro, come la gonna longuette con spacco, il twin set in lana, la maglie cropped in pelo sintetico e i maxi pantaloni cargo, convivono armonicamente all’interno della stessa collezione ricostruendo fedelmente l’immaginario dei diversificati paesaggi nordici delle rigogliose foreste, dei laghi del sud, delle coste frastagliate e delle sinuose colline della Scania.

A caratterizzare la FW_23/24 di Weili Zheng il tessuto a stampa aironi cenerini, le maxi spalle delle giacche e dei gilet, il super oversized di alcuni pezzi, le cinture strette ad enfatizzare il punto vita sui capi dal taglio più maschile e il total look zebrato.

colori pastello degli accessori, come il balaclava e i collant velati, aggiungono delicatezza alla collezione, come fossero profumati fiori di mughetto nati all’ombra di un’umida foresta del nord d’Europa.

Se telefonando io usassi l’Auto-Tune, tu non capiresti

Articolo di Ambra Lo Faro 

“Inauguriamo la prima rubrica dedicata alla musica “LATO SNOB”.
Ambra Lo Faro, cantante e musicista, ci racconta usi e tendenze del grande e appassionante mondo della musica”

La musica rappresenta da sempre una fotografia della società, non importa se si tratta di una foto d’autore scattata in studio o di un semplice selfie magari nemmeno troppo a fuoco fatto da chiunque. Ed è per questo che le tendenze stilistiche vanno a raccontare, delineare, a volte enfatizzare le caratteristiche di generazioni. Non devono essere mai sottovalutate, snobbate quanto comprese, interpretate, criticate con raziocinio.

E’ stato così per l’auto-tune che negli ultimi anni ha voluto farsi portavoce di una generazione ovattata, compressa, che fa sì delle differenze la propria forza, ma allo stesso tempo sente la necessità di reprimere dinamiche, colori, nella voce di chi canta, e questo ossimoro stilistico e di contenuti lo rende attraente quanto incomprensibile.
Musicalmente però, trovo pericoloso quando una tendenza che cancella la profondità di ascolto nei brani diventa in realtà una cifra stilistica, un motivo per riconoscere esattamente il momento in cui quel brano è stato registrato in studio. Perché tra cifra stilistica e gusto, rimane comunque un’enorme differenza, e forse rischiamo di perderci qualcosa di bello.

Ma alle cifre stilistiche, si sa, nemmeno i grandi riescono a dire di no. 

Perché la cifra stilistica porta numeri, nuovo pubblico, anche a Mina a cui i numeri forse non servono nemmeno più, tanto sono immensi il suo nome e la sua reputazione annessa. Così la cifra stilistica l’ha interpretata a modo suo, con un colore nuovo a cui non eravamo abituati, innamorati (ancora oggi) delle sue dinamiche riconoscibili e attoriali.

Nel brano “Un briciolo di allegria”, la voce più profonda e intensa dell’interpretazione nella musica italiana sceglie un colore compatto e privo di dinamiche per cercare di adattarsi quanto più possibile a quello artificiale del giovane Blanco, a cui impreziosisce il pezzo limitandosi ad una seconda voce. Che lusso, eh?
Non si tratta di un puro auto-tune, ma di una compressione forte, un pochino invasiva a mio gusto. 

Il “corsivo” che volutamente sbiascica le parole, rese ancora più incomprensibili da questo effetto, non crea in realtà in questo pezzo l’ossimoro che forse gli avrebbe davvero dato una spinta in più, con la grande interprete dalle grandi dinamiche, perché le dinamiche in lei sono effettivamente soffocate da una scelta di mix precisa. 

L’incontro tra due stili opposti dovrebbe tendere a valorizzarne le differenze a mio parere, enfatizzandone le caratteristiche, creando quello che più comunemente in musica si definisce contaminazione. 

La voglia è un punto di incontro con il nuovo invece, un po’ a tutti i costi. Che anche il classico non vada più di moda?