Spirits e toscanità: debuttano i gin ispirati a ribollita, panzanella, pappa al pomodoro e cantucci con vinsanto

Il progetto “Dal piatto al bicchiere” di tre cugini aretini trasforma i piatti tipici regionali in forma liquida. Lancio il 14 luglio all’Helvetia & Bristol di Firenze.

Trasformare i piatti tipici della tradizione toscana in forma liquida, dalla ribollita alla panzanella, creando dei gin dal sapore unico. E’ il progetto “Dal Piatto al Bicchiere” ideato da  tre giovani cugini aretini – Stefano Del Pianta, Leonardo Del Mecio e Tommaso Picchioni – con la passione per il mondo della distillazione. E così, nella regione in cui si raccoglie il ginepro di alta qualità alla base di almeno la metà del gin premium mondiali, debutta una collezione di bottiglie che omaggia le tipicità gastronomiche made in Tuscany, con l’obiettivo di far assaporare profumi e sapori che raccontano la Toscana in un modo decisamente fuori dagli schemi, partendo proprio dagli ingredienti del territorio. “Dal Piatto al Bicchiere” diventa così un invito a scoprire una nuova modalità di concepire gli spirits, dove tradizione, contemporaneità e sostenibilità si fondono per creare quattro declinazioni di gin. Insieme a botaniche come ginepro, coriandolo e angelica, di volta in volta trovano spazio gli ingredienti solitamente utilizzati in cucina, come le verdure rigorosamente fresche.

C’è il “Panmòllo 1912”, un cold compound ispirato alla pappa al pomodoro e realizzato a partire da una singola macerazione a freddo di tutti gli ingredienti (inclusi pane artigianale toscano gluten-free, pomodoro, carote, sedano, aglio, basilico, foglie d’ulivo e pepe nero) ad eccezione dell’acqua di mare che dona la giusta sapidità presente nella ricetta originale del piatto. Oppure il “Ribolgin” che richiama la ribollita, la tradizionale zuppa invernale a base di bietole, sedano, fagioli cannellini, foglie d’ulivo, cipolla, aglio, salvia, rosmarino, pepe nero e timo. Anche qui, la sapidità è data da una parte di acqua marina. Discorso simile per il “Panzagin” ispirato a un piatto fresco e vegetariano come la panzanella, in cui sono presenti gli ingredienti caratteristici, dal pane al pomodoro, dal basilico al cetriolo fino alla cipolla. Sul fronte del fine pasto, invece, ecco il “Ginsanto e cantucci”, un Old Tom che rimanda al dolce tipico di cantucci e vinsanto: qui le note dolci del miele artigianale contrastano con la sapidità dell’acqua di mare, mentre il bouquet è formato da cantucci artigianali gluten free, mandorle, vaniglia, uva sultanina, scorza d’arancia, albicocca secca, fiori di zagara e vinsanto

E non è tutto: la toscanità alla base del progetto “Dal piatto al bicchiere” si ritrova anche nei due premiscelati di vermouth e bitter, utili sia da assaggiare in purezza che per provare un Negroni tutto toscano, e realizzati con una cura particolare al packaging e alla sostenibilità. Si tratta del liquore “Due terzi rosso”, una combinazione di vermouth emiliano affinato in legno e bitter rosso dove note erbacee e amaricanti si fondono per regalare al palato un sapore intenso, e del “Due terzi bianco” (vermouth e bitter bianco) in cui invece prevalgono note fruttate ed erbacee.

“Abbiamo scelto di creare questa linea perché siamo da sempre appassionati di spirits – spiegano i tre – e veniamo da famiglie in cui la cucina e la cura della terra hanno sempre avuto un ruolo importante. Abbiamo immaginato come i piatti della tradizione toscana, protagonisti di tanti pranzi domenicali in famiglia potessero trasformarsi in forma liquida, raccontando i ricordi di nonno Nelusco, che ha fatto del miele e dell’olio Evo una passione, di nonna Alfa e Lisa che ci hanno insegnato che la cucina è prima di tutto un atto di amore”.

Il lancio ufficiale dei gin che compongono “Dal piatto al bicchiere” si terrà venerdì 14 luglio al Winter garden dell’hotel Helvetia & Bristol a Firenze (via dei Pescioni, 2) dove dalle 18 alle 20.30 sarà possibile assaggiare in anteprima le quattro novità, nel corso di un esclusivo aperitivo con drink list.

Postmelodici, il servizio di Oliviero Toscani in esclusiva per SNOB


PHOTOGRAPHY OLIVIERO TOSCANI
Text Federico Vacalebre
Fashion Editor Tommaso Basilio

A metà anni Novanta cercavo di definire in qualche modo la nuova canzone popolare che impazzava a Napoli, tra radio e tv di quartiere. Su un saggio di Peppe Aiello trovai la parola «neomelodico», me ne appropriai, la iniziai ad usare per raccontare del mucchio selvaggio che impazzava in quel momento: Gigi D’Alessio, Franco Ricciardi, Tommy Riccio, Maria Nazionale, Ciro Ricci, Ida Rendano, Stefania Lay, Luciano Caldore, Lello D’Onofrio… Ogni giorno usciva una nuova star del “basso” accanto, si moltiplicavano i sottogeneri, le sottodefinizioni.

Nel 1999, per iniziare il primo libro mai scritto sul fenomeno, usavo queste parole: «Neomelodico. Do you know what I mean? Sai che voglio dicere? Neomelodico spiega poco, comporta il concetto di uno stile veteromelodico da distinguere da quello neomelodico, è una definizione come le altre… assunta per descrivere un complesso e stratificato fenomeno subculturale napoletano, arrivato negli ultimi anni anche sotto il cono di luce dei mass media nazionali, alla ricerca di una propaggine verace delle tendenze neoromantiche di stampo internazionale. Comunque ricordiamolo: parlare di musica è come ballare l’architettura».

Il discorso regge ancora: vent’anni, e passa, dopo, Gigi D’Alessio è una star nazionale, Franco Ricciardi fa sold out allo stadio Diego Armando Maradona mentre nuove stelline e divette impazzano sui social, insieme attratti e respinti dal movimento. Per qualcuno, anche per mezza Napoli, sono volgari, brutti, sporchi e cattivi, quando non collusi con la camorra. Per qualcun altro, mezza Napoli compresa, sono la colonna sonora preferita della giornata, un fenomeno antico e moderno, frutto di una globalizzazione che ha travolto la melodia classica partenopea come il raï ha fatto con quella maghrebina.

Musica etnica, dunque? Anche. Musica urban, come suggeriscono le sempre più spinte contaminazioni con i suoni rap, reggaeton, elettronici? Certo. Glocal pop? Ma anche sintomo di un cambiamento profondo di normalizzazione (sotto)culturale. In una famosa intervista ad Antonio Ghirelli Pasolini vaticinava di una Napoli destinata ad estinguersi, come certe tribù Tuareg, per la sua volontà ostinata e contraria, anti-storica, resistente, cazzimmosa. Le feste di nozze, ma non solo, che un programma come «Il castello delle cerimonie» porta in tutto il mondo mostrano da un lato quella resilienza, dall’altro l’adeguamento agli stilemi più kitsch del mainstream internazionale, la superfetazione del trash, dell’estetica dell’inorganico.

Gli eredi di Nino D’Angelo, di Gigi Finizio, di Patrizio (ex bambino prodigio morto di overdose di eroina) cantavano una Napoli che era difficile farsi piacere, che viveva sul crinale del malaffare. Ogni canzonetta, anche quella sulla più innocua storia d’amore, lasciava tracce di un disagio profondo, feroce. Mamme di quindici anni, maschi-padroni, vite di strada, corna, sesso veloce e senza precauzioni, tradimenti, auguri per una «presta libertà» appartengono alle cronache di ordinaria marginalità di una città passata dal rinascimento bassoliniano al rimorimento successivo, come nella condanna vichiana dei corsi e ricorsi storici. Il successo di D’Alessio ha spinto i suoi emuli a cantare in italiano, ad annacquare melodie e testi, a confondersi con l’«intronata routine del cantar leggero» (copyright Pasquale Panella per Lucio Battisti). Ma non tutti sono D’Alessio, anzi, lo sdoganamento nazionale non è arrivato, il mercato, che si era fatto fiorente ha vissuto con l’arrivo del nuovo millennio una crisi di identità: il sogno era Sanremo, non più la Piedigrotta.

Dopo Gianni Fiorellino sono arrivati Rosario Miraggio, Gianluca Capozzi, e poi ancora Alessio, Tony Colombo, Marco Calone ed altri si sono fatti largo, tra canzoni e storie kitsch da raccontare in tv. Hanno conquistato la periferia romana, sfondato in Puglia, in Sicilia, a Modena, a Milano… Mentre a Napoli l’emergente generazione postmelò trovava nel web il sostituto di radio e tv locali, ormai in debito di ossigeno, e nelle sonorità emergenti della trap e del reggaeton pane per i propri denti. Un’alleanza post femminista metteva insieme una protagonista della prima ora come Stefania Lay con le nuove star Giusy Attanasio e Nancy Coppola, mentre dietro le regine storiche Maria Nazionale e Ida Rendano spuntava il sex appeal di Marika Cecere. Mentre Francesco Merola manteneva in vita la tradizione melodica di papà Mario Ivan Granatino e i Desideri cercavano di uscire dal ghetto neomelodico, di parlare ad un pubblico più ampio, senza rinnegare, per quanto possibile, le proprie origini.

Tra radici e ali, identità e omologazione, il discorso è aperto e la domanda resta la stessa dell’inizio. Postmelodico. Do you know what I mean? Lo sai che voglio dicere?

La canzone neomelodica, neoromantica, postmelodica, postromantica, urbaneomelò o chiamatela come volete, è canzone verace d’amore per antonomasia. Ma che cosa è l’amore, e che cos’è l’odio? E chi amare e chi odiare nella Napoli in pieno hype del momento? Lo abbiamo chiesto ai magnifici otto ritratti da Oliviero Toscano in una Napoli mai stata di moda come adesso.


IDA RENDANO

Dress Lea Damiano
Hair Lorena Sazio
Make up Raffaella Pezzella

Ida Rendano è, con Maria Nazionale, la reginetta della canzone neomelodica sin dal primo momento, dagli anni Novanta. Ha cinquant’anni, ma non li dimostra, anzi. È napoletana del quartiere di San Giovanni a Carbonara, è cresciuta nel rione Miracoli ed oggi vive a piazza Cavour. Ha iniziato ragazzina, incidendo il primo disco a 7 anni. Le hanno dato una mano i duetti con Nino D’Angelo e Gigi D’Alessio, ma anche i testi di Salvatore Palomba e Peppe Lanzetta. Ha cantato con i 24 Grana, recitato Viviani in teatro, scritto un’autobiografia…

Cos’è per te l’amore? E chi/cosa ami di più?

«Sono fatta d’amore, che è sicurezza, fiducia e stabilità per l’anima, tutte cose che cerco sempre di dare a mia figlia, a mia madre ed a mio padre: mia figlia perché è stato il dono più bello che abbia mai avuto, mamma perché mi ha fatto nascere, papà perché mi ha trasmesso l’ amore per la musica. E poi amo gli abiti glamour, il trucco, le scarpe esagerate, mi piace sentirmi femmina».

E cos’è per te l’odio? E chi/cosa odi di più?

«L’odio è la mia risposta al male che ricevo, alla falsità, all’invidia, al perseverare nell’errore. Errare è umano, continuare in quella direzione diabolico».

FRANCESCO MEROLA

52 anni, napoletano, residente a Calvizzano. «L’unico Merolone in una selva di merolini», diceva di lui papà Mario, pensando ai possibili eredi canori. Francesco ha la sua voce scura e verace, il suo portamento ed è stato svezzato con le canzoni di Bovio e quelle di giacca. Ha duettato con il padre, con Gigi D’Alessio, con Valentina Stella. Ha riportato a teatro la sceneggiata ed ha organizzato una crociera nel nome di Mario Merola: a bordo, tutto, dal menù alle canzoni, dai talk show alla passione per il gioco d’azzardo, riporta al culto verace del genitore.

Che cos’è l’amore per te? E chi/cosa ami di più?

«L’amore è mia mamma che mi riporta sempre nella casa di Portici. E lì l’amore è naturalmente papà: tutto intorno mi parla di lui, mi ricorda lui, ammesso e non concesso che me ne dimentichi per un attimo. Amo la mia famiglia, mia moglie Marianna, la musica, la canzone napoletana, quella classica ma anche quella moderna, a cui cerco di contribuire quando trovo un pezzo adatto: faccio un mestiere che mi piace, sono un privilegiato».

E che cos’è l’odio per te? E chi/cosa odi di più?

«Non odio nessuno, o quantomeno mi sforzo di non odiare nessuno, di non trasformare la rabbia per chi ci vuole o ci fa male, per chi non ci considera come meritiamo, in qualcosa di più profondo, pericoloso, violento. Nella sceneggiata sono abituato a mettere in scena l’odio, ma l’ho cancellato dalla mia vita».

GIANNI FIORELLINO



Quarant’anni, di Mugnano, ha vissuto a Giugliano ed ora abita a Portici. Sta girando un docufilm sulla sua vita e carriera, con particolare attenzione alla periferia/provincia napoletana in cui è cresciuto, fiero che vi siano nati anche talenti come Giambattista Basile e Sergio Bruni. Ha iniziato a cantare a 9 anni, è stato Masaniello in un musical e due volte a Sanremo cantando in italiano e collezionando tra le Nuove Proposte un quarto ed un quinto posto, poi ha deciso di tornare al napoletano.

Che cos’è per te l’amore? E chi/cosa ami di più?

«L’amore è l’orologio buono del mondo, senza mi sentirei mancare ogni protezione, vivrei senza un rifugio. Amo mia moglie, i miei figli, naturalmente: solo loro la mia protezione ed il mio rifugio. Poi il mio cane: non mi ha mai tradito, anche se non vive più con me. E il mio pianoforte: mi ha indicato la strada, mi salva quando mi perdo, mi esalta quando mi ritrovo».

E cos’è per te l’odio? E chi/che cosa odi di più?

«L’odio è la peggiore attività dell’uomo. Genera violenza, frustrazioni, cattiverie, malvagità, vendetta, violenza, guerra addirittura. Io detesto tanti, ma non li odio, pur non sapendo porgere l’altra guancia. Odierei me stesso se provassi odio per qualcuno, anche se può sembrare un controsenso».

MARCO CALONE

28 anni, è nato a Pozzuoli e vive a Caserta. Tra i giovani che contano della nidiata postmelodica, ha duettato con Guè in «Tu si’ particolare» ed un suo pezzo del 2020, «T’aggio purtato ‘na rosa», è entrato nel circuito indie grazie alla cover incisa, durante la clausura da pandemia, da Roberto Colella, leader della band La Maschera, che l’ha sdoganato presso un nuovo pubblico.

Che cos’è per te l’amore? Chi/cosa ami di più?

«L’amore per me è vedere la serenità negli occhi di mia madre. Mi stanno a cuore gli amici, Carlos, ovvero il mio figlio peloso a quattro zampe, e la musica: senza di lei non potrei vivere».

E cos’è l’odio per te? E chi/che cosa odi?

«Odio la falsità, che ho compreso strada facendo. La popolarità che ho conquistato non ha cambiato me, ma chi mi stava intorno, per fortuna non ha intaccato le mie amicizie storiche. Odio l’ipocrisia, l’invidia, l’opportunismo. E alcune persone che incarnano questi difetti alla perfezione».

MARIKA CECERE

Ventisei anni, napoletana della Sanità, sex symbol postmelò, appartiene a quella nuova generazione esplosa in rete, attentissima alla comunicazione sociale, quasi una local influnecer.

Che cos’è per te l’amore? Chi/cosa ami di più

«L’amore è bene puro, è il trasporto per la famiglia, è il desiderio del partner, è l’affetto per gli amici. È rispetto, soprattutto. Mia madre, mio padre e mia sorella sono le persone fondamentali nella mia vita, nella mia personale classifica subito dopo metterei la musica, il palco ed il pubblico».

E cos’è l’odio per te? E chi/cosa odi di più?

«La miglior risposta ad un brutto comportamento sarebbe un sorriso. Da buona napoletana questa sono io. Buona, educata, ma non mi faccio passare la mosca sotto il naso e se devo reagire, alla fine reagisco. E inizio a odiare le persone cattive, non solo con me, non sopporto le ingiustizie».

I DESIDERI

Salvatore e Giuliano Desideri hanno rispettivamente 26 anni e 25 anni e sono nati a Marcianise, in provincia di Caserta, dove vivono. Figli d’arte, il papà è Nico, cantante veteromelodico, sono stati lanciati da una collaborazione con Clementino, hanno provato la strada di Sanremo Giovani e visto crescere le loro visualizzazioni sulla strada di un pop sempre più urban. Il prossimo album sarà quello con cui proveranno a conquistare il mercato nazionale.

Che cos’è per voi l’amore? E chi/cosa amate di più?

«È il motore della vita, ciò che ci spinge ad affrontare tutto. Non importa se sia amore per un uomo o una donna, per la famiglia, per le amicizie, per gli animali. Non esiste vita senza amore. Siamo fratelli e compagni di lavoro, l’amore ci cementa e anche per questo le nostre canzoni hanno un sapore speciale. Amiamo nostra sorella, mamma, papà: la famiglia è il luogo dove cerchi conforto quando le cose non vanno bene».

E cos’è l’odio per voi? E chi/cosa odiate?

«Sincerità, umiltà e generosità sono i tre valori nei quali ci rispecchiamo. Non riusciamo a proviamo odio anche se sappiamo che esiste, lo sentiamo anche attorno a noi. Se proprio dobbiamo chiudere i ponti con qualcuno usiamo l’arma dell’indifferenza».

IVAN GRANATINO

IVAN GRANATINO

Ivan Granatino ha 38 anni, è nato a Caserta e vissuto in provincia, tra Aversa e Trentola Ducenta, dove ora vive con la moglie ed i suoi due bambini. Nella sua produzione tiene insieme la temperie postmelo con rap, urban, pop, reggaeton. Visto a «The voice of Italy» ha collaborato con Clementino, Club Dogo, Luchè, Enzo Dong, Franco Ricciardi e Tullio de Piscopo, il suo ultimo singolo è un duetto con Pietra Montecorvino. Attore al cinema per i Manetti bros, presente nella colonna sonora di «Gomorra – La serie, ha milioni di visualizzazioni online. Tra i suoi pezzi anche una versione in napoletano di «Obsesion», hit latino degli Aventura.

Che cos’è per te l’amore? E chi/cosa ami di più?

«L’amore è il motore dell’esistenza. Nessuno può vivere senza amare o essere amato. E’ quel sentimento che fa passare ogni difficoltà e che aluta a fare ogni cosa con leggerezza. E. poi, l’amore è fondamentale nell’arte e nella musica per comporre. Il mio va innanzitutto alla mia famiglia, che mi regala radici e un porto sicuro».

« E cos’è per te l’odio? E chi/che cosa odi di più?

«Diciamo che è un sentimento troppo forte, che non conosco e non mi appartiene. Più che altro non sopporto i cliché, il pregiudizio e gli stereotipi, ma nulla di questo può spingermi ad odiare».

RITZWELL, LA NASCITA DEGLI SPAZI

MASATOSHI  UEDA, PROPRIETARIO DI SECONDA GENERAZIONE DEL RYOKAN ASEBINO NELLA PENISOLA DI IZU, RACCONTA LA NASCITA DELL’ALBERGO E LA SCELTA DI USARE I MOBILI RITZWELL PER RENDERE ANCORA PIÙ ELEGANTE E ACCOGLIENTE LO SPAZIO.
“Non c’è niente che apprezzi di più della natura rigogliosa di questo luogo.
Anche i giorni di pioggia qui sono meravigliosi.”
Asebino è un ryokan pensato per coppie che prende il nome dall’andromeda giapponese (Asebi in giapponese), una sempreverde originaria dell’Asia che cresce in questa zona fin dai tempi antichi e ha bellissimi fiori simili a quelli del mughetto, velenosi ma dai significati simbolici romantici. Ne crescono molte intorno alla struttura ma svetta tra tutte la pianta di fronte all’ingresso alta più di 5 metri. Il ryokan si trova all’incrocio di due torrenti sui monti Amagi nella penisola di Izu, famosa per le sue sorgenti termali, le splendide coste, l’entroterra montuoso e il clima mite, situata a circa 100 chilometri a sud-ovest di Tokyo.

“I miei genitori hanno fondato Sagasawakan”, racconta Masatoshi Ueda. “Un onsen (centro termale giapponese) a poca distanza da qui nel 1928 che fu purtroppo distrutto da un tifone trent’anni dopo. Mia madre scelse di ricostruirlo e per fortuna la sorgente termale continuò a scorrere quindi gli ospiti tornarono a sostenerci. Asebino aprì nel 2002 dove prima c’era un centro ricreativo aziendale che rilevammo per poter dare un’ospitalità diversa dai grandi gruppi accolti Sagasawakan e riservare un ambiente più intimo a chi viaggia in coppia.”


Un luogo magico dotato di acqua termale calda dove ascoltare il mormorio delle montagne, respirare il profumo dei fiori e godere dei colori della natura che mutano con l’alternarsi delle stagioni, per rivitalizzare corpo e mente.  
“Il nostro ryokan dispone di 18 camere, tutte dotate di vasca all’aperto affacciata sulla foresta. Per il progetto di Asebino ci siamo affidati a Mr. Suzuki di Ishii Architect & Associates, un designer specializzato in ryokan che conosco dai tempi di Sagasawakan. Sebbene questa locanda abbia la facciata di una tipica antica casa privata (Kominca in giapponese) volevamo creare un’atmosfera il più possibile moderna all’interno, utilizzando pareti di terra e legno di cedro di provenienza locale. Credo che il progetto sia venuto ancora meglio di quanto avessimo immaginato. Nonostante siano passati più di 20 anni dalla costruzione risulta ancora molto attuale.”
Costruito su tre livelli sul pendio di una valle che circonda un ruscello di montagna è una struttura in perfetta armonia con la natura rigogliosa che la circonda in cui anche all’interno il protagonista assoluto è il paesaggio naturale che si scorge attraverso le grandi vetrate dell’ingresso.
“Quest’area, la hall, è il luogo in cui avviene il primo incontro tra noi e i nostri visitatori e tra loro e la struttura. L’ospite entra, si siede su una sedia e guarda il paesaggio. Se in quel momento riesce a percepire un relax assoluto si sentirà soddisfatto e completamente diverso.” Con questa sensazione in mente Mr. Suzuki ha proposto a Ueda i mobili Ritzwell. 

“Tutto è molto coerente. Il tessuto del divano (LEEWISE EXCLUSIVE SOFA) è stato scelto dall’architetto per adattarsi allo spazio della lobby mentre la struttura ha un design in stile giapponese quindi si è integrato facilmente. I divani e le poltrone (RIVAGE EASY CHAIR) Ritzwell sono davvero molto comodi e credo che la loro introduzione abbia amplificato l’eleganza dell’intero spazio. È importante che i mobili evochino un’atmosfera rilassata. Le poltrone che avevamo in precedenza non trasmettevano le stesse vibrazioni e la loro sostituzione ha fatto una grande differenza. Dato che i nostri ospiti ci visitano con l’intenzione di trascorrere un periodo di relax, si potrebbe addirittura dire che i mobili Ritzwell svolgano il ruolo di un importante membro dello staff di Asebino. I mobili sembrano sorridere l’uno con l’altro, assaporando la brezza della valle mentre l’estate si avvicina”.

LEVI’S 501® jeans plant-based

Sostenibilità e innovazione caratterizzano i nuovi Levi’s® 501®:
a base vegetale, in misto canapa-cotone e circolari

In occasione del 150° anniversario dell’iconico jeans Levi’s® 501®, il brand presenta una nuova famiglia di
501®: un modello plant-based (ovvero a base vegetale), uno cimosato in misto canapa-cotone e uno circolare,
risultato di design innovativo e tecnologie d’avanguardia applicati su un classico senza tempo, che guarda al
futuro.
Il 501® jeans plant-based è realizzato con almeno il 97% di materiali di origine vegetale, con cotone organico
certificato, coloranti naturali, back patch a base vegetale e inchiostro ricavato dagli scarti del legno. Questo
modello segna la strada al jeans del futuro, con materiali sintetici derivati da combustibili fossili ridotti al
minimo e l’aumento della produzione di capi da risorse rinnovabili. È un’evoluzione derivata dall’innovazione
del design perseguito dal brand che getta le basi su cui costruire i capi del futuro.
“Realizzando jeans 501® da 150 anni, abbiamo l’opportunità e la responsabilità, come azienda, di interrogarci
continuamente sul processo di produzione di questi jeans”, afferma Paul Dillinger, VP Design Innovation di Levi
Strauss & Co. “Questi jeans sono il risultato delle nostre ricerche passate verso la circolarità e, allo stesso
tempo, rappresentano il punto di partenza per le innovazioni future”.

Il denim dei jeans 501® plant-based è realizzato in cotone biologico certificato OCS (Organic Cotton Standard)
al 100% e tinto con indaco vegetale prodotto dalla Stony Creek Colors. Il finissaggio si ispira alla tonalità
d’archivio del Levi’s®X80. La back patch non è in pelle ma in MIRUM® di NFW, un materiale 100% biologico e
plastic free che non genera scarti durante la produzione. La pocket bag interna è 100% cotone e stampata con
BioBlack TX, un pigmento nero a base vegetale ricavato dagli scarti del legno e sviluppato da Nature Coatings.
Anche etichette e cuciture sono in 100% cotone.
Inoltre, grazie ai risultati raggiunti nella cotonizzazione della canapa con le sperimentazioni della linea Levi’s®
WellThread™, il brand lancia anche un 501® jeans cimosato in misto canapa-cotone disponibile sia per uomo
che per donna in diversi finissaggi, alcuni derivati da tinture naturali. Il tessuto cimosato di alta qualità si
unisce alle fibre alternative messe a punto da WellThread™ negli ultimi anni.


Infine, sempre nell’ambito delle celebrazioni del 150° anniversario del jeans Levi’s® 501®, viene presentato
anche uno speciale 501® circolare, modello lanciato per la prima volta nel 2022. Questo jeans è realizzato con
un mix di fibre di cotone organico Circulose®, viscosa ottenuta dall’azienda Renewcell a partire da denim
riciclato e altri rifiuti tessili riducendo le risorse naturali e le sostanze chimiche utilizzate nel processo di
produzione. Ogni singola fibra consente un riciclo efficiente al termine della vita del capo. Sostituendo le
componenti normalmente realizzate con fibre sintetiche – come tasche, fili, etichette – con alternative in 100%
cotone, Levi’s® ha eliminato gli elementi che disturberebbero il processo di recupero del cotone. Il risultato è
un nuovo jeans fatto con vecchi jeans, progettato per essere riciclabile e trasformato di volta in volta.
“Nel nostro lavoro di ricerca e sviluppo, ci sforziamo di migliorare le pratiche di design e di preservare le risorse
ambientali in ogni modo possibile” afferma Una Murphy, Levi’s® Design Innovation Director. “Incorporando
l’innovazione sostenibile in tutti i prodotti, impariamo cosa è possibile fare e come cercare di risolvere alcune
delle più grandi sfide ambientali”.

IL BRAND LEVI’S®
Il marchio Levi’s® incarna lo stile classico americano e la moda disinvolta. Dalla loro invenzione da parte di Levi Strauss & Co, nel 1873, i jeans Levi’s® sono diventati il capo d’abbigliamento più riconoscibile e imitato al mondo – catturando l’immaginazione e la lealtà delle persone per generazioni. Oggi, il portfolio del marchio Levi’s® continua a evolversi attraverso un implacabile spirito pionieristico e innovativo che non ha eguali nel settore dell’abbigliamento. La nostra gamma di jeanswear e accessori leader nel settore è disponibile in più di 110 Paesi, consentendo alle persone di tutto il mondo di esprimere il proprio stile personale. Per ulteriori informazioni sul marchio Levi’s®, i suoi prodotti e negozi visita levi.com.

LEVI STRAUSS & CO.
LeviStrauss&Co.è una delle più grandi aziende di abbigliamento di marca al mondo, leader globale del jeanswear.
L’azienda progetta e commercializza jeans, abbigliamento casual e accessori per uomo, donna e bambino con i marchi Levi’s®, Signature by Levi Strauss & Co.™, Denizen®, Dockers® e Beyond Yoga. I suoi prodotti sono venduti in oltre 110 Paesi in tutto il mondo attraverso catene di distribuzione, grandi magazzini, websites e un’impronta globale di circa 3.200 negozi al dettaglio e shop-in-shop.

Per ulteriori informazioni, visitare il sito http://levistrauss.com, mentre per le notizie e gli annunci finanziari visitare il sito to http://investors.levistrauss.com.

AFTEREFFECTS

PHOTOGRAPHY Uli Weber
STYLING Martina Riebeck
ART DIRECTION Roberto Da Pozzo
HAIR – MAKE UP Paolo Sfarra
PHOTOGRAPHY ASSISTANT Giordano Nagro
MODELS Kateryna Zub @ Thanks agency IMG models
Thomas Barry Armstrong @ Thanks agency
Casting Michele Bisceglia

Total look Dolce & Gabbana.
sx Dress n° 21 Gloves Sermoneta.
dx Her dress Amen, blazer Corneliani, earrings Palmiero, stockings Wolford, sandals Evangelie Smyrniotaki for Sergio Rossi. Him total look Corneliani, shoes Gianvito Rossi.
Him total look Corneliani. Her top Philosophy by Lorenzo Serafini, jewels Palmiero.

Him Total look n° 21, shoes Gianvito Rossi. Her dress n° 21, earrings Palmiero, gloves Sermoneta, stockings Wolford, sandals Gianvito Rossi.
Her dress Roberto Cavalli, earrings Palmiero, stockings Wolford. Him total look Tagliatore.
Dress Alexander McQueen, jewels Palmiero.

La poltrona dell’artista Andrea Bianconi diventa monumento

ARZIGNANO: ANDREA BIANCONI DONA LA “POLTRONA DELLE IDEE” ALLA SUA CITTA’

L’opera diventa installazione permanente e simbolica della città natale dell’artista

L’assessore alla Cultura Giovanni Fracasso e il sindaco Alessia Bevilacqua: “E’ un onore poter avere l’opera più celebre dell’artista arzignanese Andrea Bianconi. Un concittadino che ha portato nel mondo il nome della nostra città ed un messaggio ‘Sit Down to Have an Idea’ creando un luogo di arte e pensiero in tantissimi luoghi, con un’opera diventata iconografica che è diventata anche progetto industriale e di marketing, entrando nella visione pop di Andy Warhol”

L’artista Andrea Bianconi dona alla sua città la poltrona d’autore “Sit Down to Have an Idea”. Da oggetto quotidiano utilizzato dall’artista nel suo studio, luogo di fondamentale ispirazione per la sua attività creativa, la “poltrona delle idee” diventerà monumento permanente ad Arzignano in provincia di Vicenza. Domenica 11 giugno alle ore 11.00 in Piazza Libertà, alla presenza del sindaco Alessia Bevilacqua si svolgerà la cerimonia di svelamento dell’opera d’arte realizzata in bronzo. 

“Sarà un momento speciale per Arzignano – aggiunge il sindaco Bevilacqua – perché Andrea Bianconi dona alla sua città un’opera concettuale diventata famosa in tutto il mondo. L’opera valorizzerà culturalmente ed esteticamente il centro di Arzignano. Un’opera che è più di un monumento, che è più di un’istallazione da osservare, ma che è un luogo da vivere, in cui pensare e che potenzia e valorizza l’unicità di ciascuno di noi. Siamo grati ad Andrea per questa donazione e per l’amore che dimostra per la nostra comunità. La Città di Arzignano, dunque, mette la poltrona di Andrea Bianconi come opera permanente nella piazza principale della città per l’alto valore simbolico del messaggio che trasmette e perché il suo lavoro è diventato ormai iconografico entrando nel mindsent della nostra generazione. Arzignano non può che essere orgogliosa di quanto sta realizzando e questo riconoscimento rende orgogliosa la nostra città”. 

Partita dallo studio di Andrea Bianconi ad Arzignano, la “poltrona delle idee” ha raggiunto numerosi luoghi in Italia e oltrepassato i confini. «Sit Down to Have an Idea è un’opera che ha la dimensione della partecipazione nel suo Dna – afferma il curatore Giuseppe Frangi -. Così è accaduto in tutte le sue apparizioni, a partire dalla prima performance a Bologna seguita dalla salita al monte Carega nel 2020, e poi Tropea, Colletta di Castelbianco, Chiampo, Lodi, Vicenza, Milano, Houston, Savona, Firenze. Ogni volta la poltrona è stata accompagnata nel suo percorso verso i diversi insediamenti da un rito collettivo, quasi si trattasse di un “santo” portato in processione. Poi la poltrona si è disposta ad accogliere la seduta di migliaia di persone con l’obiettivo di stimolare processi creativi. Ora la poltrona si fa “monumento” in una versione in bronzo che Andrea Bianconi ha voluto donare alla sua città. Ma non è monumento a sé stessa, bensì è monumento per chiunque vi si siederà. Quindi monumento vivo, aperto, non retorico, celebrazione dell’unicità che ciascuno di noi è. Attivatore di idee, certamente. Con la sua conformazione così disponibile e accessibile, la prima idea che attiva è un’idea di simpatia e di amicizia». 

La performance è uno dei linguaggi con cui Bianconi ha manifestato il valore pubblico dell’arte in molti luoghi simbolici del mondo sensibilizzando l’opinione pubblica su temi di grande valore sociale. Nel 2019 nel carcere di San Vittore, a Milano, mette in scena “Come costruire una direzione”, una toccante performance realizzata con la compagnia teatrale del CETEC Dentro/Fuori San Vittore, di cui fanno parte alcune detenute. È la prima volta che una performance si svolge all’interno di San Vittore. Nel 2018 è stato il primo artista italiano invitato a Davos (Svizzera), durante la 48° edizione del World Economic Forum per presentare ai capi di Stato di tutto il mondo la sua performance “Voice to the Nature”, una denuncia sull’ecocidio in atto per richiamare i leader del mondo all’urgenza di agire “ora e non dopo” per il benessere del pianeta. Per i 150 anni dell’Unità d’Italia (2011) ha realizzato un’opera all’Ambasciata d’Italia a Washington D.C. Nel 2013 ha partecipato alla 5° Biennale di Mosca con una public performance tra la Piazza Rossa e il Cremlino. Per la città di Arezzo in occasione di Expo 2015 realizza Babele, una performance sulla incomunicabilità dove 18 rifugiati, portando in spalla uno stereo con musiche una diversa dall’altra, danzano però nel segno dell’unione. Nel 2010 realizza una performance pubblica a Shanghai: 88 giovani cinesi percorrono le vie con ombrellini e tradizionali sete cinesi, spostandosi in maniera assorta e casuale, cercando un incontro e un riconoscimento. La performance sarà ripetuta nel 2011 e in Piazza San Marco a Venezia.

«Gran parte delle idee che hanno nutrito la mia storia di artista le ho avute tra queste strade, osservando e incontrando le persone: cioè vivendo Arzignano – afferma Andrea Bianconi-. Ho pensato a quest’opera come una restituzione per quanto ricevuto e come espressione della mia gratitudine. È un’opera che invita ad attivare altre idee e per questo mi riempie di gioia. Con quest’opera voglio donare un punto di incontro per uno scambio continuo di idee, di visioni, di obiettivi. È un ‘opera per tutti e di tutti».

Andrea Bianconi

BIOGRAFIA

La sua opera spazia fra le diverse forme artistiche di performance, pittura e scultura con esibizioni in musei pubblici e spazi privati di tutto il mondo. 

L’ultimo progetto del 2020, SIT DOWN TO HAVE AN IDEA partito da Bologna in occasione di Arte Fiera, ha contaminato ventiquattro luoghi della città con altrettante poltrone dell’artista a disposizione del pubblico.

Il progetto è proseguito nel Teatro Duse di Bologna, nelle Piccole Dolomiti con l’installazione di un’opera su Cima Carega, a Tropea, a Colletta di Castelbianco, a Chiampo, a Savona.

Nel 2019 nel carcere di San Vittore, a Milano, si esibisce nella performance “Come costruire una direzione”, una toccante performance realizzata con la compagnia teatrale del CETEC Dentro/Fuori San Vittore, di cui fanno parte alcune detenute.

Nello stesso anno a Houston, in Texas, negli spazi della Barbara Davis Gallery, ha dato vita alla mostra “Breakthrough”, che conquista il primo posto tra le “più brillanti esposizioni della nuova stagione”nell’articolo di Meredith Mendelsohn, critica del New York Times. La Barbara Davis Gallery, prestigiosa galleria americana, rappresenta Andrea Bianconi negli Usa da oltre 10 anni organizzando ogni anno una personale dedicata all’artista.

Nel 2018 è stato il primo artista italiano invitato a Davos (Svizzera), durante la 48° edizione del World Economic Forum per presentare ai capi di Stato di tutto il mondo la sua performance “Voice to the Nature”, una denuncia sull’ecocidio in atto per richiamare i leader del mondo all’urgenza di agire “ora e non dopo” per il benessere del pianeta.

Il CAMEC di La Spezia lo ha invitato per una grande personale con un enorme successo di visitatori. Altre performance e mostre lo hanno visto protagonista  a Casa Testori, Milano, al VestfossenKunstlaboratorium (Norway)), a Palermo nella Cripta della Chiesa di Santa Maria del Piliere.

Ha recentemente esposto al MSK Museum of Fine Arts di Ghent (Belgio), e ha partecipato alla 5° Biennale di Mosca con una public performance tra la Piazza Rossa, il Cremlino e il Manege e con una wall installation al Manege. 

Per i 150 anni dell’Unità d’Italia ha realizzato un’opera all’Ambasciata d’Italia a Washington D.C.; ha esposto alla Boghossian Foundation, Bruxelles; al Museu do Meio Ambiente, Rio de Janeiro; Centro del Carmen, Valencia; Matadero, Madrid; Film Society Lincoln Center, New York; Maraya Art Centre, Sharjah, UnitedArab Emirates; Swiss Architecture Museum (S AM), Basilea; Kunsthal Charlottenburg, Copenhagen; ISCP, Brooklyn, NY; Palazzo Reale, Milano; VestfossenKunstlaboratorium, Norway;  Barbara Davis Gallery, Houston, Texas. 

Ha realizzato numerose public art performances come Il sogno canta su una corda sola-2021- per la Giornata Mondiale della Poesia nei Navigli di Milano presso lo Spazio Alda Merini nel giorno in cui la poetessa avrebbe compiuto 90 anni; Summer Night Series, Union Square NYC; Italian Cultural Institute, NYC; Postcard People, Hudson Valley Center for Contemporary Art (HVCCA), NY; The Chinese Umbrella Hat Project (Part I), Wujiang Rd West Nanjing Rd, Shanghai, China e (Part II), Piazza San Marco, Venezia.  

Nel 2011 Charta ha pubblicato la sua prima monografia; nel 2012 Cura. Books ha pubblicato il suo primo libro d’artista “ROMANCE” e nel 2013 il secondo dal titolo “FABLE”. Entrambi fanno parte della collezione del MoMA, NYC.

Nel 2016 Silvana Editoriale ha pubblicato la monografia sui 10 anni di performance dell’artista “Andrea Bianconi Performance 2006-2016”.

Nel 2017 AmC collezione Coppola pubblica “SOLO”, una monografia con un’intervista della curatrice internazionale Catherine De Zegher. 

Nel 2022 Skira ha pubblicato il “Manuale per esercitare la propria stupidità”, libro d’artista di Andrea Bianconi. 

Simona Corsellini Cruise Collection 2024

Simona Corsellini Cruise Collection 2024
Le sfumature della bellezza raccontate attraverso la Joie de Vivre
Passione, creatività e artigianalità.
Questi i principi che fin dal 2015 contraddistinguono Simona Corsellini, Direttore creativo e fondatrice dell’omonimo brand.
Uno stile unico e distintivo, il suo: creazioni dall’allure contemporaneo e deciso sono la rappresentazione per eccellenza della femminilità e della raffinatezza, che escono dal lusso convenzionale rispecchiando e rispettando sempre il carattere audace della Donna.

Con la Cruise Collection 2024 prosegue il racconto della storia del marchio. Gli abiti diventano gli occhi di Simona Corsellini che ci mostrano la sua visione e percezione della bellezza e dell’eleganza senza tempo.
Una narrazione che invita ad osservare e ad immaginare un mondo parallelo spoglio di orpelli e decorazioni in cui
vige la semplicità e l’essenzialità dell’essere.

Una collezione che ricerca da un lato il carattere sensuale di nuove forme ma dall’altro linee seducenti che si
adattando al corpo della donna rendendola affascinante e ultra moderna.

Capi casual-chic, fluidi e leggeri, in una palette sofisticata, dai i toni neutri del ginger e del nudes affiancati alle
nuance chocolate e liquid green, accostano un guardaroba ad alto tasso glam ed iper-contemporaneo, che si
contraddistingue per i suoi colori decisi, netti e vibranti, a contrasto con i toni no season del bianco infinity summer e del nero.

I lunghi abiti in delicata georgette e le stampe vivaci nei toni del vivid violet e del golden yellow, ci trasportano in
un’atmosfera onirica e delicata, dove nappe di cristalli dalle mille sfaccettature ricordano affascinanti paesaggi
esotici e plasmano il corpo con inaspettate asimmetrie e curvature avvolgenti.

Uno sguardo ravvicinato alla linea PARTY EDITION: abiti sensuali e raffinati in cui energia e sexiness trionfano come in un vernissage virtuale, a metà tra un tappeto rosso e un night party. Frange e paillettes dominano il carattere irriverente mentre i bagliori di pietre e strass risplendono come gioielli su short-dress e tute palazzo.

Paillettes moonlight, accostate al raso nei colori flamboyant, pink flash e coral crush, illuminano la notte, e i completi maschili, da indossare con bra minimal o top preziosi, sono accostati a long-dress dalle scollature decise, che rappresentano tutta l’essenza della sensualità femminile, di cui Simona Corsellini si fa, ancora una volta, portavoce.

Un panorama sexiness che delinea curve pericolose e giochi sulla pelle interessanti. Un maestoso remix di tessuti
speciali e inediti pattern che esplorano e ci mostrano dettagli di stile che fanno la differenza. Una Collezione,
possiamo di certo dire, che risplende sia di giorno che di notte.

“La donna che sceglie di indossare un abito Simona Corsellini è sicura di sé e della propria innata eleganza, che sa trasmettere in ogni momento, attraverso la scelta di look che sanno rappresentare il suo stile. Sapersi distinguere restando fedeli alla propria identità è il valore che voglio comunicare attraverso le mie collezioni.”
Simona Corsellini

CLARKS

CLARKS CRAFT SPORTS

SNEAKERS LIKE NO OTHER  

It’s in “our” craft

La cura dei dettagli e il design innovativo di CLARKS danno vita alla nuova linea CRAFT SPORTS:  gli eleganti modelli vintage-sportivi Craft Rally Ace (da uomo) e Craft Run Tor (da donna). Lo stile old-school prende spunto dal design autentico che caratterizza il DNA di Clarks, una rivisitazione in chiave anni ’70 delle moderne sneakers.

Il cushioning estremamente confortevole, la leggerezza e l’estetica retro-sportiva, assicurano un movimento fluido e uno stile inconfondibile, in ogni momento della giornata e in ogni stagione.

Le sneakers CRAFT SPORTS sono estremamente versatili, realizzate con materiali riciclati e biodegradabilipelli ecosostenibili e tessuti pregiati che provengono da concerie impegnate a ridurre il loro impatto ambientale.

THAT’S ALYKI

Image 
Sere d’estate
Collezione Primavera/Estate 2023
Voglia di mare, di libertà e della spensieratezza delle dolci serate estive in vacanza. 
Questa l’ispirazione della capsule collection da sera di That’s Alyki, brand italiano 100% Made in Biella.  
Maglie con scollo a V, canotte a costine, minigonne, pantaloni fluidi e un inedito abito lungo con spalline vengono illuminati da un tocco di lurex, per un effetto Golden Hour – in alcuni modelli enfatizzato anche da giochi di strass – che conferisce un’attitudine easy&fun ai look per le sere d’estate.

Boglioli. 50 Anni di Sartorialità Contemporanea

Il brand Made in Italy celebra il 50° anniversario dalla sua fondazione nel 1973 attraverso un’edizione limitata e numerata dell’iconica K-Jacket.

Una giacca decostruita, confezionata con le più nobili fibre di cashmere, tinta in capo per un effetto cromatico sofisticato, pensata per accogliere la silhouette, avvolgere ed esaltare l’attitudine individuale di chi la indossa.

Boglioli. K-Jacket. Un brand e un’icona che diventa il simbolo di 50 anni di innovazione, sapienza, maestria e lusso discreto.

Promotore dello stile italiano e di una nozione di eleganza non convenzionale, Boglioli continua ad essere massima espressione di creatività, artigianalità e Made in Italy dal 1973, anno difondazione.

Per celebrare questo anniversario e la propria storia, Boglioli ricrea il proprio capo icona che racchiude tutti i valori distintivi del brand valorizzandone la capacità di ripensare il guardaroba formale con un’attitudine rilassata, sofisticata e contemporanea.

La K-Jacket è espressione di lusso sartoriale moderno grazie ad una costruzione finemente cesellata, all’impiego di tecniche di confezione all’avanguardia, all’utilizzo della fibra più nobile, il cashmere, e alla tintura in capo, un unicum nel panorama sartoriale.

La speciale edizione della K-Jacket limitata a soli 50 pezzi e numerata è accompagnata da una black label celebrativa. Realizzata in cashmere quattro stagioni con motivo a resca in colore verde, sarà disponibile presso gli store Boglioli a Milano e New York e sulla piattaforma e-commerce del brand a partire da Settembre.

Sapienza artigiana, cultura del saper fare ed innovazione sono le cifre che hanno definito la storia di Boglioli dal 1973. L’intuizione per soluzioni creative, tutte Made in Italy, che arricchiscono il guardaroba sono radicate nella storia dell’azienda.

Fabrizio. Andrea. Mara. Laura. Davide. Solo alcuni dei nomi e volti che contribuiscono quotidianamente a tenere viva l’expertise maturata in 50 anni di storia presso il sito produttivo di Gambara. Tramandata di generazione in generazione, la sapienza sartoriale integrata e verticale che contraddistingue l’azienda è rimasta intatta.

Nel coniugare innovazione e tradizione sul piano produttivo e stilistico, Boglioli reinventa i capisaldi del guardaroba classico attraverso il prisma della contemporaneità, superando tendenze stagionali e facendo della classicità la nota timbrica che si fa spazio nel rumore.

Dalla giacca al pantalone, dall’abito alla camicia casual, Boglioli ha esteso l’intuizione sulla giacca destrutturata a tutto il guardaroba, applicandovi il medesimo rigore manifatturiero e attenzione al dettaglio. 

L’expertise nel manipolare la materia prima, la scelta dei tessuti, la definizione di processi produttivi costantemente aggiornati mettendo in discussione le certezze acquisite e il savoir faire artigiano nella confezione dei capi rivivono in tutte le collezioni per uomo e donna.

I capi Boglioli esaltano l’eleganza innata, sono amplificatori dell’attitudine e della personalità individuale, sinonimo di lusso contemporaneo. 

Presente capillarmente in Italia e nel mondo attraverso una rete selezionata di 500 negozi multimarca di fascia alta, due boutique monomarca a Milano e a New York, e grazie a pop-up in collaborazione con i principali retailer europei, Boglioli ha consolidato la sua presenza distributiva in Europa continentale, Giappone e Stati Uniti. Ambisce ad un’espansione in Middle East, India e Corea del Sud.

Sartorialità contemporanea, eleganza innata, volti e storie, savoir faire, intuizione, lifestyle. I 50 anni di Boglioli sono un caleidoscopio che restituisce la storia del Made in Italy.

SEI PIETRE MILIARI BENTLEY ALLA LE MANS CLASSIC PER UN’ANTEPRIMA EUROPEA

La Bentley Continental GT Le Mans Collection, annunciata di recente, farà il suo debutto statico europeo alla Le Mans Classic 2023 come parte della più grande presenza di Bentley a questo affascinante evento, ad oggi. Il pubblico potrà ammirare l’eterogeneità del messaggio odierno di Bentley al villaggio, nel paddock e al “raccordement”.

La Le Mans Classic di quest’anno vedrà una collezione di modelli Bentley esposti in modo statico presso il Club Azure/Garden 24, adiacente al cuore della pista di Le Mans, nel villaggio e nel paddock. Per celebrare la sesta vittoria di Bentley alla 24 Ore di Le Mans, il marchio evidenzia il suo percorso con sei pietre miliari che celebrano la storia del marchio.

PIETRA MILIARE 1: COLLEZIONE GT LE MANS – 1 SU 24

In primo luogo, per celebrare i 20 anni dalla sesta vittoria di Bentley alla 24 Ore di Le Mans e i 100 anni dalla prima edizione della leggendaria gara, è stata creata una serie limitata di 48 Continental GT, tra le quali 24 coupé destinate al mercato in Europeo. Ciascuna delle esclusive GT Le Mans Collection presenta contenuti unici, come il display rotante Bentley a tre vie, che offre la possibilità di scegliere tra touchscreen, doppia impiallacciatura o quadranti analogici, ma con una novità: al posto del quadrante centrale standard vi è una vitrina che mostra una valvola del propulsore V8 biturbo da 4,0 litri della Bentley Speed 8 vincitrice di Le Mans nel 2003. L’auto sarà esposta nell’area Club Azure.

PIETRA MILIARE 2: 2002 SPEED 8 002/6

Mentre quest’ultima è tornata a Le Mans per partecipare alle celebrazioni del centenario della maratona motoristica per eccellenza, l’auto è ora esposta nel museo di Le Mans accessibile al pubblico e agli ospiti Bentley. Di fronte alla Bentley Club Azure sarà esposta l’auto gemella, la Speed 8 del 2002. La Bentley 002/6 è stata l’unica Bentley a partecipare alla Le Mans del 2002, un anno dopo il pregevole terzo posto ottenuto al suo debutto dal Team Bentley. Correndo come auto numero 8, si è classificata al quarto posto. Questo modello capeggerà nell’area pubblica davanti al Club Azure, insieme a un altro momento chiave per il marchio a Le Mans.

PIETRA MILIARE 3: 1929 41/2 LITRE SUPERCHARGED BLOWER E BLOWER CONTINUATION
La 41⁄2 Litri Supercharged del 1929, l’auto del team n. 2, UU 5872, verrà esposta in modo statico. Nessuna Bentley ‘anteguerra ha avuto un impatto così importante come la Bentley “Blower” da 41⁄2 litri. Le sue prestazioni entusiasmarono migliaia di persone, tra cui l’autore Ian Fleming, che in seguito regalò all’eroe James Bond una Bentley 41⁄2 litri sovralimentata. La UU 5872 fu guidata dal Bentley Boy Henry (Tim) Birkin a Le Mans nel 1930. Di proprietà di Bentley Motors dal 2000, la UU 5872 fa oggi parte dell’Heritage Garage, situato all’interno della splendida fabbrica originale in mattoni degli anni Trenta, che in precedenza era il “project forum”, dove furono progettati e sviluppati modelli come la Continental GT del 2003.

Nell’ambito del centenario di Bentley Motors, l’azienda ha annunciato la creazione di una serie esclusiva limitata a 12 esemplari ad oggi tutti consegnati di Bentley Blowers, utilizzando i dati CAD 3D scannerizzati al laser presi dalla vettura di originale n. 2 della squadra. Di queste 12, due vetture della Blower Continuation Series parteciperanno alla gara di Grid 1. Correranno sia la Blower Car Zero, di proprietà della fabbrica, sia l’auto di un cliente, con la prima che farà tesoro della sua recente esperienza nella prima gara di prova svoltasi a Donington Park, nel Regno Unito.

PIETRA MILIARE 4: EMBIRICOS 41/4 LITRI CORNICHE DEL 1938

La Bentley “Embiricos” da 41⁄4 litri del 1938 ispirò Bentley a creare una Mark V con un disegno più aerodinamico denominata Corniche, che fu il precursore dell’iconica R Type Continental del 1952. Alla fine degli anni Trenta, la Bentley “Embiricos” aveva dimostrato il valore dell’aerodinamica per la guida veloce su strada e su pista. Il suo successo ispirò Bentley a commissionare una Mark V a quattro porte con uno stile molto “aerodinamico”. Sebbene non sia mai stata prodotta, la Corniche è un modello importante nella storia di Bentley. È rifinita in Imperial Maroon, in tinta con l’epoca, con un flash laterale in Heather Grey, mentre gli interni erano rivestiti in tipico stile Vanvooren, utilizzando la corretta pelle Connolly Vaumol e il tessuto West of England. Questa Corniche sarà esposta nel paddock.

PIETRA MILIARE 5: 1953 R-TYPE E LA RELATIVA GT V8 AZURE – ICONA DI STILE

La R-Type JAS 949 del 1953 è uno dei soli 208 esemplari della R Type Continental mai costruiti, ma l’auto ha avuto un impatto maggiore di quanto i numeri limitati facciano pensare. Definita “un moderno tappeto magico che annienta le grandi distanze”, la R-Type Continental era la berlina di lusso a quattro posti più veloce del mondo quando fu lanciata nel 1952. Per il 70° compleanno, Bentley Motors Limited ha creato un modello unico di Continental GT Azure. Entrambe le vetture potranno essere ammirate dal pubblico nella sala espositiva principale.

PIETRA MILIARE 6: 2019 BENTLEY MULLINER BATUR – 1 SU 18

Il nuovo linguaggio di design del marchio verrà rappresentato con l’esposizione nel paddock, della Bentley Mulliner Batur. Realizzata in una serie Limitata a soli 18 esemplari, la Batur è la Bentley più potente mai realizzata, con una versione da 750 CV dell’iconico propulsore W12 assemblato a mano che ha alimentato metaforicamente e letteralmente il successo di Bentley negli ultimi due decenni. Mentre il propulsore entra nella fase finale della sua vita, con la possibilità di poterlo ordinare sino alla fine di quest’anno, Bentley sta percorrendo la sua strategia Beyond100 per proporre al mercato nel prossimo anno, una gamma completamente elettrificata. L’esemplare esposto a Le Mans Classic è la sweconda vettura sviluppo della Batur, meglio conosciuta come’Engineering car Zero-Zero realizzata nello splendido colore del corpo vettura in Mulliner Gloss Mariana Teal Pearlescent. Alcune caratteristiche interessanti come lo stile della parte inferiore della carrozzeria in fibra di carbonio satinata, il lungo cofano motore con finitura in Gloss Dark Titanium o come o come i classici comandi delle bocchette di aerazione (organ stop) in titanio lavorato come le dei comandi o le bocchette di aerazione. Per la Batur è stato appositamente sviluppato un sofisticato impianto Hi-FI Naim for Mulliner.

Infine, 75 Bentley storiche gareggeranno nella Griglia 1, tutte appartenenti al Club di Benjafield. Quando non saranno in pista, il pubblico potrà ammirare tutte le auto in una area adiacente al Club Azure.

La Le Mans Classic 2023 promette di essere una edizione veramente interessante, arricchita dalla più imponente presenza di Bentley di sempre.