Nizza Monferrato, i luoghi del cuore

Castelli, dimore storiche, il canto serale delle locuste, i filari a perdita d’occhio dei vigneti, il clima perfetto per il comune denominatore del Nizza Monferrato, Patrimonio dell’Umanità UNESCO per i suoi beni paesaggistici e per la produzione di vino Barbera, il Nizza DOCG, che l’Associazione Produttori del Nizza da oltre 20 anni promuove con orgoglio attraverso attività legate allo sviluppo del paesaggio e delle comunità.
Sono ottantaquattro oggi i soci che insieme al Presidente Stefano Chiarlo e ai vicepresidenti Gianni Bertolino e Daniele Chiappone, portano alto il nome di un prodotto che come diceva il poeta Libero Bovio – unisce gli uomini – il vino.
Terra di radici antichissime e di prodotti enogastronomici di incredibile ricchezza, qui proponiamo del Nizza Monferrato i luoghi del cuore, quelli assolutamente da visitare, con un calice di Barbera alla mano.


LHV Residenza San Vito, Calamandrana

Il sogno di una ragazza norvegese che diventa realtà, come in un film. Legge un annuncio sul giornale “Vendita struttura alberghiera a Calamandrana, Piemonte”, e subito vola in Italia per poi trasformarlo nel gioiellino che è oggi, uno suites hotel con piscina e vista vigneti, i suoi, quelli della produzione LHV Avezza.
Ma non bastava per Lisette Lyhus, giovane proprietaria ambiziosa dell’hotel, no, Lisette trova anche l’amore, Davide Tinazzo, oggi Executive Chef della Residenza San Vito. Una cucina che non ti aspetti in un luogo dove vige l’ordine della tradizione; Davide stupisce con i suoi mix and match culinari, come il ramen piemontese, dei tagliolini ai 40 tuorli con un brodo di manzo, uova di quaglia, funghi, asparago, un viaggio tra il Giappone e il Bel Paese; o la lingua di vitello e crudo di scampo in salsa verde, sapori contrastanti, il gusto deciso della carne e la delicata dolcezza del pesce, in un piatto perfettamente equilibrato che ti va venir voglia di dire “Ancora!”.
Le camere hanno tutte accesso diretto al giardino e alla piscina, che gode di ottima privacy, e sono arredate con antichi bauli e rustici armadi in stile Art Nouveau.
A salutarvi il mattino, augurandovi il buongiorno, fuori dalla finestra una bellissima magnolia in fiore.

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Palazzo del Gusto, Nizza Monferrato

Qui ho scoperto il cardo gobbo, vegetale che cresce principalmente nelle aree del Nizza Monferrato e dintorni, e che è diventato un ossessione. In estate si trova solo in barattoli sott’olio, perchè la sua stagione è quella invernale, quando viene posto manualmente sotto terra per superare gli inverni rigidi, assumendo così la posizione “gobba” che gli deve il nome, ma diventando per questo più morbido e più piacevole. Si mangia solo crudo, perfetto in insalata.
Lo trovate confezionato da Vittorio e Loredana, macelleria storica nel centro di Nizza Monferrato, dove poter degustare anche le tartare e le salsicce secche fatte di carne bovina di razza piemontese.

Palazzo del Gusto è un inno alle prelibatezze enogastronomiche del territorio, per appassionati e curiosi, qui scoprirete la provenienza della robiola di Roccaverano, della mostarda e della nocciola, degli amaretti di Mombaruzzo e del tartufo d’Alba, del gran bollito e del bunet, degli agnolotti e della bagna cauda.

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La Signora in Rosso, Nizza Monferrato

Locale storico nel cuore di Nizza Monferrato, alcune sale sembrano scavate nella roccia, sono invece ricavate dalle grandi volte a mattoni, illuminate solo dal lume di una candela. Romanticissime in inverno.
All’entrata vi accoglierà una parete vetrata dove sfilano migliaia di bottiglie di vino, è la cantina del ristorante; in alcuni angoli, installazioni artistiche con richiami al teatro e alla letteratura, come le centinaia di fogli sparsi, pagine e pagine dei grandi classici.
Il menu vi farà venire l’acquolina in bocca, non andate via senza aver assaggiato la specialità locale, i ravioli al pin fatti a mano, serviti in una ciotola dentro cui verrà versata della Barbera. Il sugo del vino si scalderà e darà sapore al piatto.

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Nidi di Vinchio Vaglio, Vinchio

La cantina omonima ha deciso di acquistare parte del bosco confinante la proprietà, per allestire queste bellissime casette fatte di salice intrecciato a mano, un riparo dal sole nelle giornate più calde dove poter fare un pic-nic sulle panchine sottostanti, un modo di abbellire lo splendido paesaggio, tra una camminata e l’altra su un percorso tracciato con tanti rimandi a storie ed aneddoti, come quello dei Tre Vescovi.

I Tre Vescovi, località dove confinano i vescovadi di Asti, Acqui e Alessandria, è il punto panoramico ad alta vocazione viticola; la leggenda narra che la posizione del luogo fosse meta di incontri segreti dove si riunivano i tre Vescovi per accordarsi sulle decisioni più delicate; trovavano sempre un accordo grazie alla loro saggezza, ma soprattutto grazie al vino locale che veniva loro offerto, Barbera ovviamente. Questo regala alla Barbera un grande potere conciliatore, è riuscita infatti nell’impresa di superare la storica rivalità tra gli abitanti di Vinchio e di Vaglio che oggi cooperano per la tutela di questo patrimonio.

Il vino i Tre Vescovi è una Barbera d’ Asti Superiore D.O.C.G., frutto di un’ accurata selezione delle uve, affinato in botte di rovere da 75 hl e barrique per circa 12 mesi.

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Cantine Coppo 1892, Canelli

Visitare delle cantine può essere un’esperienza unica se riuscirete a trovare quelle giuste. Tendenzialmente devono essere storiche, avere percorsi immensi sotterranei, una storia lunga secoli, e darvi l’impressione che sotto quelle mura aleggino misteri irrisolti. Le cantine Coppo rispecchiano tutte queste caratteristiche, insignita dall’Unesco quale Patrimonio Mondiale dell’Umanità, posseggono delle vere e proprie cattedrali sotterranee, tempio del vino, scrigno del lavoro dell’uomo. All’interno conservano le ricette di Clelia Pennone Coppo, come il roastbeef alla codarci, o il soufflé di formaggio, oltre alle ricette della Barbera, di spumanti Metodo Classico, di Chardonnay e di Moscato d’Asti, fregiato della dicitura «Canelli», sottozona di recente creazione che sottolinea l’eccellenza dei Moscati prodotti in quest’area.

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Erede di Chiappone Armando

Daniele Chiappone è il produttore di questa cantina e Vice-Presidente dell’Associazione Produttori del Nizza.
Insieme al padre, da sempre famiglia di produttori e agricoltori, porta avanti quello che non è solo territorio o prodotto commerciale, ma passione e spirito di gruppo. Perchè il Nizza DOCG, riconoscimento che tutti i vini dell’associazione hanno, vola verso obiettivi più grandi di quelli raggiunti finora in pochissimo tempo, iniziando dallo sradicare il (pre)concetto (sbagliato) che la Barbera (femminile mi raccomando) fosse un vino “da tavola”.
Oggi questi vini varcano i mercati mondiali, le richieste aumentano e raggiungono una crescita esponenziale, da 704.00 bottiglie vendute nel 2021, il 2022 chiude con 810.000; alcuni produttori lavorano con 40 mercati differenti e sempre più l’Associazione si impegna nella promozione e tutela di questa ricchezza naturale. Tra i numerosi eventi calendarizzati, “Nata il 1° luglio” è certamente la ricorrenza più amata da produttori e addetti al settore: un’elegante cena di gala che quest’anno si è tenuta a Borgo Roccanivo, con una cena a cura dello chef stellato Massimo Camia, che ha deliziato gli ospiti con dei ravioli di faraona alla nocciola Tonda Gentile, altra forza del Piemonte.

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Art Park La Court, Castelnuovo Calcea

Volete fare un picnic tra i vigneti? Qui c’è l’experience tra le vigne più bella, in un museo a cielo aperto, tra i 20 ettari di filari potrete scegliere il panorama che più vi piace e degustare i vini della cantina Michele Chiarlo, mangiando prodotti tipici del territorio.
20 anni orsono, furono installate le prime sculture artistiche, per invogliare i wine lovers a visitare i vigneti; le etichette si sono trasformate in opere artistiche e di marketing, ed Emanuele Luzzati ha inaugurato questa land art con una bellissima e maestosa Madre Natura in vetroresina. A quale altra figura omaggiare questa terra altrimenti?
Ma saranno le “Teste segnapalo” ad indicarvi la strada verso l’osservatorio più bello di questa zona Patrimonio Unesco, delle maschere sulla cui testa poggiano cappelli di varia natura, creati con attrezzi ritrovati, come vasi, bilance, pentole, secchielli, zappe. Rolanco Carbone, Balthasar Brennenstuhi e Dedo Fossati gli autori che hanno riportato un’antica usanza capace di proteggere la vigna dalle malattie.

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Il centro, Nizza Monferrato

E infine non può mancare un giro in centro – con i suoi abitanti, i nicesi, che più che piemontesi sembrano venire dal vecchio sud, veraci, spontanei, genuini, sempre allegri e sempre con il bicchiere mezzo pieno.
Qui puoi trovare il barbiere che colleziona biciclette, ne possiede centinaia ma cercherà di vendertene qualcuna. Allo stesso tavolo due bikers, li riconosci dal bracciale in pelle nera, la bandana, i Rayban, la barba lunga e i jeans stracciati, uno è idraulico, l’altro un timidone, come tutti gli omoni che si danno un tono più virile, più rude.
Non puoi alzarti dal tavolo se non hai bevuto qualcosa con loro, confessato i tuoi più oscuri segreti e accettato un altro giro di Barbera…che fa parlare ve l’assicuro.



Aethos Monterosa, il cinque stelle tra le montagne

Un panorama che si presterebbe a studi pittoreschi quello che accoglie Aethos Monterosa, il cinque stelle situato nel cuore della Valle d’Ayas, vicino Champoluc. Un anfiteatro di alberi verde muschio e di prati verde cobalto, che abbracciano tutt’intorno la struttura architettonica, meta dei members Aethos Club e degli appassionati di free climbing, perchè sia indoor che outdoor, qui è possibile scalare le pareti rocciose o le pareti attrezzate dell’albergo, dove una guida esperta saprà accompagnarvi in questa disciplina che molto ha a che fare con l’adrenalina e l’amore per la natura.

Passeggiando lungo i sentieri tracciati, potrete imbattervi in graziose statue di legno che rappresentano le figure leggendarie dei boschi, gufi, fate, gnomi, e respirare l’aria pura di montagna, nel silenzio delle vallate, accompagnati solo dal fruscio dei ruscelli.
Alloggiare da Aethos Monterosa, vi farà dimenticare del tempo che scorre, che diverrà sempre più lento, soprattutto se godrete dei preziosi servizi spa, tra saune, bagno turco, vasche idromassaggio interne (meravigliose in inverno quando fuori nevica), e le vasche esterne riscaldate vista boschi, un quadro vivente.

L’hotel risponde perfettamente ai canoni di accoglienza, che sono il vero spirito del gruppo Aethos; l’arredo è elegante e minimale, con maxi camini centrali di design, pareti in legno come i coffee table, e poltrone in tricot. Molti gli accessori che omaggiano la montagna, come le lampade cervo e le pareti con i moschettoni.
Ogni camera si sviluppa su due livelli, con arredi moderni e materiali di differenti tipologie, tra legno, metallo e pietra, riprendendo i colori e il panorama circostante.
L’hotel ha in totale 30 suites, un servizio eccellente e personale competente. Per chi approccia all’arrampicata per la prima volta, Lorenzo sarà il vostro sport manager, un esperto del free climbing, ma soprattutto un appassionato che saprà coinvolgervi in una delle numerose attività della struttura; rafting, trekking, sci, escursioni, passeggiate a cavallo, ice climbing (all’esterno dell’albergo si trova l’unica parete per ice climbing presente in un hotel in Europa), qui è impossibile annoiarsi, tanto che non vorrete più andar via.

Anche la cucina vi stupirà, due sono le proposte gastronomiche all’interno di Aethos Monterosa; da “Summit”, aperto da colazione a cena, è possibile scoprire piatti della tradizione locale, ma anche piatti vegan e sani, perfetti per una pausa all’insegna del gusto tra un’attività e l’altra; da “1568”, invece, tutte le sere gli ospiti, avvolti dall’atmosfera autentica dei ristoranti di montagna, possono gustare i piatti più amati della cucina alpina rivisitati in chiave moderna.

È in luoghi come questo che ci si chiede come sarebbe vivere questa vita tutti i giorni, una vita ubertosa, di energie, di idee, di pace. Una vita lenta, tra una scalata e un pic-nic; poi purtroppo, si torna in città.



AETHOS MONTEROSA
Strada Regionale 45, 16 – 11020 Champoluc (AO)
Telefono: +390125938300
IG: @aethosmonterosa
www.aethos.com/monterosa/

Mirò Osteria del Cinema, l’unione tra la settima arte e quella culinaria

Esiste un giardino segreto che si apre con infinite meraviglie, come l’albero del Bianconiglio. Si chiama Miro – Osteria del Cinema, ed è il nuovo place to be di Milano, all’interno dello storico Anteo Palazzo del Cinema.

Una chicca l’esterno con le sue alte mura ricoperte di edera e coloratissime ortensie (il giardino che ogni milanese sogna), e pareti allestite di porte vintage, recuperi di antichi palazzi, a tutte le altezza, come in un gioco di Super Mario Bros. Il fascino del vintage cattura davvero tutti, e in questo luogo ogni oggetto parla del suo passato, come le videocassette impilate che vi accoglieranno all’entrata (film in visione su un piccolo schermo nella parte interna del ristorante), o le foto nel corridoio d’apertura, tratte da scene di capolavori del cinema, come “I fratelli De Filippo” di Sergio Rubini, firmate da Eduardo Castaldo.

Anche il menu vi stupirà e vi parlerà di cinema; ah, questo è il paradiso degli appassionati della settima arte, che si esalteranno quando aprendolo (è dentro la custodia di un dvd, ça va sans dire), leggeranno la frase iconica di un film! Ed ecco sciorinare tutte le battute a menadito.

HASTA LA VISTA, BABY!

E a proposito di giardini e follie, Alice in Wonderland è il giardino di verdure che lo chef di Miro – Osteria del Cinema, Enrico Maridati, propone per iniziare: alla base un crumble di latte magro in polvere che riporta alla memoria ricordi dell’infanzia, sopra una selezione di verdure di stagione cucinate secondo tecniche differenti.

Con “Eurotrip” facciamo un viaggio ad Amsterdam tornando al Bel Paese, trattasi di plin, con la preparazione tutta italiana, ma che rievoca i sapori del panino con l’aringa affumicata che lo chef mangiava al mercato ad Amsterdam durante il suo giorno di riposo.

Un bel “Ciak”, che si rompe sotto la pressione del vostro cucchiaio, è la coccola di fine pasto, una sfoglia di cioccolato con popcorn alla nocciola e lampone; omaggio al libro “L’Abbuffone” di Tognazzi è invece la “Bavarese di tetta”, una bavarese alla fragola con gel di rabarbaro e croccantino al cioccolato bianco.

Un progetto davvero originale che invoglia tutti, non solo appassionati di cinema, che qui si divertiranno moltissimo, un sogno che Andrea Vignali, co-founder e giovane imprenditore under 30 di origini milanesi, Michele Siepi, imprenditore esperto nel settore e lo Chef Enrico Maridati, hanno realizzato con l’obiettivo di ridare voce e luce alla bellissima arte del cinema, accompagnando con eccellenza la grande arte della cucina, che noi italiani da sempre sosteniamo.

MIRO – Osteria del Cinema si trova in Via Milazzo, 9

GRAND HOTEL VICTORIA MENAGGIO, IL LUSSO A 5 STELLE

GRAND HOTEL VICTORIA MENAGGIO CONCEPT & SPA


Siamo sul lago di Como, cornice di dipinti e sfondo di storie romanzate, qui, al Grand Hotel Victoria Concept & Spa, le preoccupazioni sembrano svanire ed il tempo si accompagna alle bellezze del palazzo.
Cinque stelle lusso del Gruppo R Collection Hotels, il Grand Hotel Victoria è un complesso che unisce storia ed eleganza moderna; il palazzo storico si sposa perfettamente con la recente costruzione e si completa di ristoranti, dehor, piscina esterna, lounge bar e di una sorprendente area wellness di 1200 metri quadri.

“Staccare la spina” è un’esigenza tutt’altro che scontata, sempre più il turismo oggi diviene selettivo ed esigente, alla ricerca di spazi ampi dove godere della natura circostante o di zone relax e spa dove potersi rilassare con un massaggio, una sauna, un percorso benessere adatto alle proprie esigenze.

Qui parlano l’eccellenza della struttura e l’accoglienza tutta italiana, che fanno sempre la differenza; esattamente di fronte al lago di Como, la Villa accoglie gli ospiti in un ambiente luminoso, elegante, dove si trova il ristorante Lago, un all day-dining restaurant dove a parlare sono i piatti. Anche qui attenzione al benessere, portate con verdure di stagione, pesce di lago, una cucina italiana contemporanea, una ricca selezione di vini ed una vista incantevole sul lago e sul giardino, da godere in esterna nella bella stagione.
Elegantissima la zona lounge con tavoli in marmo, antichi chandelier, stucchi sul soffitto, e colonne in stile regency che incorniciano il panorama esterno.
La villa dispone anche di un pontile privato con servizio di Erre Water Limousine.

Se nella zona esterna godrete di una sinuosa melopea, altrettanta musica vi attende nella bellissima area wellness, con percorsi individuali tra i numerosi trattamenti proposti, e le varie zone relax con letti a baldacchino fronte piscina, vasche idromassaggio, sauna, bagno turco, aromaterapia, cromoterapia, sala del fuoco. Una condizione interiore vi farà rimanere sospesi tra il ritiro e il mondo esterno, ma una volta giunti qui, non vorrete più andarvene.
E lo spirito di accoglienza lo sottolinea il fatto che ogni servizio dell’hotel è a disposizione non solo degli ospiti che pernottano, ma di tutta la clientela esterna, per un aperitivo fronte lago o una cena gourmet.

34 le camere del Grand Hotel Victoria, incluse le prestigiose suites, che si trovano nella Villa, mentre il Palazzo ospita 47 camere, tra suites moderne di grande versatilità e comfort.
Soggiornare qui è come rivivere da protagonisti in un romanzo lacustre; la sera il ristorante si anima con il pianobar, all’interno della struttura il Tunnel dei Promessi Sposi (illustrato da episodi del romanzo manzoniano realizzati a mano da un’artista) permette di accedere direttamente all’area SPA dalle camere della Villa Storica; la stanza relax del caminetto vi farà godere del tepore invernale a qualsiasi stagione, con il solo suono del legno che brucia.


Tutte le info della struttura, qui

Terrammare, il ristorante di mare nel centro di Milano, una conduzione tutta femminile

Una nuova conduzione tutta al femminile per il ristorante Terrammare: Stefania Lattuca prende le redini del ristorante siciliano e in cucina arriva la chef Giada Botarelli 


Se cercate il mare a Milano, c’è un ristorante che vi permetterà di tuffarvi nel mare della Sicilia.
Una conduzione tutta al femminile, una cucina moderna di tradizione, una location di design nel cuore della città meneghina. Terrammare è la nuova fotografia di una terra che esalta mediterraneità ed eccellenze del nostro territorio, capitanato da Stefania Lattuca e aperto nel 2020.

Siciliani sono anche i pavimenti da Terrammare, ricoperti da cementine di recupero prese da antiche residenze dell’isola, un gioco di colori e geometrie alternato ad un microcemento che imita l’effetto tattile del velluto. 
Carte da parati color del mare che si fondono con le sedie blu cobalto in velluto rigato, e microcemento effetto 3d anticato nei bagni; la mise en place ci accompagna in acqua con bellissimi piatti in vetro artigianali dell’artista modicano Alessandro De Rosa di Thalass, materici come i paralumi in vetro che riflettono sui piatti e sulla tavola, come onde del mare.

Dalla cucina consigliamo il Gran Crudo Marenostrum con scampi, gamberi rossi, tartare di tonno e branzino, ostriche abbinato ad un Ribolla gialla Altùris; non potete perdere la caponata, la”Madonna” del menu, e l’arancino o arancina, non abbiate paura a pronunciarlo al femminile o al maschile perchè si utilizzano entrambe le versioni, a seconda della sua zona di origine. La Capasanta Glassata, ristretto di Cicale, scaglie di Tonno, è un inno alla morbidezza dei prodotti del mare; goloso lo Spaghettone, burro, alici, gambero rosso; ma fate un tasting anche sulla carne, come la Pancia di maiale, melanzana marinata e melograno, abbinato ad un Cerasuolo di Vittoria Docg, Planeta. Per chiudere in bellezza consigliamo Consistenze di pistacchio e squacquerone, miele, zafferano.






 







A prendere le redini del ristorante sarà, infatti, definitivamente, Stefania Lattuca, che, dopo un paio d’anni di collaborazione con lo chef Peppe Barone, è pronta ora a guidare il suo locale in autonomia. 

In sala a condurre gli ospiti nel viaggio da Milano alla Sicilia, la stessa Stefaniache si occupa anche della cantina del ristorante. 

D’ora in poi, a Terramare però anche la cucina sarà donna

A guidare la brigata del ristorante sarà la giovanissima chef Giada Botarelli, 23 anni, approdata a Terrammare nel gennaio scorso per affiancare lo chef Peppe Barone in una fase di training e ora desiderosa di imprimere la sua creativitànei piatti e nel menù del ristorante che curerà personalmente. 

Una nuova gestione tutta al femminile e una spinta innovativa quindi per Terramare, dove le parole d’ordine restano accoglienza, relax e tranquillità conditi da ottimi ingredienti che rappresentano la cucina tradizionale siciliana ma con un twist creativo e contemporaneo. 

Il menù 
Nel menù piatti che coniugano la cucina e la tradizione siciliana con quella della città cosmopolita di Milano, pensati in chiave creativa, contemporanea e con una proiezione internazionale, risultato della passione di Stefania Lattuca per i viaggi e per la scoperta del mondo. 

Tra i più iconici, omaggio alla città ospitante e alla regione natale, l’Arancino con Riso Carnaroli Riserva mantecato con burro e parmigiano, ma anche la famosa pasta alle sarde. 

Se i classici nel menù sono intoccabili, come per esempio la tradizionale caponata, non mancano di essere inseriti in carta nuovi piatti che dimostrano la consapevolezza e la voglia di novità sempre con grande attenzione e rispetto verso la stagionalità.

Per questo periodo invernale, tra i piatti scoperta, gli Scampi al sale, Chutney di Mango e Radici dolci oppure la capasanta glassata arricchita da un ristretto di Cicale e scaglie di tonno. 

Tra i nuovi secondi che rappresentano estro e fantasia, il Polpo, insolitamente abbinato con burrata e nduja, ma anche il Pollo Ficatum con mais soffiato crema di patate e pancetta croccante. 

Di fondamentale importanza anche l’attenzione concentrata verso chi sceglie una cucina vegetariana che si esprime in piatti come L’uovo poché con spuma di pecorino e pepe profumato o nella Bistecca di cavolfiore con tartufo nero e nocciole.

Il design del locale
“L’idea è stata quella di ricreare un ambiente dove l’accoglienza fosse sovrana, come nella migliore cultura siciliana, ma che uscisse dal linguaggio canonico della ristorazione, raccontando l’esperienza della Trinacria” raccontano Viviana Pitrolo e Danilo De Maio di Dark2, architetti non a caso sciclitani. “Abbiamo utilizzando delle cementine di recupero da antiche residenze siciliane, simbolo della nostra tradizione da utilizzare in un linguaggio moderno, per realizzare una sorta di tappeto che si abbina a un moderno pavimento di microcemento che imita l’effetto tattile del velluto.  Dall’entrata si incontrano una serie di cerchi perfetti simili a un cannocchiale che indirizzano alla sala principale dall’effetto materico e dai colori scuri, a cui abbiamo aggiunto tavoli di legno di frassino ulivato a interi pezzi singoli, per creare quel rapporto diretto con la natura tipico della cultura siciliana”. 

Boiserie e carta da parati sono sempre un’interpretazione della tradizione con un tocco moderno: i tipici ricami siciliani vengono ricreati con una maglia di microcemento ad effetto 3d, con effetto anticato nei bagni. La tavola è apparecchiata in modo da esaltare l’effetto materico degli elementi in particolare il legno, il ferro, il verde acqua, che riprendono idealmente i colori del mediterraneo e la terra e il mare che danno nome al locale. Un tocco barocco non poteva mancare in singoli elementi come l’enorme candelabro dei saloni antichi ripensato in chiave moderna o i paralumi in vetro diverse una dall’altra, a richiamo dei bicchieri. Appena si entra si approda con lo sguardo alla cucina a vista, nucleo centrale e creativo del ristorante. 

Le maestranze e i materiali usati per Terrammare sono siciliani al 100%:dalle sedie dal design moderno scelte in quattro tonalità in contrasto per creare quella nota fuori riga che dà una nota frizzante e pop all’ambiente, alle ceramiche di Cerruto di Modica che arricchiscono il ristorante; dai piatti fatti a mano da Alessandro De Rosa di Thalass all’artigiano Roberto Savarino per il legno fino al menu realizzato da Pietro Bonomo della tipografia storica Molithus di Modica. 

Consorzio Garda DOC, cultura, vino, passione



Sulle sue rive, cercano ispirazione il malinconico Goethe, il complesso Kafka, e il grande Thomas Mann, scrittori e altri poeti (tra cui Catullo), che si perdono nella natura incontaminata di un paesaggio unico, tra le montagne e gli specchi d’acqua.

Anche D’Annunzio si innamorò di questo territorio ricco di cultura e colore, tanto che dal 1921 al 1938 il poeta vi soggiorna fino a ritirarsi definitivamente al Vittoriale, dimora fatta costruire a Gardone Riviera, sulle sponde del Garda, e che oggi è divenuto la casa-museo più visitata al mondo, con oltre 300 mila visitatori l’anno.
Tutto l’edificio racconta lo stile barocco e pomposo dannunziano, un testamento d’anima e pietra che non ha subìto manomissione, rispettando la richiesta del poeta. Ed è qui che D’Annunzio inizia a scrivere di vino, nelle sue opere, questo liquido che “un poco lo trasforma” e che il medico gli aveva consigliato quale rimedio.

Tra i nove ettari di terreno, il famoso teatro all’aperto, fontane e giardini, arcate che incorniciano il lago, statue di nudi e la casa di quello che fu un grande erotomane e appassionato della vita, è stata presentata la prima carta dei suoli della Denominazione Garda Doc, un primo passo verso una comunicazione moderna, utile e didattica, del mondo del vino.

Siamo veramente felici ed orgogliosi di presentare al pubblico questo straordinario lavoro che vede finalmente la luce” dichiara il Presidente del Consorzio Garda Doc Paolo FioriniQuesto documento rappresenta un punto di arrivo di diversi studi promossi dal Consorzio, condotti negli ultimi anni, a testimonianza del continuo impegno ed investimento di Garda DOC nel campo scientifico. A nome mio e del Consorzio ringraziamo tutti coloro che hanno preso parte con impegno e dedizione a questo importante opera scientifica che sarà sicuramente risorsa preziosa per tutta la comunità”.

Lavorando a questo progetto” spiega il Dottor Giuseppe Benciolini Pedologo specialista in rilevamento ed elaborazione delle carte dei suoli “ho coniato un nuovo termine per esprimere al meglio ciò che costituisce l’aspetto più caratterizzante della denominazione Garda DOC, ovvero la sua sorprendente varietà di suoli: pedodiversità. “

A sostegno di questo territorio estremamente complesso, ricco ed eterogeneo, il Consorzio Garda DOC opera su più fronti, politicamente, tecnicamente e territorialmente tra i comuni di Mantova, Brescia, Verona. Un territorio collinare
e un’area di produzione vitivinicola in cui le speciali condizioni climatiche hanno plasmato nel tempo le qualità delle diverse specie di uva che vi crescono e, tuttora, ne determinano le peculiarità. Riconosciuta per la prima volta nel 1996 con lo scopo di valorizzare i vini varietali prodotti nelle 10 storiche zone di produzione dell’area gardesana, la DOC Garda è una denominazione guidata da un forte spirito di innovazione, in grado, negli anni, di evolversi in base alle esigenze dei consumatori, pur rispettando un prodotto che qui ha origini antichissime. Ottenuto il riconoscimento ministeriale nel 2015 e operante erga omnes dal 2016, oggi il Consorzio Garda Doc rappresenta 250 utilizzatori della denominazione per oltre 30.000 ettari di terreno vitato idoneo alla denominazione, dando voce e promuovendo una fra le più preziose eccellenze enogastronomiche d’Italia. 

Tra le iniziative organizzate da Consorzio Garda DOC, la degustazione sull’elegante motonave Zanardelli, teatro di un piccolo viaggio sulle acque placide del lago alla scoperta delle eccellenze del territorio. Un format per appassionati che racconta i varietali e le bollicine.

“Il Lago di Garda, è il denominatore comune di tutto l’areale gardesano e punto di interconnessione fra le tre province sulle quali si estende la denominazione: Mantova, Brescia e Verona. Non poteva che essere questo il luogo dove organizzare l’evento che rappresentasse a pieno la nostra denominazione e i valori del Consorzio” dichiara Paolo Fiorini, Presidente del Consorzio Garda DocLe serate si svolgeranno a bordo della Motonave Zanardelli, e i protagonisti indiscussi  saranno i vini dei produttori del Consorzio, in mescita a bordo della nave durante durante la navigazione sulle acque del nostro iconico lago.

I nostri consigli:

RICCHI MERIDIANO DOC GARDA CHARDONNAY
Vino dal colore giallo paglierino con riflessi dorati, fruttato, grande intensità olfattiva e persistenza, note calde di frutta esotica matura, ananas, banana e miele. Breve passaggio in appassimento, criomacerazione e qualche mese in tonneau di secondo uso.

BAROLDI DIEGO DOC GARDA CHARDONNAY
Chardonnay 100% di viti 40 anni su terreno morenico, sabbioso-ciottoloso, leggermente calcareo. 
L’affinamento viene fatto su fecce fini per 6 mesi, con periodici batonage. Una piccola azienda individuale (3 ettari vitati) il cui concept è il grande lavoro in vigna. Profumo intenso e fragrante, lieviti, mela, pasticceria, gusto equilibrato.

PERLA DEL GARDA LEONATUS
Garda DOP, vitigno Merlot 100%
Mercati esteri tedeschi, svizzeri, australiani, francesi, giapponesi e in ultimo americani e inglesi.
Affinamento in tonneau e successivamente barrique, bellissimo colore, rosso ramato, leggermente tannico, sentori verdi, di liquirizia e pepe nero.

New Zealand Endeavour arriva seconda alla Regata delle Legends, il raduno delle mitiche barche a vela

Il 27 Giugno 2023 si è tenuta la Ocean Live Park al 50mo anniversario della Ocean Race edizione 2022/23.
Un raduno delle leggende della vela, tra velisti e campioni del mondo, in una regata che ha visto le 7 stars del mare veleggiare lungo la costa di Genova.
Le imbarcazioni si sfideranno in una due giorni di regate: la “50th Anniversary Legends Regatta” martedì 27 giugno e la “Legends Coastal Race Genova – Portofino – Santa Margherita Ligure” venerdì 30 giugno.
Uno spettacolo aperto al pubblico, che ha potuto assistere in diretta alla parata dei team e con la possibilità di salutare e conoscere da vicino, i miti di uno sport che unisce la grande bellezza del mare al lato umano, il connubio uomo/natura di cui Lev Tolstoj ci ha lasciato grande insegnamento e testimonianza attraverso i suoi capolavori letterari.

“Una delle prime condizioni di felicità è che il legame tra l’uomo e la natura non si rompa.”

Tra le Legends, tutte partecipanti al giro del mondo delle precedenti Ocean Race, la mitica New Zealand Endevaour, regina del mare e vincitrice dell’edizione ’93/’94, quando a bordo c’era il velista neozelandese Grant Dalton che ha partecipato a cinque regate. Oggi, grazie ad Ezio Tavasani, architetto navale e attuale armatore della N.Z.E., questo maxi yacht ha ripreso nuova vita, e può finalmente tornare al suo heimat.
Noi eravamo lì con loro, in regata, a supportare questo bellissimo progetto.

Aggiudicandosi il secondo posto, N.Z.E. riconferma la potenza di un mito, che ha gareggiato per questa edizione con a bordo i più grandi campioni olimpionici e del mondo vela.
Sir Robin Knox-Johnston, che ha scritto la storia di questo sport essendo il primo uomo a compiere la circumnavigazione del globo in solitaria non-stop e l’unico a completarla nel ‘68 in 312 giorni; 83 primavere e alle spalle una storia di vincite sportive ed umane; Robin Knox-Johnston donò la somma in denaro della Sunday Times Golden Globe alla famiglia di Donald Crowhurst, suicidatosi durante la gara. R.K.J. è inoltre insignito dalla corona inglese del ruolo di Comandante dell’Ordine dell’Impero Britannico. 

Se per noi comuni mortali, immaginarsi in mezzo all’Oceano senza riuscire a distinguere il mare dall’orizzonte può far paura, per R.K.J. il mare non ha alcun mistero e risponde così quando gli chiedo quali sono i pensieri che lo hanno attraversato in quei lunghissimi 312 giorni in solitaria “Vincere!“.

E ancora a completare l’equipaggio della N.Z.E., Ian Walker, due medaglie d’argento olimpiche; Andreas Hanakamp, due gare olimpiche tra cui Volvo Ocean Race nel 2008/09; Neal McDonald olimpionico e campione del mondo su gommone; Jeff Ventre, tattico della French Kiss e Alex Honey, il primo navigatore di regate yacht intorno e Capo Horn e intorno al mondo in tempi da record. Un team d’eccezione che chissà quante altre volte si ripeterà; una cornice unica, la costa ligure di Levante, un panorama d’autore, alla Massimo Vitali, con i suoi piccoli elementi caratterizzanti il paesaggio marino.

Tra le 7 iconiche barche a vela a gareggiare, la Tauranga, che nel ’73/’ partecipò tra le italiane alla prima regata a vela intorno al mondo con lo skipper Eric Pascoli; lo sloop Gurney 54 B&B Italia, che con lo skipper Corrado di Majo si classificò nono nell’edizione del 1977-78; 1981-82, lo yacht italiano Rollygo, guidato da Giorgio Falck, che vide il membro dell’equipaggio Paolo Martinoni salvarsi dopo essere caduto in mare nell’Oceano Meridionale; il VO70 Kosatka che ha partecipato alla regata del 2008-09 con lo skipper austriaco Andreas Hanakamp, primi a portare un messaggio ecologico nel settore, con la campagna  “We Sail For the Whale” (Navighiamo per le Balene); il VO70 Telefonica Blue, terzo nella regata del 2008-09 con lo skipper Bouwe Bekking, e altre cinque barche delle edizioni passate “Whitbread Round The World Race” e “Volvo Ocean Race”.

Ma è la New Zealand Endeavour a farsi da sempre portavoce di nobili messaggi, attraverso la grande passione e il sogno che Ezio Tavasani è riuscito ad esaudire riportando una leggenda alla luce, lo yacht è sempre in prima linea per eventi di beneficienza e inclusione, con il Fai Sport ad esempio, associazione sportiva a sostegno dei ragazzi disabili con problemi socio-economici e delle loro famiglie.
Ezio Tavasani, armatore, e Mauro Magarotto, skipper N.Z.E., condivideranno un calendario di eventi che associa il grande nome della regina del mare, in favore di chi ha davvero bisogno del loro gran cuore.
Ad majora!









Alice Carli, il cambiamento che porta al progresso

EIC/ Interview Miriam De Nicolò
Photography Marco Onofri
Art Director Roberto Da Pozzo

Vintage Necklace Coppola e Toppo



Tulipani bianchi, mandarini, post-it a forma di cuore, come il piccolo portagioie rosso, una brocca di cristallo per l’acqua, una fila di evidenziatori perfettamente distanziati tra loro, un piccolo mazzetto di biglietti da visita con degli appunti lasciati a penna, un cahier in velluto fucsia con la scritta “obsession”, dei bellissimi posaceneri in argento dove stanno delle sigarette sfuse, questi gli oggetti parlanti che ricordo dal tavolo di Alice Carli. 

CEO e general manager di fashion, lifestyle e luxury goods, Alice Carli è una globetrotter e sceglie la sua dimora nel centro di Milano, in un elegante appartamento che parla molto di sé e delle sue radici; i lampadari hanno la “r” moscia, heritage parigino della nonna paterna, stessi rimandi per i soffitti a cassettoni e il parquet a quadri; nel grande salone in cui la luce è protagonista, la libreria Libelle Baxter in montanti laccato nero e rafia, separa la zona living dal lungo tavolo studio in marmo. Sul tavolo in vetro Gae Aulenti per Fontana Arte, il libro “Sirene” di Marco Glaviano, un Ginori con ortensia verde-lilla, un piatto in porcellana firmato Fornasetti e delle piccole scatole patisserie di Marchesi, azzurro Tiepolo. 

Il colore pare essere il comune denominatore delle stanze in casa Carli, che mentre posa per il nostro servizio fotografico indossa una imponente collana Dior Vintage e mi racconta della nonna centoduenne che chiede di fare la manicure, il giorno prima di andarsene. Disciplina e rispetto, più che semplice vanità, sono quindi nel dna di questa donna che, nella sua manìa del controllo (rimette al loro posto gli oggetti che il fotografo muove per scattare le immagini) ci lascia scoprire le sue passioni. E il suo brillante sorriso, come nell’immagine in bianco e nero che la ritrae nella foto di Nikola Borisov, o la sottoveste in raso nero di Rossella Jardini che ci accoglie all’entrata, lasciata cadere da un faretto dello stesso colore. 

Ma è nella dedica che le scrivono dietro ad una sua foto, che comprendiamo quel lato di Alice che invano e purtroppo nasconde: 

T’insegneranno a non splendere. E tu splendi invece“.

Quali sono i fondamenti di un manager d’azienda?  

Sono un direttore d’azienda da ormai 25 anni, i fondamentali sono la parte più strategica e dalla mia, un driver enorme sull’innovazione e sulla progettualità. 

Il tema dell’ innovazione che mi segue con la curiosita da quando ero bambina, è quello che nell’arco degli anni mi ha permesso di rimettermi in gioco, ho ripreso a studiare a 39 anni ad Harvard specializzandomi nel settore della strategia e dei trend post Pandemia, sono tematiche importanti oggi, che necessitano di approfondimenti e ricerche. E’ avvenuto durante il lockdown, un momento di grande chiusura di mercati e non avevo la minima intenzione di stare ferma a guardare, avevo l’esigenza di studiare e capire dove stava dirigendosi il mercato.

E sostenibilità è oggi un’altra key-word importante, perché se il digitale aveva soverchiato i canoni geografico/commerciali, la pandemia ha soverchiato i canoni di qualunque dimensione, l’etica per esempio, che è diventata importante per fortuna, superando la sola estetica. 

Un esempio di azienda che risponde a questi canoni? 

Diverse. Certamente quelle con cui collaboro, perchè guidate da grandi leader visionari da cui ho modo di imparare ogni giorno. Sono Advisor per la Sostenibilità per il SCR500 da Kaufmann & Partners di Francesco De Leo Faufmann; Direttore Generale di  GAIT-TECH Srl, la neonata ma già premiatissima a livello internazionale start up in cui la biomeccanica è al servizio della salute delle donne che stanno sui tacchi;  Advisory Board Member per la digitalizzazione d’azienda e lo shift verso un posizionamento Rigenerativo per Image Regenerative Clinic, dove il Professor Carlo Tremolada, PhD, ha brevettato Lipogems, un lavoro sulle cellule staminali, una bellezza che accompagna e non distrugge.

Quante ore ha un giorno? 
Dipende. 24, ma se mi alleno la mattina anche di più.

Come approcci per la prima volta all’interno di un brand già avviato per lanciare nuove strategie di marketing?
Ascoltando tantissimo, intervistando tutta la prima linea, leggendo i numeri e se esiste una proprietà, sicuramente ascoltando loro in primis, se esiste un management, ascoltando loro e se esiste un archivio o una storia, studiandola approfonditamente. Una visione nasce dagli studi di tendenze e dal matrimonio con l’heritage del marchio. 

Era il tuo sogno sin da bambina o avresti scelto anche un altro mestiere? 
Forse avrei scelto la ricerca scientifica in ambito medico. Me ne sono resa conto durante l’intervento molto serio che ha subìto mio padre, ho pensato che l’innovazione in ambito medico non è un plus ma una conditio sine qua non. 

L’innovazione è sempre progresso? 
 Spesso, non sempre. La verità sta nel mezzo, come spesso accade. E peraltro il progresso fa spesso paura, è un elemento dirompente, non ben accetto. Quanto meno da tutti.

Dall’analisi di numeri e statistiche, che cosa vuole il mercato?
Verità e trasparenza. Davvero la pandemia ha cambiato il modo di comunicare delle aziende. Se oggi una società dichiara di essere sostenibile, deve dimostrarlo anche attraverso lo stile di vita dei propri dipendenti. Il consumatore è sempre più pretenzioso e sempre più curioso, se un tempo esisteva il customer service, ora il servizio clienti sono i social media, sono la linea WhatsApp, avere una persona dietro quel numero di telefono e non più un robot, è un servizio più inclusivo finalmente. 

Hai dichiarato diverse volte di aver accantonato la tua vita privata per dedicarti totalmente al tuo lavoro .
Dopo i 30 anni è evidente che il mio lavoro sia anche parte di me. Quando si lavora con amore e passione, le rinunce si alleggeriscono. Oggi ciò che è cambiato è il mio privato, che rimane per l’appunto una questione intima, non alla luce del sole. 

Amore e Odio 
Amo mia madre, mia nonna, i miei amici, il mio lavoro, la mia coach, anzi le mie coach e me stessa. 
L’odio è una perdita di tempo, l’ho sentito su di me molte volte, ma dobbiamo già lottare contro le malattie, le violenze, le ingiustizie… io non ce l’ho mica la voglia di odiare. 

Quando hai sentito d’esser stata “odiata”? 
Quando sei una persona con dualismi molto forti, seppur rimanendo coerente, ce lo si aspetta. 
Sono molto forte ma nell’intimo fragile, molto dolce, ma anche molto decisa, tenera ma tenace, una resiliente. Come la disciplina del Garuda infatti.

La tua coach Sorbellini ti ha descritto come una donna testarda.
Direi disciplinata. Però lei di me può dire quel che vuole, è da anni la mia guida.

E tu come ti descriveresti?  
Determinata, dolcissima e protettiva. 

Domanda di rito, quanto sei Snob? 
Sembro molto snob e non ho ancora capito perché. Eppure mi dicono tutti di essere empatica. Probabilmente la mia immagine trasmette un distacco totale, ma in realtà sono una persona estremamente aperta. Anzi, non potrei essere così change maker, così proiettata. E la parola snob oggi dovrebbe essere antesignana, non una colpa. 
Non a caso voi lo fate in modo ironico, provocatorio. 

Per noi infatti ha un’accezione molto positiva rispetto a quella popolare. Per noi snob è colui che sceglie l’eccellenza. 
Se per Snob si intende la capacità di discernere qualità ed eccellenza, allora io vivo di quello, sempre nella speranza di poter vivere un mondo diverso, dove ci sia una capacità e una possibilità di espressione totale. 

Maison Pani, le migliori proposte gastronomiche della Riviera di Ponente



LOCANDA MARINAI

Esiste un luogo, un po’ sospeso nel tempo, dove delle grandi arcate aprono sul mare, un paese che vive nel chiacchiericcio continuo che esce dalle porte sempre aperte, quelle dei locali su strada, dei ristoranti di pesce, dove le case sembrano disegnate da un artista del pastello. Quel luogo è Bordighera, ed è qui che Diego Pani gestisce uno dei suoi quattro ristoranti, Locanda Marinai.

Accanto alla storica chiesa di Bordighera Alta, dove poter cenare a lume di candela, Locanda Marinai accoglie con un grande bancone che ha i colori del mare; le sale, progettate dall’interior designer Giacomo Cassarale, sono minimal, calde, accoglienti, circondate da una bellissima boiserie in legno noce canaletto, con l’idea di riprendere una perlinatura vintage ma dal tocco moderno. Sobrio ed elegante lo è anche nello stile il ristorante Locanda Marinai, che impreziosisce le pareti con piccole cornici al cui interno troviamo dei bijoux d’artista, come alcune opere di Domenico Pagnini, pittore bordigotto, o di Marie Serruya, artista concettuale parigina; ma più preziosa è la firma di Eugenio Morlotti, che vive il suo periodo artistico più prolifico proprio a Bordighera, un’aria che lo cambia, nello spirito e in pittura:

Il nudo nel paesaggio è un chiodo che ho sempre avuto. Finalmente l’ho afferrato. Non c’è eros ma tanta calma…tanta calma. C’è il piacere, ma una pittura di piacere, la sensazione che dà il vivere in un mondo di armonia. Guardando quei quadri li ho visti quasi come fossi contento di vivere”.

Let me taste the Dolce Vita” è il motto della carta, piatti semplici e gustosi, piatti della tradizione italiana, come le linguine alla burrata, alici e pangrattato alle renette; frittelle di baccalà e salsa tartara; spaghetti fatti in casa alla polpa di granchio; un grande e intramontabile classico, il crudo di gamberetti in salsa rosa con pisellini verdi; rombo in panatura e salsa al caramello; alici bergounioux impanate alle nocciole; tarteletta al limone e meringa italiana, e una deliziosissima insalata di foie gras affumicato, ricetta che torna dal menu del padre, Marco Pani.


MARCO POLO 1960

Il suo interno sembra una grande nave abitata, calde pareti in legno perlinate, alte credenze e servizi in argento, le foto di famiglia, il ritratto che domina la sala, del proprietario Marco Pani, padre di Diego, in veste Marco Polo.
Dalle finestre, la spiaggia di Ventimiglia, e le sue barchette a remi, ma quello che vi farà ritornare, a parte la fortissima energia che quest’angolo di terra trasmette, è la cucina. Ricette segrete tramandate dalla nonna a Ines Maria Biancheri, custode del risotto alla marinara, e l’esperienza di Diego Pani, chef ed erede del ristorante Marco Polo 1960, la punta di diamante di un grande progetto chiamato Maison Pani.

Diego Pani porta alla carta l’eleganza e la tecnica della cucina francese, lui che è stato allievo del leggendario Alain Ducasse, mentre con il cuore fa risplendere quella che un tempo era una semplice palafitta che il nonno Oreste acquisì nel lontano ’60 e che il padre Marco fece diventare un luogo di riferimento della città.
Si torna per il risotto che ha il misto delle 10 erbe segreto di famiglia, l’aneddoto vuole che durante la preparazione la nonna Maria facesse uscire tutti dalla cucina, e che la sua mano fosse stata pesata, prima di andarsene, per calcolare perfettamente le proporzioni. Il segreto si tramanda di persona in persona, e solo uno della famiglia può custodirlo. E per la frittura, fatta in olio extra vergine di oliva, leggera, gustosa. Ma il giovane chef Diego Pani, stupisce con il cundigiun con testa di tonno alla brace; il ragù di lenticchie e frutti di mare in salsa al foie gras; le linguine al fondo bruno di mare, pescatrice, prezzemolo e limone; il galletto disossato, crema di fagioli al cocco, menta e rosmarino; e i taglioni ai 30 tuorli con una zuppa di pesce estratta dalla presse à canard, uno strumento scenico che estrae il succo di mare, pressando tutti gli ingredienti al suo interno. Perchè qui la cucina è una linea invisibile che unisce occhi, testa e cuore.

Ma i sogni di Diego Pani non finiscono qui, prossimo all’apertura il ristorante Venti, vista panoramica della città, un design moderno ed elegante con dettagli specchiati e gold, una terrazza all’aperto, un pavimento in marmo bianco per un prodotto totalmente diverso dai precedenti. Venti è il prossimo place to be ideato insieme a Paolo Boeri Roi,
dirigente dell’omonima azienda olearia di Badalucco.
Ad majora!

Manuela Zero, il problema dell’amore

EIC/ Interview by Miriam De Nicolò
Photography Peppe Tortora
Styling Diletta Pecchia

Make up/Hair Giuseppe Lorusso @Blend Agency
Location Studio Compass 4

Il capello corto da ragazzino, biondo platino sopra due occhi grandi, ma grandi, tanto grandi che sono protagonisti
in quel viso piccolo su un corpo alto e snello, allenato e parlante. Quando la vedo per la prima volta è già sul set, posa con disinvoltura, cambia l’abito come un trasformista e le piace, glielo si legge in quello sguardo malandrino, di chi oggi si presenta come Margot e il giorno dopo stringe la mano come Lupin. Ma la sua carta è certamente
il sorriso. birbante, furbo, vero come quello di un bambino, perché Manuela Zero, attrice, cantante, ballerina, produttrice, da l’impressione di non voler mentire, di quelle personalità-libro, aperte alla pagina del Bignami.
Le si legge tutto, in quel sorriso. “Sono una buona amica” mi confida durante l’intervista, pronunciando la frase con
una differente consistenza. “Sono una donna complessa ma sono una buona amica“, e questa frase mi torna
alla mente quando m’invita a vedere il suo spettacolo “400 euro 2 ore di nudo” a Roma, con una naturalezza
che apprezzo come la bontà, con un messaggio spontaneo che chissà quante altre volte mi ricapiterà, in quei
taciti e (in)naturali distacchi intervistato-intervistatore.

“Attack” è il tuo ultimo lavoro di cantante e regista, ci racconti come nasce?
Attack è la storia di un amore che finisce e parla della difficoltà che abbiamo nell’accettare la caducità delle cose. Un racconto tragicomico dove una ragazza lasciata, decide di incollarsi con l’attack al suo compagno per allontanare il dolore della solitudine. Nasce anzitutto dalla mia esigenza di convogliare tutte le mie passioni in un unica opera, qui infatti canto, recito e scrivo; Attack è una canzone, un’idea, un cortometraggio in bianco e nero che
ha il sapore di un’epoca che forse non c’è più.

Jumpsuit Ciccone World
Headset 404 Suite
Shoes Giuseppe Zanotti


Chi e che cosa ama Manuela Zero?
Chi e che cosa odia?

Che bella domanda, mi riporta indietro nel tempo. Amo le mie radici, le mie origini, la mia terra di cui vado fiera. Sono cresciuta a Marina Grande di Sorrento su un mare dove mio padre pescava la notte e in quelle notti c’ero io a fargli compagnia. Odio l’ipocrisia, le ingiustizie, sopratutto nei confronti delle donne, tematiche che cerco di combattere affrontandole in spazi artistici.

Nata a Piano di Sorrento, vivi a Roma, una donna del Sud, che cosa porti delle tue radici?
La mia personalità porta quei colori, quel folklore, e anche quella malinconia che ti accompagna quando da quei luoghi ci si allontana.

Dici del teatro: “E’ un po’ come dare amore a degli sconosciuti, che dopo un po’ diventano meno sconosciuti”.
Il teatro è la più grande forma artistica d’amore, ogni sera io porto in quello spettacolo tutto l’amore che ho.

Potessi reincarnarti in un personaggio, in un’attrice che non c’è più, quale vita vorresti vivere?
Mariangela Melato.

Jewelry Natalia Criado

Perché?
Fu la protagonista del primo spettacolo che vidi da bambina, ricordo una donna incredibile, coraggiosa, ricca di sfumature. O Monica Vitti, donne forti che si concedono anche d’essere fragili, donne che hanno lasciato il segno.

E tu che donna sei?
Complicata. Inquieta.
Una buona amica con problemi sentimentali che ancora cerco di risolvere. Il mio obiettivo oggi è quello di riuscire a concedermi un amore importante.

Dress Lanvin
Jewelry Natalia Criado
Shoes Giuseppe Zanotti

Che cosa ti blocca?
Ad un certo punto del rapporto arriva sempre una specie di noia che mi porta ansia e non mi fa più stare bene, ma ci sto lavorando.

Apri a caso una pagina del questionario Proustiano, leggi una domanda e dai una risposta.
I miei eroi nella finzione. L’unico eroe che riconosco è mio padre.

Domanda di rito Manuela, quanto sei Snob?
Mi affibbiano questo termine con un’accezione che non riconosco; ma se per “Snob” intendiamo vivere una vita ricercata, allora sono proprio io.

Eduardo Scarpetta, l’erede

Interview by Miriam De Nicolò
Photography Gianluigi Di Napoli
Styling Sara Castelli Gattinari Di Zubiena
Grooming Sofia Innocenti
Stylist’s assistant Bianca Giampieri

Ci sono nomi che ti porti addosso che provocano danni esiziali, altri invece che allietano e aprono porte. 
Quella di Eduardo Scarpetta è la storia di un frutto che dall’albero genealogico dei notissimi Scarpetta- De Filippo, porta fiori.
La paternità utilitaristica non è il suo caso dice, ma il dna non mente. Erede del più grande e acclamato Eduardo Scarpetta, commediografo e attore napoletano (12 marzo 1853), lui che porta il suo stesso nome e cognome, segue il sogno dei suoi avi, il teatro eterno. Perchè se oggi il giovane Eduardo sceglie il cinema, lo fa nell’ottica di calcare in un futuro prossimo i teatri “a modo suo”, per riportare quella genuinità che ha evidentemente ereditato. 
Vive il cinema come una grande gavetta necessaria, e il teatro come la Promessa, la visione che una volta pronto, potrà rimaneggiare i successi che la famiglia Scarpetta- De Filippo portò tempi addietro su quella piccola grande cornice che è il palco. 
Nel mentre, il cinema e la tv sono la sua scuola, e lo vedono vincitore del David di Donatello nel 2022 come “Miglior attore non protagonista” del film “Qui rido io” di Mario Martone, la storia della sua eredità dove interpreta il ruolo di Vincenzo Scarpetta. In verità l’attitudine del protagonista Eduardo Scarpetta la recita a fagiuolo, sigaretta sempre alla bocca, che rolla con minuzia certosina e con tabacco profumatissimo, un sorriso contagioso che centellina perchè a trent’anni l’uomo deve ancora comprendere che la naturalezza è l’arma più seduttiva per noi donne, un portamento e dei connotati maschi, e la veracità della sua terra, che regala a piccole dosi, al momento dei saluti, ma che sono la sua arma più potente. Questo, forse, ancora non lo sa.

Total look Emporio Armani

Eduardo Scarpetta, porti un nome e cognome importantissimi, hai mai sentito il peso di questa responsabilità?
Mi sono sempre comportato come se mi chiamassi Mario Rossi, ho studiato, mi sono staccato dalla realtà napoletana, e ho seguito il consiglio di mia madre, entrare nel mondo del teatro passando per la porta principale, ovvero partendo dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma.
 
Che cosa porti della tua napoletanità nel ruolo di attore?
La pancia. L’istinto.

Total look Salvatore Ferragamo

In una tua intervista pre- Covid hai dichiarato “Ho paura che il teatro morirà”. Hai intenzione di fare qualcosa in prima persona per sponsorizzare il bellissimo mondo del teatro?
Mi sono staccato dal teatro 5 anni fa nell’ottica di tornarci padrone. Sarà esattamente come l’ho immaginato, senza imposizioni. Oggi sono stato rapito dalla macchina da presa, e nel cinema si instaura un processo per cui lavori oggi, ma sei impegnato fino all’anno prossimo. 

Hai anche detto “Tra 20 anni rifarò sicuramente tutte le commedie Scarpetta- De Filippo”.
Esatto, dovrà attendere per una questione di età.

Total look Salvatore Ferragamo

Hai interpretato Vincenzo, il figlio di Eduardo Scarpetta, nel film “Qui rido io” di Mario Martone, che ti è valso il Premio come “Miglior attore non protagonista” ai David di Donatello del 2022. Com’ è stato fare un tuffo nel passato dentro la spirale del tuo dna?
Interessante. Immedesimarsi in quella che era l’oppressione di Eduardo Scarpetta nei confronti di Vincenzo
e riconoscere, in fatti a me ovviamente già noti, l’occhio di un grande regista, Mario Martone. 


Da bambino hai vissuto tra i tour della compagnia teatrale dei tuoi genitori, ci vuoi raccontare un aneddoto?
Non esistevano i navigatori satellitari, si viaggiava con in mano una cartina in un van carico di persone. Mio padre stava sempre alla guida ed era perennemente in anticipo sulla tabella di marcia, non si sa mai…
Oltre agli attori, dei modellini di Ferrari e sidecar stavano perfettamente in equilibrio in una teca che si portava appresso, cascasse il mondo. Era questa l’atmosfera del teatro, sono cresciuto così, come la mascotte del gruppo. 

Hai perso il tuo papà e sei cresciuto con una madre che ha fatto anche da padre, una cosa che abbiamo in comune. Come si cresce senza una figura così importante e come cambia il rapporto con il genitore che rimane?
Io non so come si cresce con.

Total look Malo

Anche tuo padre ti voleva calciatore?
Era lui ad accompagnarmi al campo, e poi ero bravo, diciamolo. 
Quando se n’è andato, la cosa è sfumata, avrei voluto riprendere a 15 anni, esausto del Liceo Classico, ma mia madre me lo ha impedito, consigliandomi di rifiutare anche alcune proposte di lavoro. Teneva terminassi prima gli studi. 
 
Siamo contenti che tua madre ti abbia rimesso sulla retta via.
Senza mia madre, non sarei la persona e l’attore che sono. 

Total look Dsquared2

Amore-Odio.
Che cosa ami follemente e che cosa non tolleri?

Amo la libertà, l’essere liberi di fare ciò che più si vuole senza danneggiare nessuno.
Odio certe libertà che si prendono alcune persone senza considerare il male che possono fare agli altri.

Total look Emporio Armani