Fino al 14 febbraio presso il Palazzo delle Esposizioni di Roma, sarà possibile visitare la mostra dal titolo “Impressionisti e Moderni. Capolavori dalla Phillips Collection di Washington” curata da Susan Behrends Frank, e ove sono esposti 62 capolavori dell’arte moderna e contemporanea che attraversano come in un viaggio senza tempo, i maggiori artisti e correnti a cavallo fra 800 e 900. Il museo americano è stato il primo ad ospitare, a partire dal 1921 anno della sua fondazione, opere di artisti europei come Monet, Courbet, Goya, Delocroix, Picasso, Modigliani, Matisse, Bonnard, e molti altri, ma con un occhio di riguardo anche agli artisti americani come Vuillard, Sotine, e O’Keeffe, per citarne alcuni.
L’esposizione, organizzata cronologicamente e che attraversa le correnti artistiche più importanti, parte dal Classicismo, per approdare al Realismo e Romanticismo, ove Courbet ad esempio, è stato un pioniere nel ritorno alla pittura ispirata senza filtri dalla quotidianità, poetico e di immensa bellezza per le tenui e delicate pennellate il dipinto “Il Mediterraneo” (1857).
Si passa poi ai dipinti degli impressionisti e postimpressionisti, correnti che hanno imposto un chiaro stacco con la pittura del passato e posto le basi per l’arte moderna. In questa sezione ritroviamo opere di immensa bellezza ed enfasi, come “Ballerine alla sbarra” (1900 ca.) di Degas, oppure il suggestivo “Neve a Louveciennes” (1874) di Sisley, e ancora l’allegria giovanile nell’opera “Due Ragazze” (1894) dipinto della Morisot.
Proseguendo troviamo capolavori di Braque, Van Gogh, Cézanne, di quest’ultimo possiamo ammirare “La montagna Sainte Victoire” (1886-87) e “L’Autoritratto” (1880), già esempi del supermanto dell’Impressionismo e dell’approdo all’arte cubista ampiamente espressa dai capolavori di Picasso, del quale ritroveremo l’avvolgente “Donna con cappello verde” (1939).
Non manca poi la possibilità di ammirare opere del filone intimistico e moderno ove sono presenti dipinti di Vuillard, Matisse, Nicholson, Bonnard; proprio quest’ultimo fu forse il pittore più amato da Phillips, con il quale lo stesso strinse una forte amicizia che durò tutta la vita. Del pittore francese possiamo ammirare ad esempio “La riviera”(1923) e anche “Bambini con gatto” (1909).
La carrellata espositiva si chiude poi con le sezioni Natura e Espressionismo, ove ritroviamo per esempio lo splendido dipinto “Autunno II” (1912) di Kandisky dai toni fortemente vibranti e incisivi, per poi giungere all’Espressionismo Astratto ove risaltano tra i tanti, i nomi di autori come Pollock, de Steal, Rothko.
Il viaggio proposto dalla mostra, è un’occasione unica e irripetibile per ammirare in un sola passerella il meglio dell’arte moderna e contemporanea, un viaggio che lo stesso Phillips si augurava potesse far comprendere al pubblico che l’arte doveva essere universalmente condivisa e fruita da tutti.
Autore: Paola Amore
The Art of the Brick: la mostra realizzata con i mattoncini LEGO
Chi di noi non ha giocato almeno una volta da bambino con i mattoncini LEGO? Quante ore passate a montare e smontare improbabili edifici, ponti, case, spesso poco resistenti. I LEGO sono stati un gioco dell’infanzia imprescindibile, e che ancora oggi spopolano tra i bambini. Grazie all’idea geniale dell’artista americano Nathan Sawaya e alla sua passione e abilità con i mattoncini, è riuscito a trasformare un gioco così semplice in vera e propria arte. La mostra “The art of the brick” visitabile a Roma presso lo Spazio Eventi SET fino al 14 febbraio 2016, è una vera e propria carrellata di 80 fantastiche e colorate opere fatte esclusivamente con i LEGO.
La mostra, adatta a grandi e piccini, è un excursus fra le più importanti opere di Sawaya che con pazienza e grande fantasia è riuscito a stupire e a catturare l’attenzione di tutti i visitatori, forse lasciando soprattutto gli adulti a bocca aperta. In ogni sala, divise per tematiche, è impossibile non rimanere a bocca aperta e allo stesso tempo sorridere della bellezza e del genio che c’è dietro ogni opera. Non basta la sola sapienza nel saper mettere insieme nel modo corretto i LEGO, ma ci vuole anche una grande visione di insieme per creare le opere d’arte che Sawaya pensa e realizza.
Nel percorso espositivo che comincia dalla rappresentazione sempre con i mattoncini dello studio dell’artista, si passa ai famosi quadri e sculture come “L’Urlo” di Munch, “Notte stellata” di Van Gogh, e ancora “Il Bacio” di Klimt e “Il Pensatore” di Rodin, per arrivare alla sezione ritratti dove troviamo splendide riproduzioni di famosi personaggi come ad esempio Andy Warhol.
Ma non basta; Sawaya ci regala anche una ampia sezione dedicata agli stati d’animo dell’uomo e all’amore, sculture molto intime, ma allo stesso tempo allegre e che invitano a riflettere. Un grande dinosauro composto da 80mila mattoncini poi, sarà sicuramente l’attrazione principale per i bambini, i quali alla fine del percorso insieme ai grandi, potranno scatenare la loro fantasia nell’area gioco predisposta e invasa con tantissimi mattoncini LEGO.
Se volete vivere l’esperienza di visitare una mostra che vi sorprenderà e vi farà sorridere opera dopo opera, quella di Sawaya è sicuramente il posto giusto per fare un salto indietro nel tempo, e per far scoprire ai più piccoli la bellezza di un gioco che sembra non passare mai di moda, e che, anzi, è diventata addirittura arte grazie alla fantasia.
SPAZIO EVENTI SET
Via Tirso 14, Roma
Dal 28/10/2015 al 14/2/2016
Lun-giov dalle ore 10 alle 20
Ven-sab dalle ore 10 alle 23
Dom dalle ore 10 alle 21
Genio e anticonformismo: Balthus in scena alle Scuderie del Quirinale
Geniale, aspro, accademico e anticonformista allo stesso tempo, inclassificabile, questi alcuni degli aggettivi che possiamo usare per tentare di definire un artista come Balthus, che a 15 anni dalla sua scomparsa, in una mostra di enorme spessore per quantità di opere e del racconto attraverso le stesse, lo celebra in una mostra dislocata fra due location, le Scuderie del Quirinale e Villa Medici a Roma.
L’esibizione, visitabile fino al 31 gennaio e curata dall’illustre storica dell’arte Cécile Debray, ci regala una retrospettiva necessaria e ricchissima del pittore di origine polacca, la cui arte fu profondamente influenzata anche dall’arte italiana, in particolare quella rinascimentale ma anche dal periodo delle avanguardie in cui Balthus maturò.
Presso le Scuderie del Quirinale la mostra ci regala quasi 150 opere d’arte, disegni, fotografie, provenienti dai più importanti musei del mondo e da collezioni private. Dal MoMa di New York infatti, arriva il primo grande capolavoro riconosciuto da pubblico e critica, La Rue (La via), dipinto risalente al 1933, nel quale si intravedono chiarezza compositiva e capacità narrativa, ma anche una rappresentazione incisiva delle figure dipinte, tipiche dell’arte moderna.
L’arte di Balthus è di fatto inclassificabile, indefinibile, perché ora tendente all’accademismo classico, ora proiettata verso una chiave metafisica, surrealista, avanguardista. Già negli anni 30’ il critico Antonin Artaud definì la sua pittura come “una rivoluzione incontestabilmente rivolta contro il surrealismo, ma anche contro l’accademismo in tutte le sue forme. La pittura rivoluzionaria di Balthus riscopre una sorte di misteriosa tradizione”.
Il percorso espositivo, ampio e organizzato in modo cronologico, si sviluppa attorno a delle tematiche quali l’eredità rinascimentale, l’infanzia, l’influenza letterarie ove ritroviamo splendide rappresentazioni, disegni, e bozzetti ispirati a “Cime Tempestose” di Emily Bronte o a “Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie” di Lewis Carroll. Non mancano poi dipinti che sembrano quasi essere precursori dello stile cubista, come ad esempio il dipinto “Grande paesaggio con l’albero” (1960), realizzato durante il suo periodo a Chassy, che fu prolifico e momento di ampie sperimentazioni.
L’universo balthusiano davvero ricco e ampio, ci porta dipinto dopo dipinto a ripercorrere in un’unica esposizione, stili e filoni diversi, dal surrealismo, al classicismo, dal cubismo al pointillisme, dal metafisico al ritorno alla tradizione. Un ‘esposizione e un’esperienza unica, eclettica, imperdibile, che cerca di ripercorre e definire il discorso pittorico di un autore che ha pochi termini di paragone nel panorama dell’arte moderna.
Bagliori di Hunji: la carta coreana tra tradizione e modernità
Tradizione e contemporaneità si sposano e intrecciano nella mostra dal titolo “Bagliori di Hanji – Installazioni luminose e altri capolavori in carta tradizionale coreana Hanji”, ospitata fino al 17 gennaio 2016 presso la Sala Zanardelli del Complesso del Vittoriano, e che vede come protagonista la storia, la tradizione, e i manufatti artigianali realizzati con uno speciale tipo di carta coreana chiamata appunto hanji.
L’esibizione, realizzata grazie al connubio tra l’Ambasciata della Repubblica di Corea a Roma, la Yewon Arts University Jangjibang e la provincia coreana di Gyeonggi, si snoda su un percorso diviso in quattro aree. Nel primo spazio ritroviamo la tradizione e la storia di questa preziosa carta, lavorata da ben quattro generazioni dalla famiglia Jang che, dall’albero di gelso detto “dak” estrae il materiale che lavorato in modo del tutto tradizionale e quindi a mano, viene impiegata per i più diversi utilizzi.
Nella seconda, terza e quarta sezione, troviamo la tematica della convergenza e della coesistenza. In questi spazi infatti troviamo esposte opere realizzate con questa particolare carta che viene impiegata per costruire installazioni luminose simbolo della modernità, ma dai caratteri fortemente tradizionali; opere d’arte, come ad esempio riproduzioni di cavalli usati come simboli di prosperità e fortuna, ma troviamo anche dei tavolini portabili che indicavano nell’antichità il livello sociale delle famiglie che li possedevano. La carta Hanji però, si presta anche come materiale di restauro di preziose testimonianze culturali,e addirittura come ornamento di elementi di arredo, vestiti e accessori.
La mostra di fatto è un excursus che attraversa e racconto la storia, la tradizione, la metodologia di lavorazione della carta hanji, una forma artigianale che nella modernità più estrema, sopravvive ed emerge come forma d’arte privilegiata e umile, che fa della carta un prezioso elemento capace di ornare la quotidianità grazie ai suoi usi multipli.
Impressionismo: sessanta capolavori dal Musée d’Orsay
Fino al 7 febbraio, il Complesso del Vittoriano di Roma si trasforma ancora una volta in cornice privilegiata entro cui presentare la bellezza delle opere impressioniste, raccolte per il pubblico italiano nella mostra dal titolo “Dal Musée d’Orsay Impressionisti. Tète à tète”.
L’esibizione, curata da Guy Cogeval, presidente del prestigioso museo francese, ci regala oltre 60 opere tra dipinti e sculture create dal genio e dall’anticonformismo di pittori come Degas, Renoir, Manet, Rodin, Pissarro, Cezanne,e molti altri che, discostandosi dalle ferree imposizioni della pittura da Salon, furono pionieri della pittura contemporanea, i primi a dipingere la fugacità del momento, la quotidianità della vita parigina senza barriere e imposizioni.
Nel percorso espositivo ritroviamo un’aurea quasi intima, dovuta alla scelta oculata dei dipinti che ritraggono scene riprese anche e soprattutto dalla quotidianità degli autori stessi. Letterati, artisti, politici e uomini d’affari, amici e famiglia, bambini e adolescenti, signore della borghesia, questi alcuni dei soggetti che ritroviamo nella mostra. Nella sezione ritratti ad esempio, questo clima di intimità e quotidianità è reso dal dipinto “ Il ritratto di Renoir” (1867) realizzato dall’amico e artista Bazille, e che vede il pittore francese seduto con i piedi su una sedia, in una posa comoda e sfrontata, completamente rilassata e naturale, in contrasto con le rigidità della pittura precedente.
Proseguendo troviamo la sezione mondanità, ove troveremo bellissimi dipinti di soggetti femminili, alcuni realizzati dall’inconfondibile tratto deciso ed elegante di Renoir che, forse, proprio nel ritratto esprime al meglio la sua arte.
Deciso e già tendente alla pittura avanguardista il tratto che scorgiamo invece nei dipinti di Cézanne che, fin da subito cerca di ridurre all’essenziale e alla semplificazione, quasi in modo ossessivo, i soggetti e i temi dei suoi dipinti. Esemplare in tal senso il famoso dipinto “Il giocatore di carte” (1890-1892), le cui pennellate si iniziano ad allontanare dalle leggere picchiettate del primissimo periodo impressionista.
Esemplare invece il capolavoro di Manet “Il balcone” (1890), dipinto che è diventato icona e rappresentazione della borghesia parigina del tempo.
Di grande bellezza anche la sezione dedicata all’infanzia, ove i pittori impressionisti ritrassero su tela momenti intimi e quotidiani di fanciulli, molti dei quali figli degli stessi artisti, che slegati dalla presenza degli adulti, vengono raccontati in tutta la loro semplicità e spensieratezza.
L’intera mostra, assolutamente imperdibile, attraverso le opere scelte, riesce a restituirci l’ambiente culturale, sociale, e artistico, gli stimoli e le influenze entro cui la corrente impressionista nacque e sviluppò, restituendoci con vigore la ventata di rinnovamento stilistico che questo filone portò con se e che influenzò tutte le correnti successive.
Più libri più liberi, la fiera nazionale della piccola e media editoria
Giunta ormai alla sua quattordicesima edizione e promossa dall’AIE – Associazione italiana editori, la Fiera nazionale della piccola e media editoria “Più libri,più liberi” è diventata ormai un appuntamento imperdibile dell’inverno romano per parlare dello stato di salute e delle cifre dell’editoria italiana, delle recenti pubblicazioni, di nuovi progetti editoriali, e di come avvicinare sempre di più i libri alle persone. La fiera, in scena dal 4 all’8 dicembre presso il Palazzo dei Congressi dell’Eur di Roma, sarà ancora una volta un spazio privilegiato, un osservatorio sulla varietà della produzione editoriale italiana. Quest’anno il foltissimo programma della cinque giorni che, avrà più di 300 eventi nelle 8 sale adibite, si snoda ogni giorno su una parola-chiave diversa che trainerà il pubblico e gli addetti ai lavori verso la situazione libraria nostrana.
I temi che fanno da “copertine” alle varie giornate saranno Concentrazioni, Valore, Innovazione, Autore e Collaborazioni, per ricordare che i cambiamenti e le trasformazioni del panorama editoriale italiano non sono eventi singoli e scollegati, ma una serie di trasformazioni concatenate che influenzano tutti gli ambiti della catena editoriale.
I dibattiti saranno di fatto grandi occasioni per discutere sulla ricerca di nuovi autori, anche in contesti internazionali, sulla necessità da parte delle piccole realtà di emergere anche attraverso un uso sapiente dell’innovazione sia per quanto riguarda i processi produttivi che i modelli di business. La fiera inoltre offrirà ai visitatori la possibilità di incontrare gli autori italiani e stranieri più amati dal pubblico, nuove promesse letterari internazionali, intellettuali, saggisti, fumettisti, youtubers, e non solo, tutti presenti per interagire con il pubblico attraverso tavole rotonde, presentazioni editoriali, laboratori per ragazzi, conferenze, reading, e spettacoli.
Una manifestazione basata su un approccio trasversale che riunisce mondi che sembrano lontani ma tutti accomunati da un filo comune: l’amore per i libri. Tra i protagonisti italiani troveremo Erri De Luca, che proporrà un discorso sulla libertà di parola, l’amatissimo autore delle avventure del Commissario Montalbano, Andrea Camilleri, e ancora Niccolò Ammaniti, Dacia Maraini, Marco Balzano (Premio Campiello 2015), Ascanio Celestini, e moltissimi altri.
L’evento al suo interno tra le numerose iniziative, celebrerà attraverso una serie di omaggi e approfondimenti i quarant’ anni dalla scomparsa di Pierpaolo Pasolini, scrittore e regista visionario ed eclettico, una delle figure più influenti e indimenticabili della scena culturale italiana.Un evento che come ogni anno si offre come ponte e luogo di incontro tra le imprese editoriali e il pubblico, come momento di riflessione per gli studiosi su un medium, il libro, che ogni volta sembra sul punto di svanire a favore di supporti digitali, ma che alla fine continua ad attrarre e a sostenere come un amico fidato le persone nella loro piccola quotidianità.