Merano, i luoghi del cuore

Tra le prime roccaforti turistiche dell’impero asburgico, Merano ha ospitato nel passato diverse personalità illustri come la Principessa Sissi, che ancora oggi è amata e omaggiata, e lo scrittore Franz Kafka. Patria di Castelli, Giardini imperiali, e di infiniti svaghi e sport da praticare a cielo aperto, come il trekking, nordic walking, meditazione nei grandi parchi, yoga nei bambuseti ed e-bike, Merano è l’elegante città dove recuperare energia tra le montagne.
Per una sosta a Merano, i luoghi più caratteristici sono quelli ricchi di storia e tradizione, assolutamente da visitare e vivere per una vacanza all’insegna del relax.


Hotel Adria

Un elegantissimo palazzo della Belle Époque, conserva tutto il fascino e il gusto di inizio ‘900, nell’architettura e negli arredi, concedendosi una piccola rimodernizzazione laddove necessario.
Gli chandelier nel salone appartenuti all’ultimo doge di Venezia, gli stucchi oro dei soffitti, romantiche nature morte racchiuse in cornici ovali, così come i ritratti di nobildonne, le vetrerie in legno antico che espongono preziose teiere in porcellana cinese, tutto parla al passato all’Hotel Adria, il gioiello architettonico in stile Liberty nel quartiere di Maia Alta a Merano.

Nel grande salone del palazzo, tra i dipinti e le applique originali, è possibile leggere la stampa estera, rito mattutino che pare ormai desueto e che invece nobilita come ogni genere di lettura; per gli amanti della notte, un bellissimo angolo bar con capitonnè turchese e lampade Art Nouveau, dove trascorrere le ore chiacchierando davanti ad un Vermouth Belle Époque, con un cubetto di ghiaccio.

La sala colazioni è il ritratto femminile per eccellenza, agghindato di profumatissimi fiori del parco secolare circostante, ha i colori del lilla e del viola; sui tavoli, che affacciano alla grandi vetrate panoramiche, le piccole argenterie per un risveglio coccolato dalle prelibatezze della cucina, muessli e yogurt naturale, frutta fresca, croissant appena sfornati e le dolcissime torte fatte in casa, con i prodotti locali.

Qui tutto parla della più amata, la principessa triste e romantica che era solita annotare tutti i segreti del cuore nel suo piccolo diario, la più fissata con la linea e in perenne dieta, di quelle fai-da-te per ridurre all’eccesso il suo già minuscolo punto vita, colei che nella tabella giornaliera aveva sempre delle lunghe passeggiate che la videro anche qui, a Merano, per lungo tempo: la Principessa Sissi.

La immagino salire con l’ampio vestito di seta color del cielo, nello storico ascensore datato 1914 (una vera rarità per l’epoca), e ancora intatto nel palazzo con la poltroncina interna in gobelin, quel meraviglioso tessuto che ricopre i salotti più graziosi, dalle trame fiorite con i colori più tenui e che ricorda gli arazzi Gobelins, Manifattura storica del XVII secolo.
Anche i corridoi omaggiano la bella Principessa, con foto, ritratti e documenti che ne ripercorrono la storia, e una stanza dedicata, la numero 18, Sissi, l’imperatrice.

Hotel Adria è il quattro stelle lusso per chi ha voglia di vivere il fascino del passato con le comodità del presente, come la sua spa con 4 saune, bagno turco salino e aromatico, piscina interna e vasche idromassaggio esterne, zona relax e solarium e trattamenti benessere per dedicarsi totalmente alla cura del corpo e della mente.
Un bel regalo da concedersi soprattutto quest’anno in cui cade il 138mo anniversario dell’Adria, progettato nel lontano 1885 e rinnovato nel 1914 secondo i canoni estetici dello Jugendstill. La storia poi lo vede trasformato in un ospedale da campo durante la Prima Guerra Mondiale e riportato alla sua funzione originaria a fine conflitto, per poi passare sotto la cura della famiglia Amort-Ellmenreich, che oggi gli ridona splendore e grazia.

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Park Hotel Mignon

Se avete visto il film “Grand Hotel” del ’32, per chi ovviamente non lo ha vissuto quel periodo, saprete che certi ambienti paiono davvero esser scomparsi, così come alcune atmosfere, ormai sorpassate. Purtroppo.
Ma qui al Park Hotel Mignon, dal grande salone dove viene servita la cena, le storie si intrecciano come in un film; il galateo impone l’abito per le signore, i pantaloni lunghi per i gentlemen, un must che dovremmo imporre in ogni albergo che si rispetti. Le voci sono sommesse (Dio sia lodato), le cene si svolgono con ritmo cadenzato, mai a tarda ora, e ogni ospite siede quasi sempre alla stessa tavola, e scambia qualche battuta con il cameriere con cui si ha più simpatia. La liturgia della cena è in nome della cuisine, firmata dallo chef Hanspeter Humml, originario del luogo, ma che porta nel piatto influenze francesi (sono deliziose le salse che accompagnano quasi ogni piatto) e un tocco gourmet ad ogni impiattamento; inoltre si offre la possibilità di scegliere anche un Menu vitale, una cena da 670 kcal per chi non vuole rinunciare alla forma.

Se al momento della cena ci si concede qualche confidenza con l’ospite della camera accanto, perchè la scelta vini è ampia e il pianoforte suona, la colazione si svolge in un clima ancora più lento, per poter assaporare il più importante pasto della giornata. Vi attende una selezione di prelibata pâtisserie, omelette fatte al momento, del puro miele favo direttamente dall’alveare, da gustare masticando la cera d’api che contiene tutte le proprietà nutritive e curative della propoli, e un caloroso invito su carta firmato dalla famiglia Amort-Ellmenreich, per un aperitivo in terrazza.
Il tempo sembra essersi fermato al Park Hotel Mignon, i salotti, con i soffitti in legno, sposano perfettamente un design moderno ad elementi vintage; i dipinti alle pareti sono tutte produzioni astratte della signora Ildegard, madre dell’attuale Sissi Amort che porta avanti con uno spirito imprenditoriale e d’accoglienza eccelsi.

Anche la sala bar vi farà venire una certa nostalgia, di quelle serate lette ne “La morte a Venezia” di Thomas Mann, negli ambienti sontuosi del Lido all’Hotel des Bains, quando il narratore rimane affascinato dal giovane Tadzio, quella figura bionda dalle fattezze greche che divenne l’ossessione del protagonista. Un Jalifa Solera Especial dell’azienda Williams & Humbert, uno Sherry appartenente alla categoria “Amontillado” invecchiato 30 anni, o un Pipa XX Glogglhof F. Gojer, il primo vino in Alto Adige prodotto con il sistema del vino Porto con uve di Lagrein affinato nella botti Pipa (tipiche botti in rovere del Portogallo dove viene conservato il Porto), e vi ritroverete a discorrere di tempi passati, costumi in disuso, forme dimenticate, autori illustri e grandi classici, consigliati da Philip, quarta generazione della proprietà e futuro chef del Park Hotel Mignon. E per gli appassionati della fumata lenta, una selezione di sigari a scelta tra Montecristo, Davidoff Churchill, Romeo e Giulietta, da godersi nel grande terrazzo vista piscina.

Fiore all’occhiello è certamente la Spa, 2000 mq di zone intime da dedicare alla cura del proprio corpo, bagni di vapore, ampia piscina coperta comunicante con quella esterna, servita di lettini, ombrelloni, accappatoi, vasca Kneipp, dove sassi di fiume di forma irregolare spremono la pianta del piede favorendo il ritorno della circolazione venosa, ad una temperatura di 12 gradi; vasche idromassaggio, (Sauna Bamboo Hyperthermae, Sauna 4 stagioni, Mediterranean Parcour, grotta Glacier Ice, Aromarium (un bagno turco agli aromi con proprietà disintossicanti e rilassanti), e sudario romano secco (per facilitare l’eliminazione delle tossine e contrastare emicrania, dolori reumatici), confortevoli ambienti intimi dove dormire sotto il canto deli uccelli o dello scrosciare di un corso d’acqua. Per una vera vacanza all’insegna del relax, concedetevi un trattamento corpo come il massaggio integrale Ayurveda, eseguito con olii caldi e tecniche specifiche atte a vitalizzare l’organismo sotto stress e riequilibrare lo stato interiore.

Ogni angolo del Park Hotel Mignon nasconde un’oasi dedicata, come il piccolo laghetto naturale, l’angolo con rocce naturali e doccia, o il percorso con truccioli di pino che collega le zone spa, in 10.000 mq di parco, troverete camminando delle sorprese, sarà un divertente gioco alla ricerca dello spazio più riparato dove godere della perfetta privacy.

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Giardini di Castel Trauttmansdorff

Volete vivere un giorno da Principessa? I Giardini di Castel Trauttmansdorff sono un magico labirinto dove avrete il piacere di perdervi; calpesterete lo stesso terreno che un tempo attraversò Sissi, vedrete lo stesso panorama, annuserete gli stessi fiori, parlerete alle stesse specie animali. Qui infatti è presente una grande serra con diverse piante esotiche su cui si posano differenti specie di farfalle tropicali che spuntano in questa zona durante l’anno, da ogni angolo di mondo. E’ uno spettacolo naturale davvero unico, che difficilmente si trova il natura dove la presenza dell’uomo è costante; e il Laghetto di ninfee, il Giardino dei sensi con i suoi fiori profumati; il grande prato acquatico dei fiori di loto; e delle aree dedicate ai simpatici alpaca, moroseta, caprette e insetti dei più bizzarri nel Terrario della Serra, come l’insetto stecca e l’insetto foglia, che farete davvero fatica a scovare tanto sono bravi a mimetizzarsi.

I Giardini di Castel Trauttmansdorff non sono un semplice parco, ma un percorso didattico utile davvero a tutta la famiglia, ai grandi e ai piccini, curato nei minimi dettagli, ricco di attività e di punti di interesse, con zone dedicate a giochi e spazi multisensoriali, un museo a cielo aperto da cui dovrebbero prendere esempio tanti musei italiani e non, per offrire un diversivo che impegni in maniera utile e divertente tutta la giornata.
Le Stazioni sensoriali portano il visitatore alla scoperta della natura, ampliando tutti e cinque i sensi, come il percorso a piedi nudi, l’alveare dove poter vedere da vicino il lavoro delle api, la roccia sonora che restituisce le vibrazioni della propria voce, e la Grotta, un percorso sotterraneo che illustra la genesi della Terra.

Ma sono le stanze del Castello che l’imperatrice d’Austria abitò dal 1870 con le figlie Gisella e Marie Valerie; qui Sissi si ritirava a leggere, scrivere il suo diario, annotare le pene che la vita non gli ha negato, come la morte del figlio suicida, il principe ereditario Rodolfo d’Asburgo-Lorena. Ma il Castello è anche testimone delle sue piccole gioie, come la fetta di torta che ogni tanto si concedeva, e che è rimasta intatta fino ad oggi, conservata dalla locandiera che gliela preparò nel 1897, data del suo ultimo soggiorno a Merano. Conservata sotto una teca, dura come la pietra e rosicchiata solo da un topino, la torta della Locanda Sole è uno strano oggetto che racconta quanto l’imperatrice fosse amata dalla gente locale, per la sua personalità umile e aperta, nonostante il rango.

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Forsterbräu Meran

Locale storico di Merano, Forst nacque come distilleria per poi dare vita dopo la ristrutturazione all’edificio che è oggi e alla tipica locanda meranese, con le caratteristiche pareti e soffitti in legno, corna di cervo, documenti e foto originali sulla storia della birra, foto della famiglia che gli diede i natali.
Forsterbräu Meran è sicuramente il locale più frequentato della zona, che offre piatti di altissima qualità, non perdetevi i canederli di speck in brodo, le mezzelune ripiene di spinaci e ricotta, servite conformaggio di malga, burro fuso ed erba cipollina, o i classici würstel alla bavarese con brezen e senape dolce.
Si trova nel centro della città, un quartiere elegante vicino al teatro, dove fare sosta prima di aver rimpinguato la vostra dispensa di prodotti locali da portare a casa o come goloso regalo per i vostri amici.

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Fundador Sherry Cask Doble e Triple Madera, il re dei brandy presenta le new entry


Fundador Sherry Cask Doble e Triple Madera, il re dei brandy presenta le new entry

Questo è il distillato di vino che più di tutti scatena appassionati, ossessionati e sostenitori incalliti.

La sua storia è misteriosa perchè nato intorno al 1300 dalle mani di alchimisti islamici alla ricerca di pozioni che guarissero le crisi respiratorie (e ci sono riusciti in qualche modo). Ha attraversato periodi bui per poi rinascere come una vera star, ha quindi il fascino del bello e dannato, la sua importanza non è l’annata, ma la provenienza, come un cavallo di razza su cui puntare; avete intuito di cosa parliamo? Del brandy, un distillato pregiato, forse, per veri intenditori.
E come tutti i cavalli di razza, ha un papà di razza, il padre di tutti i brand spagnoli è certamente Fundador, che forse molti di voi ricorderanno nel divertentissimo spot che vede un giapponese posato assaporare Fundador e, preso dall’euforia, iniziare a parlare di fiesta e flamenco, in spagnolo!

Fundador è il brandy di Jerez più esportato al mondo, furono proprio gli spagnoli i primi europei a produrre il distillato e conservano, ad oggi, il primato dei produttori migliori al mondo. Pedro Domecq Loustau nel lontano 1874, crea il primo Spanish Brandy di Jerez, in Andalusia. Come allora, l’invecchiamento avviene sempre nelle cantine di Jerez de La Frontera, le più estese di Spagna, seguendo la Denominacion de Origen Brandy de Jerez.

Fundador Sherry Cask, il grande classico del marchio, è un distillato di vino prodotto a partire da uve nazionali, anche se per il Brandy de Jerez si possono usare esclusivamente le varietà Palomino e Airén. Fundador Sherry Cask viene distillato in alambicchi a colonna e nei tradizionali Alquitar, per poi essere spedito a Jerez a invecchiare. Qui guadagna la denominazione di Brandy de Jerez Solera, maturando almeno sei mesi in botti di rovere americano che hanno contenuto vino Sherry. Infine viene imbottigliato a 36 gradi.

Fundador Sherry Cask si rinnova

Fundador Sherry Cask Solera è una versione rinnovata dello storico Fundador Solera, per avvicinare chi ancora non conosce la storia e le malie di questo potente distillato che avvolge.
La storia del cinema ci racconta che Fred Astaire in “L’ultima spiaggia” lo preferisse al gin; è anche la scelta dei teneri fratelli Sister del regista francese Jacques Audiard, ma vi assicuro che in queste new versions, anche le donne potranno degustarlo da solo o in miscelazione.

In Fundador Sherry Cask Solera la scelta delle botti dentro cui andrà a invecchiare il distillato è stata allargata e comprende ben 3 varietà di Sherry: Fino, Amontillado e Oloroso, che ci regaleranno un profilo più morbido, facile e beverino, pur se impreziosito da numerose sfumature organolettiche. Ricordiamo che il passaggio in botte è fondamentale perché il legno rilascia sapori, profumi e colore che ritroveremo poi in degustazione, infatti dopo la distillazione il brandy è trasparente.



Le novità

E a proposito di botti, il Fundador Doble Madera Sherry Cask viene invecchiato in botti di rovere americano da 500 litri ex-Sherry di Amontillado e Oloroso, utilizzando il tradizionale sistema dei Criaderas y Soleras.
Avremo un brandy ricco di aromi speziati ed esteri vinosi, che si alternano a sentori di frutta, miele, vaniglia e caramello. Al palato è estremamente equilibrato e corposo, con note vinose, di vaniglia, frutta candita e caramello. Il finale è lungo e persistente, molto elegante.
Va sorseggiato, concedetevi del tempo, fra voi e lui, si farà sentire lentamente, e ricordate che c’è voluto del tempo e lunghi viaggi prima che arrivasse a voi, per cui non abbiate fretta.

Fundador Triple Madera Sherry Cask è un brandy ottenuto a partire da vini accuratamente selezionati (fondamenta del brandy è la materia prima, cioè i vini scelti, di qualità, senza solfiti e senza conservanti, privo di difetti) e invecchiato utilizzando il tradizionale sistema dei Criaderas y Soleras in botti ex-Sherry di rovere americano da 500 litri che hanno contenuto Fino, Oloroso e Pedro Ximénez. Al naso è complesso, ricco di sentori di rovere e vino, che si intersecano armoniosamente con profumi di frutta, miele, vaniglia e caramello. La bocca è straordinariamente equilibrata, corposa e rotonda, con note vanigliate, di frutta candita e caramello. Il finale è lungo e persistente.

Portatelo nel salotto, davanti al camino, dopo una cena con amici, lasciate che apprezzino prima il colore che intravedono già dalla bottiglia, poi quello che i francesi chiamano premier nez, i profumi volatili, quelli che ti illudono di restare ma poi ti lasciano col cuore innamorato, poi offritegli un sigaro (è perfetto in degustazione con il brandy) e lasciatevi andare ad una fumata lenta, al chiacchiericcio composto e rilassato, tra una boccata e l’altra. Bere brandy diventerà un rito, un bellissimo vizio da ripetere.


 


Tommaso Ragno

Actor Tommaso Ragno
Interview by Miriam De Nicolò
Photography Martina Mammola
Styling Allegra Palloni

Più andiamo avanti nella conversazione, più si comprende che la vita, per Tommaso Ragno, sia uno studio continuo sul mestiere dell’attore, e che queste ricerche siano diventate di natura così ossessiva, da averle incarnate con la sua carne stessa. Cita Sacha Guitry senza saperlo, quando dice che l’attore è pagato per provare sentimenti che non prova: l’intensità arriva già dalla voce. chiudendo gli occhi diviene più profonda e poi attenta, cauta, sibilante, triste quando parla dell’amore, decisa quando si riflette allo specchio.

La differenza tra la realtà del teatro e la realtà del cinema. 
James Stewart, un grande attore statunitense, diceva: “Nei film si tratta di creare momenti. Nessuno sa come questo accada. Ma il compito è di prepararsi al meglio affinché questi momenti accadano, perché nei film non è la performance a contare come la si intende in teatro. Non è esattamente così. Nei film si va per momenti.
La cosa grande del cinema è il potenziale che i film hanno di comunicare le cose visivamente: il cinema ti viene più vicino di qualunque altra cosa, la gente ti guarda negli occhi.”
Nel teatro invece, proprio perché la scena, lo schermo è un continuo campo totale si fa un lavoro che comporta l’uso di tutto il corpo, l’elemento tecnico (cavi, telecamere, ciak, etc.) che nel cinema e nella tv è primario in teatro diventa secondario, in teatro è l’elemento umano a esser centrale, è un flusso ininterrotto, in cui sei connesso direttamente al pubblico, che dovresti percepire come tuoi partners, come fossero attori a loro volta che partecipano a creare lo spettacolo.

Come si entra dentro il personaggio da interpretare? 
Direi in parte alla stregua di un atleta, laddove ciò che muove tutto è il muscolo dell’immaginazione, facendo spazio in sè stessi per lasciare che si manifesti questo fantasma, chiamato per convenzione “personaggio”. Si va a cercare qualcosa che speri venga a sua volta a cercare te. Una sorta di reazione chimica. Di chimica alchemica, alla maniera degli antichi alchimisti.

Hai dichiarato in una intervista “Ciò che mi differenzia è l’immaginazione” E’ questa la miglior qualità di un attore?
La qualità più importante sta nel modo di rielaborare le cose che hai imparato. Porto un esempio:  tu mi consigli vivamente un libro che hai letto e amato, e che a me invece non piace. Non è il libro a essere buono o cattivo, un libro è buono o meno a seconda di quanto lo è il suo lettore, e questa è in qualche modo una benedizione per i pessimi scrittori e una maledizione per quelli buoni. Mettiamo tu abbia letto “La ricerca del tempo perduto”…

Stai parlando del mio libro preferito, Proust è l’amore della mia vita. 
Nella vita ci si “incontra” per somiglianze, ecco La Recherche è un libro che ha significato moltissimo per me, l’ho letto la prima volta durante una tournée teatrale in Francia molti anni fa, e mi è sembrata, attraverso l’immenso sforzo linguistico dell’autore una sorta di Divina Commedia contemporanea. 
E mi torna in mente la descrizione del protagonista che va a teatro a vedere la leggendaria attrice Berma, con aspettative altissime, e ne rimane deluso. Tornerà anni dopo a vederla recitare, e prenderà parte allo spettacolo con una consapevolezza che somiglia a un risveglio, a un satori, semplicemente guardandola senza alcuna aspettativa. Un capitolo incredibile che spiega cos’è la recitazione. È un libro sapienziale, che continua a esser fondamentale nella mia vita di ogni giorno.

La Recherche è vita.
Vero. Un dispositivo perfetto per accendere luci in una centrale elettrica.

Hai mai interpretato un ruolo così impegnativo?
In Nostalgia di Mario Martone.

Una parte che ti è valsa il premio Nastro d’argento per l’interpretazione di Malomm.
Un uomo di malaffare appunto, che incontra il protagonista, Pierfrancesco Favino, in una scena di 9 minuti ricchi di difficoltà perché dovevamo portare sul set le sfumature di due vecchi amici che si incontrano dopo 40 anni, segreti nascosti, colori legati al passare del tempo e ai sentimenti contrastanti tra i due, per di più in dialetto napoletano. 
Sono felice di averlo fatto con un grande regista come Martone e con un attore di così grande generosità oltre che di immenso talento.

Riconosci di essere un grande attore? 
Non so esattamente cosa questo voglia dire, e non lo dico per modestia, perché la modestia è sempre falsa. Credo al fare con sincerità quello che mi viene proposto, credo nel lavoro, il lavoro su se stessi soprattutto e credo che si possa fare quasi tutto a patto di impegnarsi e di volerlo. Poi io come tutti dovevo pagare le bollette e potevo farlo con il mestiere che mi ero scelto. Ma anche se si è pagati per sentire sentimenti che non provi, si è anche  il tramite fra un mondo di fantasmi e un mondo di vivi. 
Alla mia età, è davvero molto più appagante fare il mestiere che faccio, rispetto alla gioventù. 

Quindi per te lo scorrere del tempo è un regalo?
Il fiore vero di un attore è quando lui invecchia“, è una frase del libro “Il segreto del Teatro No” di Zeami.
La gioventù ci abbraccia con i suoi fiori freschi, la bellezza, le cellule che si irradiano, ma nessun fiore, per quanto bello, è eterno, la bellezza vera del fiore sta nel fatto che cade e poi rifiorisce, e quando quella luce comincia a cambiare, quando si va verso l’apogeo della vita, emergono altri fiori, i fiori autentici. Ed è in questo continuo cambiamento che sta il mistero, e ogni età, per chi fa questo mestiere, nasconde un fiore diverso.

Ma Luce non è solo bellezza e gioventù
Vero, ma questo non lo sai quando sei giovane, non lo puoi sapere perché l’abbaglio delle cose è fortissimo ed è comprensibile che sia così. Solo oggi, i 55 anni mi hanno regalato la consapevolezza che ciò che mi accade ora, assume decisamente più sapore rispetto a solo 10 anni fa.  

Come si spiega l’amore? 
Non si spiega, secondo me, in fondo accettiamo che esistano anche cose inspiegabili. 
Forse, ma non ne sono del tutto sicuro, saprei spiegare cos’è un comportamento d’amore, più che un sentimento. Il sentimento d’amore mi pare sia un’entità intermittente, il comportamento d’amore un atto volontario.

Chi o cosa ami? 
Amo me stesso. Voglio dire che
ho cominciato a cercare di amare me stesso come fossi un’altra persona, ad amare di me ciò che nessun altro è obbligato ad amare. 

Quali aspetti di te? 
Gli aspetti oscuri, quelli meno condivisibili, irriducibili.
Ciò che è condivisibile porta con sé qualcosa di superficiale, anche se non privo di valore. 
Iosif Brodskij in “Dolore e ragione” dice questa cosa: “Se l’arte insegna qualcosa in primo luogo all’artista stesso, è proprio la dimensione privata della condizione umana, essendo la forma più antica, anche la più letterale, di iniziativa privata. L’arte stimola nell’uomo, volente o nolente, il senso della sua unicità, dell’individualità, della separatezza, trasformandolo da animale sociale in un Io autonomo.”
Sono molte, moltissime le cose che si possono condividere, un letto, un pezzo di pane, ma non, per esempio, una poesia di Rainer Maria Rilke, non un’opera d’arte o letteraria, che toccano la parte più profonda di noi stessi. Ed è giusto anche che sia così. 

Hai mai disprezzato qualcuno al punto di odiarlo?
Certo. Me stesso.

Carlo Cecchi, regista teatrale italiano con cui hai lavorato dice che qualche anno fa avevi paura di sedurre e oggi invece questo timore è passato. 
Il palcoscenico regala una profonda carica seduttiva, che non ha nulla a che fare con l’esibizionismo.
Ma si tratta di una seduzione che è somma del contesto, di una certa regia, di un’opera, di un personaggio. Di qualcosa che non sei tu. Ma qualcosa d’altro.

Quale dote vorresti avere di natura?
La capacità di amare. Ci si immagina coraggiosi finché non avvengono cose che mostrano magari quanto, in realtà, la viltà, la pigrizia abbiano la meglio sull’idea che si ha di sè. E allora può succedere si diventi coraggiosi per reazione, per dimostrare che non si è codardi. E magari si continua a essere codardi pur avendo mostrato di fatto un coraggio da leoni. Lo stesso, credo, per l’amore. Da giovani si tende ad amare se stessi, uno tende ad amare l’amore di se stesso e il suo amore dell’amore, dell’idea di amore. Ma quella capacità di amare cui ti parlo è qualcosa di attivo, credo, e trova la sua realtà solo nella relazione con l’altro. Che ti mostra la tua piccolezza, o la tua grandezza, a seconda.

Da chi credi d’essere amato? 
La cinepresa, ti amerà sempre, qualunque cosa tu faccia”, Michael Caine.

Domanda di rito, quanto sei Snob?
Conosci un lettore appassionato di Proust che non sia anche snob?





Valentino Vintage, il ristorante della Belle Époque, nel centro di Milano

Al personaggio più romantico e ambiguo che conosciamo, è intitolato il ristorante Valentino Vintage sito in Corso Monforte a Milano.

Di Rodolfo Valentino qui troverete tutto, le foto in bianco e nero con quelle che furono le sue mogli (chissà quante altre amanti ha avuto in segreto), le immagini di backstage con trucco e parrucco appena fatto (qualcuno spiffera che la liason fosse con il make up artist di allora), quelle con lo sguardo magnetico a cui nessuno sapeva resistere.
E alle pareti, i più bei manifesti della Belle Époque, quel periodo dove i ristoranti erano immensi saloni a festa, l’eleganza era educazione, e c’era ancora il buon senso della leggerezza.

Da Valentino Vintage, varcando la porta, si cambia epoca; le grandi colonne in stile dorico sotto le grandi arcate, creano uno spazio arioso e maestoso, le poltrone in velluto rosso, le cornici dorate e il pianoforte a coda, regalano un’atmosfera da grande soirée (il grammofono suona ancora le canzoni dell’epoca, ed è subito magia).

Qui m’immagino deliziose cene alla Babette, e non verrete delusi perchè a stuzzicarvi il palato c’è lo chef Emanuel Menna, classe ’98 di origini campane (che è di per sé una garanzia) a Milano da cinque anni. Porta al Valentino Vintage un omaggio all’Italia e alla cucina toscana; da non perdere la tartare di Chianina con funghi pioppini, fonduta di pecorino toscano e tartufo nero, le tagliatelle fatte in casa al caffè Nannini con ragù bianco di cinghiale e cacao, e il tiramisù servito direttamente nella moka classica, rimando alla sua terra d’origine.
Per i nostalgici, la “Costoletta alla milanese con maionese allo zafferanno e bietole saltate”, un regalo alla città meneghina; e per gli amanti di Bacco, una bella selezione in cantina, consigliata dal maître Raffaello Rizzi, Antinori e Piccini, pregiati champagne francesi, vecchie annate e vini che non potrete bere altrove, come il Brunello di Montalcino 2015 di Caffè Scudieri Firenze, bottiglie della proprietà che vi consiglio di assaggiare.

Una location di rara bellezza ed eleganza, un’atmosfera magica e una cucina che vi farà sentire a casa, così come il servizio; Valentino Vintage è il nuovo place to be di Milano, da scegliere quando avrete voglia di fare un tuffo nel passato, indossare l’abito da cocktail e immaginare di vivere in un film…con Rodolfo ça va sans dire!

Nizza Monferrato, i luoghi del cuore

Castelli, dimore storiche, il canto serale delle locuste, i filari a perdita d’occhio dei vigneti, il clima perfetto per il comune denominatore del Nizza Monferrato, Patrimonio dell’Umanità UNESCO per i suoi beni paesaggistici e per la produzione di vino Barbera, il Nizza DOCG, che l’Associazione Produttori del Nizza da oltre 20 anni promuove con orgoglio attraverso attività legate allo sviluppo del paesaggio e delle comunità.
Sono ottantaquattro oggi i soci che insieme al Presidente Stefano Chiarlo e ai vicepresidenti Gianni Bertolino e Daniele Chiappone, portano alto il nome di un prodotto che come diceva il poeta Libero Bovio – unisce gli uomini – il vino.
Terra di radici antichissime e di prodotti enogastronomici di incredibile ricchezza, qui proponiamo del Nizza Monferrato i luoghi del cuore, quelli assolutamente da visitare, con un calice di Barbera alla mano.


LHV Residenza San Vito, Calamandrana

Il sogno di una ragazza norvegese che diventa realtà, come in un film. Legge un annuncio sul giornale “Vendita struttura alberghiera a Calamandrana, Piemonte”, e subito vola in Italia per poi trasformarlo nel gioiellino che è oggi, uno suites hotel con piscina e vista vigneti, i suoi, quelli della produzione LHV Avezza.
Ma non bastava per Lisette Lyhus, giovane proprietaria ambiziosa dell’hotel, no, Lisette trova anche l’amore, Davide Tinazzo, oggi Executive Chef della Residenza San Vito. Una cucina che non ti aspetti in un luogo dove vige l’ordine della tradizione; Davide stupisce con i suoi mix and match culinari, come il ramen piemontese, dei tagliolini ai 40 tuorli con un brodo di manzo, uova di quaglia, funghi, asparago, un viaggio tra il Giappone e il Bel Paese; o la lingua di vitello e crudo di scampo in salsa verde, sapori contrastanti, il gusto deciso della carne e la delicata dolcezza del pesce, in un piatto perfettamente equilibrato che ti va venir voglia di dire “Ancora!”.
Le camere hanno tutte accesso diretto al giardino e alla piscina, che gode di ottima privacy, e sono arredate con antichi bauli e rustici armadi in stile Art Nouveau.
A salutarvi il mattino, augurandovi il buongiorno, fuori dalla finestra una bellissima magnolia in fiore.

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Palazzo del Gusto, Nizza Monferrato

Qui ho scoperto il cardo gobbo, vegetale che cresce principalmente nelle aree del Nizza Monferrato e dintorni, e che è diventato un ossessione. In estate si trova solo in barattoli sott’olio, perchè la sua stagione è quella invernale, quando viene posto manualmente sotto terra per superare gli inverni rigidi, assumendo così la posizione “gobba” che gli deve il nome, ma diventando per questo più morbido e più piacevole. Si mangia solo crudo, perfetto in insalata.
Lo trovate confezionato da Vittorio e Loredana, macelleria storica nel centro di Nizza Monferrato, dove poter degustare anche le tartare e le salsicce secche fatte di carne bovina di razza piemontese.

Palazzo del Gusto è un inno alle prelibatezze enogastronomiche del territorio, per appassionati e curiosi, qui scoprirete la provenienza della robiola di Roccaverano, della mostarda e della nocciola, degli amaretti di Mombaruzzo e del tartufo d’Alba, del gran bollito e del bunet, degli agnolotti e della bagna cauda.

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La Signora in Rosso, Nizza Monferrato

Locale storico nel cuore di Nizza Monferrato, alcune sale sembrano scavate nella roccia, sono invece ricavate dalle grandi volte a mattoni, illuminate solo dal lume di una candela. Romanticissime in inverno.
All’entrata vi accoglierà una parete vetrata dove sfilano migliaia di bottiglie di vino, è la cantina del ristorante; in alcuni angoli, installazioni artistiche con richiami al teatro e alla letteratura, come le centinaia di fogli sparsi, pagine e pagine dei grandi classici.
Il menu vi farà venire l’acquolina in bocca, non andate via senza aver assaggiato la specialità locale, i ravioli al pin fatti a mano, serviti in una ciotola dentro cui verrà versata della Barbera. Il sugo del vino si scalderà e darà sapore al piatto.

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Nidi di Vinchio Vaglio, Vinchio

La cantina omonima ha deciso di acquistare parte del bosco confinante la proprietà, per allestire queste bellissime casette fatte di salice intrecciato a mano, un riparo dal sole nelle giornate più calde dove poter fare un pic-nic sulle panchine sottostanti, un modo di abbellire lo splendido paesaggio, tra una camminata e l’altra su un percorso tracciato con tanti rimandi a storie ed aneddoti, come quello dei Tre Vescovi.

I Tre Vescovi, località dove confinano i vescovadi di Asti, Acqui e Alessandria, è il punto panoramico ad alta vocazione viticola; la leggenda narra che la posizione del luogo fosse meta di incontri segreti dove si riunivano i tre Vescovi per accordarsi sulle decisioni più delicate; trovavano sempre un accordo grazie alla loro saggezza, ma soprattutto grazie al vino locale che veniva loro offerto, Barbera ovviamente. Questo regala alla Barbera un grande potere conciliatore, è riuscita infatti nell’impresa di superare la storica rivalità tra gli abitanti di Vinchio e di Vaglio che oggi cooperano per la tutela di questo patrimonio.

Il vino i Tre Vescovi è una Barbera d’ Asti Superiore D.O.C.G., frutto di un’ accurata selezione delle uve, affinato in botte di rovere da 75 hl e barrique per circa 12 mesi.

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Cantine Coppo 1892, Canelli

Visitare delle cantine può essere un’esperienza unica se riuscirete a trovare quelle giuste. Tendenzialmente devono essere storiche, avere percorsi immensi sotterranei, una storia lunga secoli, e darvi l’impressione che sotto quelle mura aleggino misteri irrisolti. Le cantine Coppo rispecchiano tutte queste caratteristiche, insignita dall’Unesco quale Patrimonio Mondiale dell’Umanità, posseggono delle vere e proprie cattedrali sotterranee, tempio del vino, scrigno del lavoro dell’uomo. All’interno conservano le ricette di Clelia Pennone Coppo, come il roastbeef alla codarci, o il soufflé di formaggio, oltre alle ricette della Barbera, di spumanti Metodo Classico, di Chardonnay e di Moscato d’Asti, fregiato della dicitura «Canelli», sottozona di recente creazione che sottolinea l’eccellenza dei Moscati prodotti in quest’area.

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Erede di Chiappone Armando

Daniele Chiappone è il produttore di questa cantina e Vice-Presidente dell’Associazione Produttori del Nizza.
Insieme al padre, da sempre famiglia di produttori e agricoltori, porta avanti quello che non è solo territorio o prodotto commerciale, ma passione e spirito di gruppo. Perchè il Nizza DOCG, riconoscimento che tutti i vini dell’associazione hanno, vola verso obiettivi più grandi di quelli raggiunti finora in pochissimo tempo, iniziando dallo sradicare il (pre)concetto (sbagliato) che la Barbera (femminile mi raccomando) fosse un vino “da tavola”.
Oggi questi vini varcano i mercati mondiali, le richieste aumentano e raggiungono una crescita esponenziale, da 704.00 bottiglie vendute nel 2021, il 2022 chiude con 810.000; alcuni produttori lavorano con 40 mercati differenti e sempre più l’Associazione si impegna nella promozione e tutela di questa ricchezza naturale. Tra i numerosi eventi calendarizzati, “Nata il 1° luglio” è certamente la ricorrenza più amata da produttori e addetti al settore: un’elegante cena di gala che quest’anno si è tenuta a Borgo Roccanivo, con una cena a cura dello chef stellato Massimo Camia, che ha deliziato gli ospiti con dei ravioli di faraona alla nocciola Tonda Gentile, altra forza del Piemonte.

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Art Park La Court, Castelnuovo Calcea

Volete fare un picnic tra i vigneti? Qui c’è l’experience tra le vigne più bella, in un museo a cielo aperto, tra i 20 ettari di filari potrete scegliere il panorama che più vi piace e degustare i vini della cantina Michele Chiarlo, mangiando prodotti tipici del territorio.
20 anni orsono, furono installate le prime sculture artistiche, per invogliare i wine lovers a visitare i vigneti; le etichette si sono trasformate in opere artistiche e di marketing, ed Emanuele Luzzati ha inaugurato questa land art con una bellissima e maestosa Madre Natura in vetroresina. A quale altra figura omaggiare questa terra altrimenti?
Ma saranno le “Teste segnapalo” ad indicarvi la strada verso l’osservatorio più bello di questa zona Patrimonio Unesco, delle maschere sulla cui testa poggiano cappelli di varia natura, creati con attrezzi ritrovati, come vasi, bilance, pentole, secchielli, zappe. Rolanco Carbone, Balthasar Brennenstuhi e Dedo Fossati gli autori che hanno riportato un’antica usanza capace di proteggere la vigna dalle malattie.

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Il centro, Nizza Monferrato

E infine non può mancare un giro in centro – con i suoi abitanti, i nicesi, che più che piemontesi sembrano venire dal vecchio sud, veraci, spontanei, genuini, sempre allegri e sempre con il bicchiere mezzo pieno.
Qui puoi trovare il barbiere che colleziona biciclette, ne possiede centinaia ma cercherà di vendertene qualcuna. Allo stesso tavolo due bikers, li riconosci dal bracciale in pelle nera, la bandana, i Rayban, la barba lunga e i jeans stracciati, uno è idraulico, l’altro un timidone, come tutti gli omoni che si danno un tono più virile, più rude.
Non puoi alzarti dal tavolo se non hai bevuto qualcosa con loro, confessato i tuoi più oscuri segreti e accettato un altro giro di Barbera…che fa parlare ve l’assicuro.



Aethos Monterosa, il cinque stelle tra le montagne

Un panorama che si presterebbe a studi pittoreschi quello che accoglie Aethos Monterosa, il cinque stelle situato nel cuore della Valle d’Ayas, vicino Champoluc. Un anfiteatro di alberi verde muschio e di prati verde cobalto, che abbracciano tutt’intorno la struttura architettonica, meta dei members Aethos Club e degli appassionati di free climbing, perchè sia indoor che outdoor, qui è possibile scalare le pareti rocciose o le pareti attrezzate dell’albergo, dove una guida esperta saprà accompagnarvi in questa disciplina che molto ha a che fare con l’adrenalina e l’amore per la natura.

Passeggiando lungo i sentieri tracciati, potrete imbattervi in graziose statue di legno che rappresentano le figure leggendarie dei boschi, gufi, fate, gnomi, e respirare l’aria pura di montagna, nel silenzio delle vallate, accompagnati solo dal fruscio dei ruscelli.
Alloggiare da Aethos Monterosa, vi farà dimenticare del tempo che scorre, che diverrà sempre più lento, soprattutto se godrete dei preziosi servizi spa, tra saune, bagno turco, vasche idromassaggio interne (meravigliose in inverno quando fuori nevica), e le vasche esterne riscaldate vista boschi, un quadro vivente.

L’hotel risponde perfettamente ai canoni di accoglienza, che sono il vero spirito del gruppo Aethos; l’arredo è elegante e minimale, con maxi camini centrali di design, pareti in legno come i coffee table, e poltrone in tricot. Molti gli accessori che omaggiano la montagna, come le lampade cervo e le pareti con i moschettoni.
Ogni camera si sviluppa su due livelli, con arredi moderni e materiali di differenti tipologie, tra legno, metallo e pietra, riprendendo i colori e il panorama circostante.
L’hotel ha in totale 30 suites, un servizio eccellente e personale competente. Per chi approccia all’arrampicata per la prima volta, Lorenzo sarà il vostro sport manager, un esperto del free climbing, ma soprattutto un appassionato che saprà coinvolgervi in una delle numerose attività della struttura; rafting, trekking, sci, escursioni, passeggiate a cavallo, ice climbing (all’esterno dell’albergo si trova l’unica parete per ice climbing presente in un hotel in Europa), qui è impossibile annoiarsi, tanto che non vorrete più andar via.

Anche la cucina vi stupirà, due sono le proposte gastronomiche all’interno di Aethos Monterosa; da “Summit”, aperto da colazione a cena, è possibile scoprire piatti della tradizione locale, ma anche piatti vegan e sani, perfetti per una pausa all’insegna del gusto tra un’attività e l’altra; da “1568”, invece, tutte le sere gli ospiti, avvolti dall’atmosfera autentica dei ristoranti di montagna, possono gustare i piatti più amati della cucina alpina rivisitati in chiave moderna.

È in luoghi come questo che ci si chiede come sarebbe vivere questa vita tutti i giorni, una vita ubertosa, di energie, di idee, di pace. Una vita lenta, tra una scalata e un pic-nic; poi purtroppo, si torna in città.



AETHOS MONTEROSA
Strada Regionale 45, 16 – 11020 Champoluc (AO)
Telefono: +390125938300
IG: @aethosmonterosa
www.aethos.com/monterosa/

Mirò Osteria del Cinema, l’unione tra la settima arte e quella culinaria

Esiste un giardino segreto che si apre con infinite meraviglie, come l’albero del Bianconiglio. Si chiama Miro – Osteria del Cinema, ed è il nuovo place to be di Milano, all’interno dello storico Anteo Palazzo del Cinema.

Una chicca l’esterno con le sue alte mura ricoperte di edera e coloratissime ortensie (il giardino che ogni milanese sogna), e pareti allestite di porte vintage, recuperi di antichi palazzi, a tutte le altezza, come in un gioco di Super Mario Bros. Il fascino del vintage cattura davvero tutti, e in questo luogo ogni oggetto parla del suo passato, come le videocassette impilate che vi accoglieranno all’entrata (film in visione su un piccolo schermo nella parte interna del ristorante), o le foto nel corridoio d’apertura, tratte da scene di capolavori del cinema, come “I fratelli De Filippo” di Sergio Rubini, firmate da Eduardo Castaldo.

Anche il menu vi stupirà e vi parlerà di cinema; ah, questo è il paradiso degli appassionati della settima arte, che si esalteranno quando aprendolo (è dentro la custodia di un dvd, ça va sans dire), leggeranno la frase iconica di un film! Ed ecco sciorinare tutte le battute a menadito.

HASTA LA VISTA, BABY!

E a proposito di giardini e follie, Alice in Wonderland è il giardino di verdure che lo chef di Miro – Osteria del Cinema, Enrico Maridati, propone per iniziare: alla base un crumble di latte magro in polvere che riporta alla memoria ricordi dell’infanzia, sopra una selezione di verdure di stagione cucinate secondo tecniche differenti.

Con “Eurotrip” facciamo un viaggio ad Amsterdam tornando al Bel Paese, trattasi di plin, con la preparazione tutta italiana, ma che rievoca i sapori del panino con l’aringa affumicata che lo chef mangiava al mercato ad Amsterdam durante il suo giorno di riposo.

Un bel “Ciak”, che si rompe sotto la pressione del vostro cucchiaio, è la coccola di fine pasto, una sfoglia di cioccolato con popcorn alla nocciola e lampone; omaggio al libro “L’Abbuffone” di Tognazzi è invece la “Bavarese di tetta”, una bavarese alla fragola con gel di rabarbaro e croccantino al cioccolato bianco.

Un progetto davvero originale che invoglia tutti, non solo appassionati di cinema, che qui si divertiranno moltissimo, un sogno che Andrea Vignali, co-founder e giovane imprenditore under 30 di origini milanesi, Michele Siepi, imprenditore esperto nel settore e lo Chef Enrico Maridati, hanno realizzato con l’obiettivo di ridare voce e luce alla bellissima arte del cinema, accompagnando con eccellenza la grande arte della cucina, che noi italiani da sempre sosteniamo.

MIRO – Osteria del Cinema si trova in Via Milazzo, 9

GRAND HOTEL VICTORIA MENAGGIO, IL LUSSO A 5 STELLE

GRAND HOTEL VICTORIA MENAGGIO CONCEPT & SPA


Siamo sul lago di Como, cornice di dipinti e sfondo di storie romanzate, qui, al Grand Hotel Victoria Concept & Spa, le preoccupazioni sembrano svanire ed il tempo si accompagna alle bellezze del palazzo.
Cinque stelle lusso del Gruppo R Collection Hotels, il Grand Hotel Victoria è un complesso che unisce storia ed eleganza moderna; il palazzo storico si sposa perfettamente con la recente costruzione e si completa di ristoranti, dehor, piscina esterna, lounge bar e di una sorprendente area wellness di 1200 metri quadri.

“Staccare la spina” è un’esigenza tutt’altro che scontata, sempre più il turismo oggi diviene selettivo ed esigente, alla ricerca di spazi ampi dove godere della natura circostante o di zone relax e spa dove potersi rilassare con un massaggio, una sauna, un percorso benessere adatto alle proprie esigenze.

Qui parlano l’eccellenza della struttura e l’accoglienza tutta italiana, che fanno sempre la differenza; esattamente di fronte al lago di Como, la Villa accoglie gli ospiti in un ambiente luminoso, elegante, dove si trova il ristorante Lago, un all day-dining restaurant dove a parlare sono i piatti. Anche qui attenzione al benessere, portate con verdure di stagione, pesce di lago, una cucina italiana contemporanea, una ricca selezione di vini ed una vista incantevole sul lago e sul giardino, da godere in esterna nella bella stagione.
Elegantissima la zona lounge con tavoli in marmo, antichi chandelier, stucchi sul soffitto, e colonne in stile regency che incorniciano il panorama esterno.
La villa dispone anche di un pontile privato con servizio di Erre Water Limousine.

Se nella zona esterna godrete di una sinuosa melopea, altrettanta musica vi attende nella bellissima area wellness, con percorsi individuali tra i numerosi trattamenti proposti, e le varie zone relax con letti a baldacchino fronte piscina, vasche idromassaggio, sauna, bagno turco, aromaterapia, cromoterapia, sala del fuoco. Una condizione interiore vi farà rimanere sospesi tra il ritiro e il mondo esterno, ma una volta giunti qui, non vorrete più andarvene.
E lo spirito di accoglienza lo sottolinea il fatto che ogni servizio dell’hotel è a disposizione non solo degli ospiti che pernottano, ma di tutta la clientela esterna, per un aperitivo fronte lago o una cena gourmet.

34 le camere del Grand Hotel Victoria, incluse le prestigiose suites, che si trovano nella Villa, mentre il Palazzo ospita 47 camere, tra suites moderne di grande versatilità e comfort.
Soggiornare qui è come rivivere da protagonisti in un romanzo lacustre; la sera il ristorante si anima con il pianobar, all’interno della struttura il Tunnel dei Promessi Sposi (illustrato da episodi del romanzo manzoniano realizzati a mano da un’artista) permette di accedere direttamente all’area SPA dalle camere della Villa Storica; la stanza relax del caminetto vi farà godere del tepore invernale a qualsiasi stagione, con il solo suono del legno che brucia.


Tutte le info della struttura, qui

Terrammare, il ristorante di mare nel centro di Milano, una conduzione tutta femminile

Una nuova conduzione tutta al femminile per il ristorante Terrammare: Stefania Lattuca prende le redini del ristorante siciliano e in cucina arriva la chef Giada Botarelli 


Se cercate il mare a Milano, c’è un ristorante che vi permetterà di tuffarvi nel mare della Sicilia.
Una conduzione tutta al femminile, una cucina moderna di tradizione, una location di design nel cuore della città meneghina. Terrammare è la nuova fotografia di una terra che esalta mediterraneità ed eccellenze del nostro territorio, capitanato da Stefania Lattuca e aperto nel 2020.

Siciliani sono anche i pavimenti da Terrammare, ricoperti da cementine di recupero prese da antiche residenze dell’isola, un gioco di colori e geometrie alternato ad un microcemento che imita l’effetto tattile del velluto. 
Carte da parati color del mare che si fondono con le sedie blu cobalto in velluto rigato, e microcemento effetto 3d anticato nei bagni; la mise en place ci accompagna in acqua con bellissimi piatti in vetro artigianali dell’artista modicano Alessandro De Rosa di Thalass, materici come i paralumi in vetro che riflettono sui piatti e sulla tavola, come onde del mare.

Dalla cucina consigliamo il Gran Crudo Marenostrum con scampi, gamberi rossi, tartare di tonno e branzino, ostriche abbinato ad un Ribolla gialla Altùris; non potete perdere la caponata, la”Madonna” del menu, e l’arancino o arancina, non abbiate paura a pronunciarlo al femminile o al maschile perchè si utilizzano entrambe le versioni, a seconda della sua zona di origine. La Capasanta Glassata, ristretto di Cicale, scaglie di Tonno, è un inno alla morbidezza dei prodotti del mare; goloso lo Spaghettone, burro, alici, gambero rosso; ma fate un tasting anche sulla carne, come la Pancia di maiale, melanzana marinata e melograno, abbinato ad un Cerasuolo di Vittoria Docg, Planeta. Per chiudere in bellezza consigliamo Consistenze di pistacchio e squacquerone, miele, zafferano.






 







A prendere le redini del ristorante sarà, infatti, definitivamente, Stefania Lattuca, che, dopo un paio d’anni di collaborazione con lo chef Peppe Barone, è pronta ora a guidare il suo locale in autonomia. 

In sala a condurre gli ospiti nel viaggio da Milano alla Sicilia, la stessa Stefaniache si occupa anche della cantina del ristorante. 

D’ora in poi, a Terramare però anche la cucina sarà donna

A guidare la brigata del ristorante sarà la giovanissima chef Giada Botarelli, 23 anni, approdata a Terrammare nel gennaio scorso per affiancare lo chef Peppe Barone in una fase di training e ora desiderosa di imprimere la sua creativitànei piatti e nel menù del ristorante che curerà personalmente. 

Una nuova gestione tutta al femminile e una spinta innovativa quindi per Terramare, dove le parole d’ordine restano accoglienza, relax e tranquillità conditi da ottimi ingredienti che rappresentano la cucina tradizionale siciliana ma con un twist creativo e contemporaneo. 

Il menù 
Nel menù piatti che coniugano la cucina e la tradizione siciliana con quella della città cosmopolita di Milano, pensati in chiave creativa, contemporanea e con una proiezione internazionale, risultato della passione di Stefania Lattuca per i viaggi e per la scoperta del mondo. 

Tra i più iconici, omaggio alla città ospitante e alla regione natale, l’Arancino con Riso Carnaroli Riserva mantecato con burro e parmigiano, ma anche la famosa pasta alle sarde. 

Se i classici nel menù sono intoccabili, come per esempio la tradizionale caponata, non mancano di essere inseriti in carta nuovi piatti che dimostrano la consapevolezza e la voglia di novità sempre con grande attenzione e rispetto verso la stagionalità.

Per questo periodo invernale, tra i piatti scoperta, gli Scampi al sale, Chutney di Mango e Radici dolci oppure la capasanta glassata arricchita da un ristretto di Cicale e scaglie di tonno. 

Tra i nuovi secondi che rappresentano estro e fantasia, il Polpo, insolitamente abbinato con burrata e nduja, ma anche il Pollo Ficatum con mais soffiato crema di patate e pancetta croccante. 

Di fondamentale importanza anche l’attenzione concentrata verso chi sceglie una cucina vegetariana che si esprime in piatti come L’uovo poché con spuma di pecorino e pepe profumato o nella Bistecca di cavolfiore con tartufo nero e nocciole.

Il design del locale
“L’idea è stata quella di ricreare un ambiente dove l’accoglienza fosse sovrana, come nella migliore cultura siciliana, ma che uscisse dal linguaggio canonico della ristorazione, raccontando l’esperienza della Trinacria” raccontano Viviana Pitrolo e Danilo De Maio di Dark2, architetti non a caso sciclitani. “Abbiamo utilizzando delle cementine di recupero da antiche residenze siciliane, simbolo della nostra tradizione da utilizzare in un linguaggio moderno, per realizzare una sorta di tappeto che si abbina a un moderno pavimento di microcemento che imita l’effetto tattile del velluto.  Dall’entrata si incontrano una serie di cerchi perfetti simili a un cannocchiale che indirizzano alla sala principale dall’effetto materico e dai colori scuri, a cui abbiamo aggiunto tavoli di legno di frassino ulivato a interi pezzi singoli, per creare quel rapporto diretto con la natura tipico della cultura siciliana”. 

Boiserie e carta da parati sono sempre un’interpretazione della tradizione con un tocco moderno: i tipici ricami siciliani vengono ricreati con una maglia di microcemento ad effetto 3d, con effetto anticato nei bagni. La tavola è apparecchiata in modo da esaltare l’effetto materico degli elementi in particolare il legno, il ferro, il verde acqua, che riprendono idealmente i colori del mediterraneo e la terra e il mare che danno nome al locale. Un tocco barocco non poteva mancare in singoli elementi come l’enorme candelabro dei saloni antichi ripensato in chiave moderna o i paralumi in vetro diverse una dall’altra, a richiamo dei bicchieri. Appena si entra si approda con lo sguardo alla cucina a vista, nucleo centrale e creativo del ristorante. 

Le maestranze e i materiali usati per Terrammare sono siciliani al 100%:dalle sedie dal design moderno scelte in quattro tonalità in contrasto per creare quella nota fuori riga che dà una nota frizzante e pop all’ambiente, alle ceramiche di Cerruto di Modica che arricchiscono il ristorante; dai piatti fatti a mano da Alessandro De Rosa di Thalass all’artigiano Roberto Savarino per il legno fino al menu realizzato da Pietro Bonomo della tipografia storica Molithus di Modica. 

Consorzio Garda DOC, cultura, vino, passione



Sulle sue rive, cercano ispirazione il malinconico Goethe, il complesso Kafka, e il grande Thomas Mann, scrittori e altri poeti (tra cui Catullo), che si perdono nella natura incontaminata di un paesaggio unico, tra le montagne e gli specchi d’acqua.

Anche D’Annunzio si innamorò di questo territorio ricco di cultura e colore, tanto che dal 1921 al 1938 il poeta vi soggiorna fino a ritirarsi definitivamente al Vittoriale, dimora fatta costruire a Gardone Riviera, sulle sponde del Garda, e che oggi è divenuto la casa-museo più visitata al mondo, con oltre 300 mila visitatori l’anno.
Tutto l’edificio racconta lo stile barocco e pomposo dannunziano, un testamento d’anima e pietra che non ha subìto manomissione, rispettando la richiesta del poeta. Ed è qui che D’Annunzio inizia a scrivere di vino, nelle sue opere, questo liquido che “un poco lo trasforma” e che il medico gli aveva consigliato quale rimedio.

Tra i nove ettari di terreno, il famoso teatro all’aperto, fontane e giardini, arcate che incorniciano il lago, statue di nudi e la casa di quello che fu un grande erotomane e appassionato della vita, è stata presentata la prima carta dei suoli della Denominazione Garda Doc, un primo passo verso una comunicazione moderna, utile e didattica, del mondo del vino.

Siamo veramente felici ed orgogliosi di presentare al pubblico questo straordinario lavoro che vede finalmente la luce” dichiara il Presidente del Consorzio Garda Doc Paolo FioriniQuesto documento rappresenta un punto di arrivo di diversi studi promossi dal Consorzio, condotti negli ultimi anni, a testimonianza del continuo impegno ed investimento di Garda DOC nel campo scientifico. A nome mio e del Consorzio ringraziamo tutti coloro che hanno preso parte con impegno e dedizione a questo importante opera scientifica che sarà sicuramente risorsa preziosa per tutta la comunità”.

Lavorando a questo progetto” spiega il Dottor Giuseppe Benciolini Pedologo specialista in rilevamento ed elaborazione delle carte dei suoli “ho coniato un nuovo termine per esprimere al meglio ciò che costituisce l’aspetto più caratterizzante della denominazione Garda DOC, ovvero la sua sorprendente varietà di suoli: pedodiversità. “

A sostegno di questo territorio estremamente complesso, ricco ed eterogeneo, il Consorzio Garda DOC opera su più fronti, politicamente, tecnicamente e territorialmente tra i comuni di Mantova, Brescia, Verona. Un territorio collinare
e un’area di produzione vitivinicola in cui le speciali condizioni climatiche hanno plasmato nel tempo le qualità delle diverse specie di uva che vi crescono e, tuttora, ne determinano le peculiarità. Riconosciuta per la prima volta nel 1996 con lo scopo di valorizzare i vini varietali prodotti nelle 10 storiche zone di produzione dell’area gardesana, la DOC Garda è una denominazione guidata da un forte spirito di innovazione, in grado, negli anni, di evolversi in base alle esigenze dei consumatori, pur rispettando un prodotto che qui ha origini antichissime. Ottenuto il riconoscimento ministeriale nel 2015 e operante erga omnes dal 2016, oggi il Consorzio Garda Doc rappresenta 250 utilizzatori della denominazione per oltre 30.000 ettari di terreno vitato idoneo alla denominazione, dando voce e promuovendo una fra le più preziose eccellenze enogastronomiche d’Italia. 

Tra le iniziative organizzate da Consorzio Garda DOC, la degustazione sull’elegante motonave Zanardelli, teatro di un piccolo viaggio sulle acque placide del lago alla scoperta delle eccellenze del territorio. Un format per appassionati che racconta i varietali e le bollicine.

“Il Lago di Garda, è il denominatore comune di tutto l’areale gardesano e punto di interconnessione fra le tre province sulle quali si estende la denominazione: Mantova, Brescia e Verona. Non poteva che essere questo il luogo dove organizzare l’evento che rappresentasse a pieno la nostra denominazione e i valori del Consorzio” dichiara Paolo Fiorini, Presidente del Consorzio Garda DocLe serate si svolgeranno a bordo della Motonave Zanardelli, e i protagonisti indiscussi  saranno i vini dei produttori del Consorzio, in mescita a bordo della nave durante durante la navigazione sulle acque del nostro iconico lago.

I nostri consigli:

RICCHI MERIDIANO DOC GARDA CHARDONNAY
Vino dal colore giallo paglierino con riflessi dorati, fruttato, grande intensità olfattiva e persistenza, note calde di frutta esotica matura, ananas, banana e miele. Breve passaggio in appassimento, criomacerazione e qualche mese in tonneau di secondo uso.

BAROLDI DIEGO DOC GARDA CHARDONNAY
Chardonnay 100% di viti 40 anni su terreno morenico, sabbioso-ciottoloso, leggermente calcareo. 
L’affinamento viene fatto su fecce fini per 6 mesi, con periodici batonage. Una piccola azienda individuale (3 ettari vitati) il cui concept è il grande lavoro in vigna. Profumo intenso e fragrante, lieviti, mela, pasticceria, gusto equilibrato.

PERLA DEL GARDA LEONATUS
Garda DOP, vitigno Merlot 100%
Mercati esteri tedeschi, svizzeri, australiani, francesi, giapponesi e in ultimo americani e inglesi.
Affinamento in tonneau e successivamente barrique, bellissimo colore, rosso ramato, leggermente tannico, sentori verdi, di liquirizia e pepe nero.

New Zealand Endeavour arriva seconda alla Regata delle Legends, il raduno delle mitiche barche a vela

Il 27 Giugno 2023 si è tenuta la Ocean Live Park al 50mo anniversario della Ocean Race edizione 2022/23.
Un raduno delle leggende della vela, tra velisti e campioni del mondo, in una regata che ha visto le 7 stars del mare veleggiare lungo la costa di Genova.
Le imbarcazioni si sfideranno in una due giorni di regate: la “50th Anniversary Legends Regatta” martedì 27 giugno e la “Legends Coastal Race Genova – Portofino – Santa Margherita Ligure” venerdì 30 giugno.
Uno spettacolo aperto al pubblico, che ha potuto assistere in diretta alla parata dei team e con la possibilità di salutare e conoscere da vicino, i miti di uno sport che unisce la grande bellezza del mare al lato umano, il connubio uomo/natura di cui Lev Tolstoj ci ha lasciato grande insegnamento e testimonianza attraverso i suoi capolavori letterari.

“Una delle prime condizioni di felicità è che il legame tra l’uomo e la natura non si rompa.”

Tra le Legends, tutte partecipanti al giro del mondo delle precedenti Ocean Race, la mitica New Zealand Endevaour, regina del mare e vincitrice dell’edizione ’93/’94, quando a bordo c’era il velista neozelandese Grant Dalton che ha partecipato a cinque regate. Oggi, grazie ad Ezio Tavasani, architetto navale e attuale armatore della N.Z.E., questo maxi yacht ha ripreso nuova vita, e può finalmente tornare al suo heimat.
Noi eravamo lì con loro, in regata, a supportare questo bellissimo progetto.

Aggiudicandosi il secondo posto, N.Z.E. riconferma la potenza di un mito, che ha gareggiato per questa edizione con a bordo i più grandi campioni olimpionici e del mondo vela.
Sir Robin Knox-Johnston, che ha scritto la storia di questo sport essendo il primo uomo a compiere la circumnavigazione del globo in solitaria non-stop e l’unico a completarla nel ‘68 in 312 giorni; 83 primavere e alle spalle una storia di vincite sportive ed umane; Robin Knox-Johnston donò la somma in denaro della Sunday Times Golden Globe alla famiglia di Donald Crowhurst, suicidatosi durante la gara. R.K.J. è inoltre insignito dalla corona inglese del ruolo di Comandante dell’Ordine dell’Impero Britannico. 

Se per noi comuni mortali, immaginarsi in mezzo all’Oceano senza riuscire a distinguere il mare dall’orizzonte può far paura, per R.K.J. il mare non ha alcun mistero e risponde così quando gli chiedo quali sono i pensieri che lo hanno attraversato in quei lunghissimi 312 giorni in solitaria “Vincere!“.

E ancora a completare l’equipaggio della N.Z.E., Ian Walker, due medaglie d’argento olimpiche; Andreas Hanakamp, due gare olimpiche tra cui Volvo Ocean Race nel 2008/09; Neal McDonald olimpionico e campione del mondo su gommone; Jeff Ventre, tattico della French Kiss e Alex Honey, il primo navigatore di regate yacht intorno e Capo Horn e intorno al mondo in tempi da record. Un team d’eccezione che chissà quante altre volte si ripeterà; una cornice unica, la costa ligure di Levante, un panorama d’autore, alla Massimo Vitali, con i suoi piccoli elementi caratterizzanti il paesaggio marino.

Tra le 7 iconiche barche a vela a gareggiare, la Tauranga, che nel ’73/’ partecipò tra le italiane alla prima regata a vela intorno al mondo con lo skipper Eric Pascoli; lo sloop Gurney 54 B&B Italia, che con lo skipper Corrado di Majo si classificò nono nell’edizione del 1977-78; 1981-82, lo yacht italiano Rollygo, guidato da Giorgio Falck, che vide il membro dell’equipaggio Paolo Martinoni salvarsi dopo essere caduto in mare nell’Oceano Meridionale; il VO70 Kosatka che ha partecipato alla regata del 2008-09 con lo skipper austriaco Andreas Hanakamp, primi a portare un messaggio ecologico nel settore, con la campagna  “We Sail For the Whale” (Navighiamo per le Balene); il VO70 Telefonica Blue, terzo nella regata del 2008-09 con lo skipper Bouwe Bekking, e altre cinque barche delle edizioni passate “Whitbread Round The World Race” e “Volvo Ocean Race”.

Ma è la New Zealand Endeavour a farsi da sempre portavoce di nobili messaggi, attraverso la grande passione e il sogno che Ezio Tavasani è riuscito ad esaudire riportando una leggenda alla luce, lo yacht è sempre in prima linea per eventi di beneficienza e inclusione, con il Fai Sport ad esempio, associazione sportiva a sostegno dei ragazzi disabili con problemi socio-economici e delle loro famiglie.
Ezio Tavasani, armatore, e Mauro Magarotto, skipper N.Z.E., condivideranno un calendario di eventi che associa il grande nome della regina del mare, in favore di chi ha davvero bisogno del loro gran cuore.
Ad majora!