ZEROSETTANTA STUDIO PRESENTA A PITTI UOMO LA MODA A IMPATTO ZERO
Per l’autunno-inverno 16/17, Zerosettanta Studio riparte dai suoi archivi, riscoprendo l’Italia anni ’60, riprendendone l’estetica con una consapevolezza nuova.
Sostenibilità, responsabilità sociale, riciclo – sono parte integrante della nuova etica giovanile che sta cambiando il mondo della moda.
In linea con questo pensiero il brand ripesca le antiche tradizioni toscane, in accordo con i suoi produttori di tessuti, inserendo in collezione ben tre articoli 100% riciclati.
Aboliti coloranti aggiunti, nessun intervento chimico, completa assenza di acidi: la trasformazione del prodotto è all’origine, con il solo impiego di acqua e forza meccanica, utilizzando esclusivamente energia elettrica pulita e autoprodotta e garantendo un impatto ambientale praticamente nullo.
Tre i temi ispiratori della collezione:
URBAN HUNTING:
In cui si esprime l’anima più sostenibile della collezione. Della caccia rimangono le sensazioni e le forme, i richiami ai tweed in lana e cotone 100% riciclati, stampati sui trapuntati per un effetto giovane e dinamico, senza dimenticare i nuovissimi cotoni cerati e le microfibre per capi leggeri dall’aspetto romantico.
URBAN ’60:
Una ricerca di formalità elegante con un’ innata voglia di giovanile rottura degli schemi.
Il principe di Galles è rivisto in eco-suede impalpabile e morbidissimo. Il “soprabito” diventa un capo tecnico in lana membranata leggerissima, con interni staccabili imbottiti. La riscoperta del cappotto passa attraverso tessuti macro-quadro che ne sdrammatizzano la sobria eleganza.
URBAN NEOCLASSIC:
È la chiave di lettura dello stile Zerosettanta Studio, dove il nuovo gioca con la tradizione, riabbinandola, ricreandola, generando nuovi spunti. In questa ottica i tessuti trapuntati sono stati studiati per richiamare le impunture fatte a mano, tipiche del lavoro di sartoria.
I piumini sono capi multifunzionali, misti di lana e tessuti tecnici, dove la sahariana si confonde con il capo active.
Infine la pelle ultraleggera imbottita richiama all’utilizzo più informale per i capi più ricchi della collezione.
La famiglia Landi presenta al Pitti Immagine Uomo, l’Impermeabile
Certa che in versione classica il trench regga l’usura degli anni, l’azienda e’ orgogliosa di andare a riproporlo in versione tradizionale, aggiornandolo solo per quel poco che occorre. Vengono emulate le stesse tecniche di lavorazione, la medesima cura nei particolari, e con la stessa dedizione e lo stesso amore di allora si procede alla produzione di capi, senza tempo.
Convinta che quella versione rigorosa ed audace che in 100 anni ha fatto incetta di ammiratori, Landi è sicura di incontrare i gusti ed i sogni di un consumatore attento e raffinato che non rinuncia al culto della propria immagine. Un personaggio che sa osare e vuole distinguersi in una società globalizzata.
Nel linguaggio internazionale l’ impermeabile è riconosciuto con la parola inglese “trench coat”, cappotto di trincea. Le sue origini sono piuttosto moderne e risalgono al primo Novecento, durante la prima Guerra mondiale, quando il Ministero della guerra inglese fece una grossa commessa al sig.Thomas Burberry, di un modello che fosse a metà strada fra un impermeabile d’ordinanza ed un cappotto. Un capo che risultasse pratico e che proteggesse dalla pioggia.
Allacciatura a doppiopetto, spalline, sottogola per evitare che l’acqua entrasse dal colletto, mantella corta sulle spalle per ripararle ulteriormente, tasche di sicurezza e maniche stringibili con cinturino per frenare il vento, il tutto color Kakhi.
Indossato da grandi star hollywoodiane quali Humprey Bogard, Greta Garbo e Marlene Dietrich, l’impermeabile si afferma come capo iconico e trasversale, anche nelle sue declinazioni più commerciali. Un capo severo ed androgino che esalta il fascino di chi lo indossa.
Proprio basandosi su questa tradizione, l’azienda empolese crea un capo dal taglio classico e riconoscibile nella nuance e nel tessuto, versatile, compatto e leggermente lucido, ideale per la mezza stagione.
La città di Empoli ha una storia importante nella produzione del capo in questione, che risale al 1907 fino al 1943, prima dei bombardamenti, quando il distretto empolese era una così grande realta’ che contava 66 ditte ed impiegava ben 20.000 addetti, superando di gran lunga le produzioni inglesi.
Proprio in questi anni anche l’azienda Landi inizia ad affermarsi nelle confezioni.
Tramandata gelosamente di padre in figlio, Landi rimane oggi una fra le ditte tradizionalmente specializzate nella creazione di autentici impermeabili empolesi che hanno fatto la storia del Made in Italy nel mondo.
Sabato 16 gennaio nella sala Puccini del Grand Hotel et de Milan, in occasione della Milano Fashion Week, JF LONDON presenta la nuova collezione uomo f|w 16-17 e una capsule donna.
Riferimenti alla trasgressione, con un tocco punk-rock per una collezione in cui domina il tema bondage, senza perdere di vista l’eleganza estrema determinata dall’utilizzo di pellami e accessori lussuosi.
Su una collezione total back irrompono i colori della notte come il rubino, il viola, il blu elettrico anche in versione laminata e l’oro.
Per l’uomo proposti modelli dal carattere forte che rimandano al mondo dei bikers, dettagli come zip, cinghie e fibbie, metallerie in evidenza, non solo per gli anfibi ma anche per i modelli più classici e per le sneakers.
La collezione donna è un mix di femminilità carica di accessori, le calzature sono scultoree, altezze da capogiro e dettagli preziosissimi.
Laureata in medicina, con il sogno di diventare medico, inizia la carriera di modella quasi per caso a 21 anni, presso l’agenzia Modus Vivendi di Mosca.
“Ho sempre pensato che la mia vocazione fosse quella di aiutare gli altri, per questo ho deciso di intraprendere gli studi di medicina. Ma data la mia fisicità sono stata notata da alcune agenzie di moda e ho fatto i primi passi in questo settore quasi per caso. Da allora non voglio più smettere.”
Cosa ti piace del lavoro di modella?
Fare la modella è un lavoro che mi permette di viaggiare e incontrare molte persone, oltre a darmi la possibilità di conoscere culture e lingue diverse. E’ uno scambio e crescita continue.
L’agenzia che ti rappresenta in Italia è la Women Direct Milan…
In Italia la Women Direct Milan è l’agenzia che mi rappresenta, rimarrò qui qualche mese per lavori già organizzati, vivo in un appartamento con un’altra modella danese, con cui ho legato subito. Mi diverto molto e faccio un lavoro che amo.
Segui delle diete particolari ?
Nessuna dieta! Mangio tutto quello che desidero perchè mi alleno sodo e pratico sport da sempre.
La mia sveglia è alle 8.00 del mattino, con una buona colazione di porridge (farina d’avena).
Mangio di tutto, dalla carne alle verdure e ne approfitto ora che sono qui in Italia, per assaggiare i vari tipi di lasagna – il mio piatto preferito! Vado pazza anche per la pasta e la panna cotta, il dessert che chiedo ad ogni fine pasto!
Mangio 5 volte al giorno e quando sono fuori casa per casting, porto sempre con mè delle mele per gli spuntini. Mia madre è una chef e da quando sono piccola mi ha insegnato ad apprezzare il cibo i suoi gusti, i sapori, in maniera sana; ovviamente per non negarmi questo piacere, vado in palestra almeno 4 giorni a settimana.
Cosa fai nel tempo libero?
In Russia ho frequentato la scuola di musica, non ho mai smesso di suonare quindi pianoforte e violino.
Cosa vedi nel tuo futuro? Il lavoro di modella, a parte rare eccezioni, ha dei termini
Dopo aver terminato il mio percorso nel mondo della moda, vorrei prendere una specializzazione in medicina, magari nel settore cosmesi o dietologia. Il bene degli altri rimane sempre al primo posto.
Il rosa è protagonista di questo autunno/inverno 2015/16, dal confetto al fucsia, dal bubble al rose quartz, è stato definito tonalità dominante da Pantone Institute.
Dalle passerelle allo streetstyle è d’obbligo avere nel proprio guardaroba almeno un capo pink.
Da abbinare ad accessori colorati o total look per uno stile bon ton.
Qui una carrellata di accessori pink scelti per voi:
Si è conclusa la mostra “La Grande Madre”, curata da Massimo Gioni, ideata e prodotta dalla Fondazione Nicola Trussardi insieme a Palazzo Reale per Expo in Città 2015.
2000 metriquadri di esposizione per 400 opere di 139 artisti, scrittori, articolato in 29 sale di Palazzo Reale.
La madre come iconografia e rappresentazione della nascita, della vita e a volte della morte. Un tema delicato ma forte che vede, nel corso della storia, la donna protagonista di una serie di fatti e cambiamenti di fortissimo impatto politico, sociale e culturale. Com’è cambiato il ruolo della donna nei secoli, ma diremmo anche negli anni. Per non andare troppo lontano – nella prima decade del 900 Marinetti descriveva nel “Manifesto del Futurismo” una donna mentalmente inferiore, debole e dominata dall’istinto – un atteggiamento misogino che oggi farebbe rabbrividire, ma che ebbe consensi dal sesso maschile a partire dallo psicoterapeuta Otto Woinenger, il cui pensiero divideva la stessa in: prostituta o madre. Le stesse donne che hanno poi fatto ricredere Marinetti, debellando l’originario “disprezzo della donna” in un essere coraggioso e virile quanto l’uomo. Insomma molto fumo per cadere poi nell’origine del mondo.
Le lotte sono state sanguinarie e numerose per arrivare all’emancipazione; una sala della mostra raccoglie una serie di manifesti che rivendicano la libertà femminile, in un periodo storico, dopo le due guerre mondiali, in cui le leggi federali degli Stati Uniti proibivano la diffusione di informazioni sulla contraccezione. Se le donne figliavano, non avevano nessun sussidio da parte dello Stato, se decidevano di abortire, venivano condannate e arrestate. E’ allora che Margaret Sanger, precisamente nel 1916 aprì la prima clinica per aborti degli Stati Uniti, dietro questi principi: “ I figli devono essere concepiti nell’amore, voluti da madri consapevoli e generati in condizioni che ne garantiscano la salute”.
Per fortuna non reale ma frutto di una fantasia apparsa sul racconto “Nella colonia penale” di Kafka, l’Erpice si estende in tutta la sua maestà mista a orrore in una stanza semibuia.
L’Erpice è un letto in cui alcuni condannati erano obbligati a sdraiarsi, sopra cui si erge un macchinario dotato di aghi che attraversano il corpo del prigioniero, ignaro del reato per cui è accusato. La scrittura prevede che, durante l’agonia di 12 ore, l’incriminato intuisse la natura della pena inflittagli, una metafora per urlare sulla situazione in cui lo stato deteneva il controllo sulle persone. Crudele.
Intrisa di nostalgia l’opera di Leonora Carrington, scrittrice e pittrice amante di Max Ernst, ricoverata in un ospedale psichiatrico per esaurimento nervoso quando il compagno fu internato in Francia. Quanto è frutto della sofferenza il quadro “The Giantess (The Guardian of the Egg)” (La Gigantessa – La custode dell’uovo) ? Una creatura femminile che nutre la Luna di stelle, chiusa in una gabbia.
Attraverso il parto, che necessita dolore, nasce un’altra vita, simbolo di gioia e di speranza, è forse indispensabile questo dolore per dare alla luce qualcosa di grande?
Camminando sotto le note di “Amazing Grace” della cantante gospel Mahalia Jackson, l’installazione più commovente della mostra è di Nari Ward. L’artista di origini giamaicane, utilizza per le sue opere materiali di scarto, rifiuti – in questo caso 280 passeggini sono protagonisti dell’opera, rappresentazione della povertà, dell’emarginazione, il vuoto che lascia spazio ad un altro vuoto. La morte dei più deboli, degli indifesi, che torna come una voce di coscienza; in una stanza che fa da passaggio ad un’altra, si attraversa l’opera sopra delle maniche antincendio schiacciate, la forza dell’acqua che si è spenta, ma ancora sorregge, noi, i vivi. Un percorso che non può non farci riflettere, sui temi dell’emarginazione, dello smarrimento, della povertà e su quanto di dignitoso ci sia in tutto questo.
Legata a questi temi non poteva mancare la fotografa Diane Arbus, presente con “Self-portrait pregnant” (autoritratto incinta 1945). La Arbus è nota per aver immortalato soggetti ai margini della società, gli scomodi, i diversi, i reietti, tra nani, circensi, prostitute, transessuali, nudisti, con il suo profondo rispetto. Le viene cucita addosso l’etichetta di “fotografa di mostri”, molto in contrasto con l’intento amorevole dimostrato dalla fotografa nei confronti di questi soggetti. Una donna timida, curiosa, ma che la depressione porterà via. Diane Arbus si suiciderà tagliandosi le vene in una vasca da bagno.
Nell’aria e per le strade c’è già profumo di Natale e l’atmosfera si colora di rosso.
Anche ai piedi quindi il colore si fa strada, le proposte dalla passerelle sono infinite e declinate in tutte le sfumature del rosso.
Ispirazioni dalla lontana Cina per i modelli di Joshua Fenu, dettagli gold con inserti in velluto per O Jour, tacchi vertiginosi – come sempre – per il brand iper-femminile di Casadei, lacci infiniti per Malone Souliers, ottocenteschi gli stiletto Balenciaga, invidiabili e originali i modelli unici di Maison Margiela, con l’utilizzo del dripping sulla punta delle sneakers, quasi un omaggio a Pollock!
Il Natale è ormai alle porte e Alessandra Zanaria anticipa i vostri dubbi sulle scelte degli accessori. Cosa indossare a Natale? Uno tra i tanti modelli proposti dal brand: dal cerchietto con fiocco in velluto rosso al cappello con alberi e stelline. La ciliegina per completare il vostro total look natalizio!

Per l’Autunno Inverno 2015-16, Alberto Guardiani propone due modelli dal design contemporaneo che si fondono a dettagli lussureggianti dall’atmosfera retrò.
I nuovi modelli CLAUDINE e COLLYN sono capaci di regalare ad ogni look quel tocco prezioso per una donna sofisticata e determinata.
CLAUDINE, tacco 30mm e punta squadrata, è un grintoso sandalo invernale a gabbia, adornato da una scintillante catena d’oro.
COLLYN invece è una slipper in vitello laminato con una brillante decorazione di borchie e strass.
Geometrie, linee e dettagli dallo stile forte e femminile, per una donna ambiziosa che ama essere raffinata ed impeccabile in ogni occasione.